"UNA COSCIENZA AGITATA" da pag. 20 alla fine
(Copertina del libro Solchi di Luce di Alessandro D'Angelo, Guerrino Rubini, Antonella Soddu e Viviana Ventisette - edizione Rupe Mutevole 2010)
Entrambi (i principali interpreti del racconto "Una Coscienza Agitata" - Daniele e Maria) stavano in piedi e decisero di sedersi in un angolo del giardino mentre l'odore salmastro si sentiva più intenso. <<Tu hai studiato sommariamente la chimica e la fisica, quindi ti posso parlare liberamente - disse Daniele - La domanda che ti volevo porre è questa: "Secondo te ogni atto umano è condizionato o no dall'ambiente?" "Senza dubbio" Rispose Maria. Daniele con tono fermo prosegui: "Dunque, tutti noi siamo condizionati dal nostro ambiente, non è vero? " Maria rispose quasi tentennante: "Be, si, ma poco. Se noi vogliamo fare una cosa, la facciamo anche se è condizionata dal nostro ambiente" Daniele rispose con calma: "Non credere che la soluzione a questo problema sia così semplice. Adesso credi di poter fare ciò che vuoi, ma è tutta un' illusione che si crea in te". "Ma che significa ?" Chiese Maria. "Secondo me le tue moine, con le braccia, le qualunque azioni sono effetti dovuti a ben precise e determinate cause". Maria: "Tu allora mi neghi la volontà..." Daniele, con voce cupa: "Non la nego solo a te, ma anche a me, come a tutta l'umanità. L'uomo, per ogni azione ha come stimolo dei processi chimicobiologici complicatissimi che si verificano nel cervello e in tutto il corpo, corpo che per comodità chiameremo ambiente, lasciando così l'anima da parte per parlarne dopo". Maria Tacque imbarazzata, ma dopo una breve riflessione disse: "Però questi problemi chimici e biologici avvengono in me, io sono l'insieme di queste cause, quindi io sono libera". Daniele proseguì sempre con lo stesso tono: "Tu non puoi interferire su queste cause in alcun modo, quindi il tuo io con le sue aspirazioni, con i suoi desideri non è libero. Tu credi, come in fondo tutta l'umanità, di essere libera, ma il tuo Credere di essere libera e il mio Dubitare che nessuno sia libero, non dipendono dal nostro Io, ma dal nostro ambiente esterno e dalle cause chimico-biologiche che, come una serie di conseguenze logiche ci fanno apparire, sembrare , credere quello che forse non siamo, non crediamo, non appariamo. E' la materia che governa il nostro agire, non il nostro agire che governa la materia". Mentre Maria incuriosita continuava ad ascoltare, Daniele proseguì: "Se assumi del caffè, una droga, qualche cosa di eccitante o di sedativo, tu ne senti subito l'azione sulla tua psiche. Se prendiamo uno stupefacente, la nostra psiche cambia completamente e noi non possiamo impedire ciò, come mai? La materia ha influito con quella 'formuletta' chimica cambiando il nostro stato d'animo; è chiaro che io non posso sintetizzare una formula che annulli l'azione dello stupefacente. Se tu sei così come sei e hai detto quello che hai detto, ciò è avvenuto a causa di un susseguirsi di cause ed effetti; cioè si è formato un lungo ciclo di conseguenze logiche dovute alla natura" ; Maria interruppe il discorso: "Perché parli sempre tu? Piuttosto, credi in Dio?" Daniele imperturbato: "Se intendi il Dio dei cristiani, ma... Vorrei sapere come tu lo vedi. Io credo in un dio come Causa di tutti gli Effetti, ha capito? Concentrati un momento su questa definizione. Mi spiego meglio: Adesso sono le 22 precise, ebbene, noi annulliamo il tempo passato che fingiamo essere alle nostre spalle e ci soffermiamo su questo infinitesimo di secondo; or bene, in quell'infinitesimo di tempo, si è manifestato dio come Causa Prima perché Istantanea ed Unitaria". Non pensare alla Causa Prima come la intendevano i filosofi greci. Ecco, ora ci sono altre mille e mille cause con altrettanti numerosi effetti in un infinitesimo di tempo. Questa è la vita, ciò è la rappresentazione di dio. Se non ci fosse questo susseguirsi di continuo di cause ed effetti, anche se ciò cessasse per solo un miliardesimo di secondo, in quello spazio di tempo, non ci sarebbe più moto, quindi non ci sarebbe ne' tempo , ne' spazio, ma l'inconcepibile nulla". "Che cose difficili!" Rispose la giovane, quasi terrorizzata mentre il vento della sera svegliava le lucciole, Daniele continuò ad esprimere il suo pensiero: "Senti Maria, mia piacerebbe che tu mi dimostrassi che sono libero, che tutti sono liberi, che non è un'illusione credere di essere liberi e che non è una semplice parola quasi vuota quella di Volontà.; so che il tuo compito è difficile, ma se riesci a dimostrarmi quello che non riesco a concepire razionalmente, sarai benedetta per sempre non solo da me, ma anche da quel dio al quale tu credi". Maria rispose titubando: "Ma no, non posso dirti nulla, io mi sento libera, ma nel tuo discorso mi è parso che ci fosse qualche cosa di vero". "... Anche io mi sento libero, ma ragionando, credo che ci siano delle finezze filosofiche che noi non riusciamo ad afferrare e che ci sfuggono". "Forse hai ragione, però non mi hai convinta molto poiché tutti i fenomeni chimici, fisici, biologici ed elettrici avvengono nel nostro corpo..." Maria non fece in tempo a terminare la frase, che energicamente disse: "Ma cosa significa se io non posso modificare tali fenomeni; la vita è fatta di questi; se riuscissi a modificarne solo uno, modificherei la vita; io mi sento così come sono, per un numero "N" di fattori". Proseguì: " Mi sento libera, brava, contenta ecc.. Ho riflettuto e mi sembra che basti credere". Daniele sospirando rispose: "La felicità sta nel credere di essere liberi, perciò mi hai precorso". Con tono risentito rispose Maria:" Ma mi hai chiamato solo per questo?" . Non terminò di parlare che Daniele gli rispose che era solo per passare il tempo che lui parlava di certe cose. Maria si scosse e alzò scherzosamente i pugni verso di lui. Daniele la lasciò fare, la fece parlare e le fece raccontare le sue cose circa gli amici comuni che ancora ballavano nei giardini. Poi annoiato, ricominciò con i motivi filosofici: "Beata te, che credi