Capitolo 005

Nonostante l’orario pomeridiano, il Nekohanten era ancora aperto. Ranma non se ne sorprese: d’altronde, la domenica, bisnonna e bisnipote avevano più clienti ed era stupido non approfittarne. Il ragazzo col codino si voltò ancora una volta alle sue spalle, sperando che l’altro lo seguisse con diligenza senza perdersi come al suo solito. Aveva provato a convincere Ryoga ad aspettarlo a casa Tendo, ma ovviamente non c’era stato verso.

Del resto, vedere Akane letteralmente strapparsi in mille pezzi e non avere il benché minimo indizio su dove si fosse cacciata la sua vera fidanzata, dovette ammettere a se stesso, era qualcosa che turbava non poco anche lui.

“Aiya! Lanma!” esclamò l’amazzone più giovane, vedendoli entrare. “Allola sei venuto davvelo, che gioia!” aggiunse, riferendosi chiaramente al loro incontro del giorno prima.

L’abbraccio di Shampoo seguì le ultime parole senza alcuna soluzione di continuità e, dato che questa volta Akane non avrebbe potuto punire adeguatamente il destinatario di tale gesto, Ryoga fu felice di prendere le sue veci con un pugno ben assestato.

“Maledetto! Akane è dispersa e tu non trovi di meglio che civettare con un’altra!”

“Dacci un taglio!” Ranma fu ancor più lieto di restituire il cazzotto con tanto di interessi. Quindi, tornò a rivolgersi alla ragazza. “S-senti, Shampoo… questo non è il momento, ho il bisogno urgente di parlare con la vecchia!”

“Come?” Lo fissò confusa. “Non mi dilai che vuoi uscile con la bisnonna invece che con me?”

“Non voglio uscire con nessuno!” protestò il giovane. “Ti prego, chiama qui Cologne! Si tratta di una cosa seria!”

“Se ploplio ci tieni… Bisnonna!” gridò verso l’altra stanza. “Lanma vuole vedelti!”

Shampoo, ormai, aveva lasciato completamente la stretta. Pure Ranma si rilassò, anche se per un altro motivo. Era infatti cosa indiscussa che, quando a Nerima avveniva qualcosa di insolito ed inspiegabile, evento più frequente di quanto ci si potrebbe attendere, la vecchia mummia era l’unica a cui rivolgersi per trovare ciò che somigliasse maggiormente ad una spiegazione logica.

Certo, era solo il primo passo, pensò mentre si sfilava di tasca il talismano per mostrarglielo. Ma almeno era stato compiuto.

“Pesca grossa, pesca grossa!”

O forse ancora no.

Un mostruoso nanerottolo corse nella loro direzione, cioè verso l’ingresso, portando con una mano un grosso sacco dal contenuto facilmente immaginabile, e con l’altra una scodella di ramen caldo che stava trangugiando nella corsa senza tanti complimenti. Ma quel vecchiaccio non conosceva un momento di pace?!

“Felmo lì!” Shampoo lo intercettò, strappandogli di mano il bottino. Vari capi di biancheria intima uscirono dal sacco, sparpagliandosi per il locale. “Ehi! Ma questi sono miei! Maniaco!” Lo punì con un calcio sulla zucca, poco avvertito da un Happosai troppo intento a piangere la perdita dei suoi amati zuccherini. Si interruppe solo quando il suo sguardo incrociò casualmente quello di Ranma, e del talismano.

“Uhm? Ma quel disegno non è…?”

Interruppe la frase a metà, ma il giovane Saotome lo incalzò. “Vecchiaccio! Tu forse lo riconosci?! Sputa fuori il rospo!”

“Non scocciare”, replicò l’altro, “non vedi che sono impegnato?” Infatti era appena sfuggito dalle grinfie di Shampoo, per raccogliere il bottino e filarsela.

“Ryoga! Fermalo!” gridò Ranma al ragazzo che ancora piantonava l’uscita. Ma Happosai superò agevolmente l’ostacolo, dato che Hibiki aveva già perso i sensi da qualche secondo, complici delle mutandine di pizzo finite sulla sua testa. Il sangue colava ancora copioso dalle narici dello sventurato.

