Arena Francesco nasce il 20 settembre 1975 a Latina. Il modo di esprimere poesia presente negli scritti dell'artista è veramente superlativo. Si può affermare che anche egli si dovrà annoverare fra i "Portatori di Luce", cioè i veri artisti.
INFINITO SECONDO (anno 2010
Allungai le mani verso il cielo,
allora strinsi per illusione fra due dita una stella:
una piccola, lucente, scheggia di firmamento.
Guardai lontano,
quasi per magia camminai in equilibrio
lungo la linea dell’orizzonte,
dove mare e cielo
giocano al bacio più antico del mondo.
Cominciai a contare i numeri,
ero bambino, poi uomo, infine vecchio e stanco,
mi resi conto in quel tempo di essere solo al principio.
Mi inerpicai per le dune del deserto,
spostai ogni grano di sabbia, era impossibile!
Ascoltai le voci delle persone,
i suoni dell’aria, acqua, terra e fuoco,
il canto degli animali,
il silenzio della notte...
ma l’infinito non si sente,
non si tocca,
non si vede,
eppure ruota, gioca intorno a noi.
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BIANCO E ROSSO (1990)
Il bianco soffice e morbido,
il rosso inquietante e sanguinante,
Infatti, Francesco si inserisce tra quei poeti capaci di far emergere e portare alla luce messaggi utili per l'umano operare. Va aggiunto e sottolineato che, l'artista, attraverso i suoi messaggi non solo soddisfa se stesso, ma arricchisce di vibrazioni positive ogni ambiente in cui circolano i suoi scritti. Egli si potrebbe introdurre fra coloro che hanno agito con forza e tenacia passando dal sogno alla realtà quotidiana illuminando l'essere nel suo divenire eterno. Il Poeta, così operando, ci fa conoscere un tipo di realtà che spesso sfugge ai più essendo la poesia l'essenza della realtà visibile a tutti. [nella foto Francesco Arena da Giovane] Francesco Arena riesce, attraverso il suo poetare, a ravvivare e a vivificare quei "morti viventi" troppo spesso lontani dal messaggio poetico. di Alessandro D'Angelo.
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POESIE DI FRANCESCO ARENA
PRINCIPIO (anno 2010)
Non sempre ciò che percepiamo
con i nostri sensi,
con la nostra mente,
è tangibile,
è riscontrabile con la realtà.
Solo l’irrazionalità
e la follia pura,
aprono gli orizzonti
al disidratato,
ed ormai esausto...
sole perpendicolare.
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TUTTO SU MIA MADRE (anno 2010)
Minuta, esile, argentata,
sotto un sole ambrato d’autunno,
riflette al mio, il suo sguardo profondo.
Nel silenzio che quasi pare muto,
ma che avvampa emozioni, idee a cascata,
si piega quasi a baciar la terra...
non si spezza torna subito
ritta e forte.
Le sue parole ascoltate, rifiutate,
sono luci, della mia anima, del mio pensiero,
eredità, che consegnerò a mia volta.
Una piccola donna, colma di sapere,
di sogni persi e desideri creati.
Ti guardo, fermo al mio stupore,
con una silente malinconia;
ti osservo nel quotidiano,
nel passato che ci ha accompagnato,
ci ha uniti come madre e figlio,
nel futuro come mio eterno dono.
Il tuo pensiero si è fatto uomo,
un uomo, che come figlio,
ti ricorderà immortale.
Francesco Arena
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L'UCCELLO DALLE ALI SPEZZATE (anno 1997)
Sono un uccello,
un uccello a cui
hanno tagliato le ali,
un uccello che
non può più volare.
È triste, terribilmente triste,
i piccoli occhi piangono,
lacrimano perle di dolore.
Aspetto,
aspetto il giorno
lontano infinito,
il giorno che cresceranno le ali,
ma è lontano, così lontano,
troppo lontano;
e il dolore è tanto forte,
è atroce.
Piango giorno e notte,
il dolore è terribile,
io piango.
Un giorno, il giorno arriverà,
allora solcherò il cielo,
attraverserò il mondo,
finalmente sarò guarito.
Ma quel giorno è lontano, così lontano
Troppo lontano.
Francesco Arena
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ROMA ALTER ROMA (anno 2007)
Ho conosciuto l’altra faccia di Roma,
sono bruciato tra le sue fiamme turchese
e la parola è divenuta verbo,
il verbo carne.
Sulle strade di pensieri,
nelle piazze affollate di idee,
persone sbrigano il loro fare.
Fumi del mio cammino esalano in cielo
ormai assonnato, coricato.
Fra la gente si gridano sorrisi, emozioni pure,
nel profondo del mio abisso,
mille silenzi fanno eco.
Immagini, sogni, verbi,
giocano a nascondersi, a svelarsi...
le fiamme del mio cammino bruciano l’aria,
il calore, ne scalda i sensi assopiti.
Visioni tornano dall’abisso al cielo,
la sera, la notte, scende
e si manta di sonno, stelle e Luna;
la parola diviene carne,
un cuore pazzo, incessante, folle...
poi il tempo fugge...
l’estate cala il suo sipario
l’autunno ne piange i suoi ricordi.
Francesco Arena
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CRISALIDE (anno 1999)
Nicole,
il sangue scorre tra due mondi,
attraversa un oceano in tempesta;
i cui occhi rapiscono sogni eterni
e labbra bramano senza indugio.
