Seasons

di Joseph Palmer


Originale: http://www.josephpalmer.com/fanfic/fanfic.shtml

Tradotta da Eugenia di Manganet ed editata da Moira per Seshat



1) Inverno


Ranma aprì lentamente gli occhi e fissò i raggi di luce sul soffitto. Non li aveva mai osservati prima, ma quella notte sembravano in qualche modo diversi. Le ombre sottili che passavano di norma attraverso i pannelli erano più leggere, la luce un po’ più blu. Ebbe un piccolo brivido: era la notte più fredda che avesse sentito. Si girò sullo stomaco e si tirò la coperta fino alle spalle. Cominciava a sentire il torace sempre più freddo e... bagnato.

Un momento più tardi si alzò e ispezionò il futon con le mani. Una grande macchia umida copriva la metà sinistra e vicino c’era un secchio. Ranma-chan guardò suo padre, che in quel momento era un grande panda bagnato. Si fermò a pensare un momento e, prendendo in considerazione gli indizi che aveva a portata di mano, formulò un'ipotesi plausibile.

Si alzò e soppesò il secchio, con l’idea di colpirci suo padre. Il manico fece un piccolo cigolio che sembrò trapassarla. Si gelò, ascoltando l'eco della dissolvenza del suono. La casa era quieta. Il mormorio continuo di Tokyo era cessato, a parte il fischio di un treno in lontananza. Ranma-chan mise giù il secchio. Avrebbe aspettato l'indomani per vendicarsi. Probabilmente ci sarebbe stato uno strato di ghiaccio sullo stagno.

Aprì la porta e uscì. L'atrio era inondato da una luce leggera. La sua attenzione fu attratta dalla finestra. Fuori, fiocchi di neve stavano scendendo lentamente, ondeggiando come stessero seguendo la complessa coreografia di un ballo. Osservò un solo fiocco e lo seguì con lo sguardo fino al manto bianco sopra il recinto. Affascinata, fissò la neve che scendeva attraverso la luce del lampione.

Qualche minuto dopo rabbrividì, soffocò un starnuto e pensò di dover uscire dai vestiti bagnati. Da quanto tempo sono qui in piedi? Si chiese. Deve essere questo corpo di ragazza che mi fa comportare così.

Silenziosamente, scese i gradini ed entrò in cucina. Riempì un bollitore, lo mise sul fornello e girò la manopola per accendere la fiamma ma non ci fu alcun rumore di gas, solo il ronzio leggero del frigorifero e il ticchettio dell'orologio. Provò il termos, ma tutto quello che ne uscì fu qualche goccia di acqua fredda. Forse il bagno sarà ancora abbastanza caldo, pensò.

La lavanderia sembrava un po' più calda e la timida luce notturna era tutto quello di cui aveva bisogno. Ranma-chan si tolse il pigiama bagnato e lo lanciò nel cesto del bucato, prese un grande asciugamano e aprì la porta del bagno. Una corrente d’aria leggermente profumata passò su di lei, poi una fredda proveniente da dietro la spinse a chiudere la porta in fretta. Stava per accendere la luce, quando una voce dalla vasca fermò la sua mano.

"Ranma... per favore lascia la luce spenta." disse Akane. Si girò e la vide nella vasca: stava guardando fuori dalla finestra.

"Akane, oh, ah, mi dispiace, ritornerò più tardi." rispose mentre armeggiava con la porta.

"Aspetta..." riprese Akane. "Va bene, non andartene."

"Ma tu sei..." Ranma-chan deglutì. "... nella vasca."

"Entra e scaldati prima di prendere un raffreddore. Inoltre, non vorresti comunque sbirciare un maschiaccio, giusto? Ah... non rispondere."

Ranma-chan sospirò e avanzò cauta dall’altro lato della vasca, evitando attentamente di posare lo sguardo su Akane, grata che le avesse lasciato una via d’uscita permettendole di non offenderla, almeno non ancora.

"Come mai sei qui, Ranma?"

"Da quello che posso intuire, papà ha sentito un po' di freddo nel mezzo della notte e ha deciso che sarebbe stato più caldo come panda umido. Nel farlo è riuscito a spargere mezzo secchio d’acqua sul mio futon. Sono sceso a cercare dell'acqua calda per poter tornare normale."

"Perché volevi tornare normale? Non ti potevi solo asciugare e cambiare di sopra?"

"Sì, ma sento così freddo nel mio corpo di ragazza!" Fece una pausa, "Non l’ho mai detto a nessuno."

"Sarà un nostro segreto."

"Cosa ci fai alzata così tardi, e nel bagno?"

"E con il mio fidanzato?" terminò Akane. Guardò fisso fuori dalla finestra. "Mi piace guardare la neve. Una volta, quando ero piccola, mamma mi portò nella vasca durante una tempesta di neve, ci sedemmo qui e la guardammo insieme. Sin da allora mi piace strisciare di sotto quando nevica, specialmente per la prima neve dell'anno, come stanotte. Penso ad alcune cose, penso alla mamma qualche volta. Nessuno lo sa..." fece una pausa e guardò Ranma. "... tranne te."

Ranma-chan la guardò timidamente. Lei sorrise.

"Non dovresti tornare normale più velocemente?"

"Ci vuole più tempo quando l'acqua non è davvero calda."

"Mi piace calda così, posso starci più a lungo quando non è bollente." disse Akane.

"Mi dispiace di metterci tanto, ho provato prima in cucina ma non riuscivo ad accendere il fornello, sembrava che non ci fosse più gas e il termos era vuoto."

"È strano." disse Akane, "Kasumi ha scaldato molta acqua per il tè stasera, Nabiki è fuori con i suoi amici e i nostri padri hanno bevuto sakè tutta la sera. Ce ne sarebbe dovuta essere un po’ nel termos, e ad ogni modo il fornello dovrebbe funzionare."

Ranma sentì l'arrivo del cambiamento, un formicolio spiacevole in tutto il corpo seguito da una sensazione simile a quando fletteva i muscoli, ma accadeva involontariamente. Aveva tentato più volte di rallentare il processo, senza effetto. Era come cercare di calmare un singhiozzo o uno starnuto. La sua taglia aumentata causò una piccola onda che attraversò la vasca, schizzò il mento di Akane e fece straripare un po’ d’acqua verso il canale di scolo.

Akane rise. "Finalmente! Cominciavo a pensare che fossi di nuovo rimasto bloccato così!"

Ranma fu improvvisamente consapevole della presenza di Akane. La cadenza della sua voce gli fece saltare un battito del cuore e capì che il profumo che era nell'aria era quello del suo shampoo, o di qualcos’altro che stava usando. Fu quasi colto dal panico, lei era solo dall’altro lato della vasca rispetto a lui e il bagliore proveniente da fuori la rendeva così... così... graziosa.

"Farei meglio ad andare prima che ci becchino insieme." disse.

"Non ti preoccupare, con tutto il sakè che hanno bevuto i nostri genitori, c'è una possibilità minima che uno di loro si alzi prima di mattina inoltrata e Nabiki tornerà tardi a casa, mentre Kasumi..." Akane fece una pausa e sembrò perplessa.

Ranma aveva riguadagnato la maggior parte del controllo, e per una volta senza litigare. "Cosa è successo a Kasumi?" chiese.

"Si è comportata stranamente, quando sono entrata ha spento la tivù, ha trovato una scusa ed è corsa in cucina. E quando sono andata a letto l’ho vista scivolare nella sua stanza con un secchio..."

"Non penserai che abbia bagnato il mio futon e fatto in modo che la colpa ricadesse su papà, vero? E io che non vedevo l'ora di scaricarlo nello stagno, domani."

"Perché devi sempre lottare con tuo padre?"

