Il silenzio delle strade vuote.
Gli occhi che cercavano un ultimo saluto dietro una visiera.
Le mani che avrei voluto stringere e che invece restavano lontane.
Il Covid è stato una ferita collettiva, ma anche uno specchio: ci ha mostrato chi siamo davvero, nel dolore e nella paura.
Queste sono le mie parole, nate non per dividere, ma per ricordare, unire e tenere viva la compassione.
Il Covid è arrivato all’improvviso, e nessuno di noi era davvero pronto.
Finché lo sentivamo nominare come “qualcosa che accadeva in Cina”, sembrava lontano. Ma quando è arrivato qui, ci ha travolti.
Nel mio territorio, uno dei primi casi è stato un medico.
Era un medico che veniva anche nella struttura dove lavoro io, ed è stato tra le prime vittime in Mugello.
Credo sia stato addirittura il primo paziente a morire di Covid nella zona.Poi è partito tutto: contagi, ricoveri e una catena di eventi
che ha cambiato per sempre le nostre vite.
All’improvviso ci siamo ritrovati in un mondo diverso:
La Paura, uscire solo con un’autocertificazione,
fare la spesa una persona per famiglia, coprifuoco la sera, strade vuote e silenziose.
È stato un periodo di grande prova, fisica e soprattutto psichica.
Chi ha lavorato negli ospedali o nelle strutture sanitarie, come me, lo ha vissuto:
passare ore e ore a contatto con pazienti positivi, indossando tute bianche, visiere, caschi e guanti, la zona di vestizione e svestizione, sentendosi isolati dal mondo esterno.
Io ne sono uscita con problemi fisici: i miei dolori articolari che si ripresentavano
dopo anni di regressione, gli acufeni e un carico emotivo pesante.
È stato, sinceramente, un periodo da dimenticare.
Eppure nei mesi successivi, sembrava esserci più solidarietà, più desiderio di volersi bene. Forse non è durato, ma ho sperato che quella vicinanza rimanesse.
Nessuno mette in dubbio che durante il Covid siano stati fatti probabilmente degli errori.
Per me, la parte più dolorosa era che le persone morivano senza poter avere accanto i propri familiari.
Negli Ospedali, nelle RSA è stato purtroppo così. I pazienti morivano da soli,
poi la procedura era che venisse spruzzato sui loro corpi alcool etilico,
inseriti in sacchi neri, di nuovo alcool e portati via, come se fossero dei rifiuti.
Trasferiti poi dove sarebbero stati cremati, "... senza neanche dare modo a chi restava di poter dare un ultimo saluto
o di celebrare un rito funebre."
Ricordo il dolore anche del mio compagno:
sua madre è morta in una RSA in un’ondata successiva,
e non è stato dato il permesso di vederla. Anche mia madre ha perso un fratello
e io lo zio, in quell'inferno...
Le immagini di Bergamo e di altre città,
i camion militari pieni di bare, resteranno impresse per sempre.
C’era chi diceva che tutto ciò non fosse vero, ma io ricordo bene la realtà di quei giorni: il turbamento collettivo...un dolore e un silenzio che non si dimenticano.
Poi ...un momento leggero in un tempo ancora fragile
Non era più il pieno dell’emergenza, ma le ferite erano ancora aperte
e il ricordo di ciò che era accaduto restava vicino.
In quel periodo, negli ospedali, si diffuse il balletto di “Jerusalema”,
eseguito da medici, infermieri e operatori sanitari, per molti era un modo per portare un po’ di leggerezza, dopo mesi di fatica e dolore, per altri, un’immagine difficile da conciliare con la delicatezza del momento.
Oggi, a distanza di tempo, vedo ancora troppa divisione.
C’è chi nega ancora il Covid completamente e c’è chi attribuisce ogni morte ai vaccini.
Tra i cosiddetti “No vax”, alcuni sono convinti che i vaccinati moriranno all’improvviso o che avranno gravi malattie a breve.
Tra i “Sì vax”, alcuni vedono chi non si è vaccinato come incosciente o pericoloso.
Queste convinzioni estreme non portano verità, ma solo scontro.
La realtà è più complessa: ci sono vaccinati in ottima salute e non vaccinati che si sono ammalati gravemente, e viceversa.
Non so se il virus sia nato in laboratorio o meno.
Non so se i vaccini siano stati solo un bene o anche un rischio.
So che sono arrivati in fretta, e so che nella storia le vaccinazioni hanno salvato milioni di vite.
La verità, probabilmente, non sta negli estremi, ma in una zona fatta di sfumature, dati, esperienze diverse e umanità.
“No vax contro sì vax”, “svegliati contro addormentati”: cambiano le etichette, ma il gioco è sempre lo stesso—separare.
Ogni parola che pronunciamo entra nel campo collettivo: possiamo seminare paura e odio, oppure rispetto e comprensione.
Il Covid ci ha mostrato cosa significa vivere una prova collettiva.
Eppure, in altre parti del mondo, ci sono popoli che vivono ogni giorno qualcosa di ancora più duro: guerre, fame, violenze, catastrofi.
Bambini, donne, uomini innocenti che affrontano sofferenze che noi possiamo solo immaginare.Quando siamo lontani, rischiamo di dimenticare che sono esseri umani come noi.
Forse, se riuscissimo a ricordarlo ogni giorno, vivremmo con più gratitudine e più compassione.
In questi anni ho visto proprio nel mondo olistico— che dovrebbe essere uno spazio di apertura e armonia —persone piene di rabbia, odio e giudizio verso chi fa scelte diverse.
Molti sono vegani, e quasi tutti contrari ai vaccini,nelle loro parole c’è durezza, aggressività, desiderio di “avere ragione a tutti i costi”.
Io penso che non basti non mangiare carne, non vaccinarsi o seguire una certa filosofia per essere davvero in pace.
Se dentro coltiviamo rabbia e disprezzo, è quella l’energia che stiamo portando nel mondo, indipendentemente da ciò che dichiariamo.
La vera salute e la vera spiritualità non si misurano solo da ciò che entra nel nostro corpo, ma soprattutto da ciò che esce dal nostro cuore e dalla nostra mente.
Onorare ciò che ho vissuto, senza negarlo.
Accettare che non so tutto, senza trasformare i dubbi in accuse.
Usare parole che curano, non che feriscono.
Rispettare le scelte altrui, anche se diverse dalle mie.
Un invito semplice
Informati da più fonti, evitando chi urla.
Prenditi cura del corpo e della mente.
Se non sai, non accusare. Se temi, non seminare paura. Se ami, parla con amore.
Una piccola preghiera (per tutti)
Qualunque cosa tu scelga, che tu stia bene.
Che il tuo corpo sia protetto, la tua mente in pace, il tuo cuore leggero.
Che le mie parole non dividano, ma uniscano.
Che la vita ci trovi, ogni volta, dalla parte dell’amore.