Noi non dimentichiamo



Jacopo Aly

Ho scelto di condividere questa foto per la Giornata della Memoria poiché, a mio parere, gli uccelli rappresentano le poche persone che sono riuscite a fuggire dal campo di concentramento di Auschwitz.

Persone a cui è stata portata via la propria vita; che sono state portate via dai propri genitori, che non hanno mai più rivisto…

C’è una frase di Primo Levi che dice: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario…per non dimenticare.” Non bisogna mai scordare questa giornata, perché quello che hanno passato queste persone è peggio della morte. A loro è stata tolta la vita, e solo il 27 gennaio 1945, li è stata “restituita”. “Restituita” perché dopo ciò, non si potrà mai tornare alla routine di prima, poiché il trauma rimarrà per sempre.

Primo Levi dice anche: “L’Olocausto è la  pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria.” Dovremmo ricordare ogni anno sempre di più questa giornata e dovremmo far capire all’uomo l’errore che è stato fatto, perché quel filo spinato non è ancora del tutto tagliato. 


Riccardo nori.                                                                                                                        

https://www.youtube.com/watch?v=emKGBpLzkwQ


Questa canzone viene cantata dai bambini ebrei durante la giornata della memoria ed è uno dei simboli emblematici di questa giornata. È una canzone ispirata al quarto versetto del salmo 23. Questo testo ha toccato il cuore di molte persone e ripensando a quel periodo della terra così disumano,immorale e infelice molti di quei sopravvissuti piangono sentendo il testo e raccontano la loro storia in quelle fabbriche di morte che la Germania creò per loro. Il 27 gennaio non serve solo a ricordare le atrocità di un'uomo ma serve a ricordare di cosa è capace l'uomo e a fare in modo che non accada più visto che la storia è una maestra e noi siamo solo semplici alunni che non imparano mai la lezione.


Pier Francesco Foglia


Quello nell’ immagine è il cancello di uno dei campi di concentramento più famosi al mondo, ovvero quello di Auschwitz. La scritta recita “Arbeit macht frei”  in italiano tradotta con “Il lavoro rende liberi”. Questa scritta è tratta dal titolo di un romanzo del 1873 dello scrittore Tedesco Lorenz Diefenbach. Oltre però ad essere il titolo di un romanzo è anche una modifica di una frase tratta dal Vangelo di Giovanni che recita “Wahrehit macht frei”  che viene tradotta con “La libertà rende liberi”. Per la produzione della scritta viene incaricato il politico prigioniero polacco, Jan Liwacz, che al momento della saldatura delle lettere il politico in segno di rivolta ribalta la “B” in modo che l’ occhiello piccolo stia sotto e non sopra. Anche se questo è un gesto minuscolo se paragonato alle morti dell’ Olocausto, rappresenta la libertà e la dignità di una moltitudine di uomini, donne e Bambini perseguitati per la convinzione dell’ esistenza di una razza ritenuta superiore ad un’ altra.



Christian Carpineta


https://youtu.be/VUjkI70r8Ys


All’interno del film “Sono tornato”(2018), film nel quale si mostra il ritorno di Benito Mussolini nei giorni odierni, vi è questa scena dove una signora, una sopravvisuta all’olocausto, nel rivedere lo sguardo di Mussolini, tira fuori una rabbia e un dolore mai visti prima. La signora che ha recitato nel film ha fatto un lavoro magistrale, ma noi ancora non riusciamo a renderci conto fino in fondo di cosa i superstiti possano provare. Penso che quello che vediamo e sappiamo oggi sia solo un 5% di quello che è stato e se solo il 5% ci disgusta, ci fa stare male, vorrei dire “immaginiamo”, ma non riusciremo mai a pensare al 100%.


Federica Pacinelli

Questa è una scena del film “Il bambino con il pigiama a righe”.

Esso racconta l’amicizia di Bruno e Shmuel, due ragazzi definiti diversi perché uno ebreo e l’altro tedesco.

Bruno è figlio di un comandante tedesco a cui è stato affidato il controllo del campo di concentramento di Auschwitz, dove è stato deportato Shmuel.