"Ma io non..." protestò Ranma, poi si fermò, pensando che non voleva cominciare una discussione. "Non lo so, soprattutto per addestramento; qualche volta mi fa arrabbiare apposta, qualche volta mi arrabbio per alcuni di quei guai in cui mi coinvolge."

"Come..." indagò Akane.

"Come il viaggio in Cina, l'accordo con mia madre e qualsiasi cosa che abbia a che fare con Happosai."

"Cosa ne pensi dell’accordo con mio padre?"

Ranma si gelò. "Quello è..." diventò rosso acceso. "Quello è ok." Stettero seduti per molto tempo in silenzio. Il vento calò un po' e la neve diminuì, ma il risultato fu che fuori tutto divenne bianco. Da qualche parte nella casa un asse cigolò spaventando entrambi.

"Stavo solo pensando..." Akane ruppe il silenzio. "di dividere un giorno o l'altro questo con mia figlia."

"O figlio." aggiunse Ranma, come se fosse in trance. Si guardarono l’un l’altra per molto tempo.

Alla fine Akane disse: "Dovremmo... ritornare di sopra."

"Ok, probabilmente dovrei andare per primo." Ranma si alzò mettendosi un asciugamano intorno alla vita. Uscì della vasca e si avvicinò alla porta.

"Ranma..." Akane si era girata e lo stava guardando con il mento sul braccio, appoggiata all'orlo della vasca. "... buona notte."

"Buona notte, Akane." Chiuse la porta, si asciugò e indossò alcuni vestiti che poco prima aveva dimenticato di portare di sopra.

Cominciò a salire le scale e si fermò in cima per guardare fuori, sopra il recinto. La neve si era fermata, lasciando un manto che luccicava sopra tutti i recinti e i tetti, fin dove poteva vedere. Era come un pacco regalo: in poche ore la città si sarebbe svegliata e, come un bambino impaziente, avrebbe lacerato la confezione, senza smettere di guardarlo.

"Bello, non è vero?" mormorò Akane.

Ranma saltò quasi fuori dai vestiti. "Come... da quanto tempo sei lì?" ansò.

"Solo un minuto o due." Strinse la mano di Ranma e si alzò in punta di piedi per bisbigliare nel suo orecchio, "Buona notte di nuovo."

Mentre gli passava accanto, fu di nuovo consapevole della sua vicinanza: il suo profumo, il calore del suo respiro sulla guancia. La guardò mentre camminava fino in fondo al corridoio e con movimenti lenti apriva silenziosamente la sua porta. Si girò verso di lui, gli fece un sorriso e un piccolo inchino poi sparì, la porta si chiuse piano dietro di lei. Da quanto tempo era là, si chiese.Forse c’è qualcosa di più del mio corpo di ragazza, dopo tutto.

Ranma entrò nella sua stanza e si distese lentamente sul futon. Il soffitto sembrava quello di sempre, gli stessi giochi di ombra e luce. Almeno c'era qualcosa di normale, si disse. Posò la testa sulle mani intrecciate, ripensando agli eventi della serata. Si girò sullo stomaco, iniziò a sentire il torace freddo e cominciò una sensazione di formicolio...



2) Primavera


La campanellina tintinnò leggermente. Akane la udì, nonostante i rumori in cucina. Parte di lei era là con gli altri, un'altra stava guardando, come un'estranea, le piccole cose a cui era tanto abituata.

Quella primavera non era stata calda e per la prima volta, quell’anno, i Tendo e i Saotome cenavano con le porte aperte. Sembrava quasi una festa. Kasumi aveva veramente superato se stessa, non perché ci fosse qualche piatto speciale, ma tutto era presentato perfettamente. La tavola sembrava la fotografia di un elegante libro di cucina.

Akane era seduta sui talloni vicino a Ranma e gettava, di tanto in tanto, qualche sguardo verso di lui quando non la vedeva. Ascoltò la sua voce per un po’: stava dicendo qualcosa su una nuova tecnica di addestramento e suo padre stava ribattendo con un borbottio. Qualche volta parlava sottovoce, con le labbra che si muovevano appena. Faceva così quando voleva evitare una risposta: aveva già sentito quel tono.

Sono felice, pensò. Davvero felice. Ranma era stato piuttosto sopportabile ultimamente, non avevano un vero litigio da mesi e a dire il vero amava le piccole prese in giro tra loro. Sospettava che anche a lui piacessero, di sicuro vi partecipava con grande entusiasmo.

La sua introspezione venne interrotta quando Kasumi chiese: "Akane, mi aiuti a lavare i piatti?"

"Sì." rispose. Si alzò e cominciò a sparecchiare. Uno alla volta gli altri si scusarono, i padri per un’altra partita di shogi, Nabiki per andare di sopra, Ranma ringraziò Kasumi e uscì fuori in giardino.

Quando arrivarono in cucina, Kasumi esclamò: "Ho dimenticato il dessert!"

Akane seguì il suo sguardo verso una pila di piccole scatole rosse di sakura mochi.

"Li ho presi apposta per oggi. Penso che potremo portarli a tutti quando abbiamo finito coi piatti." Kasumi riempì il lavandino, mentre lei riponeva le salse e le spezie.

Akane guardò la sorella mentre lavava accuratamente i piatti, sembrava così assorta nell'attività, così fluida e precisa, come Ranma quando faceva i suoi esercizi di riscaldamento. In breve, la cucina fu pulita e tutto era ritornato in ordine. Amava vederla così, profumava di fresco e sembrava linda e invitante.

"Siamo veramente fortunati ad avere una cucina così grande!" disse Kasumi. "Alcuni dei miei amici hanno appartamenti piccoli e anche piccolissime cucine."

"Quanto è grande la cucina della clinica del dottor Tofu?" chiese Akane.

"Anche quella è grande; hanno molti pazienti, così usano una cucina enorme per preparare loro i pasti, ma in questi giorni quasi nessuno ha bisogno di restare durante la notte."

Kasumi riempì un capace bollitore, lo mise sul fornello e prese un vassoio dove dispose dei piattini e quattro delle scatole rosse.

"Queste dovrebbero bastare per tutti." disse. "Io andrò a cercare Nabiki, tu trova Ranma."

"Sì."

Akane lasciò la cucina dalla porta posteriore e cercò Ranma nel dojo. Non era là, né in cima alla casetta degli uccelli, né stava combattendo con suo padre. Trovò gli altri intorno alla tavola, Kasumi che serviva il tè e apriva le scatole.

"Dov'è Ranma?" chiese.

"Di sopra non c'è." rispose Nabiki.

"È dalla cena che non lo vedo." rispose Soun, "Non è da lui perdersi una festa come questa, eh Saotome-kun?"

"No, Tendo-kun, e se non arriverà penso che prenderò la sua parte." Genma si avvicinò all'ultima scatola non aperta.

"Anche la mia parte è lì!" protestò Akane sottraendogliela abilmente.

"Che bello!" disse Kasumi ad alta voce. "Che bel tramonto!"

Akane guardò verso il cielo per un momento, poi capì. Si alzò dalla tavola con la sua scatola ancora in mano e corse verso la cucina.

"Akane, non mangi con noi?" chiese Kasumi.

"Uhm, penso di sapere dov'è Ranma."

Una volta in cucina, prese un piccolo vassoio e una teiera dall'armadio a muro e fece il tè con attenzione. Era piuttosto orgogliosa della sua abilità nel farlo, nessuno poteva distinguere il suo da quello di Kasumi. Mise la scatola, un paio di tazze e un piccolo bricco sul vassoio e andò al piano superiore. Sorpassò la stanza di Ranma, le stanze delle sue sorelle e la propria e uscì nel portico dove facevano il bucato. Salì lentamente sul tetto, rischiando per due volte di far cadere tutto.

