Ci sono dolori che non seguono il tempo degli orologi.
Restano, profondi e silenziosi, anche quando intorno a noi la vita continua a scorrere.
La perdita di una persona cara – per malattia, incidente, suicidio o per mano di qualcun altro – è una di quelle ferite che il cuore fatica ad accogliere.
Non è solo la mancanza: è il vuoto di parole non dette, di gesti interrotti, di domande senza risposta.
Eppure, in questo spazio di smarrimento, può nascere lentamente un cammino di amore e guarigione.
Un cammino che non cancella il dolore, ma lo trasforma; che non spezza il legame, ma lo rende più profondo e silenzioso.
Ci sono momenti nella vita in cui ci perdiamo.
Non succede all’improvviso: a volte basta un dolore, una delusione, una serie di giorni in cui smettiamo di ascoltarci.
Ci allontaniamo senza accorgercene, inseguendo ciò che pensiamo di dover essere, finché un giorno non ci riconosciamo più.
Il ritorno a sé non è un passo indietro, ma un passo verso casa.
È smettere di rincorrere ciò che non ci appartiene e riabbracciare ciò che abbiamo sempre portato dentro.
A volte è un respiro profondo, a volte una scelta coraggiosa, a volte un silenzio che ci avvolge e ci ricorda chi siamo.
E in quel momento, capiamo che non ci eravamo persi: stavamo solo imparando la strada per tornare.