Empatia è non avere fretta. È saper stare in silenzio quando l’altro non ha parole.
È lasciare spazio senza riempirlo, è restare senza invadere, è ascoltare senza aggiungere nulla.
Empatia è riconoscere che ogni anima ha il suo tempo. Che c’è chi impara a fidarsi solo dopo aver perso tutto. E che ci sono dolori che chiedono solo di essere visti, non aggiustati.
Empatia è sentire la stanchezza dell’altro senza dire “coraggio”, ma offrire un posto dove potersi fermare, anche solo per un respiro.
È saper camminare accanto senza trascinare, senza spingere, senza tirare.
Empatia è accorgersi dei dettagli invisibili: una mano che trema, uno sguardo che si abbassa, una voce che vacilla.
Empatia è riconoscere la dignità anche nella fragilità. È sapere che non siamo rotti,
ma in cammino. Che ogni cicatrice ha una storia e ogni storia merita silenzio, non giudizio.
Empatia è amare senza aspettarsi nulla. È dire: “Ti vedo” senza voler cambiare l’altro. È restare un porto, non una catena.
Empatia è lasciare che l’altro sia come può, non come vorremmo che fosse.
È aprire le braccia, non per trattenere, ma per accogliere.
Empatia è ricordarsi che siamo tutti fatti, di cieli oscuri e di albe, di cadute e di rinascite.
E che, a volte, basta poco: una presenza vera, uno sguardo che non scappa,
una mano che non forza.