Era disteso al solito posto, con la testa appoggiata sulle mani.

"Un bel tramonto." disse Akane, mettendo il vassoio sul tetto e sedendosi vicino a lui.

"Mmm." disse Ranma, e finalmente la guardò. "Che cos’è?"

"Sakura mochi! Fatti freschi oggi!"

Le lanciò d'improvviso un'occhiata cauta e ogni suo muscolo sembrò tendersi.

"Kasumi li ha comprati..."

Ranma si rilassò.

"...da un vecchio uomo cinese..."

Poi si gelò.

"Sto scherzando! Sto scherzando!"

Il ragazzo si rilassò di nuovo. "Cavolo, non mi spaventare così!"

Akane versò il tè, aprì la scatola e prese due dei dolcetti. Ne diede uno a Ranma. Invece di mangiarlo immediatamente, lui guardò la foglia per un po’, poi ne inalò la fragranza. Il profumo particolare assalì i suoi sensi, provocando un'inondazione di ricordi. Alzò lo sguardo verso la fidanzata che lo stava fissando. Aveva già visto quel cipiglio.

"Pensavo avessi detto che li ha comprati Kasumi." disse.

"Sì, è così."

"Allora perché stai cercando sul mio volto il marchio della X?" [i]

"Il marchio della X?" Akane sembrò confusa, "Oh non è per quello, avevi solo un’espressione felice sulla faccia. Come mai?"

"La foglia di ciliegio, mi piace questo profumo!"

Akane annusò cautamente la sua foglia: profumava come le altre foglie di ciliegio e di qualcos'altro di molto familiare, ma non riusciva a capire cosa.

"Sì, è buono." disse, "Ma mi ricorda qualcos’altro."

"Anche a me, penso che assomigli un po’ al tabacco per la pipa."

"Sì, è vero, ma non quella roba che fuma Happosai."

"E mi ricorda alcune delle strade di montagna che io e papà abbiamo attraversato durante i viaggi di addestramento. In primavera alcune piante profumavano così."

Akane staccò la foglia dalla cima e la ripiegò sul fondo per non toccare con le dita il dolce di riso appiccicoso. Si domandò il perché di una seconda foglia, per un momento: quelli fatti in casa non ne hanno una in cima. Deve essere per fare in modo che non si attacchino alla scatola, pensò. Morse il riso molle all'esterno e la pasta di fagiolo dolce all'interno. Avvertì un leggero gusto di ciliegia, o forse era solo il profumo delle foglie.

"Sono meglio di quelli che ho fatto io." disse.

"Forse avevi dei cattivi ingredienti..." rispose Ranma, non desiderando davvero addentrarsi nell’argomento.

Stettero seduti insieme e guardarono il sole scendere dietro agli edifici. Il cielo divenne di un rosso profondo, ma qualche nube alta rimase davanti al sole. Finirono i loro dolci e presero il tè in silenzio, mentre il cielo si scuriva lentamente.

Ranma si distese di nuovo sul tetto e si appoggiò sulle mani. "Questo è il momento del giorno che preferisco." disse.

"Mmm?" Akane guardò in giù, verso di lui.

"Quando io e papà eravamo in viaggio di addestramento in estate, mi piaceva allontanarmi di nascosto, al crepuscolo, ritagliando un piccolo momento per me solo. Amo l'aria frizzante della sera."

Akane chiuse gli occhi. C'era una leggera brezza, l'aria fresca mescolata col calore che saliva dal tetto. Bess stava abbaiando a chissà cosa e altri cani stavano rispondendo. Poteva sentire i treni e il lontano rumore del traffico. Una folata di vento portò il profumo dolce di alcuni fiori che sbocciavano di sera. Si stirò le braccia sulla testa e inspirò l'aria fragrante.

"Ah, è così bello quassù!" disse. Quando abbassò le braccia colpì l'angolo del vassoio. La teiera scivolò pericolosamente da un lato e lo fece scivolare via, lontano da lei. Ranma allungò la mano destra e lo fermò. Akane si girò per afferrarlo e, perduto il suo appiglio, cominciò a scivolare rapidamente lungo il tetto.

"Kiyaaaaaaaaa!" gridò.

"AKANE!"

Ranma rotolò di lato tenendo la mano destra sul vassoio e avvolgendo il braccio sinistro intorno alla vita di Akane che scivolava. Si fermarono, la testa di lei appoggiata sul braccio ancora occupato col vassoio.

"Stai bene?" chiese.

"Mmm, sì, grazie Ranma. Mi dispiace di essere così goffa."

Stette ancora ferma per un po’, godendosi quel fortuito abbraccio che stava ricevendo. Guardò Ranma. Stava ancora respirando a fatica e il suo cuore batteva forte. Chiuse gli occhi e prese un sospiro profondo, poi lo rilasciò lentamente. Quando tornò a guardarla notò d'improvviso che aveva il braccio intorno a lei, lo rimosse rapidamente e lo posò di nuovo sopra il tetto.

"Mi dispiace!" le disse.

Non c’era bisogno che mi lasciasse andare così presto, pensò lei. Oh, va bene.

Rimasero sul tetto in silenzio. Lei pensò a come era sembrato scosso Ranma quando era scivolata. Il suo cuore stava davvero correndo, era sul serio così impaurito dal fatto che lei sarebbe potuta cadere? O c'era qualcos’altro? Sembrava sempre così colto dal panico ogni volta che si toccavano, anche se si stavano solo allenando. Akane non si era affatto spaventata: lui la salvava sempre, in qualche modo. Sorrise a se stessa, ricordando quante volte l'aveva fatto: era davvero molto protettivo con lei e le piaceva, anche se a volte poteva diventare un po' geloso.

La sua mente saltò di palo in frasca. La sua amica Sayuri aveva cominciato a uscire con un ragazzo di prima C e raccontava tutti i dettagli ogni giorno a pranzo. Akane parlava raramente di Ranma, le sue amiche avevano sentito abbastanza storie sulle loro lotte e non c'erano molti pettegolezzi succosi da condividere.

La brezza portò il profumo di un barbecue dal cortile posteriore che le ricordò il campeggio. Pensò ai viaggi di addestramento di Ranma con suo padre. I viaggi ai quali lei aveva partecipato non erano stati molto divertenti, infatti erano stati soprattutto dei disastri, ma almeno aveva imparato come cucinare un curry abbastanza decente che Ranma avrebbe potuto mangiare.

Prese un respiro profondo e guardò gli uccelli che passavano su di loro. Fu quasi spaventata alla vista, aveva dimenticato completamente che era fuori sul tetto. Qualcosa, nel giorno che finiva, le rendeva così facile perdersi nei propri pensieri. Guardò Ranma: aveva le gambe incrociate, una caviglia sull'altro ginocchio, il piede che si muoveva a scatti come la coda di un gatto. I suoi occhi erano focalizzati lontano nello spazio. È per questo che viene quassù.

"Ehi, Ranma, a cosa stai pensando?"

"Oh, nulla."

"Davvero, a cosa stavi pensando ora?"

"Stavo pensando al fatto che alcuni dei miei amici stanno cercando dei lavori per l’estate. Riflettevo che forse potrei prendere alcuni studenti per il dojo, quest’estate."

"Uhm." Akane si voltò verso la luna che sorgeva sulla città. "Avremo bisogno di un’insegna per la scuola di arti marziali indiscriminate Saotome."

"Un'insegna?" Ranma si girò a guardarla.

"Beh, se vuoi insegnare alla scuola dovremo avere un'insegna, così la gente lo saprà. Tipo: ‘La Scuola Saotome al Dojo Tendo, arti marziali indiscriminate’. Più o meno è come quella che ha avuto papà quando ha cominciato a insegnare qui."