In quel campo morirà anche Bruno, poiché vi è entrato per aiutare il suo amico a trovare il padre.

È un film che oltre a descrivere l’amicizia tra due ragazzi, descrive l’ingenuità e l’innocenza di questi.

Mi ha colpito molto e consiglio a tutti di vederlo.


Rachele Malizia

Una montagna di scarpe, ormai vecchie e dimenticate, appartenute a persone che ora non ci sono più o che magari sono da qualche parte nel mondo. Queste scarpe sono rimaste al giorno in cui sono state private di un possessore e buttate in un mucchio, che man mano col tempo è diventato sempre più grande. Rimarranno per sempre lì dove tutti potranno vederle, ma i loro possessori non le potranno più indossare. Donne, uomini e bambini innocenti uccisi, torturati e privati della loro libertà, della loro identità da persone folli senza un briciolo di umanità, che si divertivano vedendoli soffrire, come se questo per loro fosse solo un gioco. Purtroppo, nonostante la consapevolezza che si è diffusa con il tempo, ancora oggi c’è gente che ironizza sull’Olocausto come se fosse uno scherzo. Ritengo fondamentale ricordare ogni anno ciò che è successo e le migliaia di vittime, affinché ciò che è successo circa ottant’anni fa non succeda di nuovo oggi. “La storia è una grande maestra, ma noi siamo pessimi allievi.”


Mattia De Iuliis

Stando al passo qui sopra segnato (preso dal suo Diario) Anna Frank (famosa per il suo diario e le sue testimonianze) nonostante tutte le difficoltà e tutti gli orrori, viveva ancora nella speranza che l’uomo, in fondo, potesse migliorare, essere più buono, più giusto, ma la verità è che non è così.

Oggi giorno, l'uomo commette ancora errori su errori, e ancora non impara nulla; questa è la base di ogni disgrazia e di ogni male che commette.

L'episodio della shoah è il punto più alto di questa teoria che mai si sia raggiunto, un periodo dove l'uomo perde la sua umanità e i ragazzi non sperimentano le gioie della gioventù.

La cosa più sorprendente è come questo sia diventato un evento celebre: la verità è che la shoah non è che uno dei tanti eventi che ha sconvolto la terra; nonostante ci sono stati eventi come le due guerre mondiali, carestie, discriminazioni, stranamente tutto viene messo in primo piano certo ma l'evento della shoah rimane sempre centrale.

Questo può far capire come questo evento (forse per attenzione dell’uomo, forse per le testimonianze o forse perché è un evento molto vicino a noi) rimane sempre al centro dell'attenzione.

Vorrei pure dedicare un pensiero alla scrittrice del Diario, povera ragazza che ha sperimentato da vicina gli occhi orrori della shoah, che non è sopravvissuta ma ha lasciato una chiara e tenera testimonianza attraverso il suo diario, con la quale testimoniava tutti gli eventi di quell’orribile periodo con la sua amica immaginaria, forse per ingenuità giovanile o forse per disperazione. Mi sembra assurdo che tutto questo sia successo, così come mi sembra assurdo che un semplice diario (che in altri tempi non sarebbe importato a nessuno) abbia avuto tanti successi e riconoscimenti.

È importante sottolineare come le testimonianze e le immagini della shoah siano di grande importanza: un evento del genere, di queste portate, dovrebbe coinvolgere tutti, invece a nessuno importa, lo sottovalutano e ancora oggi regnano proteste antisemite, caos e disinformazione e se non si fa qualcosa, si rischia di fare lo stesso errore.

Il futuro è nelle mani dei giovani e se non è ben custodito, può essere la fine…


Aurora Cimini

Per celebrare questo giorno, ho scelto di portare in classe un maglioncino cucito a maglia ed un cappellino di quando ero piccola. Ho pensato che, come ho avuto io la possibilità di indossarli, anche un bambino piccolo, prima di essere portato ai campi di concentramento per poi essere ucciso, poteva indossarli, poiché tutti erano persone come noi, senza nessuna distinzione di genere!

