Capitolo 15 - Vincitori e vinti

“Una… una ragazza?!” esclamò stupita madame Saint Paul.

La maschera era caduta a terra, lasciando liberi di dispiegarsi dei lunghi capelli color lavanda.

“Quack?!” esclamò Mousse.

“Shampoo?!” gridò Akane.

“Ploplio così.” Prese un bollitore con dell’acqua calda e lo versò sopra il buffo papero che aveva le lacrime agli occhi. Dunque gli porse i vestiti ed un nuovo paio di occhiali.

“Sha-Shampoo…” mormorò il cinesino, all’apice della commozione.

“Mousse…” l’amazzone lo guardò con occhi dolci.

“Tu sei venuta… per me?!”

Shampoo confermò con un lieve dondolìo del capo.

“Sai, Mousse, ho scopelto di non potel più fale a meno di te.”

“Questo è un sogno: Shampoo, tu non puoi essere che un miraggio!”

“Ed invece sono ploplio io, in calne ed ossa.”

Nel frattempo, la bocca di una persona si era spalancata a dismisura.

“Non può essere…” mormorò madame Saint Paul. “Monsieur Picolet… ha perso!”

“Evviva, Mousse è salvo!” disse felice Akane.

I presenti furono interrotti dal tremare improvviso dell’intero edificio.

“Che… che cosa sta succedendo?!” mormorò Ranma, appena tornata in sé.

Mon Dieu!” esclamò Picolet. “Si salvi chi può, la Torre sta crollando!”

Il francesino ed il mago delle rane scapparono in direzioni opposte, srotolando il groviglio di lingue che teneva legata la ragazza con i capelli corti.

“Presto!” gridò madame Saint Paul, indicando alla comitiva l’ennesimo passaggio segreto. “Venite tutti da questa parte!”

In pochi secondi Ranma, Akane, Shampoo, Mousse, il mago delle rane, Picolet e la sua istitutrice si trovarono all’esterno, dove già li stavano aspettando Soun, Genma, Sentaro e sua nonna. Un momento prima di vedere la Torre collassare sulla lussuosa villa degli Chardon.

“Nooo!” urlò madame Saint Paul. “Che disastro!”

“Per fortuna” disse Picolet “che avevo dato alla servitù una mezza giornata di licenza e dunque nessuno si trovava al suo interno.”

I due cinesini si guardavano appassionatamente.

“Mousse, io ho bisogno di te!”

“Shampoo…”


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“Ebbene” sentenziò madame Saint Paul. “Quanto bisogna ancora aspettare perché si prenda a desinare? Siamo già in ritardo di un minuto e dodici secondi, inaudito!”

“Ehm, ci perdoni tanto” si scusò Soun, che teneva il solito giornale in mano.

“Maleducato!” lei lo bacchettò sulle mani. “Non si legge a tavola!”

“Quanto dovrà ancora andare avanti, questa tortura? Questa arpia mi ha sequestrato tutti i pezzi migliori della mia collezione, quanto rivoglio i miei zuccherini…” mormorò Happosai.

“Lei” tuonò l’istitutrice di Picolet. “Guardi che non si può affatto permettere di bofonchiare: siamo delle persone civilizzate, non degli animali!”

Qualcuno si versò addosso il proprio bicchiere d’acqua. Un secondo dopo, un panda gigante mostrò alla nobildonna il solito cartello.

[Prego, diceva?]

“Scommetto che questa è tutta colpa tua, Saotome!” commentò acida Nabiki.

“Comunque” mormorò il giovane col codino, nel suo aspetto maschile “dal momento che Picolet e la sua governante si trovano momentaneamente senza tetto, era il minimo che potevamo fare, ospitarli a casa Tendo per un po’…”

“Anche perché” aggiunse Soun “è stato il tuo Hiryu Shotenha a far crollare la Torre e, di conseguenza, a distruggere la loro abitazione.”

Il giovane Saotome chinò il capo.

“Non è bello? Più siamo, meglio stiamo!” sorrise felice la cuoca di casa Tendo.

“Kasumi?!” Ranma la fissò con sguardo confuso. “Ma se tu sei qui, chi è che sta… ho un orribile presentimento…”

Una voce proveniente dalla cucina non tardò a farsi sentire per tutto il soggiorno di casa Tendo.

