Capitolo 001

IN UN TEMPO IMPRECISATO, IN PROVINCIA DI CHIN-HAI,

NEI PRESSI DELLA CATENA DI MONTAGNE BAJANKALA…

Il sole sorgeva lentamente. La luce del primo mattino rivelava, poco a poco, i vari elementi del paesaggio, per quanto sfocati da una sottile cappa di nebbia, che ricopriva l’intero luogo: tanto che i monti che separavano quel posto dal resto del mondo erano appena visibili. Ma la nebbia, e l’umidità che la cagionava, non erano d’impedimento al filtrare dei caldi raggi vitali dell’astro. I quali creavano strani giochi di riflessi con i numerosi specchi lacustri sparsi d’intorno.

Semplici pozze d’acqua. Almeno all’apparenza. Lei sorrise. Quante volte l’apparenza inganna…

“Eiko! Eiko!”

La giovane ragazza sembrò non accorgersi della voce che la stava chiamando. Scostò con grazia i capelli corti che il vento le aveva spettinato, rendendo la fronte poco più scoperta.

*L’apparenza inganna… E se io…*

Staccò una delle lunghe e fini canne di bambù che stavano ritte in verticale, in numero copioso, sulle varie pozze. Inginocchiatasi, immerse la parte di canna in una delle piccole sorgenti e dunque cominciò a descrivere delle circonferenze immaginarie, divertendosi ad osservare le onde che spezzavano il riflesso della sua immagine: cosicché l’unica cosa che rimaneva distinta era non il contorno delle linee, ma il contrasto del colore scuro dei capelli con quello pallido del viso.

*Qui sembra non esserci più alcuna traccia di ciò che è stato...*

Lasciò cadere la canna nell’acqua, ponendo la massima attenzione nel non schizzarsi.

*Dormi, caro spirito, dormi! Nessuno disturberà il tuo sonno, finché ci saremo noi…*

“Eiko!”

La ragazza si voltò verso l’uomo che pronunciava ancora il suo nome.

“Sei tu, Hori-gami? Scusami, ero distratta e non ti ho sentito!”

Gli sorrise. Lui si specchiò nei suoi occhi nocciola. Era il sole che splendeva dietro di lei, o quella giovane era come se emanasse luce propria? Oppure, più semplicemente, era quel sorriso ad accecarlo?

“Eiko! Lo sai benissimo che a quest’ora dovresti essere già a svolgere le tue funzioni, siamo in ritardo per il quotidiano rito di purificazione.”

Lei si alzò armoniosamente in piedi, facendo caso a non sporcare la lunga veste da sacerdotessa che la avvolgeva completamente.

“Hai ragione… Ma sai che non posso perdermi lo spettacolo dell’alba, è talmente bello!”

“Sei troppo distratta. Non puoi permetterti di dimenticare il tuo dovere!”

“E’ vero, eppure… questa quiete che ci circonda mi affascina, è più forte di me.”

“Ti comprendo. Tuttavia, questo non sarà più un luogo calmo e tranquillo, se noi due non lo custodiremo degnamente: e tu stai trascurando il tuo compito, in questi ultimi tempi.”

La ragazza s’incupì.

“Ti assicuro che non ho affatto dimenticato chi sono: o meglio”, precisò, “chi devo essere…”

L’uomo chiamato Hori-gami, i lunghi capelli attentamente raccolti in un nastro, fissò l’allieva con cipiglio severo. Non si era lasciato sfuggire l’ultima parte della frase.

“Eiko, noi non siamo dei semplici sacerdoti: noi siamo i Custodi delle Sorgenti Maledette. Senza di noi, gli spiriti presenti in queste acque si risveglierebbero. Sta a noi controllarli. Ed anche evitare che qualcuno cada in una delle fonti, diventando così vittima della Maledizione di Jusenkyo…”

La giovane donna guardò ancora una volta il proprio riflesso nell’acqua. Il suo viso, per quanto casto e puro, sembrava stonare terribilmente con quegli abiti sacrali.

*L’apparenza inganna. Forse… vale anche per me…*

Guardò l’altro con piglio sereno ma deciso.

“Hori-gami, è così che dovrò condurre la mia esistenza? Custodendo questo posto fino alla mia morte?” Chinò il capo, ora i capelli le nascondevano gli occhi.

Il sacerdote avvertì un brivido. Lei stava… soffrendo? Possibile? Credeva che Eiko avesse accettato da tempo questa sua vita diversa dalle altre, questa vita appartata, lontano da tutti. Da tutti? C’era pur sempre lui… ma Eiko forse non se n’era neanche accorta… E comunque quella ragazza non aveva mai lasciato trapelare un solo segno di insofferenza, in tutti quegli anni. Eppure, in quel momento un dubbio adombrò la mente del Custode. Che finora lei avesse finto?

“Perché?” continuò la donna. “Perché non posso vivere come una ragazza normale? Fuori di qui c’è un mondo immenso: io vorrei tanto visitarlo…”

“Eiko”, la ammonì lui, “non puoi sfuggire al tuo destino. Nessuno lo può fare.”

La sacerdotessa rialzò lo sguardo. Sorrise nuovamente.

“Bene, abbiamo un rito da svolgere. E’ inutile non perdere altro tempo, andiamo?” e senza aspettare la risposta del compagno, si avviò.