“Maledizione!” sbottò il giovane con il codino, una volta che il vecchiaccio fu all’esterno. “Non c’è un momento da perdere, prendiamolo!” E corse all’inseguimento, tirando per la bandana l’esanime compagno d’avventura, seguito da Shampoo. Quando, un momento dopo, Obaba fece capolino nel salone, il ristorante era nuovamente deserto.

“C’è nessuno?... Prima mi chiamano e poi se ne vanno! Che scherzi sono questi, pensavo ci fosse bisogno di me…!”

*******

“E così alla fine l’avete perso di vista…” mormorò Genma, sgranocchiando gravemente un cracker. L’amico annuì ancor più pensieroso.

“Quel dannato vecchiaccio!” sbottò Ranma, picchiando il tavolo del soggiorno di casa Tendo. “Sono sicuro che sapesse qualcosa di quello che sta accadendo!”

“Magari”, propose Ryoga, “la persona che ha sostituito Akane con quella… uhm, bambola di carta… in realtà ce l’ha con Happosai.”

“Non sarebbe la prima volta che accade una cosa simile.” osservò Nabiki di sottecchi.

“Lo escludo categoricamente!” esclamò Soun Tendo, interrompendo il proprio silenzio e sorprendendo i presenti.

“Amico mio”, fece Genma allarmato, “non penserai forse…”

“E’ inutile continuare a tenerlo nascosto, Saotome-kun.” Soun si levò in piedi. “Sai bene dove il maestro ha visto lo stesso identico disegno di quel talismano.”

“Papà, veramente lo sai?” disse Ranma, sempre più sorpreso.

“Lo sa come lo so io”, precisò il capopalestra, “per il semplice motivo che noi, quella volta, eravamo con lui.”

“Questo vuol dire che…” accennò Ryoga.

“Che anche i nostri padri avevano riconosciuto il medaglione da subito.” concluse, lucida, Nabiki.

“E perché diamine non avevate detto niente?!” Il giovane Saotome alzò la voce.

“Ora calmati, Ranma-kun.” lo zittì Soun. “Semplicemente, è passato molto tempo e non potevamo esserne sicuri. Ma adesso temo sia giunto il momento che veniate tutti a conoscenza di una certa storia: tutto avvenne più di dieci anni fa, ma meno di venti…”

JUSENKYO, PIU’ DI DIECI ANNI FA MA MENO DI VENTI…

“Ecco, siamo allivati.” sentenziò un buffo signore cinese. “Zhou Chuan Xiang, il luogo di addestlamento leggendalio.”

“Davvero un posto affascinante.” annuì Happosai, ammirando le numerose pozze d’acqua chiuse tra gli impervi monti del luogo.

“Sono lieto di vedele che ci sono tulisti tanto entusiasti delle bellezze locali”, sorrise l’interlocutore, “è da solo un mese che lavolo come guida di solgenti e non potevo desidelale di meglio, come plimo cliente… A ploposito, non c’elano altli due visitatoli, assieme a lei?”

“Eccoli che arrivano…” disse il maestro, indicando dietro di sé due giovani artisti marziali pesti e malconci. *Sono riusciti a sfuggire a quella orda infuriata: dopotutto, forse, meritano davvero di essere miei allievi…*

“Quel maledetto!” mormorò uno dei due. “Ha depredato metà dei villaggi che abbiamo incontrato sulla nostra strada, ha mangiato in ogni ristorante senza pagare il conto e ha rubato un’infinità di biancheria!”

“Mentre noi”, concluse l’altro, la testa avvolta da un fazzoletto che provava a nascondere l’avanzare inesorabile di una calvizie precoce, “abbiamo dovuto lavare piatti ore ed ore per pagare i suoi debiti e siamo stati malmenati al suo posto da buona parte della popolazione femminile… Ma la pagherà! Oh, se la pagherà!”

“State, per caso, parlando male di me?” Il vecchietto comparve improvvisamente alle loro spalle.

“Oh, no! Noi non oseremmo mai!”

“Servi suoi, maestro!”

