“Morire: spiegazione o mistero?”
Quando il corpo fisico si spegne, l’Anima non muore. Si libera.
Si solleva dolcemente, lascia il peso della materia, il dolore, le paure.
E comincia il ritorno a Casa. Non esiste un solo "luogo" dove si va.
Ci sono diversi piani di luce, vibrazioni, frequenze, dimensioni.
L’Anima viene accolta in base a ciò che ha vissuto, imparato, amato.
Non come punizione o premio, ma come risonanza.
Molti racconti condividono sensazioni simili: Una grande pace, come se tutto si fosse finalmente alleggerito.
La visione del proprio corpo, come da lontano.
La presenza di Luce, spesso accompagnata da guide, Angeli, esseri cari già passati oltre.
Una revisione della vita, in cui non veniamo giudicati, ma sentiamo con amore ogni cosa che abbiamo fatto vivere agli altri.
Poi, un sentiero… che ci porta verso un luogo di guarigione, accoglienza e ricordo.
Per alcuni il passaggio è immediato, per altri più graduale,
specie se ci sono paure, attaccamenti o confusione. Ma nessuno è mai solo.
Nel mondo dello Spirito non c’è tempo come lo conosciamo qui.
Per chi resta sulla Terra può sembrare un attimo o giorni interi.
Per l’Anima, il passaggio dura quanto serve per lasciar andare, comprendere, riconnettersi alla luce.
Spesso si parla di: 3 giorni: tempo in cui l’Anima può restare vicina al corpo o ai cari. 40 giorni: periodo simbolico di transizione completa e liberazione da ogni legame terreno. Ma ogni anima è unica. Il passaggio può avvenire in un respiro di luce, o in un tempo più lungo e dolce, come un risveglio lento da un sogno.
E poi? L’Anima prosegue il suo cammino:
Alcune si fermano in luoghi di guarigione e riposo.
Altre continuano a evolvere, incontrano i propri Maestri, rivedono i propri percorsi.
Altre ancora scelgono di tornare, in un’altra vita, per continuare a crescere e amare. E alcune restano come guide spirituali, vicino a chi amano.
Quando si parla di morte, Bardo e NDE, entriamo in un campo che affascina ma che spesso viene spiegato con un linguaggio spirituale o simbolico.
Ma cosa dice la scienza di tutto questo?
Secondo alcune ricerche, in condizioni di arresto cardiaco o forte stress il cervello può vivere una scarica elettrica intensa.
Questo aumento improvviso di attività innesca visioni luminose, la sensazione di tunnel o immagini vivide.
Il corpo, nei momenti estremi, rilascia grandi quantità di endorfine: sostanze che alleviano il dolore e danno un senso di calma.
Per questo molti raccontano una pace indescrivibile, anche in situazioni critiche.
Gli studi mostrano che, in condizioni particolari, il cervello può riattivare ricordi in modo accelerato.
Ecco perché chi vive una NDE racconta di rivedere tutta la propria vita “in un attimo”.
Molti scienziati sottolineano che il tempo percepito durante un trauma non corrisponde al tempo reale.
Un’esperienza che dura pochi secondi può sembrare molto più lunga e dettagliata.
Per alcuni, queste spiegazioni bastano: le NDE sono un fenomeno neurologico, non la prova di un “aldilà”.
Per altri, la somiglianza con antiche tradizioni (come il Bardo tibetano) e la profondità dei cambiamenti interiori di chi le vive indicano che c’è molto di più da scoprire.
Forse la verità non è solo scientifica né solo spirituale.
Forse è nell’incontro tra i due sguardi che possiamo avvicinarci al mistero della vita e della morte.
Molte anime, al momento della morte, vivono paura e smarrimento perché in vita non si sono mai aperte all’idea di un “dopo”.
Se si pensa che oltre la morte ci sia solo il nulla, è proprio quel nulla che si incontra: un vuoto interiore, un’oscurità senza riferimenti. Non è una condanna, ma il riflesso della convinzione che ha accompagnato l’anima fino a quel momento.
Con il tempo, ogni anima ritrova la luce e riconosce la presenza delle guide che l’accolgono. Ma i primi istanti dopo il distacco sono importanti:
"Ciò che abbiamo coltivato in vita — paure o fiducia, chiusura o apertura — determina il modo in cui ci affacciamo all’altra dimensione".
Per questo è prezioso, mentre siamo in vita, nutrire la consapevolezza della continuità dell’esistenza. Sapere che la coscienza non si spegne, che ci attendono la luce, i nostri cari, gli animali e le guide, ci permette di affrontare il passaggio senza paura, come un ritorno a casa.
La nostra immaginazione è una forza creativa: nei primi momenti dopo la morte essa plasma i mondi che incontriamo. Se abbiamo coltivato fiducia e apertura, ci sarà più facile riconoscere subito la luce.
La vita sulla Terra è una parentesi, una scuola dell’anima.
Vivere con consapevolezza significa prepararsi al momento in cui lasceremo il corpo, non con angoscia, ma con serenità, sapendo che ogni esperienza è parte di un cammino più grande,
e che oltre la porta ci attende un orizzonte di luce e di amore.