*Benedetta ragazza…* Hori-gami sospirò. Non sopportava le volte in cui lei tagliava corto in un discorso. Comunque si sentì più sicuro. Quella giovane era molto responsabile, non avrebbe lasciato tutto di punto in bianco… Per quanto fosse ormai evidente il fatto che il dubbio si fosse insinuato nel suo cuore, ancora non provato dalle esperienze e dunque per nulla pronto a sostenere il peso dei conflitti della vita. E un sacerdote di Jusen doveva saper gestire le proprie emozioni: perché, se non era in grado di controllare nemmeno se stesso, come poteva tenere sotto controllo quel centinaio di spiriti nascosti sotto quelle acque? Lui non aveva forse combattuto a sua volta contro i propri istinti, i propri sentimenti, per tenere il suo cuore alieno dalle forti passioni? Non aveva sacrificato la sua felicità? Non aveva rinunciato una volta per tutte a dichiararsi a quella donna la cui sola presenza lo faceva star bene?

Il destino di lui era quello di proteggere le Sorgenti Maledette. E un Sacerdote di Jusen non poteva vivere una vita normale, lasciare il suo posto… innamorarsi…

“Allora? Non vieni?” La voce di Eiko lo riportò alla realtà. “Ma come, non eri tu che mi dicevi di sbrigarmi? Come sei buffo, impalato là davanti alla Sorgente della Scimmia affogata… Non sarà che vuoi farti un tuffo?” Rise di cuore. Mentre il cuore di lui sussultò, alla risata di lei.

*******

Le stelle sfavillavano nel cielo. La luna era piena. Rischiaravano le sorgenti come fosse giorno. Come se il cielo volesse punire la sua intenzione, predisponendo ogni cosa affinché il tentativo di fuga andasse a vuoto. Era come se la sua empietà dovesse essere manifesta agli occhi di tutti. Ma lei veramente stava facendo qualcosa di tanto empio? Voleva solo visitare il mondo… Era sempre vissuta in quei luoghi, ma sentiva che, contrariamente a quanto andava ripetendole Hori-gami, quello non era il suo destino.

Il suo destino, lei era libera di sceglierselo da sola. Vedere la vita, vivere la vita, farsi una famiglia.

*Addio sorgenti, addio monti. Addio cari luoghi a me così familiari, vi porterò sempre nel mio cuore…*

Infilò lo zainetto e si avviò. Andava tutto bene, fin troppo bene. E cominciò a capire.

Percorse ancora qualche metro, quindi non si sorprese nel distinguere, nell’ombra, la figura del Custode.

“Ti aspettavo.” le disse semplicemente, con calma rassegnazione.

“Hori-gami, io…”

“Lo so, non serve che mi spieghi. Ma adesso ascoltami un momento…”

Eiko annuì silenziosamente col capo.

“Le Sorgenti Maledette sono circa un centinaio. Bisogna essere almeno in due per controllare gli spiriti che vi dimorano e, soprattutto, per badare affinché nessun empio vi cada dentro.”

Lei sospirò. Fu un suono appena percettibile. Ma l’altro lo avvertì.

“Ascoltami, Eiko, te lo dirò una volta ancora: non puoi sfuggire al tuo destino!”

La giovane fissò il Custode negli occhi, essi intrapresero una supplica muta.

“Forse è il tuo destino”, ebbe infine il coraggio di dirgli, “ma non il mio.”

Tacque per qualche secondo, poi riprese:

“Ti prego… tu puoi farcela benissimo anche da solo, sei un sacerdote dalle abilità incredibili, non hai affatto bisogno di me quaggiù…”

Hori-gami socchiuse gli occhi. Era vero, poteva farcela benissimo anche da solo. Ma per il resto, era nel torto: eccome se aveva bisogno di lei!

Quando li riaprì, vide Eiko inginocchiata davanti a lui.

“Ti prego, in nome della nostra amicizia…”

*Eiko…*

La prese per le braccia, obbligandola a rialzarsi in piedi.

“Eiko”, disse, “non voglio che tu sia costretta a vivere quaggiù una vita infelice, ma… sei sicura di quale sia veramente il tuo destino? Sei sicura che nel mondo degli altri saresti felice?”

La ragazza rabbrividì. No. Non era sicura. Di nulla. Nel suo cuore avvertiva solamente l’angoscia del dubbio.

“Se vuoi andartene”, continuò l’interlocutore, “non sarò io ad impedirtelo. Ma, da… amico, ti chiedo solo una cosa: attendi qualche giorno, interroga il tuo animo finché tutto non sarà più chiaro! E solo allora opererai la tua scelta…”

Eiko annuì una seconda volta. I due si riavviarono verso la loro piccola dimora.

Non si accorsero che qualcuno li aveva osservati tutto il tempo.

Un bambino sbucò fuori da dietro una grossa roccia. I suoi grandi occhi erano gonfi di pianto. Non aveva capito granché di quello che era successo, ma il suo animo puro ed ingenuo aveva avvertito che l’aria si era fatta improvvisamente molto tesa. Perché quella femmina poteva tanto su un grande sacerdote come lui? E, soprattutto, perché glielo allontanava sempre di più? Queste le domande che lo assillavano, mentre sgambettava veloce in direzione del rifugio, determinato a rientrare in tempo nella sua stanzetta così da non far sospettare a quei due che aveva sentito ogni cosa.