Capitolo 003

Akane si svegliò intirizzita, sgranchì le braccia con una serie di circonduzioni e s’infilò le pantofole in spugna. Erano le 7:10 quando, indossata la divisa scolastica, scese in cucina.

Ore 7:35, in camera Saotome.

*Dunque, che faccio ora? Ah già…* la piccola Tendo urlò “SVEGLIAAAA” con un’estensione da guinness dei primati, mentre agitava le spalle di un Ranma in fase “rem”.

“Ranma, la scuola! Ti vuoi alzare?” irruppe, continuando a triturargli le clavicole.

Il ragazzo aprì pigramente un occhio, poi l’altro; infine si mise a sedere perplesso.

“Akane” rispose sbadigliando. “Che ci fai in divisa… stai male? Oggi è domenica!” la fissò divertito e, mezzo secondo dopo, ricadde in catalessi nel suo futon.

*Cavoli, ha ragione… ed ora?*

“Beh, tanto sei sveglio. Vieni in salotto, ho preparato la colazione!” e abbozzò un sorriso, tanto per fargli capire che teneva alla sua presenza.

Ranma, stranamente, non voleva saperne. *Ha cucinato? Un motivo in più per starmene a letto.*

“Ho sonno, lasciami stare!” rispose, tenendo stretta la coperta che Akane cercava di strappargli ai piedi del futon.

“Sei un ingrato, un baka!! Assaggiala almeno…” protestò coraggiosa.

“Uff… dalla a mio padre!” scaricò la patata bollente al panda che dormiva alla sua destra.

“Zzz - Zzz” era il cartello del panda, che chiaramente era sveglio.

“Ma cosa… signor Saotome!” s’inviperì Akane, che già aveva stracciato in minuscole scaglie la coperta del fidanzato.

Altro cartello del panda: “Sono in letargo.”

Akane uscì sbattendo la porta scorrevole, si rivestì normalmente e tornò in cucina, non era proprio la sua giornata. Sfortunatamente il suo malumore era destinato a peggiorare.

“Kasumi, che stai facendo?” chiese alla maggiore, intenta a gettar robaccia nel cestino.

La sorella le sorrise: “C’era un piatto avariato, sicuramente era di ieri, lo butto via… perché?”

*Quella era la mia colazione, toast e pancetta… che tristezza…*

Akane scosse la testa alla sorella: “Niente, non importa.”

Kasumi uscì a vuotare il secchio. In quel momento, in cucina, entrò Nabiki con un notes in mano e una penna nell’altra: stava annotando qualcosa, persa nei suoi conteggi…

Quest’ultima aveva preso una mela dal cesto della frutta, infine l’aveva a sua volta notata.

“Vuoi qualcosa, sorellina?” le domandò accigliata:

“Come mai non corri, stamattina?”

La minore sbatté le ciglia per la sorpresa.

*Devo proprio?* “Non mi va.”

“Cosa? Tu non sei mia sorella… sei un alieno!” fu la battutaccia di Nabiki.

Lei arrossì, notando che la maggiore aveva ancora unespressione stupita scritta in faccia.

“Non è mica scritto in un copione che devo correre tutte le mattine! Oggi vado in palestra, invece…” s’affrettò a dirle, diritta come un soldato sull’attenti.

Una volta fuori portata dallo sguardo accusatore di Nabiki, attraversò il giardino fino a raggiungere la palestra.

Il dojo era già occupato dal coetaneo, sgattaiolato lì, poco dopo il dolce risveglio offertogli da Akane.

Stava facendo delle flessioni; esercizio di per sé già difficile, se lui non avesse voluto “strafare”, eseguendo i piegamenti sulle braccia dalla verticale.

Lei s’era fermata sulla soglia ad osservarlo mentre la sua frangia sudata sfiorava la terra e risaliva: dalle possenti braccia e dal collo, contratti nell’atto, fuoriuscivano alcune vene diritte e sensuali.

Il suo pensiero navigò un po’ oltre. *Ma perché perdo tempo e litigarci, quando potrei…* Si risvegliò presto dai quei malsani propositi, Ranma la stava chiamando.

Si era seduto e si stava asciugando con il polso la tempia madida.

“Mm?” mugolò lei, esitando un istante di troppo che la costrinse ad arrossire.

“Vuoi allenarti?” chiese l’altro, perdendo l’occasione di prenderla in giro.

In quel momento un piccolo quadrupede nero attraversò il dojo, creando nel muro un foro grosso come una tana.

“Guarda guarda chi è arrivato!” esclamò Ranma. “Il tuo fedele suino... Ryoga, ti sei già perso?”

Il suino per un attimo sbatté le ciglia inebetito, poi scodinzolò in collo alla sua amata, mandando fastidiosi grugniti verso il ragazzo col codino.

Quell’atmosfera pesante fu smorzata da una dolce voce conosciuta:

“A Tavola!!”

Ranma seguì a ruota Akane e P-chan. Anche il maestro Happosai, sentito il “richiamo” della dolce Kasumi, era tornato a casa balzellando.

A tavola c’erano le omelette ripiene: i Saotome ne fecero razzia benedicendo Kasumi, Akane imboccava P-chan e il pranzo filò lisciò finché…

“Ranma mi passeresti l’acqua?” Era il maestro che, dopo aver tentato di prendere le bottiglia in mezzo al tavolo, smanettando con i suoi quasi inesistenti arti, vi aveva rinunciato per ricorrere all’aiuto del suo allievo preferito.

Purtroppo Ranma e Genma ambivano alla padella con le ultime superstite omelette.

“Scordatelo… alzati e prendila da solo!” mugugnò tra i biascichii Ranma.

Genma prese al solito le difese del maestro.