"Eh? Io pensavo che questo fosse sempre stato il Dojo Tendo, non era di tuo nonno?"

"Di mio nonno, ma dal lato di mia madre. Quando mio padre cominciò a insegnare qui era il Takahashi dojo, non cambiarono il nome finché papà non sposò la mamma e cominciò ad avere allievi."

"Mi sono sempre chiesto come tuo padre si fosse potuto permettere di comprare questo luogo così grande e tirare su una famiglia, pur sprecando tutto il tempo con mio padre. Come ha incontrato tua madre?"

"Era un matrimonio combinato." Akane ridacchiò. "Credo che sia un vizio di famiglia."

Entrambi sospirarono. Ranma parlò per un po’ dei suoi piani per il dojo e Akane ricominciò a osservarlo, non ascoltando molto le parole ma piuttosto la sua voce e avvertendone l'eccitazione mentre parlava di prendere degli studenti, la sua preoccupazione riguardo l'ordine con cui insegnare le tecniche, quando dare le lezioni, dove trovare gli allievi. In alcuni momenti sembrava un po' preoccupato ma, dopo aver parlato dell’argomento, ritrovava sempre la fiducia. Lei accennava col capo e assentiva quando occorreva, ma le piacque soprattutto essere da sola con lui e sentirlo parlare di qualcosa che amava davvero.

Presto le prime stelle furono visibili e il cielo era quasi blu scuro. Le calde ondate provenienti dal tetto erano cessate e c'era un po' di un freddo nell'aria. Ranma aveva finito di parlare dei suoi progetti, così avevano affrontato altri argomenti, poi entrambi si erano zittiti. Akane guardava il cielo per vedere delle stelle cadenti, ma non ne scorse nessuna.

"Penso che sia tempo di rientrare." ruppe il silenzio Ranma.

"Ma è così bello quassù!" protestò Akane.

"È come molte altre sere e, ad ogni modo, potresti prendere il vassoio? il mio braccio si è addormentato."

Akane si girò verso sinistra e, per la prima volta, notò che Ranma stava ancora tenendo il vassoio e che lei stava usando il suo braccio come un cuscino.


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[i] Riferimento ai sakura mochi speciali che consentivano di individuare "l'uomo giusto", che Akane ha usato in un episodio del manga.



3) Estate


Akane era già mezzo sveglia quando sentì la porta aprirsi e dei passi che, dalla stanza adiacente, scendevano verso la sala. A giudicare dal rumore, o piuttosto dalla mancanza di rumore, molto probabilmente era Ranma. La mattina presto, di solito, suo padre sbatteva contro le cose e il papà di Ranma era andato a dormire come un panda, quindi il pavimento avrebbe fatto certamente più rumore se fosse stato uno di loro.

Il sole non era ancora sorto ma la luce attraverso la finestra era quasi rossa. Akane si alzò e guardò fuori. Il cielo ad est era punteggiato da nubi alte e una brezza gentile stava soffiando dal mare. Guardò verso le sue sorelle, che dormivano nei futon sul pavimento.

Kasumi sembrava un angelo. Era distesa sotto la coperta con la testa al centro del cuscino e i capelli, legati con un nastro, erano appoggiati sulla spalla sinistra. Non c'erano grinze sulle lenzuola, come se fossero state appena appoggiate sul pavimento, invece che la notte precedente. Aveva un piccolo sorriso sul volto. Sembrava così perfettamente pacata!

Nabiki invece era molto poco angelica, aveva calciato via le coperte durante la notte ed era per metà fuori dal pigiama. L’espressione sulla sua faccia era... birichina. Mentre Akane la guardava, lei si rigirò in un’altra posizione, ancora più provocante. Si chiese quanto avrebbe pagato Kuno per un paio di fotografie di lei in quella posa e quanto Nabiki avrebbe pagato per impedire che le avesse.

La sua attenzione fu attirata di nuovo dal rumore di qualcuno che stava salendo le scale. È Ranma che sta tornando, pensò. Aspettò che la porta si aprisse di nuovo, invece sopraggiunse un suono di piedi che camminavano di sotto, verso la spiaggia. Dalla finestra vide Ranma che l'attraversava in direzione dell'acqua. Si vestì senza fare rumore e aprì la porta verso l’altra stanza. Suo padre e il panda stavano russando leggermente fra i resti dell'ultimo festino notturno. Raccolse le proprie scarpe da spiaggia e aprì la porta verso il pontile. Camminò silenziosamente sulla sabbia, evitando di guardare o di pensare a Ranma. Era un trucco che il dottor Tofu le aveva insegnato per annullare la propria presenza agli altri.

"Se non hai il soggetto nei tuoi pensieri, è più facile rimanere ignoto ad esso." le aveva detto.

Lo aveva usato, a volte, per avvicinarsi di nascosto a Ranma, di solito con risultati comici, o per scivolare oltre Kuno. Funzionava solo quando stava pensando alla sua "ragazza col codino", il che spesso era già abbastanza per distrarlo. Arrivò al fianco del suo fidanzato e stette in piedi vicino a lui, guardando l'orizzonte dove il sole sarebbe sorto presto.

"Buongiorno, Akane." disse lui.

"Buongiorno, Ranma." il suo trucco non aveva funzionato.

"Sarà una bella alba, sono contento che tu sia qui per vederla." Akane non fu delusa dal fallimento: forse Ranma stava pensando a lei, per averla sentita avvicinarsi.

"Ti va di passeggiare lungo la spiaggia?" le chiese.

"Mmm."

Camminarono sulla riva, superando le altre pensioni economiche per le vacanze e alcuni grandi alberghi. Si fermarono a guardare un vecchio che faceva Tai-chi sulla sabbia umida, sull'orlo dell'acqua. Ranma era ipnotizzato dai movimenti fluidi. Il vecchio signore finì i suoi esercizi e poi si inchinò profondamente verso l'oceano. Si girò e andò diritto verso di loro. Si fermò davanti a Ranma e posò una mano nodosa sulla sua spalla.

"Il mare è un buon insegnante." disse. Sorrise ad entrambi e si allontanò per la spiaggia.

"Che cosa voleva dire?" chiese Akane.

"Non lo so, ma credo voglia che ci pensiamo."

Passeggiarono finché arrivarono a un frangiflutti che sporgeva dalle onde. Ranma salì sopra e si chinò per aiutare Akane a scalare le pietre. Trovarono un punto dove poterono sedersi comodamente insieme. In quel momento l’estremità del sole spuntò dall’orizzonte e la luce penetrò le nuvole gettando raggi di luce attraverso il cielo.

Akane trattenne il respiro, quella era una vista che probabilmente era possibile vedere solo una volta nella vita. Prese la mano del ragazzo, lo sguardo rivolto al cielo.

Il cuore di Ranma cominciò a battere nel torace. Di fronte a lui c’era l’antico simbolo del Giappone, lungo tutto l’orizzonte. Se ne sentì parte, orgoglioso di praticare le tradizionali e antiche arti marziali, in quell'epoca di uomini d’affari. In quel momento, seppe il suo posto nel mondo. Doveva praticare e insegnare le arti marziali indiscriminate, passarle di generazione in generazione, da padre a...

"È... è la cosa più bella che abbia mai visto." disse Akane.

Si girò verso di lei. Il suo volto era illuminato dalla calda luce del sole, i capelli ondeggiavano dolcemente nella brezza che si stava riscaldando.

"Bello." disse lui. Poteva vedere l'alba riflessa nei suoi occhi, ora in qualche modo fieri, ma ancora calmi.

