A regola d'arte

Il sonno della ragione genera mostri

La notte è sospensione dalla frenesia del giorno, un momento di quiete che dà voce ai nostri sentimenti e per questo è un tema prediletto da poeti e artisti: calma, nostalgia, turbamento, sono diverse le emozioni che associano al notturno. Esso rappresenta il momento di massima intimità tra l’uomo e i suoi dubbi, come testimonia la lunga notte della Medea di Apollonio Rodio che passa una notte travagliata divisa dalla scelta tra affetti familiari e l’amato Giasone, la crisi che sta affrontando è messa in contrasto con silenzio della notte. Medea è uno dei personaggi di una catena topica ben più ampia, che associa la notte al turbamento interiore. Ne fa parte anche l’infelix Dido che nel libro IV dell’Eneide “quando la luna a sua volta oscurandosi nasconde la luce e le stelle cadenti conciliano il sonno, si tormenta da sola nel palazzo vuoto (...)”

La raffigurazione della notte in arte di ha sin dall'Antichità ma mentre prima il cielo stellato stava a rappresentare la presenza del divino, come quello affrescato sul soffitto della Cappella degli Scrovegni, è avvicinandoci al periodo romantico che passiamo ad una rappresentazione più soggettiva della notte.

Rifiutando la razionalità privilegiata dalla pittura neoclassica, la linea preromantica e romantica mettono al centro la sensibilità umana e le passioni.

Un primo esempio esempio è dato da William Blake e Johann Heinrich Füssli che vanno a rappresentare la dimensione più oscura dell’animo umano, governata da contrasti e ansie ma soprattutto dell’irrazionalità dell’immaginazione. La notte che da alcuni è vista come momento di pace e quiete, viene rappresentata come palcoscenico di visioni spettrali nell’opera “L’Incubo” di Füssli: una donna giace con testa e braccia abbandonate all’indietro e sopra al suo corpo violentemente illuminato e in 

contrasto con l’oscurità dello sfondo, vi è seduto una creatura immaginaria che sta ad impersonificare l’incubo.


“La notte della ragione genera mostri” segue il tema del sogno che produce angoscia, quest’opera di Francisco Goya rappresenta un uomo che  dorme profondamente su un tavolo, il quale riporta il titolo dell’opera, che è tormentato

da un gatto enorme, gufi e civette. Goya rifiuta la verosimiglianza per riportare la scena onirica, fatta anche attraverso il chiaroscuro modulato con la tecnica dell’incisione ad acquaforte.

Di differente portata emotiva è la celeberrima “Notte Stellata” di Vincent Van Gogh, il quale aveva una vera e propria passione per i cieli stellati. L’artista dipinge una vista immaginaria di abitazioni, un campanile ed un alto cipresso personaggi decisamente secondari mediante l’orizzonte molto basso. La maggior parte dell’opera è occupata dall’immensa distesa di cielo formata da diverse tonalità di blu cobalto e giallo che, applicate a pennellate rapide e quasi violente, vanno a mostrare l’andamento vorticoso.

Van Gogh dipinge la Notte Stellata mentre era internato alla clinica psichiatrica di Saint-Rémy, nel quadro quindi va ad unire la sua visione interiore con la percezione dell’ambiente esterno: la contemplazione delle stelle veicola una riflessione esistenziale e religiosa. La tremenda tensione dell’artista lo porta a cercare disperatamente Dio nell’immensità di quel cielo stellato per raggiungere la sua libertà interiore.

Benedetta Chiappini