Turisti per caso

Il Castello di Gaeta

Durante la gita, noi quarte ginnasiali abbiamo avuto l’occasione di visitare l’antico castello Angioino-Aragonese di Gaeta, chiamato in questo modo perché possiede due edifici comunicanti realizzati però in due momenti storici diversi.

Il castello, in particolare l’ala Angioina, era la sede del carcere militare di Gaeta. Questo carcere era particolare, poiché non ospitava veri e propri detenuti. Le persone rinchiuse lì dentro non erano ladri né assassini e non avevano commesso alcun reato. Si trattava infatti di ragazzi e uomini che si erano rifiutati, ognuno per i propri motivi, di prestare servizio militare. Alcuni temevano le condizioni che avrebbero dovuto affrontare in guerra, altri non volevano lasciare la propria famiglia e i propri cari, qualcuno non se la sentiva di combattere. E così in tutti questi casi questi ultimi venivano spediti in carcere. Quando abbiamo visitato l’interno abbiamo subito notato i corridoi stretti, con tante minuscole celle. Ogni cella era provvista di una finestra, ma dalla quale non era possibile osservare il mare e il paesaggio al di fuori, perché la visuale era coperta esternamente dalle mura. Le porte, trattandosi di detenuti non pericolosi, avevano la possibilità di rimanere semiaperte, ma sempre collegate con una catena al muro. Così i prigionieri potevano parlare con i compagni, ognuno dalla propria cella, ma comunque non riuscendo ad uscirne. Il dettaglio che mi ha colpito molto sono state delle scritte incise sui muri delle stanze, forse con le unghie. In una in particolare, vicino alla porta, era scritto: “arrivo mamma”. Questo mi ha fatto riflettere su quanto fosse triste la loro condizione lontano dai famigliari, ma anche sulla speranza che coltivavano di poter tornare presto a casa.

Elena Merlino