Forse... forse dovrei baciarla, pensò. Siamo qui, completamente soli, guardando una bella aurora. Questo deve essere il momento giusto. Il cuore di Ranma cominciò a battere forte. Strinse la mano di Akane e lei lo guardò.

La ragazza guardò negli occhi di Ranma, vide la loro fierezza e qualcos'altro. Il suo cuore mancò un battito. Grazie al cielo, finalmente lo farà! Sta davvero per baciarmi! Sorrise e si rivolse verso di lui.

Vuole davvero che la baci, pensò Ranma. Chiuse gli occhi e si mosse verso le sue labbra. In quell’istante rivisse il loro intero fidanzamento, dal primo momento in cui l’aveva vista fino agli eventi della sera precedente.

Come erano soliti durante le vacanze al mare, avevano cenato nella loro stanza: Soun e Genma avevano bevuto molte birre mentre mangiavano, cui erano seguite partite senza fine di shogi accompagnate da giri incalcolabili di saké. Nabiki e Kasumi erano andate a letto presto, mentre Akane stava mostrando a Ranma le mosse più importanti del poker. Lei aveva vinto come al solito e il perdente aveva dovuto preparare i futon per i loro genitori che stavano russando. Mentre lei toglieva le bottiglie e le tazze, lui aveva per metà trascinato e per metà trasportato i loro padri a letto.

"Esco fuori a prendere un po’ d’aria prima di andare a letto." disse Ranma. Si sedette sul primo scalino guardando la luna bassa sull'orizzonte. Il suono delle onde era smorzato e in qualche modo mescolato alle urla degli uccelli notturni e ai rumori delle attività umane giù in spiaggia. L'aria era pungente e leggermente fresca su braccia e gambe nude.

Akane uscì vestita con uno degli yukata blu scuri dalla stanza, un altro drappeggiato sul braccio sinistro. Stava portando un piccolo vassoio rotondo. "Ecco." disse, dando lo yukata a Ranma.

Lui non aveva molto freddo, per lo meno non ancora. Lo prese e se lo mise. Sul portavivande c’erano due tazzine e una piccola caraffa di sakè. Si sedettero sul primo scalino con il vassoio tra loro, mentre Ranma sceglieva una tazza e Akane vi versava il sakè caldo. Lui prese la caraffa e riempì quella di lei.

Alzarono le tazze in alto e Akane bisbigliò: "Banzai!"

Ranma l'avvicinò alle labbra. Aveva già bevuto il sakè un paio di volte, ma mai seduto così rilassato. Entrambi bevvero. Akane iniziò a tossire.

"Stai bene?" le chiese.

"Mmm. Mi ha solo sorpreso un po’."

"Pensavo che tu fossi abituata."

Akane bevve ancora un po’. "Ha un sapore strano, no?" tenne la tazza davanti a sé per tutta la lunghezza delle braccia e puntò una nave da carico che passava all'orizzonte.

"Come, ah... come mai lo hai portato?" chiese Ranma, facendo lo stesso con la propria tazzina.

"Alcuni dei miei amici l'hanno provato, beh... tutti i miei amici l'hanno provato e volevo sentire com'era. Te ne ho portato un po’ perché..." fece una pausa e si spostò i capelli drammaticamente.Una ragazza non dovrebbe bere da sola! Si portò la tazza alle labbra e bevve con cautela il resto.

Lui gliela riempì di nuovo, chiedendosi come avrebbe agito dopo aver bevuto. Finirono la piccola bottiglia quietamente, ognuno versando per l'altro. I rumori dalle altre stanze sulla spiaggia stavano scemando, il vento soffiò un po’ e Ranma fu grato per lo yukata.

"Allora, cosa ne pensi?" le chiese.

"Mi sento la testa strana, il mio stomaco è un po’ sconvolto e ho la faccia che brucia." Si accarezzò le guance col palmo delle mani. "Qui, senti." Prese la mano di Ranma e se la mise sulla fronte.

"Sei anche un po’ rossa."

"Ho un'idea! Andiamo giù, verso l’acqua." Akane si alzò e scese i quattro scalini che portavano alla spiaggia. Si girò, ridacchiò e li indicò. "Stai attento, è più difficile di come sembra!"

Camminarono sulla battigia, dove le onde si infrangevano sulla riva. Lei si tolse i sandali e camminò per lasciare che le onde le bagnassero i piedi. Ranma si sedette sulla sabbia asciutta.

"Vieni dai, è davvero calda!"

"Assolutamente no. Non penso che sia abbastanza calda per me."

"Pollo!" Akane rise e calciò l'acqua nella sua direzione. Finì poco lontano dal suo obiettivo. Stava per dare un altro calcio ma arrivò un’onda più grande, così sedette vicino a Ranma.

"Oh! Mi sento confusa." disse.

"È solo il sakè."

"Non sono sicura che mi piaccia."

"Non c'è fretta, in ogni caso non dovremmo berlo per almeno altri tre anni. Io, in ogni modo, non devo ugualmente, a causa dell’addestramento delle arti marziali."

"Questo non sembra fermare i nostri papà, no?"

"No, è vero."

Stettero seduti, guardando quietamente le onde. Akane raccolse della sabbia nella mano e la versò lentamente sui piedi di Ranma.

"Cosa stai facendo?" le chiese

"Non ti muovere. Ti seppellirò nella sabbia!"

"A questa velocità, staremo qui tutta la notte."

"E allora? Sarebbe così brutto?"

"Ah..." la risposta gli rimase in gola. Non poteva essere seria, no?

La guardò per un po’, così intenta a riempirsi le mani di sabbia e versarla granello per granello sulle dita del suo piede. Lo colse a osservarla e lo irradiò con un sorriso che rischiò quasi di fermargli il cuore.

È veramente graziosa qualche volta, pensò. Quindi è questo che le fa il saké. Il successivo carico di sabbia cominciò a cadergli sui capelli.

"Cosa stai facendo?!" gridò Ranma. Si scosse la sabbia dalla testa.

"Avevo pensato di lavorare sull'altro lato, dato che i piedi sono fatti."

"Mh." fece una pausa, considerando le sue opzioni. "Forse è meglio se continui a lavorare sul basso." indicò le dita del piede, esposte dallo scuotimento.

"Ti avevo detto di stare fermo." disse lei con finta rabbia. "Devo ricominciare tutto da capo."

"Mi dispiace."

Quindi il sakè le fa anche questo. È come sempre, solamente più...

"Ehi Ranma, ti va di passeggiare con me sul bagnasciuga, per un po’?"

"Ma," si alzò in piedi, "mi trasformerò in ragazza."

"E allora? Cosa c’è di sbagliato nell’essere una ragazza?"

"Nulla, nulla, è solo che..."

Akane lo guardò, stava toccando tra loro le punte delle proprie dita e sembrava molto intimidito.

"Aha! Ho capito!" disse.

"Capito cosa?"

"Perché vuoi restare un ragazzo."

"Ah sì? Perché?"

"Vuoi baciarmi."

"B – baka[i]! Perché io..." Si fermò e giocherellò di nuovo con le dita.

"Eh eh, lo sapevo." fece una pausa. "Ok."

"Ok?" chiese incredulo Ranma.

"Ho detto ok." si alzò. "Dammi una mano."

Aiutò Akane ad alzarsi in piedi. Era di fronte a lui, i suoi occhi vibravano.

"Ranma..." disse dolcemente. "Io... io..." cadde tra le sue braccia.

"Akane! Akane!" la scosse piano. È svenuta per il saké, pensò. Si girò e l'alzò sulla propria schiena. Rifece il percorso all’inverso, attraverso la spiaggia. Akane si svegliò e strinse le braccia intorno al suo collo.