nella Santissima Trinità ed hai fede! Anche a me piacerebbe avere la fede; senza di essa c'è scetticismo, nichilismo e disperazione, c'è un vano correre incontro ad un dio non così materialista come quello accennato prima". Maria rimase scossa e sorse in lei un sentimento di materna pietà che le fece dire: "Io ho fede perché ho prove per credere nel dio cristiano e nei misteri". Daniele incuriosito: "Beata te ancora una volta!". Mi vuoi dire che prove hai?" Maria rispose sicura di quello che diceva: "molte, i miracoli di Cristo; per esempio, quello che riportano i vangeli e la sacra Bibbia". Daniele , quasi stupito da quelle parole rispose: "Si potrebbe anche dubitare di molte cose". "Anche io dubito un pò rispose Maria - Tutti dubitiamo, è difficile trovare un credente vero e proprio". Daniele coinvolto: "Lo so che di religiosi veri e propri ce ne sono pochissimi, l'uomo, per sua natura è portato a tentennare ed è in fondo questo suo dubitare che lo ha portato a vivere in una civiltà come quella odierna." Maria di rimando: "Non posso darti ragione solo per quello che hai detto a proposito della religione," Daniele: Vorrei dirti qualche altra cosa circa i culti, lo vorrei Libero Arbitrio umano e dire a te che sei una ragazza cattolica, almeno formalmente. Da quanto so, tutti i cristiani come i mazdeisti, i buddisti, credono nel Libero Arbitrio umano ed hanno come base comune l'amore fra gli uomini e la Verità che ognuno di essi interpreta a suo modo oggettivandola. Il "Vero", secondo me è il Tutto, ma riflesso nella nostra coscienza". Maria sorpresa e meravigliata chiese: "Ma cosa centra la nostra coscienza? ". "Allora non ci siamo capiti. Tutti abbiamo bisogno di un dio, dio a cui ricorriamo nei brutti momenti, nell'anzia, nella paura, nel momento della morte, nell'angoscia per il futuro. Il vero dio sta in noi e lo sentiamo con i rimorsi, con la speranza, la carità, la giustizia e la fede. Per chiarire faccio un esempio: Immagina una frazione dove sopra ci sia un solo numero e sotto tanti numeri dei quali bisogna trovare il minimo comune multiplo. Fingiamo che la linea che divide questi numeri sia il tempo. In questo modo abbiamo una visione chiara del succedersi delle religioni. Sopra la linea del tempo c'è l'Omnia, sotto i vari profeti disposti lungo la linea del tempo che si influenzano a vicenda. Facendo la somma o la sottrazione di questi, oppure di ciò che hanno detto o fatto, otteniamo inaspettatamente che il numeratore della frazione è uguale al denominatore che, se è diviso per l'infinito di tempo, dà zero. Ma, la linea del tempo rimane e permane quindi anche la causa di tutti gli effetti nell'infinita unità di tempo. Questa è forse la Verità più sentita oggi. E' vero ciò che è, è dio. In ordine di tempo, per Buddha, la felicità eterna sta nell'annullamento del corpo e dell'anima; per Maometto sta nel vivere in Paradiso con le donne; per Zarathustra, detto anche Zoroastro, che ha anche influenzato il cristianesimo, la felicità eterna sta nel percorrere una saggia vita sulla terra per mezzo del Libero Arbitrio, dopo la morte la felicità sta nella pace della propria coscienza. In realtà nessuno è riuscito mai come Maometto a materializzare il Paradiso. Lasciando da parte la religione islamica, il "Vero" del Libero Arbitrio di cui ti volevo parlare, l'ho trovato proprio l'altro giorno leggendo lo Zand- Avesta di Zarathustra- Ci ho trovato scritto grosso modo così: "L'uomo può paragonarsi ad un fantino in groppa ad un cavallo- Il fantino sarebbe l'anima e lo spirito, mentre il cavallo sarebbe il corpo. Egli ammette, sulla base di questo esempio che il fantino riesce sempre a domare il cavallo, ovvero l'anima riesce sempre a sottomettere il corpo". "Per quanto riguarda il mio modesto parere, disse Maria - In una corsa di cavalli, il fantino può riuscire, con opportuni accorgimenti a domare il cavallo e anche a farlo vincere, ma quando gli accorgimenti sono pochi o il cavallo è irritabile, zoppo o non si sente di galoppare, allora il cavallo può buttare dalla sella il fantino!- "Quindi dici che per mezzo del corpo l'anima potrebbe anche scomparire. Quello che hai detto mi è sembrato esatto. Piuttosto ricordi San Tommaso in "Anima est in toto corpore" ? Questo ci spiega come l'anima sia la risultante di di "N" numero di fattori, come dicevi tu prima e quindi le virtù, i sentimenti e le azioni che ne susseguono dipendono da detti fattori che ormai conosci e che si trovano giustamente in ogni parte del corpo- Perciò, come vedi, stiamo confermando quello che aveva scritto San Tommaso". Maria con tono sospiroso e un po' patetica: "Sono stanca, non so se darti torto, ma neanche ragione, forse sono un ignorante in materia...". "Cara mia, se sei stanca continuiamo domani, così se puoi, cercherai di dimostrare la cosa che sembra a prima vista più semplice: che tutti siamo liberi. Se ci sarà tempo, tratteremo il problema della fede naufragato oggi in "disquisizioni religiose" La mattina seguente Maria non si fece viva, si era molto stancata e chi sa, sentir parlare per la prima volta di certe cose, non era stata per lei una cosa molto piacevole. Daniele passò la mattinata aspettando e nello stesso tempo ripensando alle cose dette, molte gli parvero sciocche, altre indovinate. Nel tardo pomeriggio, mentre il sole rifletteva i suoi raggi nel limpido e placido mare, come una stella colorata arancione e gialla, in quell'atmosfera così armoniosa, ecco correre verso Daniele sventolando aria fresca, Maria. Si ferma, fa un grande sbuffo col fiato grosso, sta zitta per qualche tempo, poi quasi con cattiveria racconta: "Lo sai che mi sono addormentata quando la rosea alba faceva capolino fra le serrande? Lo sai che ieri sera ho avuto paura quando sono tornata a casa? Una paura che non ti so definire: dell'ignoto, dell'eternità, del tempo e della morte. Cosa pensi, mi ha scosso l'inconscio quello che abbiamo detto ieri?". "Certo, se non sei abituata a parlare di certe cose, avrai avuto una specie di shock". Non finì il discorso che Maria