Ci sono notizie che non si leggono soltanto con gli occhi.
Si sentono nel corpo. Un brivido improvviso. Un peso al petto. Una tristezza che arriva senza chiedere permesso.
uò succedere quando veniamo a conoscenza di una tragedia, di un incidente,della perdita di persone giovani o di vite spezzate troppo presto.
E la nostra sensibilità ci porta non solo a provare empatia per chi non c’è più, ma anche per chi resta.
Questo fenomeno è legato a una profonda empatia: Alcuni lo chiamano alta sensibilità, la capacità di percepire intensamente le emozioni altrui.
I neuroscienziati parlano di neuroni specchio, cellule cerebrali che ci fanno “vivere” in parte l’esperienza dell’altro.
In ambito energetico, si parla di risonanza nel campo collettivo: l’eco emotiva di un evento può viaggiare e raggiungere chi è ricettivo.
Il dono e la sfida
Essere così sensibili è un dono prezioso: significa che il nostro cuore è aperto e capace di riconoscere l’umanità in ogni storia. Ma è anche una sfida, perché rischiamo di portare addosso emozioni che non ci appartengono, sentendoci svuotati o appesantiti.
Compassione Consapevole
Sentire il dolore degli altri non significa caricarselo sulle spalle. Significa lasciare che il cuore si commuova, ma anche sapere come trasformare quella commozione in un’energia che nutre, non che ferisce. E così, la nostra sensibilità diventa un ponte: un canale che riceve emozioni e le restituisce come forza, conforto e speranza.