"Ranma, mi dispiace, deve essere stato il sakè."

"È tutto ok... puoi camminare?"

"Mmm, non ancora, va bene?" posò la testa sulla sua spalla.

Percorse lentamente la strada di ritorno verso le scale. Si voltò e la mise sul gradino più basso. Quando si girò di nuovo, gli stava sorridendo.

"Ma tu eri... il sakè..." Balbettò.

"Sto bene. Mi sono solo alzata troppo velocemente."

"KA—WAI—KU—"

"Ranma!" lo guardò in cagnesco, poi sorrise. "Grazie per avermi portata." Si girò e saltellò sui gradini, facendo una pausa per raccogliere il vassoio e le tazze vuote.

"—ne[ii]" finì Ranma debolmente.

Aprì gli occhi. Akane aveva chiuso i suoi e stava aspettando. Prese un respiro e le alzò il mento con la mano. Chiuse di nuovo gli occhi e sentì freddo dalla testa ai piedi. Avvertì un formicolio. Si avvicinò.

"KIIIYAAAA!"

Aprì gli occhi e vide Akane zuppa che gocciolava.

"Ranma, non ora, siamo entrambe delle ragazze!" disse.

Si guardò per scoprire che ora era una donna. "Cosa è successo?" chiese.

"Un’onda, suppongo." Akane cominciò a ridere, poi sospirò. "Oh beh, rientriamo e asciughiamoci, almeno possiamo camminare sul bagnasciuga insieme."

Mentre tornavano, Ranma si fermò e guardò verso l'orizzonte.

"Ehi, Ranma, cosa c’è che non va?"

"Stavo solo pensando a quello che quel vecchio ci ha detto sull'oceano, che è un buon insegnante."

"E...?"

"Non sono sicuro di questo, ma mi ricorda mio padre qualche volta."


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[i] Stupida!

[ii] Kawaikune, letteralmente: per niente carina!



4) Autunno


Il rastrello passava agevolmente nell'erba, raggruppando le foglie e spingendole di lato. Le estremità appuntite sibilavano attraverso il prato, le foglie crepitavano a ogni colpo.

"Ogni anno?" urlò Ranma nel cortile.

"Ogni anno." rispose Akane, fermandosi per rimuovere alcune foglie che si erano conficcate nel rastrello.

Ranma ritornò al cumulo su cui stava lavorando. Ora era alto quasi fino al ginocchio e lungo due volte la sua altezza dal muro posteriore del dojo. Cominciò a spostarlo verso il retro della palestra, tre colpi di ramazza e poi un passo verso destra.

"Ci sono sempre così tante foglie?" si fermò e gridò di nuovo.

"Sembra che siano molte più del normale, quest’anno." Rispose lei.

"Oh." disse demoralizzato.

Le foglie erano asciutte e crepitanti, non era piovuto da quando il primo freddo aveva trasformato il verde in rosso, oro, e giallo. Le spostò con colpi fluidi, tentando di trasformare il lavoro quotidiano in una specie di esercizio di arti marziali. Si concentrò su ogni colpo, sentendo i suoi muscoli lavorare. Il suo cuore non era in quello che faceva.

"Dove sono tutti?" chiese.

"Nabiki ha detto che doveva fare molti compiti, Kasumi è uscita per fare la spesa per cena e i nostri papà sono partiti per quel viaggio di addestramento stamattina presto."

"Viaggio di addestramento!" sbottò Ranma, muovendo vigorosamente l'attrezzo. "Loro... hanno deciso... OGGI... di... partire... per un... viaggio... di ADDESTRAMENTO!" si fermò per attaccare di nuovo l'inizio del cumulo. Alzò il rastrello al cielo. "Senza di me!"

"Non hai mai ramazzato le foglie prima?"

"No, mai. In questo periodo dell’anno, papà mi ha sempre portato ad addestrarmi." disse.

"Eh Eh, sembra che a tuo padre non piaccia spazzare le foglie."

"È ereditario." Ranma tornò a occuparsi delle foglie con nuovo vigore.

"A me piace." disse Akane.

Si fermò e la guardò. Lei stava ripulendo con calma, tenendo il rastrello molto diritto, spazzando le foglie più che rastrellandole. Sembrava in qualche modo più adulta. Ebbe una strana sensazione, come se stesse vedendo come sarebbe stata tra qualche anno.

"Cosa stai guardando?" gli chiese.

"Oh... ah... nulla". Non disse niente della gonna o della calzamaglia, o del maglione che le stava così bene. "Mi stavo solo riposando."

"Stai cascando all’indietro."

"Sì."

Ranma finì il suo mucchio e diede un'occhiata.

"Siamo quasi al muro, cosa facciamo con le foglie?"

"Le accatastiamo sotto quell’albero, dietro al dojo. Le ridurremo in concime organico."

"Perché non le bruciamo e basta?"

"Ti immagini se tutti facessero così? Non riusciresti a respirare in nessuna parte di Tokyo per settimane!"

Ranma annusò l'aria fresca. "Qualcuno le sta bruciando, qui vicino."

"Mmm. Un po’ di odore di fumo è così buono, no?" Akane fece una pausa e prese un respiro profondo.

Il fumo ricordò a Ranma i viaggi di addestramento per il Paese, mentre camminava con suo padre attraverso i valichi di montagna e sui percorsi tra campi di riso. In autunno c’era sempre l'odore delle foglie che bruciavano, e nastri di fumo grigio-blu nell'aria.

Accatastarono le loro foglie sotto l'albero, lavorando il cumulo finché fu alto quasi come Akane.

"Sono troppe per metterle nel ripostiglio." Ranma paragonò la montagna con il box all'angolo del giardino.

"Dobbiamo prepararle prima, sai."

"Prepararle?"

"Mmm, mi piace questa parte!" Akane gli sorrise compiaciuta mentre lo prendeva per un braccio; roteò, mosse un passo e lo gettò sulla montagna di foglie.

"Waaaah!" Ranma volò per aria con le braccia che mulinavano, ma senza effetto. Precipitò morbidamente sulle foglie facendo un rumore di schiacciamento. "Perché?" le chiese, "perché lo hai fatto?"

Lei era sopra alla sua testa, la vedeva a rovescio.

"Dobbiamo rompere le foglie, no?" Si curvò su di lui. "È il miglior modo a cui posso pensare."

Il sole splendeva sui suoi capelli, creando zone di riflessi marrone scuro. Le foglie arancioni e gialle sull'albero sopra di lei facevano da sfondo perfetto. Mi piacerebbe avere una sua fotografia così.pensò. Ci sono delle volte in cui è veramente graziosa.

"Akane, io... io..." disse leggermente.

"Mmmm?" gli si inclinò più vicino.

Alzò le braccia sulla testa e, facendole scivolare le mani sulle caviglie, la fece volare in aria. Akane gridò per la sorpresa e, dimenando gambe e braccia, atterrò sul cumulo vicino a Ranma.

"Q... questo non è giusto!" balbettò.

"Il miglior modo a cui posso pensare per rompere le foglie." le rispose. Si mise le mani dietro la testa e fischiò stonato.

Stettero sdraiati insieme nel fogliame mentre la brezza, di quando in quando, faceva staccare una foglia dall'albero sopra di loro.

Akane ruppe il silenzio. "Quando eravamo piccole, mamma e papà facevano queste montagne enormi di foglie e Kasumi, Nabiki ed io ci saltavamo nel mezzo. Quando eravamo un po’ più grandi papà ci insegnò il nostro primo judo tra le foglie."

"Ci? Intendi dire anche Nabiki e Kasumi?"

"Sì, e per un po’ di tempo papà pensò che probabilmente Kasumi poteva diventare il vero artista marziale nella famiglia."