gli chiese;: "Ma perché?" "Perché la tua Volontà, che affermavi di avere, non ha reagito agli "N" numero di fattori. ogni sintomo che hai avuto è stato l'effetto di ben precise e determinate cause alle quali non ti sei potuta contrapporre". Maria rispose aprendo le palme della mano: "Ma io ho cercato con tutte le mie forze di soffocare quei sentimenti. Niente da fare! Più pensavo che dovevo lottare contro questi, più si facevano sentire e molto; tu non hai idea di cosa abbia provato io per tutta la nottata: come ti ho detto: è una cosa impossibile da raccontare, non ci sono parole... ho provato sensazioni nuove mai provate sino ad ora". Lo credo bene, ma non ti preoccupare, certe cose servono, vedrai che se faremo altra discussione, non ti sentirai più come la notte scorsa" disse Daniele con un tono convinto. Maria era lì ferma, sembrava che da un momento all'altro dovesse tremare di ansia, ma era solo un sembrare. Era lì immobile, pensava a chi sa che cosa, ma si leggeva chiaramente nei suoi occhi che era tesa verso il futuro più prossimo. Pensava sicuramente che quella insensibile anima di Daniele le avrebbe ricominciato a fare i discorsi, discorsi che non erano stati terminati il giorno prima. Solo questo suo pensare la rendeva nervosa in modo particolare che difficilmente si nota nelle ragazze della sua età. Comunque, Daniele non volle lasciarla in pace e iniziò a parlare facendo il diplomatico: "Lo sai cosa mi ha raccontato un amico con il quale ho discusso per tre giorni? Pensa è riuscito a concepire esattamente cosa l'Omnia. Mi ha detto che ieri pervase il suo cuore di gaiezza e proseguì: era una luce, una luce strana che egli non aveva mai visto. La luce sublimava i colori e, nella sua incommensurabilità apriva il cuore alla tenerezza verso tutto ciò che si presentava di naturale. I colori apparivano nitidi come mai, anche i muri scalcinati , per la riflessione dei raggi solari, sembravano tersi. La natura tutta si presentava ai suoi occhi spalancati e sbigottiti in un vestiario superlativo. Il cielo, il mare, la strada, gli alberi avevano assunto uno strano tono. Contemplando ciò, egli si avvide che la natura è divina, dio è in essa ed essa è in lui. Questa fusione da luogo alla maestosità dell'Omnia. Ora vorrei conoscere il tuo parere sul concetto e la descrizione dell' "Omnia". Maria rispose immediatamente: "Per me il concetto l'hai centrato in pieno; io la penso uguale, magari non così poeticamente..." Vista l'affrettata e ferma risposta, Daniele proseguì: "Ricordi cosa abbiamo detto della fede ieri? Ti ricordi che non potremmo finire il discorso? Secondo me la fede spera anche per questa vita, ma nota bene, per via dell'assurdo e non dell'umana ragione, altrimenti è semplice saggezza di vita e non fede. Poi ti vorrei far notare l'enorme abisso qualitativo presente fra dio e l'uomo. Ciò nella dottrina si esprime affermando che l'uomo non può nulla e che è l'Altissimo a dare tutto; dio, in altre parole, dà all'uomo la facoltà di credere: questa è la grazia. Se dio ti dà la fede, te la dà solo se... Noi non abbiamo sempre un cervello atto a riceverla. C’è chi si uccide per disperazione perché non ha la fede e neanche la speranza. Ti sembra giusto? Dimmi che cosa è questa grazia, o Maria? Tu dove la vedi questa grazia? Come ti vedo muta, che cosa hai, mica avrai una crisi spirituale? Perché taci? Che cosa ti è successo?”.
Maria tacque ancora, non sapeva cosa dire, si trovò scombussolata, poi disse: “Ho capito, tu mi vuoi dire che anche la fede, come ogni parte del nostro carattere fa parte dell’Omnia e che la grazia esiste solo a parole. Ti ho capito sai. Vuoi sapere come la penso; ebbene ricordati che non sono giansenista e che quindi non credo alla predestinazione, ne credo che sia la sola grazia divina strumento di salvazione. Sono cattolica purissima”.
A questa risposta abbastanza animata, Daniele ribatté: “Secondo il mio parere, la grazia dei giansenisti è paragonabile alla ‘Forza di causa’ dell’Omnia. I giansenisti ammettono di essere predestinati dal loro Dio; io dico che siamo predestinati dall’Omnia o Causa di tutti gli effetti. Secondo me i giansenisti sono quelle persone che più delle altre hanno capito quello che realmente sottintendeva il Cristo quando predicava che bisogna perdonare tutti. Anche secondo me bisogna perdonare perché ogni atto umano dipende da cause più grandi e più forti dell’uomo e dell’atto stesso. Se non sei del mio parere, sei cristiana, ma solo formalmente.” Maria ribatte: “Perché?”. “Perché non hai compreso a fondo il messaggio di Cristo. In fondo saresti un’eccezione se ti mettessi ad interpretare il Vangelo o la Bibbia a modo tuo. Tu sei ancora un fiore che deve sbocciare...Vedrai che qualche discussione con me ti farà vedere la vera luce, la luce della verità, quella verità che purtroppo molte persone ignorano perché danno più importanza alla forma che al contenuto. Se tu sapessi…” disse Daniele con tono misterioso. “Che cosa… che cosa? - rispose Maria - voglio sapere”.
“C’è della gente che dice di essere cristiana, ma in effetti non lo è. Pensa, io conosco al mio paese cinque o sei coppie di anziani che in estate quando vanno in villeggiatura, mi diverto a spiare. Essi, tutte le sere recitano il rosario per più volte e guai a chi li molesta. Il bello sta che il giorno dopo si comportano come scomunicati, trascurando completamente i 10 comandamenti. Essi sono falsi con se stessi ed ipocriti con la loro coscienza. Credono di salvare la loro anima così, ma senza opere buone cosa risolvono? Di è la colpa di tale comportamento? E’ colpa loro se sono diventati egoisti, maldicenti e a volte anche cattivelli? Per mezzo delle preghiere si purificano? E’ forse colpa loro se hanno quel carattere? No. Sembra che sia utile e basti il rosario per stare in pace con la propria coscienza”. “Io dico di si - disse Maria - perché per quelle persone vivere l’egoismo è una cosa così naturale, com’è naturale la loro meschinità. Direi: beati loro che non sono consapevoli dei peccati o malefatte”.