Serena De Angelis

SCARPETTE ROSSE

C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede

ancora la marca di fabbrica

“Schulze Monaco”.

C’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio

di scarpette infantili

a Buchenwald.

Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane

a Buchenwald.

Servivano a far coperte per i soldati.

Non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano

prima di spingerli nelle camere a gas.

C’è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse per la domenica

a Buchenwald.

Erano di un bimbo di tre anni,

forse di tre anni e mezzo.

Chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni,

ma il suo pianto

lo possiamo immaginare,

si sa come piangono i bambini.

Anche i suoi piedini

li possiamo immaginare.

Scarpa numero ventiquattro

per l’eternità

perché i piedini dei bambini morti

non crescono.

C’è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald,

quasi nuove,

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole.


                                   Joyce Lussu

https://youtu.be/0Trr8mRkgdU


Ho conosciuto questa poesia ascoltandola la prima volta dalla voce di Gigi Proietti.

Sono rimasta molto colpita e mi sono emozionata pensando come quelle strazianti parole siano ritratto di una realtà accaduta solo 80 anni fa.

L'opera fa riferimento particolare ai fanciulli deportati nel campo di Buchenwald.

I nazisti hanno inscenato la morte,dove le anime di zingari,ebrei e oppositori venivano traghettate su treni alle porte dell'inferno, divisi tra uomini,donne e ancor peggio,tra genitori e figli.

I bambini,strappati a ciò che amavano di più ,furono i primi ad essere spogliati di ogni indumento per poi essere rasati.

Quelle scarpette che si sarebbero dovute consumare a causa di tutte le corse e i giochi fatti per le strade della loro città restano lì, all'ingresso dei campi,nuove. Quei bambini non hanno più comprato un nuovo paio di scarpe, perché non sono cresciuti.

È straziante pensare alla loro morte così prematura per mano di esseri non definibili né come uomini né come bestie. 

Qualcuno si è salvato,ma non è vivo. È morto dentro,consumato dall'atrocità della guerra e delle crudeltà commesse con apatia.

Tutto ciò che è venuto dopo il lavoro estenuante,dopo gli esperimenti,gli abusi e le camere a gas è un di più.

E quei pochi giovani superstiti avevano lasciato il fiore degli anni della gioventù alla stazione dei treni,alla scuola da cui erano stati eliminati. La loro capacità di vivere con spensieratezza era stata abbattuta,mai più ricresciuta.



Mattia De Donatis

MEMORIA

Gli uomini vanno e vengono per le strade della città.

Comprano cibo e giornali, muovono a imprese diverse.

Hanno roseo il viso, le labbra vivide e piene.

Sollevasti il lenzuolo per guardare il suo viso,

ti chinasti a baciarlo con un gesto consueto.

Ma era l’ultima volta. Era il viso consueto,

solo un poco più stanco. E il vestito era quello di sempre.

E le scarpe eran quelle di sempre. E le mani erano quelle

che spezzavano il pane e versavano il vino.

Oggi ancora nel tempo che passa sollevi il lenzuolo

a guardare il suo viso per l’ultima volta.

Se cammini per strada, nessuno ti è accanto,

se hai paura, nessuno ti prende la mano.

E non è tua la strada, non è tua la città.

Non è tua la città illuminata: la città illuminata è degli altri,

degli uomini che vanno e vengono comprando cibi e giornali.

Puoi affacciarti un poco alla quieta finestra,

e guardare in silenzio il giardino nel buio.

Allora quando piangevi c’era la sua voce serena;

e allora quando ridevi c’era il suo riso sommesso.

Ma il cancello che a sera s’apriva resterà chiuso per sempre;

e deserta è la tua giovinezza, spento il fuoco, vuota la casa

NATALIA GINZBURG

QUESTA È UNA POESIA CHE RACCONTA UN PUNTO DI VISTA DIVERSO RISPETTO A CHI HA VISSUTO IN PRIMA PERSONA LE ATROCITÀ DEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO.

