Nigrum nuntium

Il caso di Novi Ligure 

In questo nuovo numero di “Nigrum Nuntium” vi parleremo del delitto di Novi Ligure, cittadina in Piemonte, resa celebre per la tragica morte di Susanna Cassini e il figlio undicenne Gianluca De Nardo. 

Ma partiamo dal principio… il 21 Febbraio 2001, la quiete che albergava nella caserma di Novi Ligure fu spezzata dall’incessante squillo del telefono. All’altro capo della cornetta, il tremendo annuncio di un omicidio già consumato. Pochi istanti prima, una giovane ragazza, ancora coperta di sangue, si era precipitata lungo via Dacatra implorando aiuto, avendo appena assistito alla crudele uccisione della madre e del fratellino, scena che segnerà per sempre la sua vita. La giovane in preda al panico era Erika De Nardo, che interrogata immediatamente dalle forze dell’ordine dichiara di aver fortunatamente visto bene in viso i due malviventi extracomunitari, più precisamente albanesi, che si erano introdotti nella sua abitazione con l’intento di rapinarla e che, colti di sorpresa dalla presenza della famiglia De Nardo, avevano reagito accoltellando con animalesca ferocia le due vittime. 

Il giorno seguente, Erika De Nardo viene chiamata a presentarsi in caserma per depositare l’identikit dei sospettati, insieme a lei il suo fidanzato Mauro Favaro, per tutti Omar, il quale era stato avvistato da un residente della zona la sera del delitto nelle vicinanze della casa, anche lui sporco di sangue. In poco tempo l’efficienza degli inquirenti porta al fermo di un giovane albanese che rispecchiava nel minimo dettaglio la descrizione fornita da Erika. La città che aveva paura, che in seguito ai fatti era insorta contro l’accoglienza di immigrati, poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo: giustizia era stata fatta. Nessuno sapeva che nella stanza dove i due innamorati erano stati lasciati quella sera in caserma, le cimici e le microcamere avevano registrato la scioccante conversazione di Erika e Omar, ascoltando la quale, i Carabinieri furono portati a spostare i loro sospetti. E si sa che quando si vede uno scarafaggio, bisogna essere preparati a vederne comparire altri cento. 

La sera del 21 febbraio 2001 Susanna e il suo Gianluca erano appena rincasati quando scoppiò un violento litigio tra lei e sua figlia Erika, a causa dello scarso rendimento scolastico di quest’ultima e delle sue preoccupanti frequentazioni. All’apice della sua furia Erika, appena sedicenne, agguantò un coltello da cucina e si scagliò contro la sua stessa madre. In agguato nel bagno e pronto all’azione, fornito addirittura di guanti, il diciassettenne Omar accorse in ausilio alla sua ragazza. Susanna, trattenuta dall’uno e colpita dall’altra, cede dopo 40 disumane coltellate esalando l’ultimo respiro non prima di aver dichiarato il perdono alla figlia e aver implorato pietà per il figlio, supplica che non venne accolta. Attirato dai rumori, il fratellino scese al piano terra, dove vide la sconvolgente scena; Erika che non aveva previsto la presenza del fratello, fu indotta ad una terrificante decisione: quella di uccidere anche Gianluca, che venne portato dalla sorella e da Omar nel bagno al piano di sopra, dove prima tentarono di avvelenarlo con del topicida, poi di affogarlo nella vasca. Non riuscendo ad ucciderlo, posero fine alla sua esistenza con 57 coltellate. 

Non soddisfatta del misfatto, Erika incitò Omar ad aspettare il ritorno del padre, per uccidere anche lui; idea alla quale il ragazzo non acconsentìe e lasciò l’abitazione. Le armi del delitto furono gettate nella pattumiera e le tracce ematiche lavate dalle superfici, con scarsi risultati. Nel corso degli interrogatori i due diedero versioni contrastanti, accusandosi l’un l’altro. I due furono giudicati colpevoli di duplice omicidio con l’aggravante della premeditazione, condannati rispettivamente a 16 e 14 anni di reclusione, e rinchiusi a Torino l’una e a Milano l’altra. Scarcerati prima dell'effettivo sconto della pena grazie a condizionali e buona condotta, entrambi gli assassini si sono reinseriti in società. Erika ha ritrovato amore e lavoro, e ora vive nei pressi del lago di Como. Su Omar si hanno meno notizie, in quanto dopo la liberazione, al contrario di Erika, non si è più prestato alla stampa e ai media, ma sappiamo che anche lui si è sposato, con una donna che che però in seguito lo ha denunciato per maltrattamenti. 


Questo caso, come tutti quelli da noi proposti, offre innumerevoli spunti di riflessione, quali il pregiudizio nei confronti degli stranieri, il disagio giovanile, il ruolo dei mass media nello svolgimento delle indagini, ma primo fra tutti il ruolo del carcere nell’Ordinamento italiano. Infatti, Erika De Nardo e Mauro Favaro sono due perfetti esempi di come la detenzione possa influenzare il percorso di vita di coloro che non hanno la fedina penale pulita. L’obiettivo ideale del carcere per il diritto penale italiano è quello di riscattare la dignità dei detenuti, indurli al pentimento e renderli tali da poter tornare ad essere membri attivi della comunità senza che nessuno corra pericoli. Questo nobile intento viene meno, specialmente in Italia, dove al contrario le carceri sono luoghi di oppressione e disagio e dove i carcerati sono poco seguiti e spesso oggetto di maltrattamenti. Il sistema rieducativo, nel caso del delitto di Novi Ligure, ha avuto effetto solo per metà, a dimostrazione del lungo percorso ancora da fare dalla Giustizia italiana. Sofia Machetti Lorenzo Zuccarini

Sofia Machetti

Lorenzo Zuccarini