"Kasumi? La nostra dolce, innocente, Kasumi?" chiese Ranma incredulo.

"Era veramente brava; ora è fuori allenamento, ma scommetto che ti sorprenderebbe se tentasse."

"Kasumi un'artista marziale. Ancora non ci credo." Ranma scosse la testa, facendo frusciare le foglie.

"Mmm. Anche Nabiki eseguiva delle mosse abbastanza buone."

"Nabiki," Fece una pausa drammatica, "ha ancora le sue mosse. Soprattutto dal mio portafoglio alla sua borsa." Recitò, in una pantomima, la rimozione di soldi dalla sua tasca posteriore, la disposizione in una borsa evidentemente già piena e concluse chiudendola con uno svolazzo.

Akane rise e sospirò. "Questa è la parte della raccolta di foglie che mi piace di più." Ne prese alcune e le lanciò in aria. "Sei veramente fortunato, sai, alcuni anni piove e le foglie sono tutte appiccicate; in altri anni è semplicemente troppo freddo, nei fine settimana, per godersele davvero."

"Credo che dovremo rastrellare di nuovo, il prossimo fine settimana." Ranma guardò le foglie dell'albero sopra loro testa.

"Qualche volta desidero che cadano tutte in una volta."

Ranma sorrise e alzò lentamente le mani, con i palmi girati verso l'albero sopra di loro.

"Moko Takabisha!" [i]

All'ultimo secondo aprì le mani per diffondere l'energia. La palla di ‘Ki’ [ii] passò attraverso l'albero, liberando le foglie rimanenti.

"Kiyaaaa!" gridò Akane seppellendo la faccia nella spalla di Ranma.

Iniziarono a precipitare leggere intorno a loro. Akane aprì gli occhi e guardò su, verso la pioggia di foglie che turbinava dolcemente sulle loro teste. Il sole traspariva attraverso di esse e rivelava le loro sfumature vibranti, con i gambi più scuri e le venature contro il blu del cielo mattutino. I colori erano così brillanti, così surreali! Non aveva mai visto una cosa simile. Le foglie caddero e si depositarono tutt'intorno, altre volteggiarono ancora avanti e indietro, come se volessero stare un po’ più a lungo in aria. Le si fermò il respiro e vide di nuovo la luce: quella vista era così incredibilmente bella! Guardò ipnotizzata fino a quando non cadde l'ultima, sperando che non finisse ma non sapendo quanto ancora poteva guardare senza svenire.

Sospirò e posò di nuovo la testa sulla sua spalla. Ranma le tolse delicatamente un paio di foglie dai capelli. Rivolse il viso verso di lui, i loro occhi erano incollati.

Cominciarono a ridere insieme, solo per la gioia del momento. Akane guardò Ranma. Era un lato di lui che vedeva così di rado. Era sempre così... così freddo. Non abbassava quasi mai le difese e rideva poco. Dopo un po’ si calmarono e ripresero fiato, rilasciando sospiri soddisfatti ma ricominciarono un’altra volta a ridere scioccamente.

Akane posò ancora una volta la testa sulla sua spalla, lui le avvolse le braccia intorno e la strinse dolcemente. Ascoltò il battito del suo cuore e avvertì salire il suo torace a ogni respiro. L'odore polveroso delle foglie si mescolò con il profumo della sua camicia.

"È stato un bell’anno." disse Ranma.

Lei seppellì la faccia nella sua spalla e accennò col capo.

"Non mi sono mai sentito come... come se davvero avessi una casa, prima d’ora."

"Non c’è da sorprendersi, con tuo padre che ti ha trascinato per tutto il Giappone."

"Qualche volta era anche divertente, sai? Abbiamo visitato molti posti nel Paese, incontrato molte persone. Ma questo è diverso: avere un luogo da chiamare casa." Fece una pausa, raccolse delle foglie e le accartocciò tra le mani. Pezzi schiacciati gli caddero sopra la camicia e lui li spazzolò via.

"Ranma, cosa c’è che non va?"

"Oh, stavo solo pensando."

"A cosa?"

"A mia madre."

"Che cosa?"

"Beh, se alla fine riuscirò a dirle tutto e salvare la mia testa, probabilmente vorrà che papà ed io ci trasferiamo a casa sua."

Il cuore di Akane affondò. "Io... io non avevo pensato a questo." disse. La sua mente turbinò, non poteva immaginare una vita senza lui intorno, se non come ottusa e... vuota. Vuota era la parola che stava cercando ma, una volta che la trovò, questa la pugnalò.

Pensava spesso alla propria madre, piccole cose nella casa gliela rammentavano: il gusto di certi cibi o, qualche volta, si sedeva semplicemente in cortile nello stesso luogo in cui si era seduta da bambina e si godeva un'inondazione di ricordi piacevoli.

Anche più tardi, dopo che il male era guarito, c'erano stati altri bei ricordi. Suo padre era rimasto a casa per occuparsi di loro, aveva sempre tentato di essere responsabile, ma erano state le ragazze a mandarla realmente avanti.

In mezzo a quei pensieri c’era un baratro di ignota oscurità che lei tentava di evitare, ma ora ci stava affogando dentro.

Si allontanò da Ranma e si raggomitolò sulle foglie, tremando, tentando di trattenere le lacrime.

"Akane." Ranma le toccò la spalla. "Akane, stai bene?"

"Ranma." si girò a guardarlo. "Non lasciarmi mai." il mento vibrò e le lacrime apparvero nei suoi occhi. Seppellì la faccia nel suo braccio e cominciò a singhiozzare leggermente.

"Eh?" Ranma era confuso. Cosa ho fatto? Cosa dovrei fare ora? pensò. La sua prima scelta era una lite, ma non sembrava molto adatta alla situazione, la sua seconda opzione... beh, non aveva mai avuto bisogno di una seconda opzionec on Akane, prima d'ora. Gli ci voleva tempo per riflettere. L'abbracciò e tentò di pensare a qualcosa da dire. Ma lei cominciò a piangere più forte.

"Eh, cosa s-sbagliata!" disse ad alta voce, sorprendendosi. La lasciò rapidamente.

"BAKA!" singhiozzò Akane. Gli afferrò il polso e tirò di nuovo il braccio intorno a sé.

Ranma l'abbracciò ancora. Poteva sentire il calore del suo corpo che premeva contro il proprio, poteva sentire il profumo dei suoi capelli, una miscela di shampoo, foglie e ragazza. La cullò leggermente, le foglie si schiacciavano sotto di loro. Ancora non capiva cosa stava succedendo, la pancia gli faceva ancora male per le risate di un momento prima e ora Akane stava piangendo tra le sue braccia. Si sentì impotente: qualche cosa le stava facendo male e non c'era niente che lui potesse fare. Desiderò irrazionalmente un avversario visibile, qualcuno contro il quale potesse lottare per lei.

Lei pianse per un po’, poi la sua respirazione divenne più rilassata. Prese un ultimo respiro profondo e lo rilasciò.

"È tutto ok, è ok." ripeté Ranma, lisciandole i capelli.

"Mi dispiace." disse alla fine.

"È ok, davvero." Ranma continuò a lisciarle i capelli facendoci passare, di quando in quando, le dita attraverso.

Akane tirò un po’ su col naso. "Mi dispiace, mi succede solo quando penso di nuovo a quando mamma..." prese un altro respiro tremulo e si asciugò le lacrime. Studiò Ranma per un momento, poi prese una decisione. Fece un respiro profondo e le parole cominciarono ad uscire fuori.