SONO VERSI CHE NATALIA GINZBURG DEDICA AL RICORDO DEL MARITO LEONE, MORTO PERCHÉ ERA

EBREO.

L’AUTRICE PARLA DEL SENTIMENTO DI SOLITUDINE E TRISTEZZA DI CHI NON È STATO TORTURATO E UCCISO DAI NAZISTI MA HA VISTO IL SUO AMORE PORTATO VIA PER SEMPRE.



Gioia Giuliani 

Questa è una foto scattata da Paolo di Giosia, appassionato alla fotografia, musica e arte. Nel suo viaggio ad Auschwitz ha scattato questa foto.

L’ho scelta perché si vede il pigiama che tutte quelle persone indossavano e c’è anche il numero di riconoscimento, lo stesso che tatuavano sul braccio, come si fa con gli animali.

Tutti loro non avevano più un'identità, un nome, i propri vestiti e scarpe, gli tagliavano i capelli ed erano considerati come oggetti.

La storia è maestra di vita e dobbiamo studiarla per essere delle persone migliori un domani, per non commettere gli stessi errori.



Lorenza De Iuliis

Dalla memoria di Luigi Ercadio (5 marzo 1919 - 3 aprile 2018), ex soldato Regio Esercito Genio di Fanteria, medaglia al valore.


«Mi presento. Mi chiamo Luigi, per tutti Gigione ... data la mia statura.

Sono nato il 5 marzo millenovecentodiciannove in un paesino "sopra" a Torricella, vicino a Teramo.

Vivevo con la mia famiglia e facevo il contadino come tutti i miei fratelli.

lo ed Ernesto che aveva due anni più di me, fummo i primi a partire per la guerra.

Avevo compiuto appena vent'anni.

Dopo poco tempo partì anche Vittorio che era del '22.

Ernesto capitò nell'artiglieria e fu mandato in Cirenaica e Libia; Vittorio nell'aviazione, in Grecia e Albania e io nel Genio dell'esercito.

Mi mandarono al fronte di qua e di là in Europa poi in Polonia, in Russia e qui mi fecero prigioniero.

Fui mandato in un campo di prigionia in Germania.

Qui, se volevo vivere anzi, sopravvivere, dovevo fare il boscaiolo, lo spaccalegna.

Mi mandavano dall'alba al tramonto nei boschi vicini a tagliare gli alberi.

Tutti i giorni a tagliare alberi, alberi, alberi... a fare legna, legna, legna.

A cosa serviva … non l'ho mai saputo.

Mi davano da mangiare un po' di pane secco e acqua.

Vestivo una divisa sporca e strappata.

Di notte uscivo di nascosto dal padiglione e andavo a mangiare le bucce di patate buttate nella spazzatura delle cucine dei tedeschi.

Sapevo che rischiavo la pelle tutte le sere ... mi avrebbero fucilato... ma avevo tanta fame.

Quanta sofferenza ho patito e quanta ne ho vista.

A volte mi scoraggiavo ma dovevo resistere.

Volevo vivere.

Dopo quasi un anno che ero lì, arrivò l'armistizio: la guerra era finita!

Fui liberato e riportato in Italia.

Tornai a casa al paese.

Pesavo 35 chilogrammi.

Ricordo che quando bussai alla porta di casa mi apri mamma ... e non mi riconobbe.

lo sono stato più fortunato di Vittorio e soprattutto di Ernesto che è tornato a casa con le gambe di legno>>.

Perché ho scelto di raccontare questa storia vera? Perché Gigione era il fratello di mia nonna e l’ho conosciuto.

Mi voleva bene e mi raccontava, insieme a nonna, tanti episodi di quel periodo che non sono scritti sui libri e sono veramente eccezionali … da realizzarci un film.



Sara Iervella

“Siate sempre come la farfalla gialla che vola sopra i fili spinati.”


Celebre frase pronunciata da Liliana Segre, una sopravvissuta all’orrore dell’Olocausto che ha trovato il coraggio di raccontare momenti terribili e indimenticabili della sua storia.