“Il pranzo è pronto!” esclamò un’Akane di ottimo umore.

“Ha-hai cucinato… tu?!” balbettò il padre.

“Sì!” rispose allegramente quella.

“Che bello” mormorò Ranma. “Oggi faremo harakiri di massa…”

“Ti ho sentito!” la minore delle sorelle Tendo colpì il disgraziato con un piatto. “Stai tranquillo, non sei tenuto a mangiare il mio cibo: è per i nostri ospiti.”

Genma e Soun tirarono un sospiro di sollievo, erano già sgattaiolati fino all’uscio della porta scorrevole, pronti a tirare fuori la solita scusa del viaggio di addestramento.

“Prego, Picolet!” disse Akane servendo al francesino una pietanza dallo strano colore bruno-giallastro.

“E quello cosa sarebbe?” chiese il fidanzato.

“Purè di patate, non si vede?” ribattè seccata lei, quindi si rivolse sorridente all’ignara vittima. “Un omaggio a degli intenditori di cucina francese quali siete tu e madame Saint Paul.”

“Molto gentile da parte tua, mademoiselle Akane” rispose Picolet.

“Ma ti pare” fece Akane. “So quanto tenevate al gourmet de foie gras, spero che questo piatto riesca a consolarvi almeno un poco.”

“Bien” sorrise l’ignaro francesino.

Qualche secondo più tardi, Picolet e madame Saint Paul furono attraversati per tutto il corpo da un lungo brivido freddo. Lo stomaco oltremodo delicato del giovane Chardon reagì piuttosto malamente al cibo che vi era stato appena introdotto.

“Monsieur Picolet” disse sottovoce la governante, sforzandosi di non svenire dal disgusto. “Ricordi le regole dell’etichetta, sempre dimostrare di apprezzare il pranzo che ci viene offerto, quando si è ospiti.”

“Allora, com’è?” gli occhi di Akane brillavano nell’attesa di un giudizio.

“Dav…vero… delizioso…” rispose il poveretto, il volto fattosi stranamente pallido.

“Sul serio?!”

“Ma… ma certo…” sorrise, nonostante le lacrime che avevano preso a colare dai suoi occhi per via del saporaccio.

“Allora non fare complimenti” disse lei, al colmo della felicità. “Mangia pure, ne ho fatto altre tre porzioni.”

Soun approfittò del momento favorevole.

“Figlia mia” disse ad Akane. “Perché non lasciamo i nostri ospiti da soli, liberi di gustare la tua cucina? In quanto a noi, vi porto tutti a mangiare al ristorante cinese: che ne dite?”

“Ma papà…” tentò di replicare Akane, argomentando che poteva cucinare qualcos’altro anche per i suoi familiari. Quelli però avevano già varcato la soglia di casa. Mentre Picolet e madame Saint Paul erano pronti all’immane sacrificio.


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Che bello, Shampoo mi vuole bene!

“Tieni, Mousse: questo piatto di ramen lo devi consegnale al tavolo numelo due, questi altli tle al tavolo cinque.”

“Subito!”

“E plendi questi cinque shumai, sono pel il tavolo sette.”

“Tutto quello che vuoi, amore mio!”

“Da quando Mousse è tornato a lavorare qui” osservò Obaba “sono tornati tutti i clienti che avevamo perso.”

“Già” disse l’amazzone, servendo piatti e posate al tavolo dove erano seduti il suo Ranma e la famiglia Tendo. “Chi l’avlebbe detto che la maggiol palte delle pelsone veniva qui soplattutto pel godelsi lo spettacolo che lui offle quotidianamente?”

“Avevi ragione, quando dicevi che abbiamo bisogno di lui.”

“D’altlonde ci selviva, un’attlazione pel la gente che viene qui al Nekohanten. Specie con le millecinquecentoventisette oche che ci lestano da smelciale ai nostli clienti!”

“A proposito” mormorò la vecchia. “Non è l’ora?”

“Hai lagione, bisnonna!”

Si voltò in direzione del cinesino dalla lunga veste bianca. “Mousse, vieni che voglio abblaccialti!”