“Infatti, la coscienza sente il peccato quando questo è stato fatto consapevolmente. Se sono inconsapevoli della loro condotta riprovevole, sono felici perché in buona fede. Tu, Maria, come sei? Come credi di essere?”. “Io non dico la preghiera la mattina e la sera, ma penso a Dio, ci penso nella forma più astratta, ma volevi sapere come io lo vedo…. bene, non so descrivertelo; il colore è nero, poi… Ma non so. Non sono formalista, vado a messa la domenica, qualche volta, ma non sempre. Non me ne preoccupo perché, sai, basta che faccio le buone opere”. “E quali opere buone fai?”. Risponde Maria con tono cinico: “Ho sentito le tue stranezze ieri, ma a parte quelle - disse tornando seria - faccio l’elemosina a chi ne ha bisogno, non faccio peccati mortali, solo qualcuno veniale, perciò sono a posto con la coscienza”.
Non finì il discorso che quel tipo strano di Daniele le disse: “E quello che abbiamo detto ieri e quello che ti è successo stanotte? Non nominare il nome di Dio invano”. Maria ebbe una reazione, le si rizzò la pelle dai piedi sino ai capelli, sembrava che avesse la pelle d’oca solo a sinistra. Mentre alzava gli occhi al cielo, si strofinava la gamba per far passare il fenomeno e cominciava ad agitarsi. Daniele disse: “Ti serve un calmante, devi pure essere consapevole che affronti certi problemi, per la prima volta. Su, non ti scoraggiare, sii forte, cerca di calmarti”. Maria rispose a bassa voce: “Sto cercando con tutte le mie forze di calmarmi, ma niente, non ottengo nessun risultato. Sto lottando contro me stessa, ma niente da fare. Aiuto, aiuto Daniele!”.
Egli la fece sdraiare su una panchina, poi le chiese come spiegava questo fenomeno. Maria si stava calmando e disse sussurrando: “C’è stata una battaglia fra due Io (Maria contro Maria), ma ha vinto la più forte”. Dopo un attimo di sosta Maria disse che non sapeva da quale parte dell’Io fosse la volontà: “Io ho combattuto con tutta la forza ed ero cosciente di combattere contro la mia agitazione, ma niente da fare. L’agitazione ha vinto, la mia volontà non ha potuto far niente”. A queste parole, Daniele approfittò per risponderle immediatamente che quella che lei chiamava volontà, non era che volontà solo fonologicamente e che in realtà erano quei fattori biochimici che avevano preso il sopravvento sugli altri fattori dello stesso tipo. Daniele continuò: “Quello che ti sto dicendo è una cosa complicata. Gli innumerevoli fattori che non sei riuscita a sconfiggere, facevano parte del tuo Io, come hai già detto ieri quando dicesti che eri libera perché quei fattori facevano parte di te. Tu sarai libera di tutto, ma non di te stessa. Prova a rispondermi adesso che sei quasi calma: che ti è successo? Non potrai dirmi che lo spirito del bene ha vinto sullo spirito del male o viceversa!”.
Maria si fece silenziosa mentre il sole stava precipitando nel mare; più tardi quando si fu calmata, spiccicò qualche parola: “Non so se darti ragione: se io provo a immedesimarmi in te, provo terrore, provo una cosa strana che cercherò di definire come meglio posso… o no, non posso definirla, mi da fastidio pensarci, non posso, non voglio, mi fa male…”. Dopo una breve pausa, fece un profondo respiro, si alzò dalla panchina, si rimise a sedere, dopo di che facendo due passi disse: “Lo sai che questi tormenti non li ho mai vissuti? Come fai tu a pensare a certe cose; devi essere un uomo senza pace, come fai a vivere in una situazione così tragica? Lascia perdere tutto, ti conviene, la vita è bella, godila con altri mezzi. Sono sicura che per te la soddisfazione più grande sta nel trattare queste cose così astruse. Come ti vedo male!” - disse Maria con tono cieco di falsità, al che Daniele reagì dicendo: “Ad ognuno il suo destino… vedi Maria, anche tu hai un destino. Chi sa se un giorno ci troveremo nella stessa sorte come oggi? Di tutto ci si può aspettare a questo mondo”. “Non ci tengo proprio - disse Maria convinta e proseguì - caro Daniele, lascia stare questi problemi, lascia che ci si impazzisca qualcun altro. Senti, domani facciamo una bella festa e tu ti devi comportare come i tuoi amici. Devi essere, devi essere più… non so. Devi essere un altro, capisci? Ma….”.
Con un “ma” molto scettico Maria finì il discorso e abbassò la testa verso terra. Ella muoveva la testa a destra e a sinistra, in continuazione. Daniele la richiamò alla realtà dicendo: “Capisco che cosa significa per te parlare di certe cose. Lo so, ma vedrai, tutto domani risplenderà nei nostri cuori come l’altro ieri. Senti Maria, scommetto che tu hai detto quello che hai detto perché sei stanca; vedrai… mi domandi che cosa? ebbene vedrai, anzi, ti accorgerai che quello che hai detto stasera è solo frutto di reazioni come un fiore che sta per sbocciare”. “Sarò un fiore che sta per sbocciare, ma quello che tu hai detto non è dovuto solo a questo. Lascia stare la filosofia, lascia perdere lo Zand-Avesta, lascia perdere tutto ciò che è la filosofia religiosa. Secondo me, tu non dovresti neanche leggere la Bibbia, Il perché te lo dico subito: ti monti la testa come un bambino e da ogni parola, con la tua fantasia, vuoi fare scaturire mille significati”.
Maria sedette ed aspettò con ansia la risposta di Daniele. Egli si sentiva impacciato nel rispondere: “Forse hai ragione, non so che dirti, hai ragione, ma vedi di sport ce ne sono tanti nella vita e quello che noi stiamo facendo è uno sport per il cervello. Il cervello si allena a pensare cose profonde, si allena e si fortifica proprio come accade per i muscoli. Poi ti vorrei dire che ognuno di noi ha un proprio destino. Come tu hai detto giustamente ieri, ognuno si diverte a modo suo, si allena a modo suo, ognuno ha delle specifiche, tipiche esigenze soggettive che sono di quel carattere e di nessun altro”. “Bel carattere...” - disse Maria, ma Daniele proseguì invitandola a tacere. Egli volle entrare nel discorso del destino con argomentazioni strane: “Questa estate, in una fresca mattinata, ero in montagna. Un sole rosso e giallo faceva capolino tra le vette, era quasi l’alba e i monti riparavano la mia testa dal sole. Il luogo era molto suggestivo, non mancavano i melodiosi canti di uccelli e si poteva vedere un panorama fantastico di piccoli paesini sparsi ai piedi delle montagne. Io tirai un sasso giù per la vallata ed esso, dopo aver battuto e rimbalzato da sasso in sasso, da albero in sasso, da cespugli in sasso, andò a far compagnia ai sassi di un piccolo ruscello che scaturiva lì nei pressi. Ti sembra un racconto senza logica, lo so, ma abbi pazienza e vedrai che ti chiarisco tutto. Dunque, secondo me, quel sasso era paragonabile alla vita di un uomo”.