Il messaggio che Liliana Segre vuole trasmettere è quello di essere liberi e forti in modo da fare le proprie scelte con responsabilità e coscienza, per essere sempre quella farfalla capace di volare sopra i fili spinati.



Rocco Citerei

Ho scelto quest’immagine, risalente alla scena del film di Roberto Benigni “La vita é bella”, perché rappresenta quanto, nel periodo delle leggi razziali, gli Ebrei venissero discriminati. Spesso si sottovalutano alcuni aspetti del periodo nazifascista come quello degli ingressi vietati per il solo motivo di essere Ebrei. Non bisogna infatti dimenticare nulla di quel periodo, nemmeno questi “piccoli” particolari. In quest’immagine gli Ebrei vengono paragonati a Cani e c'è un bambino, Giosué, che fissa quest’immagine e poi chiede al papà il perché di quel cartello. Il film cerca di raccontare la shoah in maniera “leggera”, infatti, il papà di Giosué risponde dicendogli che ai proprietari del negozio stanno antipatici gli Ebrei e i cani. Perciò, con un po' di ilarità, abbiamo visto la descrizione di una delle tante schifezze fatte in quel periodo.

 

Aurora Catalini 

Sopravvissuta ad Auschwitz [Liliana Segre]

“Entrai nel campo insieme ad altre ragazze scelte per la vita e non per il gas…”

Non ci guardavano in quel senso ma solo con disprezzo e disgusto , mentre noi eravamo nude , lì, e tremavamo di terrore . Il mio numero 75190 non si cancella : è dentro di me”.

La giornata della memoria è una giornata che appunto va ricordata per la sua importanza e per tutte le vittime straziate durante lo sterminio ad Auschwitz . Ho scelto queste citazioni e questa foto presa dal libro di Liliana Segre perché sono emozioni che nessuno può mai provare e soprattutto capire, perché non sappiamo cosa veramente sia successo dentro quei campi ..


De Flaviis Giulia

Ossessionato dall’idea di migliorare la razza ariana, il medico nazista Josef Mengele condusse esperimenti crudeli e spaventosi nel suo laboratorio all’interno del campo di sterminio di Auschwitz. Usava i deportati, soprattutto i bambini, come cavie umane: era ossessionato dai gemelli, dalle persone affette da nanismo e praticava numerose interruzioni di gravidanza per condurre studi sui feti. Torturò ed uccise almeno tremila persone, tra cui ottocentocinquanta gemelli. La sua freddezza e mancanza di compassione gli valsero il soprannome di "angelo della morte". Tuttavia, questo criminale nazista non pagò mai per i suoi crimini. Dopo essere riuscito a scappare dalle autorità che lo cercavano per processarlo, Mengele trascorse il resto della sua vita nascosto tra Argentina e Brasile.

 “Giuro di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della dignità e libertà della persona cui con costante impegno scientifico, culturale e sociale ispirerò ogni mio atto professionale;”  

Questo è ciò che ogni medico giura prima di intraprendere la professione, ciò che ogni medico ha il dovere e la responsabilità di fare: aiutare il prossimo. Mengele non era un medico, era un “diavolo in camice bianco”, rappresenta l’orrore della shoah, la follia delle azioni che l’essere umano è riuscito a commettere.

Ho scelto di parlare di questa storia perché il mio più grande sogno è quello di diventare un medico: conoscere la crudeltà, la disumanità e l’efferatezza di quest’uomo mi ha reso ancora più determinata nel voler perseguire il mio obiettivo, poiché sento il dovere di mettere le mie conoscenze a disposizione del progresso della medicina, soprattutto per le migliaia di persone morte innocentemente per mano di un “medico” che non può essere definito tale.


Amaducci Adalun

Per questo giorno importante ho deciso di parlare di un libro magnifico, “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman, che racconta l’amicizia impossibile tra Hans, un ragazzo ebreo e Konradin, un ragazzo di nobile famiglia tedesca.

Questi due andando nello stesso liceo e nella stessa classe diventano quasi subito amici ma sono costretti a separarsi perché Hans viene mandato dai suoi nonni a New York per via di persecuzioni e umiliazioni continue.

