Ψυχή

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Il concetto di libertà è, molto probabilmente, una nozione innata dell’uomo, che nasce dalla semplice opposizione a quello di schiavitù o prigionia nei tempi più antichi, ma che trova uno sviluppo vero e proprio ed un’applicazione concreta solo nel diciottesimo secolo, con l’affermazione dei diritti fondamentali (o “naturali”) dell’essere umano, nel periodo dell’Illuminismo.


Passata questa tediosa introduzione di stampo storico, entriamo ora nel vivo della questione.


Dato che l’idea è forzatamente relativa al periodo in cui essa stessa prolifera, libertà che oggi ci sembrano ovvie o date per scontato in passato potevano persino non essere considerate. Qual è il vero significato di libertà allora? Quello che assumeva un tempo, quello che ha adesso o quello che significherà fra un secolo o due (sempre se saranno rimasti esseri umani ancora in vita e ancora capaci di usare la testa per poterlo formulare, s’intende)?


La risposta è paradossale, ma non soggetta ad alcuna libera interpretazione di per sé (ancora, paradossalmente parlando): l’idea è un concetto mutevole e fortemente relativistico; da qui, l’idea di libertà e quindi anche la libertà stessa si evolvono nel tempo mutando continuamente e costantemente, ma senza uno schema sicuro e ben definito: oggi diremmo randomicamente.


La libertà assume varie forme, e non è solo un’idea, un concetto o una o più delle forme che assume: la libertà è una necessità. Ciò che non è una necessità è l’abuso che in alcuni casi si fa di questa tanto agognata libertà, ma, ancora, a ciascuno il suo: se si è tanto stolti e ingenui da credere che libertà significhi poter fare di tutto senza curarsi troppo delle conseguenze che le nostre azioni hanno sugli altri, allora perché opporsi? Lasciamo che chi crede a questo agisca secondo il proprio illuminato giudizio e finisca, inevitabilmente, per fare quella magra figura che spesso noi esseri umani facciamo quando pervasi da una estrema certezza che si basa su argomenti deboli o infondati. Seguiamo il concetto stesso di libertà, permettiamo pure che, alla fine, si avveri nella maniera più vera possibile: manifestandosi nelle sue accezioni negative e positive.


Okay, basta idiozie: andiamo sul serio.

Prima ho detto che la libertà è necessità, e che l’abuso che se ne fa non lo è, e bla bla. Tutto vero e indiscutibile, se non per il fatto che l’uomo è sede di due (principali, ma non sono le uniche) emozioni contrastanti: la voglia di essere libero e incontrollato e il timoroso bisogno di porsi dei limiti per autodefinirsi. La prima è primordiale, istintiva, selvaggia, forse un po’ infantile; la seconda è frutto di un’evoluzione, più ragionata, ma sempre e comunque difettosa.


Per Descartes (Cartesio), ad esempio, le azioni dipendono dalla volontà individuale e sono frutto di un agire libero, in contrapposizione invece alle passioni, che per lui risultano essere limitanti. Cartesio rientra nella nostra seconda categoria: il dubbio infatti è l’unico limite che riesce a porsi per autodefinirsi, e questa assenza di limiti supplementari lo spaventa, a tal punto da fargli dire che le passioni siano universalmente limitanti, cosa non vera.


Qualche anno fa, nel ‘71, Janis Joplin (nella sua versione di “Me and Bobby McGee” di Kris Kristofferson) cantava “freedom is just another word for nothin’ left to lose”, con toni un po’ drammatici e struggenti, ma in un certo senso spensierati. La libertà è qui vista anche comprensione, accettazione, in alcuni casi sacrificio e rispetto (quando ci tocca rispettare le decisioni altrui, anche se vanno a danneggiarci parzialmente), la libertà se vogliamo è anche una forma di amore, di accettazione, ma questo è (o dovrebbe essere) abbastanza scontato.


L’uomo è l’essere che osa e al contempo prova paura nel farlo. Siamo, chi in misura maggiore e chi in misura minore, una contraddizione vivente, per quanto ci sforziamo di aderire a regole o a princìpi da noi considerati “inviolabili”. Niente è inviolabile, se si è intelligenti o stolti abbastanza (capirete ora che mi sto riferendo a due aspetti opposti, che non dovrebbero essere considerati insieme, sullo stesso piano). Ovviamente però, questo non dipende (per intero) da noi, perché come detto in precedenza, la natura mutevole dell’idea che degenera in opinione è conseguenza dello scorrere del tempo. Attenzione a non usare questo discorso come giustificazione in vostro favore però: se lo faceste, vi prenderebbero per ipocriti, e farebbero anche bene.


Quindi, se siete arrivati/e (o arrivate/i, come preferite) fino a questo punto con tutti i neuroni integri, non posso fare altro che dirvi “thanks for coming to my TED talk”, o meglio, “thanks for esservi sorbiti/e (stessa regola della parentesi di prima) questo randomico e paradossale (alcuni direbbero addirittura libero) flusso di coscienza.

Francesco Meco