“Arrivo, Shampoo!” Si fiondò contro quella che credeva essere la sua amata.

“Io non sono Shampoo.” ribattè Obaba, stretta nell’abbraccio dell’uomo-papero.

“Mmm?” lui inforcò i propri occhiali. Quindi osservò la vecchia per qualche secondo, mettendola a fuoco.

“Sha… shampoo!” esclamò, spaventato. “Cosa ti è successo? Sei caduta nella Sorgente del Babbuino Affogato?!… Ma io ti amerò sempre e comunque, a prescindere dal tuo aspetto esteriore!”

Fu interrotto dal lungo bastone di Cologne, che lo colpì forte sul capo provocando l’ilarità di tutti coloro che erano presenti nel locale.

“Come osi darmi del babbuino?!” si lamentò Obaba.

“Povero ragazzo” mormorò Akane. “Shampoo lo sfrutta ancora più di prima, adesso che ha scoperto che è un magnifico fenomeno da baraccone. E lui neanche se ne accorge.”

“Michelle!” urlò una ragazzina appena entrata nel ristorante.

“Oh, no! Lieccola da capo!”

“Su, torniamocene a casina! Azusa-chan vuole bene a Michelle!”

“Non sono Michelle!” protestò Mousse. “Ti sembro forse una papera?!”

“Hai gli stessi occhiali di Michelle, dunque sei la mia Michelle!”

Shampoo afferrò Mousse per un orecchio.

“Non avvicinalti a lui, lavola pel me ed è mio!” minacciò ad Azusa.

“Ti sbagli!” replicò quella, tirando il quattrocchi per l’altro orecchio. “E’ il mio animaletto! Mio, mio, miooo!”

“Che ragazzo fortunato!” esclamò la sorridente Kasumi. “Conteso da due belle fanciulle!”

“Che, sotto sotto, Shampoo sia gelosa di Mousse?!” si chiese Akane.

“Sicuro” rispose Nabiki. “Specie da quando ha trovato in lui la proverbiale gallina… cioè, oca, dalle uova d’oro.” Sorrise sorniona. “D’altronde non me la lascerei sfuggire nemmeno io, una simile fonte di guadagno.”

“Micheeeelle!” L’urlò di Azusa assordò tutta quanta la comitiva.

“Sai?” disse la minore delle Tendo, rivoltasi al fidanzato. “Credo proprio che d’ora in poi non porterò più P-chan con me, quando andremo al Nekohanten…”

“A proposito!” esclamò Ranma. “Dove si sarà cacciato? E’ da tanto tempo che non si fa vivo…”


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Stava correndo senza sosta da tre giorni e tre notti. Sul volto portava ancora impressi i segni delle recinzioni che si era trascinato via, dei rami con cui si era scontrato, dei muri che aveva abbattuto durante la sua folle marcia… Ma dove diavolo era, quella maledetta torre?! Doveva sbrigarsi, avrebbe aiutato Akane e lei magari si sarebbe innamorata di lui. E si sarebbero sposati. E avrebbero avuto quattro, no, cinque bei bambini. E Ranma, accovacciato in un angolo a chiedere l’elemosina, avrebbe visto tutta la scena rodendosi per l’invidia…

La solita vecchietta rovesciò il solito secchio d’acqua, colpendo in pieno il povero Ryoga. E questo, nella sua forma suina, prese a rotolare per via della spinta che si era dato nella corsa. Finendo all’interno del locale Piccola Ukyo.

L’esperta cuoca di crèpes alla giapponese fissò il buffo animaletto che era rimbalzato fino a finire sopra il suo bancone. Era in un momento di blocco creativo, cercava di ideare una nuova ricetta, un nuovo condimento per le sue okonomiyaki: ma senza alcun risultato. Fissò il maialino nero. Gli angoli della bocca si piegarono in un sottile sorriso, mentre Ryoga aveva avvertito un brivido freddo lungo la schiena e grossi goccioloni di sudore avevano preso ad uscirgli dal capo.

“Guarda, guarda… Che combinazione fortunata, tu mi potrai fare comodo…”

“Gruuunf?”


FINE (?)