“Oh Dio, ma che dici, l’uomo ragiona e il sasso no. Come puoi dire certe cose; o vaneggi o mi prendi in giro. Due sono le cose, sai…”. A quella risposta Daniele ribatté: “Vuoi stare calma? Bisogna aver pazienza. La ragione è formata da pensieri coerenti. Se il pensiero non lo è, tu pensi sempre, ma non puoi ragionare. Come è chiaro la ragione è pensiero, ma ti sei mai chiesta di cosa di cosa è fatto il pensiero, quali sono le cause che lo generano? Il pensiero, per esempio quello che tu stai pensando adesso, è dovuto all’effetto di precise cause. Tu mi dirai, quali cause? Io ti rispondo: al contenuto del pensiero precedente, il pensiero precedente era scaturito come conseguenza logica del tuo pensiero precedente e via dicendo. Tu non puoi pensare quello che vuoi, non puoi dire: io adesso voglio pensare a... non lo puoi dire, perché se pensi ad a... c’è stata una causa che ti ha fatto pensare a quel non so che cosa. Così il sasso faceva lo stesso, non era lui che voleva andare a battere contro quel preciso albero, contro quel cespuglio e contro quei sassi di fiume per poi fermarsi. Paragonare il viaggio di un sasso al viaggio che noi tutti uomini dobbiamo fare, non è sbagliato. Anche noi, come il sasso, andiamo qua e là, a destra e a sinistra, inciampiamo in mille modi prima di arrivare alla nostra morte, nell’Omnia tutto è meccanico, non credere di poter essere più potente della causa di tutti gli effetti. E’ da miliardi di anni che tutto va avanti così meccanicamente. Ti ho parlato dell’orgoglio perché per questo molta gente non china la testa di fronte al Gran Dio Omnia ritenendosi atea”.
Maria rispose subito che gli atei non esistono e specificò che sono solo pose stupide. Sentito ciò, Daniele le raccontò: “Avevo un amico che si diceva ateo, ma che ateo, lui all’essere ci credeva; chiunque crede all’essere deve logicamente credere nell’Omnia, quindi non era ateo, ma solo pieno di puntiglio”. Maria rispose che quel tipo sarebbe stato più stupido che puntiglioso e continuò dicendo: “Mi interessava quello che dicevamo sul pensiero”. “Già - disse Daniele con tono festoso e proseguì - ti sei mai domandata quando, perché e che differenza c’è fra il pensiero di una persona sveglia e il pensiero di una persona che sogna?” Fulmineamente rispose Maria: “Lo so che cosa vuoi dire. Vuoi affermare che pensare come pensiamo noi adesso o pensare come nel sogno è la stessa cosa”. Daniele rispose:” Esattamente, sei sempre tu che pensi, perciò nel tuo soggetto si manifestano pensieri per te oggettivi; praticamente cambi mondo, vivi in un tuo mondo reale”.
“Che bello! Come vorrei cambiare mondo! La realtà odierna è bruttissima…. se potessi cambiare il mondo psicologico!”. “Che cosa dici… scherzi - disse Daniele - un altro mondo lo puoi trovare migliore o peggiore di questo. Puoi avere incubi, puoi sognare cose bruttissime che ti mettono paura e ti fanno svegliare delusa. Lo sai che i sogni hanno una grande influenza sulla condotta umana?”.
Si faceva tardi. Maria aveva paura che se avesse tardato molto, a casa l’avrebbero sgridata perciò, alzandosi dalla panchina di scatto, con tono imperioso disse: “E... se potessi cambiare, se davvero potessi cambiare mondo. Bisogna che ti lasci. Ricordati che domani devi venire alla festa. Scusa se ti saluto così frettolosamente. Ciao”.
Essa corse come un puledrino dalla mamma. Il fiore stava veramente sbocciando. Aveva acquistato un maggior senso del dovere e le cominciava a piacere discutere. Sentiva di non essere più la debolissima ragazza senza personalità.
Passarono ventiquattro ore esatte. Ritroviamo Daniele zitto, fermo, immobile, seduto compostamente davanti ad una travolgente marea di coppie danzanti. Pensava a quello che gli aveva detto Maria: “Devi essere più ... non so, come gli altri”. Riflettendo deduceva: “Ma perché adesso come adesso, che differenza c’è fra me e questa marea di giovani? Io sono come sono gli altri. Che cosa dici Maria? Forse è lei che mi vede diversamente. Lei vede in me un piccolo filosofo e negli altri dei bravi ragazzi...”.
Egli pensava, fissava le mattonelle e sembrava quasi che parlasse con queste. Ad un tratto, tra la gente sbucò Maria saltellando come mai: “Ehi, Daniele, che fai? Che contempli? Perché non balli?”. Egli si scosse come se si fosse svegliato da un lungo torpore, fece presente a Maria che lui non aveva una compagnia per ballare, che tutti erano accoppiati, che se avesse provato a ballare con qualcuna non avrebbe trovato la ragazza disposta perché erano tutte impegnate. Egli si sentiva solo. Maria fece un salto, sorrise, prese per mano Daniele e gli disse con gioia: “Ma di cosa devi aver paura? Perché sei così timido? Per ballare ci sono io santo cielo! Allora io non sono niente... Vieni, balliamo!”. Daniele rispose mormorando: “Tu non sei fidanzata? Mi hai detto che eri fidanzata... Non ti ho visto mai questa sera…”. “Lo credo che non mi hai vista, ti ostinavi a guardare il pavimento. Balla… vedi come ballano tutti? Fa finta che la tua ragazza sia io”.
Tra un gran baccano e sotto le luci diffuse, terminato il ballo, i due si appartarono al buio sopra delle scale, lì non poteva disturbarli nessuno. Maria parlando chiaramente disse che lei non era più fidanzata e che aveva lasciato il suo ragazzo dopo alcuni battibecchi, proprio quella sera. Daniele dubitava molto delle sue parole e con un forte tono desolato così si espresse: “Sono solo, timido, sono solo... Dimmi Maria, che significa quello che hai detto ieri, cioè di essere simile agli altri? Rispondimi per piacere”.