Molti anni più tardi il giovane ebreo, riceve un invito a donare fondi per la costruzione di un monumento in memoria agli ex alunni del liceo quando legge una lista con tutti i nomi dei caduti in guerra e si imbatte proprio in quello di Konradin, giustiziato per aver partecipato ad un attentato contro il tedesco Adolf Hitler.


Valentina Alfonsi 

Helen e David, sono ricordati come gli amanti di Auschwitz. 

Helen veniva dalla slovacchia e  grazie alle sue competenze linguistiche, le fu incaricato di occuparsi degli incarichi amministrativi.

Grazie al suo ruolo era quindi libera di spostarsi per il campo e utilizzava la sua posizione privilegiata per aiutare detenuti, modificando documenti.

David, invece era un ebreo polacco e quando si sparse la voce che era un cantante fu obbligato dai nazisti a cantare per loro.

I due giovani  si incontrarono per la prima volta alla “Sauna” il luogo, dove i vestiti dei detenuti venivano disinfettati e subito si innamorano l’un l’altro.

Così si in breve trovarono un piano per incontrarsi : una volta al mese andavano nella baracca vuota, posta tra il forno 5 e il forno 6, su cui salivano con una scala fatta con i pacchi dei vestiti dei prigionieri.

Pian piano il loro legame divenne sempre più stretto, anche se erano perfettamente consapevoli che non avrebbero mai potuto vivere una storia d’amore normale, non si sarebbero mai potuti sposare e mai sarebbero usciti da lì. 

Decisero comunque di continuare a vedersi e durante uno dei loro incontri, Helen insegnò a David  una canzone ungherese che lui imparò e cantò per lei.

Quando sentirono che la guerra stava per finire, nel loro ultimo incontro si diedero  appuntamento a Varsavia, ma alla fine, una volta usciti, non si incontrarono. 

David decise di trasferirsi in america, dove si sposò e mise su famiglia, inconsapevole che anche Helen era andata ad abitare li.

Passarono anni senza sapere nulla l’uno dell’altra fino al 1959, anno in cui David scoprì che Helen era ancora viva e che abitava proprio a New York; per tale ragione David propose un incontro ma lei non si presentò.

Lui, non contento, nel 2016, decise di contattarla e si incontrarono circa settant’anni dopo il loro ultimo incontro.

Helen, come ultimo desiderio prima di andarsene, chiese a David di cantarle una canzone qualsiasi e lui cantò la canzone ungherese, da lei imparata, per dimostrarle che la conosceva ancora e che per lui era il simbolo del loro amore. Durante il loro incontro, inoltre David scoprì di essere stato salvato dalla morte per ben cinque volte, poiché Helen aveva cancellato il suo nome dalla lista dei detenuti da uccidere 

Solo un’anno dopo Helen morì all’età di cento anni, con la gioia di aver rincontrato il suo primo e unico amore.

Ho scelto di condividere la storia di Helen e David in quanto esempio di come l’amore possa andare contro tutto e tutti, alcune volte persino contro un destino che sembra ormai segnato dalla guerra.

Non dobbiamo dimenticare gli orrori portati dalla guerra che ha strappato a due giovani innamorati la possibilità di avere una famiglia e trascorrere la loro vita assieme. Fortunatamente la loro bellissima storia si è conclusa con un lieto fine, dimostrando quanto sia importante vivere senza mai perdere la speranza. 