"Quando mamma morì, i parenti fecero avanti e indietro per settimane. Poi, uno alla volta, tutti ci hanno lasciati, fino a una mattina in cui mi svegliai ed eravamo solo papà, io e le mie sorelle alla tavola della colazione. Continuavo ad aspettare che mia madre entrasse. Per settimane pensavo che lei stesse ancora per entrare, per la colazione, come aveva sempre fatto. Per molto tempo non parlai con nessuno, stetti nella mia stanza e piansi, perché mi sentivo così vuota ed era così ingiusto che la mia mamma se ne fosse andata! A ripensarci, doveva essere altrettanto dura per gli altri."

"Poi, una notte, la sognai. Era così vero! Eravamo nel dojo a combattere insieme ed era divertente, perché io non ero poi molto interessata alle arti marziali. Non disse qualcosa che possa ricordare, sentii solo un sentimento... dovevo permetterle di andare, lei mi amava ed era orgogliosa di me." Akane rilasciò un sospiro e si sdraiò di nuovo sulle foglie.

"Prima dell’alba mi misi un gi [iii] e andai nel dojo. Mi sedetti e guardai la scritta ‘I-RO-HA' [iv] finché il sole non sorse, poi cominciai a fare tutti gli esercizi che vedevo sempre fare a papà. Del tutto sbagliati, chiaramente. Lui entrò un po’ più tardi e mi vide, quindi mi mostrò il modo corretto di fare mosse facili. Penso fosse la prima volta che lo vidi sorridere di nuovo."

"Più tardi, Kasumi venne correndo, chiamando papà e dicendogli che ero sparita. Avresti dovuto vedere la sua faccia!" Akane rise scioccamente.

Ranma non sapeva cosa dire. Si era ritrovato in una casa strana, fidanzato a una ragazza strana. Sembrava che fosse accaduto a qualcuno altro, molto tempo fa. Akane era diventata di giorno in giorno, lentamente, una stabile, confortevole, parte della sua vita troppo spesso incasinata; prima d'ora non ci aveva mai pensato.

Immaginò un futuro lontano da Akane. Non l’avrebbe più vista a colazione, sarebbe andato a scuola da solo. Era probabile che non sarebbe stato neanche nella sua stessa scuola.

Akane lo guardò, preoccupata.

"Mi dispiace di aver scaricato tutto questo su di te, Ranma. È strano, ma non fa più così male pensarci, ora che finalmente l’ho detto a qualcuno."

Dei sentimenti strani si rincorsero in Ranma: si sentì felice della fiducia di Akane nel confidarsi, ma il pensiero di allontanarsi da lei gli faceva male. Si sentiva protettivo verso la sua fidanzata, ma allo stesso tempo gli piaceva quanto fosse forte e indipendente. Le voleva dire che non sarebbe mai andato via, ma in qualche modo sapeva che l'obbligo verso sua madre poteva impedirgli di mantenere quella promessa. Anche se erano fidanzati, non era ancora il momento di far sapere ai loro genitori quali fossero i loro desideri, almeno non apertamente. C'era una parola per quello che stava sentendo, ma non era ancora pronto.

Avvicino la mano e le toccò la guancia. La sua pelle era calda e morbida. Sembrò un po' sorpresa, poi gli sorrise. Il suo cuore mancò un battito, all’improvviso seppe che si stavano quasi per baciare e il panico che aveva sempre sentito in passato non c’era più. In quel momento c’era un sentimento più forte.

Akane sentì il suo tocco sulla guancia, le sue dita e il palmo resi ruvidi da anni di addestramento. La colse di sorpresa, Ranma non era molto affettuoso ma era stato così quieto negli ultimi minuti. C'era qualcosa nel suo sguardo, una fiducia pacata che spesso si perdeva quando erano da soli insieme. Finalmente ci baceremo pensò, da una parte sollevata e dall'altra impegnata nel tentativo di impiantare quella consapevolezza nella sua mente.

Lui si fermò a guardarla, guardarla davvero. Ha degli occhi veramente belli, pensò. Col sole che splendeva in essi, poteva vedere pagliuzze marroni e nere nelle iridi. Ha ciglia lunghe e molto spesse, come una modella, ma le sue sopracciglia sono sottili ed eleganti. Il suo naso grazioso. Quasi come quello di una bambina. Il suo labbro più basso si sporse un po’, dando al suo sorriso un tocco di dolcezza.

Si sta prendendo davvero il suo tempo, pensò. E probabilmente io ora sembro un mostro, con gli occhi gonfi per il pianto e i capelli tutti scompigliati.

Lui si avvicinò e poté sentire il suo dolce respiro e il calore sul volto. Trattene il fiato, chiuse gli occhi e lasciò che le labbra toccassero quelle di lei. Voleva ricordare quel momento, inciderlo nella mente; sentì il calore delle labbra di Akane sulle proprie e il suo profumo, mescolato all’odore delle foglie polverose. Le sentì che scricchiolavano sotto di loro e sugli alberi in alto. Si baciarono per un battito cardiaco, poi un altro e un altro. Lentamente ruppe il bacio, poi aprì gli occhi. Anche quelli di Akane si aprirono e, spostandosi a destra e a sinistra, guardarono per un istante i suoi.

Lo abbracciò ermeticamente e sorrise contro il suo torace. Grazie al cielo, pensò. Finalmente ci siamo baciati e nessuno...

I suoi pensieri furono interrotti da un suono di foglie schiacciate quando Kasumi e Nabiki atterrarono sul cumulo con loro.

"Wow, Akane! Niente male per un primo tentativo!" cinguettò Nabiki. Un sorriso enorme si dipinse sul suo volto.

"Era anche ora. Non posso rimandare il pranzo per sempre, sapete?" esclamò Kasumi. Poi sorrise e gettò una manciata di foglie in aria. Precipitarono come confetti intorno a loro.

"Io gli darei, ummm... un otto." dichiarò Nabiki.

"Avara." Sospirò Kasumi.

Un cartello di legno con un "10" apparve dalle foglie. Ranma si avvicinò ed estrasse un panda sorridente.

"Ah ah ah, Tendo-kun!." Soun affiorò dalle foglie, con fiumi di lacrime grondanti dagli occhi. "Finalmente abbiamo avuto successo!" Soun e Genma-panda gettarono le foglie per aria. Si unirono a loro Nabiki e Kasumi. In pochi secondi l'aria era piena di foglie e di risate di padri e sorelle. Quando finalmente smisero di cadere, Ranma e Akane erano spariti.

Nella passerella coperta tra il dojo e la casa, Akane si rivolse ad un Ranma ancora rosso.

"Ehi, Ranma, aspetta un secondo."

"Che c’è?"

"Questo." Akane si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò fermamente. Ruppe il bacio, gli fece l'occhiolino e saltellò verso casa.

Ranma la guardò andare, la testa gli girava. È stato davvero un anno molto buono, pensò. Si toccò le labbra con le dita, un anno molto buono.


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[i] Letteralmente 'Uragano della tigre', uno dei colpi più famosi di Ranma, lo utilizza in contrapposizione allo Shishi Hokodan di Ryoga.

[ii] http://it.wikipedia.org/wiki/Ki_(filosofia)

[iii] La tipica tunica da combattimento che usa Akane.

[iv] "I-RO-HA" è una filastrocca del periodo Heian, da cui è derivato il modo tradizionale di insegnare l'alfabeto giapponese, similmente al nostro "ABC". Nei dojo è tenuta un'insegna con questa scritta per ricordare una delle regole principali, ovvero che anche nelle arti marziali "tutto comincia dal fondo", dalle basi, dalle nozioni più elementari. Qui il link dove compare l'insegna nella prima puntata di Ranma, guardate al 4:27: http://www.youtube.com/watch?v=5jRD5iN-aKA.

Ringrazio infinitamente Kuno per la sua preziosa e minuziosa ricerca su questo termine!