C’è un muscolo nascosto, profondo, che non si vede ma che influenza ogni passo che facciamo: lo psoas.
Collega la colonna vertebrale alle gambe, sostiene il bacino e dialoga con il respiro. Quando è in equilibrio ci fa camminare leggeri, quando è contratto porta rigidità, dolori lombari, tensioni alle anche.
Ma lo psoas non parla solo al corpo: parla anche all’anima.
Lo psoas è conosciuto come il muscolo dell’anima perché custodisce paure e memorie antiche.
Si contrae quando siamo in allerta.
Si irrigidisce quando tratteniamo emozioni non espresse.
Si rilassa solo quando percepiamo fiducia e sicurezza.
È un archivio vivente di esperienze: ferite, fughe interrotte, memorie prenatali e persino eredità emotive dei nostri avi.
Un psoas contratto può manifestarsi con:
dolori lombari e alla schiena bassa
rigidità del bacino e delle anche
fastidi addominali o difficoltà respiratorie
stanchezza cronica e agitazione emotiva
Non è solo un dolore fisico: è come se l’anima stessa bussasse per chiedere ascolto.
Lo psoas non si “aggiusta” con la forza. Ha bisogno di fiducia, respiro e presenza:
Ogni volta che senti rigidità, chiediti:
“Cosa sto trattenendo? Quale paura non voglio lasciare andare?”
Solo porsi la domanda già avvia il processo di rilascio.
Appoggia le mani sul basso ventre. Visualizza una luce calda che avvolge e rilassa lo psoas.
Ripeti mentalmente:
“Sono al sicuro. Posso rilassarmi. Posso fidarmi della vita.”
Lo psoas è molto più di un muscolo: è un ponte tra corpo e spirito, tra istinto e coscienza.
Quando lo ascoltiamo e lo liberiamo, il respiro si fa più profondo, la postura si raddrizza e il cuore ritrova leggerezza.
Prendersi cura dello psoas significa onorare la nostra anima nascosta, restituendole fiducia, forza e amore per la vita.