Lì per lì Maria non seppe rispondere, poi disse, quasi svogliatamente, come se avesse capito che non poteva rispondere: “Devi ballare, non devi essere timido”. Prontamente Daniele replicò: “Di timidi ce ne sono molti e poi chi te lo ha detto che ieri sera non ho ballato? Non sai che sono un resistente ballerino e questa estate ho ballato dalle sedici alle ventiquattro senza interruzione?”. “Congratulazioni, andiamo a fare un altro ballo così ti passa questo stato di tristezza e di solitudine, andiamo, su, andiamo!”. Maria prese l’amico per le mani, e sembrò volesse trascinarselo verso un altro mondo. Daniele si oppose e disse sconsolato: “Quanto è inutile vivere soli, l’uomo è un animale gregario, ha bisogno di rapporti con i suoi simili. E’ inutile vivere, che cosa è la vita? Qual è lo scopo di questa? Perché siamo? Da dove veniamo? Perché oggi siamo proprio qua e ci domandiamo proprio questo?”.
Egli disse tutto ciò con tono disperato per far rivivere nella mente della sua amica i ricordi dei discorsi fatti. Maria lasciò la mano di Daniele, si intristì, si sentì avvolta da misteri che l’allontanavano dalla realtà e tacque per vari minuti mentre Daniele si compiaceva tra sè di aver raggiunto lo scopo. Poi continuò freddamente: “Chi ci ha gettato nel mondo?”. Maria ebbe un lampo di genio: “Rientra in te stesso, era l’antico ammonimento di Sant’Agostino”. “Lo so, ma io ho solo bisogno di filosofeggiare per capire tutte quelle cose oscure” disse Daniele ben sapendo che quello che diceva era falso. Maria fece un gran sospiro e, alzando gli occhi al cielo, disse: “Basta, pietà, non voglio sentirti filosofeggiare, mi amareggi lo spirito, non posso sentirti, la mia coscienza ne risente troppo. Su, andiamo a ballare”.
Mentre Maria discendeva gli scalini, molte amiche le si fecero incontro e molte le domandarono perché avesse una faccia così triste ed angosciata in quella sera di festa. Questa, con riserbo rispose che aveva i suoi validi motivi. La festa per Maria non era più una festa, ma una tortura come altre. Daniele silenziosamente si era allontanato mentre Maria gli corse dietro credendo che egli interiormente soffrisse come lei. “Vieni a ballare come ballano tutti, vieni qua con me, vedrai che tutto passerà. Non pensare ai misteri, pensa al tuo Io tra tanti Io, tutti simili, e pensa che tra i tanti c’è Maria”.
Daniele sorrise commosso, poi quasi balbettando disse: “Maria, tu! Sì, tu”. “Sì, Maria, io - rispose con fermezza e proseguì - Quello che hai detto in parte è vero, ma non parliamone, tanto è inutile e dannoso”. Daniele capì che molte cose l’avevano toccata nel più profondo dello spirito e rispose con audacia: “Quello che abbiamo detto nelle nostre discussioni sono tutte cose sciocche prive di fondamento logico, sono banali ipotesi che qualunque uomo può abbattere con un po’ di chiacchiere”. Maria: “Non è vero, mi stai raccontando bugie per raccontare il mio animo debole. Lo so, tu sei tanto buono e faresti qualunque cosa per me, non è vero? Penso ormai di conoscerti bene; molte cose che hai detto sono in gran parte vere. Ci ho pensato e riflettuto tutta la mattina al sole”. “Allora il sole ti ha dato alla testa…” rispose Daniele quasi irritato. Subito Maria, riavvicinandosi alla combriccola, rispose sdegnosamente: “Mi vuoi troppo bene, ma se mi vuoi veramente bene dimmi la verità. Lo sai che tutta la mattina l’ho passata a discutere per accertarmi e vedere quanto di vero ci fosse in quello che hai detto. Un forte e raggiante, quasi esplosivo sole invisibile batteva sulle nostre teste, coperte fortunatamente con bei cappelli colorati. Ho poi fatto un paragone pensando a quanto abbiamo detto ieri. Il paragone era tra il sole e Dio. Il sole è invisibile a lungo perché troppo abbagliante, ma fa vedere tutto ciò che è intorno a noi. Dio è invisibile, ma si fa vedere soltanto dalla luce della fede. La luce del sole è visibile a chi non è cieco di occhi, ma la luce divina è invisibile a chi è cieco di… Non ho saputo dare la risposta che hai dato tu, cioè che la fede ce l’ha chi ha avuto la grazia di averla. Poi mi informerò meglio sulle cose che abbiamo detto l’altro giorno. Tu vedrai, alla fine ne saprò più io di te.
Mentre cominciava a cadere qualche goccia e tuoni e fulmini si manifestavano ininterrottamente, Daniele rispose a Maria: “Che cosa mi hai detto tu ieri? Non lo ricordi? Adesso ti sei contraddetta, ti sei comportata come tutte le donne, non andare in cerca di nozioni, non fare la bambina, tanto la nostra vita…”.
Non fece in tempo a terminare il discorso che una fredda acqua, precipitando a catinelle, fece rientrare tutti i ragazzi in casa come un gregge. Maria e Daniele si erano tenuti sempre per mano. Dopo un tuono che fece tremare la casa, i due si ritrovarono dietro i vetri della finestra a guardare la bufera che imperversava senza sosta. Ad un tratto, Maria, fissando Daniele che era assorto nei suoi pensieri e guardava incuriosito fuori della finestra, disse: “Due cuori e una capanna”. Lì per lì Daniele non comprese, poi si voltò verso i brillanti occhi di Maria e le sussurrò meravigliato: “Ma che dici?”. Maria fece un piccolo stiracchiamento e pronunciò dolcemente: “Come, che dico, non hai capito? Capisci tante cose? Poi le cose più sciocche non le capisci; sciocchino! Sei un bambino filosofeggiante”.
Passò qualche minuto e Daniele continuava a tacere; poi, fra un lampo ed un tuono, l’ingenuo disse a Maria: “Perché non cerchi di mandarmi via dalla testa questo mio modo di pensare?”. ”Sto cercando di far ciò da quando ti ho incontrato” rispose Maria mentre la luce veniva a mancare e il buio più completo avvolgeva tutto. Si sentì all’improvviso un gran baccano. Tutti correvano e cercavano qualche lume. I due rimasero immobili, fissi e silenziosi guardavano fuori della finestra. Il mare mugghiava e qualche raffica di vento sembrava far parlare gli alberi circostanti che si chinavano costantemente davanti alla finestra.
