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Conflitto Israele-Palestina

Per comprendere meglio ciò che sta succedendo oggi in medio oriente, dobbiamo fare un passo indietro fino all’inizio del conflitto. Il conflitto israelo-palestinese nasce da una questione apparentemente semplice: due popoli rivendicano il medesimo territorio. Gli israeliani ritengono di avere il diritto di controllare la Palestina perché è il luogo di nascita del popolo ebraico; i palestinesi sostengono che abitavano il territorio prima degli israeliani e ne sono stati cacciati con la forza. Il conflitto è iniziato nella prima metà del Novecento e si è inasprito dopo la fondazione dello Stato di Israele nel 1948. L’unico tentativo serio di raggiungere la pace, avanzato negli anni ’90, è fallito.                                                                       Le radici del conflitto israelo-palestinese sono molto antiche. La Palestina è infatti il luogo nel quale nel I millennio a.C. si formò il popolo ebraico.  Successivamente, il territorio è stato conteso e governato da vari imperi, tra cui l'Impero Romano e l'Impero Ottomano. Nel XIX e XX secolo, con l'ascesa del sionismo e il conseguente aumento della popolazione ebraica in Palestina, la tensione con la popolazione autoctona araba è cresciuta. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'istituzione dello Stato di Israele nel 1948 e l'esodo palestinese che ne è seguito, il conflitto è diventato ancora più acceso. Da allora, i tentativi di risolvere il conflitto attraverso negoziati di pace, guerre, e sforzi diplomatici hanno caratterizzato la storia della regione fino ad oggi, con le questioni territoriali, religiose, e culturali che continuano a alimentare la tensione tra le due comunità.


La situazione ad oggi 

L’ultima evoluzione è rappresentata dall’attacco di Hamas del 7 ottobre e dalla drammatica escalation cominciata da quel giorno. Questa nuova fase, però, sembra aver rotto un equilibrio precario che aveva spinto, in modo errato, la questione israelo-palestinese lontano dall’attenzione della comunità internazionale.                                                                                      L'evento è stato scatenato da una serie di attacchi e rappresaglie tra le due parti, con razzi lanciati da Gaza verso città israeliane e bombardamenti israeliani su obiettivi militari e civili a Gaza. La violenza ha causato numerose vittime e gravi danni, alimentando le tensioni nella regione e suscitando preoccupazioni a livello internazionale. Gli sforzi per mediare una tregua hanno incontrato ostacoli, mantenendo alta l'instabilità nella zona.                                                                              Un leader di Hamas ha detto giovedì che il gruppo avrebbe presto inviato una delegazione al Cairo per "completare le discussioni in corso" su un accordo di cessate il fuoco per la guerra nella Striscia di Gaza, suscitando speranze di progressi negli sforzi in stallo per una tregua.
L'ultima proposta di cessate il fuoco, che è stata spinta con forza dall'amministrazione Biden negli ultimi giorni, arriva dopo quasi sette mesi di guerra devastanti. L'accordo includerebbe una tregua temporanea di settimane - la durata esatta non è chiara - e il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas e dai prigionieri palestinesi in Israele. Consentirebbe anche il ritorno dei civili nella parte settentrionale in gran parte spopolata di Gaza e consentirebbe una maggiore consegna di aiuti al territorio.
Ismail Haniyeh, il leader dell'ala politica di Hamas, ha detto che il gruppo stava studiando l'ultima proposta di Israele, che include alcune concessioni israeliane, con uno "spirito positivo". L'offensiva anticipata è un punto critico apparentemente intrattabile nei colloqui di cessate il fuoco.
"Se il nemico svolge l'operazione Rafah, i negoziati si fermeranno", ha detto Hamdan mercoledì. "La resistenza non negozia sotto il fuoco".
I complessi negoziati per il cessate il fuoco si sono trascinati per mesi, con ogni pezzo di contrattazione spostato spostando anche molti altri. La cosa più complicata è che Israele e gli Stati Uniti non parlano direttamente con Hamas, che considerano un'organizzazione terroristica, comunicando invece attraverso funzionari di Egitto e Qatar.
L'amministrazione Biden ha spinto duramente il governo israeliano ad abbandonare l'idea di una grande invasione di Rafah, avvertendo di immense vittime civili, e a fare affidamento invece su operazioni chirurgiche per uccidere o catturare i leader e i combattenti di Hamas. In visita in Israele mercoledì per spingere per un cessate il fuoco, il Segretario di Stato Antony J. Blinken ha messo l'onere su Hamas di accettare la proposta israeliana. "Siamo determinati a ottenere un cessate il fuoco che porti gli ostaggi a casa e a prenderlo ora, e l'unica ragione per cui ciò non sarebbe stato raggiunto è a causa di Hamas", ha detto.
Il leader dell'opposizione israeliana, Yair Lapid, ha messo l'attenzione su Netanyahu, dicendo questa settimana che il primo ministro "non aveva "nessuna scusa politica" per non fare rapidamente un accordo di cessate il fuoco.
Hamas ha insistito sul fatto che qualsiasi accordo alla fine porterà a un cessate il fuoco permanente, non solo a un arresto temporaneo dei combattimenti, una posizione che Israele ha respinto come gioco di Hamas per il tempo di ristabilirsi come forza di governo e militare.

Proteste pro-Palestina

La protesta contro la guerra a Gaza sta incendiando le università americane, con proteste e occupazioni in oltre 60 campus dove da metà di aprile sono state arrestate oltre 2mila persone.

AUSTRALIA
Nelle ultime settimane, si sono registrate proteste pro Palestina in almeno sette università in Australia. In particolare all’università del Queensland a Brisbane si è creata una situazione di tensione tra due accampamenti, a circa 100 metri di distanza, uno degli studenti solidali con i palestinesi ed un altro, più piccolo, con le bandiere di Israele, animato da gruppi di studenti ebrei che accusano gli studenti pro Palestina di creare tensioni nel campus.

REGNO UNITO
Manifestazioni in solidarietà con i palestinesi si sono svolte sin dall’inizio della guerra a Gaza, ma negli ultimi giorni anche in alcuni campus britannici sono iniziate occupazioni ed accampamenti.

FRANCIA
A Parigi a fine aprile sono scoppiate le proteste a Sciences Po e alla Sorbonne. La polizia è intervenuta in entrambi gli atenei per sgombrare gli accampamenti.

INDIA
Proteste pro Palestina, e in solidarietà con gli studenti della Columbia, sono scoppiate anche nella prestigiosa Jawaharlal Nehru University di Nuova Delhi, proprio nel giorno in cui era atteso nell’ateneo l’ambasciatore Usa, Eric Garcetti. La visita è stata poi rimandata.

CANADA
Alla McGill University, nel centro di Montreal, studenti pro Palestina hanno montato un accampamento nel centro del campus, chiedendo che l’ateneo dismetta i legami con le società israeliane.

LIBANO
Centinaia di studenti alla fine di aprile hanno iniziato a protestare all’American University di Beirut chiedendo che l’università boicotti le società che fanno affari con Israele.

Rachele Malizia