Viola Simonella Corona 

Questo è il diario di Anna Frank: la vita di una gioiosa ragazza scritta nera su bianco. Questo diario è una piccola grande testimonianza di una ragazza sofferente, che si trova costretta a vivere senza capire fino in fondo il male del mondo. Il diario di questa comune tredicenne, Anna Frank, è l’unica cosa che rimane di lei. Non potrò mai capire la paura che si trovava nel suo cuore e la crudeltà di dover vivere nascosti in silenzio come in una galera. Questa è la storia di un mondo crudele e malato, la storia di una ragazza innocente. Anna Frank e migliaia di bambini uomini e donne come lei sono stati deportati in un campo di sterminio, sono stati privati di qualsiasi cosa identifichi un uomo, sono stati obbligati all’immediata morte o al lungo lavoro prima di questa, sono stati uccisi e maciullati neanche al pari delle bestie, per la follia di un inutile uomo. Con la sua penna racconta di giornate vuote,  passate immobili su una sedia a leggere poesie o pelare patate,trascorse litigando con famigliari e coinquilini in quella casa dietro la libreria, che rappresentava l’unica via di speranza. Nei pochi momenti che si affacciava alla finestra, vedeva il cielo azzurro e con un sorriso pensava che tutto sarebbe andato per il meglio. Voleva essere una piccola donna che non ha paura di dire la sua, indipendente e affascinante, andando contro al giudizio di tutti. Non trovava più neanche nella sorella Margot un riferimento a cui poter dire tutto. Così Anna capisce che il diario,regalato dal padre per il compleanno è il suo unico vero amico. L’unico che ci ha potuto raccontare la sua vita per non dimenticarla. 


Chiara Flamminii

Ogni anno è bene ricordare di questo terribile evento che ha segnato la storia. Ci sono ogni anno testimonianze di persone che condividono la propria voce, i propri pensieri e i propri ricordi anche in diari  per dare prova di questo orrore.

In particolare quest’anno la storia di Terezín mi ha molto colpita. In questo ghetto un’insegnante, che sarà deportata poi ad Auschwitz, aveva creato una classe di disegno per intrattenere i ragazzi e i bambini che vivevano in condizioni disumane. Penso sia fondamentale non dimenticare queste storie e ricordarci ogni anno di ciò che accadde, occorre farlo per rispetto e soprattutto per prendere esempio dagli errori del passato.


Giada Casalena

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.

Ho scelto questa frase di Ungaretti che non riguarda la seconda guerra mondiale bensì la prima, ma purtroppo la guerra è sempre la stessa. In questo componimento è ben espresso il sentimento che hanno provato tutte le vittime di questo orribile accaduto e ai continua a provare ancora oggi in altre parti del mondo. Questa giornata è ricordata in tutto il mondo ma l’uomo non impara mai perché in Ucraina della gente come noi subisce bombardamenti ogni giorno e la sensazione è proprio questa, non sai se resti in piedi


Alessandro Tassoni

"Se osservassimo un minuto di silenzio per ogni vittima della shoah, resteremo in silenzio per 11 anni"

Ho scelto questa frase perché senza alcun giro di parole descrive perfettamente la tragedia della Shoah. Queste parole ci fanno comprendere l’atrocità delle azioni di Hitler che prendeva poveri innocenti e iniziava a trattarli come se non fossero persone ma oggetti senza vita o addirittura cavie da laboratorio.


Moranti Mia

Ho scelto questa foto tra le innumerevoli fonti che riguardano la Shoah perché personalmente mi crea un vuoto nello stomaco, pensare che tutti questi bambini sono stati separati dalle loro famiglie e uccisi brutalmente, è per cosa? Per il semplice motivo di essere ebrei e troppo piccoli per poter essere messi ai lavori forzati.

Le torture messe in pratica su queste povere creature sono infinite ed estremamente inumane. 

Anche il solo pensiero di cosa hanno passato questi bambini mi angoscia e mi fa pensare di essere molto fortunata ad essere nata al posto giusto e nel momento giusto.


Michelle Battistella 

Ho scelto questa foto perchè fa capire come alcune persone innocenti hanno dovuto soffrire a causa di cattiverie da parte di gente malvagia che vuole solo il male degli altri. In questa scena si possono vedere alcuni bambini con ancora l'innocenza negli occhi e la bontà nel volto diventare tristi e perdere i loro genitori solo a causa della loro etnia ebraica. Secondo me nessuno merita di soffrire perchè ogni momento della vita deve essere vissuto al sicuro,con affetto e con l'amore delle persone più care.


Classi IVC, VA

Prof. Monia Verzilli