C’è un istante, impercettibile e potente, in cui l’anima e il corpo si sfiorano.
Un brivido sale lungo la pelle. I peli si rizzano. E qualcosa, dentro, si risveglia.
In biologia viene chiamiato “riflesso piloerettore”: minuscoli muscoli attaccati ai follicoli piliferi si contraggono. Un antico gesto di sopravvivenza, un’eredità dei nostri antenati coperti di pelliccia.
Un tempo serviva a trattenere il calore o a sembrare più grandi davanti ai predatori. Oggi, quei muscoli sono ancora lì. E anche se non ci proteggono più dal gelo o dai lupi, continuano a raccontare la nostra storia. Ma la pelle d’oca non è solo una reazione del corpo. È una soglia. Un confine sottile tra ciò che è visibile
e ciò che ci tocca nel profondo. La provi quando una musica ti attraversa.
Quando una verità ti scuote. Quando qualcosa di sacro, anche solo per un istante, ti sfiora.
È il corpo che risponde a un’anima toccata. È una memoria cellulare che si riattiva. È un segnale che stai ascoltando qualcosa di più grande.
A volte chiamiamo questi brividi “verità”.Altre volte li chiamiamo “presenze”.
In ogni caso, sono richiami: a ciò che è autentico, a ciò che è vivo, a ciò che vibra oltre le parole. Quando senti la pelle d’oca, fermati un attimo. Non pensare che sia solo freddo. Ascolta. Forse è il tuo spirito che si sta allineando. Forse è la tua guida che ti ha sfiorato. O forse è semplicemente la vita
che ti ricorda quanto sei vivo.