Soun Tendo sospirò pesantemente, prima di proseguire. “Fummo tempestivamente interrotti dalla guida, che aveva scorto una donna del posto in preda alle doglie. Di lì a poco, ella partorì un bel maschietto, così il maestro si prodigò a fare il primo bagnetto al neonato… ma in una delle fonti!”

“Aiya! Ma che cosa ha fatto?!” esclamò terrorizzata la guida. Happosai sembrò non capire, finché non estrasse dall’acqua un mostriciattolo dall’aspetto disumano. “Questa fonte si chiama Niu-he-man-mao-len-nichuan! La tlagica leggenda nalla che, cilca 2500 anni fa, ci è annegato un uomo delle nevi che ela su un tolo con un’anguilla e una…”

“Un momento!” Ryoga interruppe il racconto. “Questa storia la conosciamo già! Non si tratta di Collant Taro?!”

Ranma afferrò nervosamente il genitore per la veste. “Papà, dunque quella volta eravate a Jusenkyo col vecchiaccio? Conoscevi le Sorgenti Maledette e non hai detto nulla?! Perché diamine poi mi ci hai portato, allora?!”

“N-non… non sapevo nulla della maledizione!” si difese Genma. “Non è un mistero che non so leggere il cinese: la seconda volta, quando ti ci ho portato per l’addestramento, non avevo capito di essere tornato nello stesso posto!”

“E poi… l’ho detto, è passato così tanto tempo.” Soun tossì imbarazzato. “Comunque… per quanto riguarda Collant Taro, io e Saotome-kun non avevamo realmente idea di ciò che accadde in seguito. Infatti, per noi, gli avvenimenti avevano preso una piega più importante…”

“Noo! Questa glande, glande tlagedia!” continuò a sbraitare la guida.

“Oh, quante storie!” borbottò Happosai. “Non mi sembra poi una cosa così grave.”

“Lo è!” Un nuovo figuro spuntò dal nulla, puntando un’arma affilata contro il vecchietto, mentre la guida se la dava a gambe levate. “Tu, empio, hai appena contaminato le sacre acque...”

*E questo chi è? Non mi ero nemmeno accorto della sua presenza, dev’essere molto abile!* osservò il maestro. “Ma di certo, non alla mia altezza!” continuò, attaccandolo con la sua pipa.

L’uomo schivò il suo attacco. Estrasse un origami a forma di rosa, vi applicò un minuscolo talismano dallo strano disegno e lo lanciò contro la mano di Happosai: la rosa di carta lo punse veramente, disarmandolo. Gli piombò di fianco e lo mise spalle alla roccia, puntando la lama al suo collo.

“…ed è mio dovere di custode purificarle nuovamente: ciò può avvenire solo con la tua morte!”

“No! Fermo, Hori-gami!” Una voce femminile.

“Eiko…” esitò il Custode. “Perché ti trovi qui? Questo non è spettacolo per te.”

“Per favore”, lo pregò la donna, “risparmia questo incolpevole vecchietto! Non poteva sapere delle sorgenti.”

“Ma non vedi che un altro innocente è caduto vittima della maledizione, per colpa sua?”

“Ti prego…”

“E sia!... Ma la responsabilità di questi visitatori sarà tua.” Si allontanò, con aria severa. *Cosa mi sta succedendo? Sto venendo clamorosamente meno al mio dovere… Già da giorni non riesco a concentrarmi durante il rito quotidiano, e perdo invece tempo a confezionare origami da regalare ad Eiko. Che lei abbia davvero tutta questa influenza su di me?*

Soun e Genma avevano assistito sbalorditi all’intera scena. “Uh, l’ha chiamato ‘incolpevole vecchietto’, che ingenua!” ridacchiò a denti stretti il quattrocchi. Ma Soun era intento a contemplare la ragazza, e gli mancò un battito, quando questa si avvicinò loro.

“Voi siete col vecchietto? Vi prego di scusare il nostro comportamento.” S’inchinò. “Noi siamo i custodi delle sorgenti ed è nostro compito proteggere e quietare gli spiriti che vi dimorano. Il mio nome è Eiko.”