Maria si era fatta taciturna e pensosa. Non sapeva con quali parole riportare alla realtà Daniele. Poi si decise: “Non so, non so cosa dirti, forse non ti conosco ancora bene, ma non ti capisco. Sembra che tu non sia di questa terra, sembra che vieni da un altro mondo. Nella tua città dove vivi? Che mestiere fanno i tuoi genitori? Chi sei? Mi fai paura e pena nello stesso tempo. Sento per te pietà, sento qualche cosa che trascende il tutto, anche l’Omnia. Ma che Omnia , chi è l’Omnia? Una parola come ce ne sono tante… Dany, Dany, devo dirti che sei strano, ma giustamente di fronte agli altri tanto strano non sei. Perciò sono io che m’illudo e vedo in te una persona originale. Qual è la realtà? Aiutami Daniele”.
“La realtà… la realtà è che tu non sei più la Maria di ieri o dell’altro giorno, sei cambiata, sei sbocciata quasi completamente; ti faccio presente che questo è un momento critico per te”. Il dramma continuava e maturava una strana incomunicabilità che metteva le radici nei loro cuori. “Sono solo, sono disperato, sento che qualche cosa mi manca sotto i piedi…”. Daniele non terminò il discorso che Maria cercò di consolarlo: “Se tu dici di essere disperato in qual modo e un’altra volta mi fai sentire il senso della disperazione e della inutilità della vita…”. Stette in silenzio qualche tempo, poi urlò: “Basta con la vita, basta con tutto. Dove sono? Chi sono? Perché sono? Basta!”
Con un “Basta” che rimbombò per tutta la stanza, Maria terminò. Non aveva più voce, i suoi occhi non sembravano più i suoi. I partecipanti alla festa fecero cessare la musica ed andarono a vedere che cosa era successo. Ai loro occhi allibiti si presentava uno strano spettacolo. Daniele e Maria erano seduti per terra e non vedevano nessuno. Come se non ci fosse stato nessuno intorno a loro, continuavano a pensare comodamente o così sembrava. Per loro era lì solo il corpo, l’anima era volata per i fatti suoi a causa delle forti raffiche di vento che sembrava dovessero spazzar via tutto.
La festa perse tutta la sua allegria. Alcuni ragazzi andarono a casa, altri si misero a sedere a terra, altri ancora si sdraiarono su chi era a terra. Si sentiva solo il fruscio delle foglie che impazzivano al vento. Passò un’ora e tutto rimase invariato, poi tutti tornarono a casa perché ormai il temporale era cessato. Nella casa vuota, rimasero soltanto i due con la padrona di casa che cercava di svegliarli da quello strano sonno. Si sentivano nel salone le soavi di musica classica. A quel punto Maria si alzò di scatto in piedi, mise una mano sulla spalla di Daniele e disse forte: “Su, sveglia, la festa è finita, andiamo…”. Daniele intorpidito: “Ma piove, piove…”. “Ma non piove - replicò Maria che esteriormente sembrava molto energica - andiamo!”- Daniele barcollando si alzò, salutò la sua amica, ma prima di dirigersi verso casa, disse a Maria che il giorno dopo sarebbe stato meglio non vedersi.
Nella penombra si sentì parlare Daniele: “Maria, sai che cosa è successo?”. “Io mi sono assopita ed ho sognato”. Meravigliato Daniele le chiese: “Ma anche tu hai dormito e sognato cose belle? Che strano!”. “Non lo sai che cosa ha provocato ciò? Dai almeno una ipotetica spiegazione”. I due in coro: “Ma che cosa è successo?”. Seguì una grossa risata dei due che coprì le melodiose note della musica e fece prendere una frenetica corsa a tutti e due verso casa.
Il giorno dopo, Daniele, alzando lo sguardo verso i sublimi e giganteschi monti, vide la grandiosità della natura nell’alba. I monti erano i primi a godere di quella luce e quel calore che solo più tardi avrebbero riscaldato ed illuminato la fredda scura sabbia. Il cuore gli batteva più forte per la felicità di partecipare a quel vecchio quanto nuovo spettacolo. Lo spirito si sentiva degno di accompagnare questo fenomeno. La luce dal cielo discendeva nei più profondi meandri, vivificando tutto, ogni cosa intorno sorgeva come un paradiso. Daniele passò la giornata sulla spiaggia in silenzio, rimuginando tutti i pensieri più strani che gli venivano in testa, voleva stare solo e non essere disturbato. Pensava che dopo avrebbe dovuto analizzare a fondo quanto era accaduto la sera precedente.
Così tra una marea di pensieri, alcuni ancora non ben sviluppati, arrivò al tramonto. “Rosso di sera buon tempo si spera - pensava Daniele - Speriamo che domani Maria si comporti meglio del solito”.
Quella sera egli era più stanco delle altre sere, poiché aveva provato a risolvere i problemi senza conoscerne i dati necessari. Dopo una notte tranquilla i due si ritrovarono sulla spiaggia. Fu Maria che si avvicinò a Daniele: “Mio caro, stanotte sono stata sveglia, ma senza incubi. Chiudevo gli occhi e mi apparivi tu. Io in genere ho un po’ paura del buio, ma la notte passata c’eri tu che mi facevi compagnia e sembrava proprio che non te ne volessi andare.
Ogni tanto risentivo nelle orecchie l’eco di quello che avevi detto quella sera, sentivo dire: sono solo, sono disperato, come si può vivere senza scopo? Ma io ho pensato ad una cosa: lo scopo della nostra vita è quello della procreazione, almeno così credo, e…”.
Non ebbe modo di finire di parlare che Daniele le disse che oggi avevano nuovi argomenti da sviluppare e che bisognava iniziare subito senza raccontare chiacchiere inutili. Maria si sentì dentro come se Daniele le avesse detto mali parole e disse correndo verso casa di Daniele, con voce piangente e con lui che la seguiva: “Sei un ignobile uomo. Mi hai fatto sognare tante cose…”. Si sedette e proseguì: ”Davvero ho cambiato mondo, davvero non sono più io. Sul serio sono sbocciata come affermavi tu. L’altra sera sognavo certe belle cose…. Ma, chissà se sto sognando anche adesso. Che differenza c’è fra la Maria del sogno e la Maria, quella reale? Che differenza c’è fra idea oggettiva e idea soggettiva oggettivizzata?”.
