Curiosità

Curiosità sulla scuola e sull'apprendimento

La nascita della scuola Le prime scuole nacquero in Mesopotamia, dove l'insegnamento fu reso possibile grazie all'invenzione della scrittura, intorno al IV millennio a.C. Le prime scuole sumere avevano lo scopo di formare gli scribi per garantire la funzionalità dell'amministrazione pubblica. Anche in Egitto il ruolo principale della scuola divenne preparare i bambini a entrare nella burocrazia. Alcuni venivano educati nel palazzo del faraone, ma la maggior parte studiava a casa o in scuole, dette Case della Vita. Esisteva anche una sorta di sussidiario, chiamato Kemit, ricco di formule per scrivere lettere e inni religiosi. L'educazione era tuttavia riservata ai maschi di buona condizione sociale. Furono i Greci a introdurre il termine "scholé" per indicare "qualsiasi attività slegata dalla risposta a bisogni pratici".

Il metodo di insegnamento era notevolmente differente a seconda dei luoghi di provenienza. A Sparta lo Stato prendeva in custodia i ragazzini dai 7 ai 18 anni e li sottoponeva a un durissimo addestramento militare (agoghé). Un'educazione simile era prevista anche per le bambine. Ad Atene, invece, le donne erano escluse da qualsiasi forma di educazione che non fosse legata alle attività domestiche, mentre l'istruzione dei maschi era affidata a tre diversi maestri. Sonno per un buon rendimento Gli adolescenti dovrebbero dormire circa nove ore a notte. Secondo uno studio dell'Università di Adelaide in Australia, che ha esaminato oltre 3mila ricerche effettuate in 20 Paesi tra il 1905 e il 2008, i bambini e i ragazzi di età comprese fra i 5 e i 18 anni hanno perso 75 minuti di sonno a notte, con grandi variazioni a seconda dell'area geografica. Studi sempre più dettagliati rivelano che la carenza di sonno ha conseguenze negative sulla salute, in particolare sull'apprendimento e sul comportamento, poiché provoca difficoltà comportamentali e cognitive, come nel processamento delle informazioni e nella memoria. Predisposizione allo studio o fattori ambientali? A partire dal 2016, dagli studi svolti da un gruppo di ricercatori, attraverso analisi del genoma umano, sono state individuate circa 1270 varianti genetiche del DNA che risultano "predittive" del numero di anni di istruzione ricevuti. Secondo la ricerca coordinata da Daniel Benjamin, dell'University of Southern California, sono state individuate molte varianti genetiche che sono attive nelle fasi di sviluppo cerebrale e che partecipano alla creazione dei neuroni e di altre cellule cerebrali con effetti sul modo in cui scambiano informazioni e si connettono. Queste varianti influiscono, anche se in maniera relativamente piccola, sulla biologia del cervello, che a sua volta ha ricadute sulla psicologia e sul comportamento. Le origini della pagella Il nome "pagella" è il diminutivo del latino pagina, ovvero “colonna di scrittura”, “facciata scritta", dunque, l’equivalente latino di “piccola pagina”. La pagella fu inventata dall’imperatore d’Austria Giuseppe II nel 1783 e giunse in Italia solo circa un secolo dopo. Essa venne introdotta ufficialmente in tutte le scuole italiane, adottando un unico modello, in epoca fascista, con il regio decreto del 20 giugno 1926. Le prime pagelle presentavano lo stemma sabaudo in giudizi (sufficiente, buono, lodevole) e tra le materie figuravano religione, canto, bella scrittura, lettura espressiva, lavori domestici e manuali. La pagella fu anche uno strumento di propaganda che con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale divenne soprattutto bellicoso: il fascismo se ne servì per veicolare la sua idea di gioventù istruita e formata per una società sempre più militarizzata. Contributo musicale La musica viene considerata un mezzo terapeutico che riesce a mettere in azione tutta la sensorialità umana. Da una ricerca su un gruppo di studenti delle scuole superiori a Chicago, grazie a misurazioni dell’attività elettrica del cervello, si è osservato che gli alunni che si erano dedicati alla musica avevano una sensibilità migliore nel riconoscere i suoni del linguaggio rispetto ai loro compagni e mostravano risposte del cervello più rapide ai suoni. Secondo i ricercatori, la musica potrebbe donare numerosi benefici, contribuendo in particolar modo alla capacità di processare le informazioni, specialmente quelle linguistiche, e confermando dunque il detto secondo il quale suonare uno strumento “allena” il cervello.

Aurora Faranca