“P-piacere!” balbettò lui, arrossendo. “Il mio nome è Soun Tendo, lui è Genma Saotome e… il ‘vecchietto’ è il nostro maestro Happosai.”

“Anche per me è un piacere!” Un Happosai tutto sorridente si lanciò contro la sacerdotessa. Soun lo trattenne per il colletto della veste. “Ma che succede? Non riesco ad avanzare di un passo!” esclamò il nanerottolo, che non si era accorto della mossa dell’allievo.

Eiko rise di fronte a quel siparietto comico. “Ho visto bene. Siete molto simpatici! E soprattutto… sono sicura che non potete costituire alcun pericolo, per Zhou Chuan Xiang!”

La piccola comitiva fu comunque costretta a trattenersi per un po’. Happosai era stato incaricato di far da padrino al neonato e di trovargli un nome. Il vecchietto prese molto sul serio questo suo incarico, e i suoi allievi non sapevano quanto tempo avrebbe richiesto la cosa.

Nei tre giorni e nelle tre notti che seguirono, Eiko ospitò Genma e Soun. Non perdeva un momento per chiedere loro informazioni e curiosità dal mondo esterno. I due diedero soddisfazione a molte sue domande, finché non furono essi stessi a rivolgergliene una.

“Se non sono indiscreto, cosa ci fai in questo luogo sperduto?” le chiese una volta Soun. “Parli benissimo la nostra lingua e mi sembri giapponese come noi…”

Eiko decise di confidarsi. “La mia famiglia era giapponese, ma io ne so poco o niente. Ricordo solo che ci perdemmo tra i monti della grande Cina e, unica sopravvissuta e ancora bambina, finii per caso a Zhou Chuan Xiang, dove Hori-gami mi accolse sotto la sua protezione. Da allora, questo è il mio mondo.”

“Che triste storia…” commentò Genma.

“Vuoi dire che non sei più uscita a vedere il mondo civile?” disse Soun, sinceramente addolorato. “E’ un peccato.”

“Non così grande.” cercò di convincersi lei. “Dopotutto, cos’è che mi aspetterebbe là fuori? Forse la felicità?”

“Beh… non posso assicurarti questo”, replicò, “ma comunque tante cose: nuove esperienze, nuove conoscenze… la possibilità di farti una nuova vita… e, u-uhm, di trovare l’amore…” I due si fissarono intensamente per parecchi secondi, prima che Genma chiedesse se per caso non ci fosse qualcosa da mangiare.

Arrivò infine il momento del congedo.

“Tutto risolto!” annunciò trionfante Happosai, il mattino del quarto giorno. “Ho trovato per quel bimbo un fantastico nome, che sono sicuro piacerà a ogni abitante della terra!”

“Ce lo dirà un’altra volta, maestro.” tagliò corto Genma. “Ora andiamocene! Ho troppa paura di quell’Hori-gami, per restare qui un momento di più… Non sei d’accordo, amico mio?” Soun si limitò ad annuire con aria assente.

Presa la loro roba, i tre si accinsero a partire: quando furono raggiunti dalla sacerdotessa.

“Eiko… vuoi forse fermarci?”

“Veramente… vorrei che mi portaste con voi!”

I quattro si dileguarono, il buio della notte, stavolta, a coprire la loro fuga. Quando furono abbastanza lontani, Eiko si voltò in direzione delle sorgenti. *Ho atteso qualche giorno, come mi hai chiesto. E ho operato la mia scelta. Perdonami, Hori-gami, amico mio...*

Levò definitivamente lo sguardo, incrociando quello di Soun. Entrambi arrossirono impercettibilmente.

“Questo è tutto. Forse ora capirete per quale motivo, all’inizio, abbia taciuto.” concluse Soun, che ora sembrava in preda alla commozione. Anche Kasumi e Nabiki parevano parecchio turbate, e Ranma non ne capiva il motivo.

“Papà”, prese la parola la maggiore delle sorelle Tendo, “Eiko è il nome della nostra defunta madre. Vuoi dire forse…”

“Sì, bambine mie.” la anticipò. “Si tratta proprio di lei.”