“Lo perdoni maestro, non sa quello che fa, è giovane e inesperto…” disse inginocchiandosi.

Nel frattempo, Ranma, riuscito a prendere l’ultima frittata, mugugnava di gusto.

A quel punto, l’ira di Happosai si scatenò nel peggiore dei modi contro l’insolente giovinastro.

Prese finalmente l’agognata bottiglia e la rovesciò su Ranma, annidandosi poi fra i suoi seni prominenti.

“Ahhh! Stupido maniaco! Non provarci mai più!” urlò Ranma-chan prima di spedirlo fra le nuvole con un sonoro colpo.

La calma prese di nuovo il sopravvento e, mentre Kasumi stava sparecchiando il tavolo, nella stanza erano rimasti solo Ranma ragazza ed Akane con P-chan sulle ginocchia.

“Eppure non capisco.” ruppe il silenzio Akane.

“Mm?” rispose poco convinta la fulva fanciulla, girandosi verso di lei.

“Tu non sopporti che il maestro ti si avvicini… eppure di lui - indicò il maialino adagiato sulle sue gambe - di lui non sei per caso geloso?”

Ranma-chan divenne del colore dei suoi capelli. *Come! Quante volte ti ho detto che non lo voglio fra le tue lenzuola!... E poi no, giammai! Io non sono geloso!* Come prevedibile, rispose solo con la seconda parte del pensiero: “Sai quanto me ne importa, puoi fare ciò che vuoi, con le bestie della tua razza…”

Akane si cosparse di un’aura blu, poi lo spedì fuori, nel laghetto con un calcio ben assestato.

“Sfido io, che non ti sopporto!” urlò col fiato corto.

*Ha perso potenza… Akane, non sarai fuori allenamento?* rifletté Ranma-chan strizzando i panni pieni d’acqua.

La fidanzata intanto era salita in camera sua, pronta a confidarsi come al solito con P-chan.

“Com’è difficile vivere qui…” sospirò gettandosi di schiena sul materasso.

P-chan l’osservava, poggiato a quattro zampe, sopra la sua pancia. *Questa è tutta colpa di Ranma, è sempre lui!*

Intanto, all’ingresso dell’abitazione Tendo…

“Trecento, quattrocento, cinquecento yen, eccoti il tuo compenso, Nabiki Tendo.” proferì Kuno mentre le cedeva ad una ad una le banconote.

“E’ sempre un piacere… la ragazza col codino è in salotto che ti aspetta.” rispose lei, trasferendo con amorevoli cure le banconote nel suo portafogli color verde quattrino.

“Sasuke, fa’ quello che ti ho detto!” ordinò Kuno.

Il servitore raggiunse Ranma-chan ricoprendola di petali rossi che tirava fuori da un sacchetto, come fossero coriandoli.

*Perfetto, ora sono anche “profumato” all’essenza di rose* s’irritò Ranma-chan. “E fermati, Sasuke!” lo colpì stendendolo giù.

Rialzando il capo, Ranma-chan si ritrovò Kuno davanti: un mazzo di rose gigantesco precedeva il suo sguardo da triglia.

“Dolce ricordo sei, o ragazza della teiera sull’albero… da quando ci siamo incontrati, due lunghi anni son passati: vengo a ricordarti l’amore che da allora mi sigillò il cuore.” declamò il senpai.

*Ma perché tutte a me?* si chiese Ranma-chan, portandosi una mano sulla fronte spazientita.

“Sì, lo so che sei senza parole per l’emozione, ma ora usciamo, ti porto in un ristorante.” Kuno le prese la mano baciandogliela.

*Io sono un uomo!*

“S-C-O-R-D-A-T-E-L-O!… Non uscirò mai con te!“ sbraitò Ranma-chan al limite dell’esasperazione, schiaffeggiandolo con furia.

*Poverina, non si sente degna di me, avrei dovuto avvisarla col dovuto preavviso.* si pentì durante il proprio pestaggio Kuno.

Nel frattempo, stesa nel suo letto, con P-chan a gravarle sull’addome, Akane prese il maialino fra le zampe anteriori e tendendo le braccia lo sollevò in aria. “Non lo capisco proprio: Happosai non può toccarlo, ma io e te possiamo dormire insieme?”

*L’abbiamo sempre fatto!* grugnì P-chan con occhi luccicanti come due stelle.

Lei strinse il maialino al petto, Ryoga sentiva i suoi battiti premergli nelle orecchiette.

“E tu, Ryoga, sei d’accordo con lui? Io non so che fare…” sospirò l’amata.

CROK! Il cuore del suino s’era spaccato in due.

*Akane sa chi sono? Ranma, sei stato tu?! Ti faccio a fette, maledetto bastardo…* sragionò quello, divincolandosi di malavoglia dalla giovane e uscendo fuori dalla finestra.

*Che avrò detto?* si angosciò Akane, mentre scendeva velocemente le scale colta dal panico.

“Ti ripeto che non esco con te neanche morta!” mormorava la ragazza col codino.

“Kuno, che ci fai qui?” chiese Akane interrompendo il “feeling” fra i due.

*Oh numi del cielo, e adesso che faccio? Akane Tendo o la ragazza col codino?* tentennò Kuno.

“Si potrebbe spostare…?” chiese Sasuke (ancora a terra) che aveva sopra la schiena tutto il peso di Akane.

“Oh, scusami… non ti avevo proprio visto!” si scostò di poco lei, poi riprese il discorso cercando con gli occhi il fidanzato:

“Ranma, Ryoga è scappato!”

“Ryoga?” ripeté Ranma-chan sconvolta. “Che diavolo c’entra Ryoga?”

“Sì, Ryoga il mio maialino! Te lo ricordi, no?” puntualizzò la ragazza angosciata.