In te scorre sangue rosso vivo
e mille esplosioni di vita;
la carne si mescola a passioni,
al desiderio più animale, più feroce.
Ora eccoti dormire sopita,
come una crisalide di farfalla che nascerà.
Io ti guardo e volo via dal tuo passato
stretto fra le tue ali future.
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FOLLIA (anno 2008)
Ho conosciuto un Dio
Un Dio che non esiste.
Ho visto bambini
Morir di fame e di sete.
Ho visto uomini illusi baciar mano
a cardinali e vescovi
coperti di lustri.
Ho visto uomini fuggire da paesi lontani
ho sentito solo:
odio, razzismo, rancore.
Ho visto deserti sterminati,
funghi di fumo coprire il cielo.
Ho visto l’azzurro sparire, il verde morire.
Ho sentito follia, idiozia, malattia.
Ho visto ricchi piangere oro
E poveri ridere miseria.
Ho visto piatti abnormi,
misere ciotole di riso.
Ho sognato un mondo d’illusioni,
di prati fioriti e valli verdi:
ho pianto sorrisi veri
e giorni felici per tutti.
Ogni mattina mi risveglio
Il cielo piove...
... anche Dio e fuggito via.
Francesco Arena
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FIORI RECISI (anno 2010)
I fiori recisi dell'adolescenza,
invocano pietà
del libero arbitrio folle
di giochi sconnessi;
implorano misericordia
per un cielo sterile
di un deserto di pietre.
Greve è il dolore,
atroce, rossa, la ferita del cuore.
Era un sogno acrobata, sfiorato dal pensiero,
ma poi precipitato nel baratro,
in un abisso senza futuro.
I sogni muoiono...
i desideri evaporano.
Francesco Arena
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il grigio addolorato è impotente, uomini sorridenti, hanno arricchito uomini avidi e riscaldato donne... ... dal cuore freddo.Francesco Arena
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Francesco Arena giovane
PALAZZO DEI PAPI (anno 1999 )
In questo cielo di gente,
nella piazza delle stelle,
fra mille sogni
due piccole luci calde
rilucono come lucciole in un prato;
illusioni eterne
camminano per la strada del mio sentiero
e le strette scarpe
pian piano si consumano.
La luce è lieve,
la torcia rovente,
è una stella morta e silenziosa.
Era l’urlo,
l’eco non ha mai fatto ritorno.
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ERA IL MIO CAVALLUCCIO MARINO (anno 2011)
<<Ero un cavalluccio marino,
ma per amor di tua madre...
... abbandonai il mare
e mi trasformai in uomo.>>
“Un tempo di silenzio è coricato nel salone,
la sua sieda è rimasta li, immobile e polverosa,
smossa dal tavolo a quarantacinque gradi...
per mio rammarico, è ancora vuota.
Dietro una coltre ispida e brizzolata,
si nascondeva il genio di un sognatore ardito.
Ma ora, il dolore della nuda roccia che lo depone,
non può far che ombra a crisantemi
cresciuti e fioriti, a sua eterna memoria.”
Lo rammento ancora...
Di primo mattino con un cielo cobalto
e occhi fessurati di sonno.
Prodigo nel suo medesimo rito giornaliero,
esausto del suo progetto senza termine.
È li, seduto composto, in attesa...
... In attesa del mio chiassoso richiamo per la scuola.
Così meticoloso, ligio al galateo,
con un orecchio teso al mondo
e una forchetta composta fra le sue preziose mani.
Inebriato fra i fumi dei suoi pensieri,
che poi condensava nei suoi astrusi disegni di passione;
come immateriale consistenza del fango di un Dio,
generava l’abisso del suo genio.
Colmo di Parole... Parole, Per disegnarmi il mondo,
per rapprendere le sue complesse meccaniche aritmetiche
e comprensione delle sue ermetiche geometrie
in un universo privo d’orizzonte.
Ecco! è così,
lontano in schegge di vetro
caduto e frantumato,
sublimato al sole di un maledetto giorno;
che ricordo “il cavalluccio marino”,
che mi donò quel che ora sono.
Francesco Arena
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“ANTEPRIMA” DEL MIO SCRIVERE... (anno 2011)
Scrivo emozioni per esprimere, disegnare,
ogni singolo angolo remoto della mia anima poliedrica...
È infattibile scorgere il Sole in un universo
cosmo abitato da infiniti astri.
Seguire le linee del mio pensiero sibillino
dove intersecano in ordine confuso, ordinato,
le scie di progetto del mio spettacolo.
Arazzi di ruote dentate, ingranaggi,
complessi alla platea,
collimano a un mio preciso gioco di emozioni singolari,
eppure, di totale incomprensione alla prima di teatro.
Io vi domando? Può un minuto seme, concepire una sequoia?
Si! Poiché, nel suo infinitesimale progetto,
già rapprende l’immenso nerbo del suo frutto;
con medesimo gioco i miei sogni
sono l’antro dell’abisso che ogni giorno mi divora.
Lo so! Lo so!
Il mio è un pensiero contorto, distorto
dall’ordinario comune, eppure, è il mio io pensiero...
E nell’ermetico valicare dei monti,
solo l’arduo pellegrino... Troverà pace.