Daniele era stupito di quanto dicesse la sua amica e la lasciò parlare. “Mi sono illusa povera me, credevo, credevo, speravo, ma il destino…”. Daniele capì che se l’avesse lasciata parlare lei avrebbe continuato all’infinito. Replicò quindi: “Non bisogna mai illudersi di nulla a questo mondo. Molte sorprese ci sono e si fanno evidenti quando uno meno se lo aspetta”. Maria riflette: “Sono sola come un cane, di’, qual è lo scopo della mia vita?”. “E’ chiaro - rispose spavaldamente Daniele - Il tuo fine è di aiutarmi a risolvere tanti problemi per il bene dell’umanità”.
(2)
“Ma che umanità ed umanità, a me che importa dell’umanità… Voglio un fine più, più… migliore insomma, mi capisci? Voglio vivere arrivare, come tutte le donne di questo mondo, ad avere un marito ed una prole. Voglio insomma costruire una mia famiglia…”. “Povera Maria, come t’illudi, quante cose hai detto e ti sei contraddetta. Ragiona…. Tu sei un’egoista perché dell’umanità non te ne interessa niente. L’amore che tu hai per questa ipotetica famiglia non è vero amore, è un istinto che tutti gli animali hanno. Tutti procreano no? E’ vero che se ti sposerai adempirai ad un dovere sociale e religioso, ma ti illudi che in quel dovere tu possa trovare la felicità. La felicità sta nel vedere gli altri felici per mezzo delle tue opere. Questo nella famiglia lo puoi fare, ma stai attenta”. Maria lo interruppe dicendo: “Ma a che cosa debbo stare attenta?”. Daniele, drizzando le spalle e piegando il collo, disse a bassa voce: “Lo sai… lo sai che si può anche morire di parto? Ti possono nascere figli storpi, anormali fisicamente o psichicamente o completamente anormali. Le probabilità di riuscita sono poche, ti rendi conto che poi la tua vita diventerebbe un calvario?”.
“Ma che calvario, io sono sana e mi voglio sposare, caso mai il calvario sarà per mio marito”. “Sei molto generosa e vorrai molto bene a tuo marito, si sente”. Poi l’amico soggiunse: “Poi tu devi capire che quello che senti adesso è frutto di istinti causati dai fattori chimico-biologici; per esempio, in questo caso, sono le formulette degli ormoni che scombussolano tutto il tuo Io. Sono gli ormoni che ti fanno avere tutte queste sensazioni nuove per te. Significa che stai maturando”. Maria rispose con aria disperata: “Allora io sono schiava di queste formulette, insomma, l’ormone si potrebbe definire come ‘stupefacente involontario’. Si può evitare ciò?”
“Ma la vita è fatta di questo, cosa vuoi fare?”. “Tutti, come dicevi tu l’altra volta, possiamo essere liberi su tutto, ma non su noi stessi. Avevi ragione! Non si può far niente Perciò, perciò io già da adesso decido di sposarmi invece che rimanere un’acida zitella senza figli”. “Signorina Maria, le acide zitelle sono sempre piene di bracciali d’oro, hanno in genere una gran ricchezza economica e, se vogliono, possono anche regalare tutto ai poveri”. “Per la miseria – rispose Maria – la ragione non sa che pesci prendere. Il sentimento mi dice che devo mettere su famiglia, non so proprio come questo si risolva; vincerà il sentimento, ne sono sicura”. L’amico rispose: “Se vince il sentimento vince l’azione delle formulette, ciò significa che la materia influisce in qualunque modo sopra ogni pensiero umano. Da ciò si deduce chiaramente, come ebbi occasione di farti presente, che la materia governa lo spirito ed il pensiero non viceversa”. “Adesso ti devo dare proprio ragione” disse Maria imbarazzata.
“Ora che mi hai dato ragione su quel problema, ti invito a dare il tuo consenso sulla soluzione di un altro problema. Tu conosci quello che disse S. Francesco: “Fa di me uno strumento di pace, o Signore, - e prosegue – dove c’è il dubbio fa che io porti la fede, dove c’è la tristezza fa che io porti la gioia, dove c’è la discordia fa che porti l’unione, dove c’è odio fa che porti l’amore – e poi continua - ma io voglio sapere se tu saresti capace di cambiare una sola situazione tra tutte quelle suddette”.
Maria ammutolì, poi disse: “Come facciamo io e te o un religioso a dare la fede a chi dubita in Dio? Sappiamo che la fede si riceve solo per grazia di Dio. Come facciamo a portare la gioia dove regna la tristezza? Neanche se mi porto un giradischi con belle musiche e canzoni potrei aiutare il carattere di queste persone. Sé sono nate tristi… Se ipotizziamo che ciò sia possibile, ma ciò è impossibile. Per quanto riguarda l’Unione, se due persone stanno litigando in modo, come si dice, che esce loro la bile dalla bocca, che cosa posso fare io sui loro fegati, sulle loro bili o sui loro cervelli? Mi pare che quanto afferma S. Francesco è una vera preghiera o supplica, ma tale rimane; e le preghiere non hanno mai fatto miracoli”. Daniele: “Ricordi… fa di me uno strumento di pace…”. Immediatamente Maria rispose: “Posso ripetere con le parole come si ripete il Padre Nostro, ma se non sono nata per fare la missionaria, sarà una preghiera, bella preghiera, ma…”: Seguì una lunga pausa, poi Maria domandò: “Dato che stiamo nominando la parola felicità, vorrei sapere dove questa si manifesta maggiormente: nella realtà o nel sogno?” Daniele: “A me, adesso, spontaneamente, sbaglierò, ma mi vien voglia di rispondere che anche il sogno è realtà. Non c’è nessuna differenza. Gli stessi sentimenti che provi da sveglia, li provi anche sognando, ma la realtà è una. Capisci? Poi per quanto riguardo la felicità, ci sarebbe un lungo discorso da fare che tratteremo nel pomeriggio di oggi”. “Va bene - disse Maria - ma dopo tante chiacchiere, non siamo ancora riusciti a dare un significato alla vita. Così, dunque la vita non ha alcun valore. Se non ha alcun valore è inutile viverla. Ti ho già detto che mi sto informando. Per l’appunto ieri leggendo Schopenhauer, c’era un punto molto brutto che recitava così: “Se la realtà è vita e la vita è un continuo tendere verso bisogni che poi appagati pongono fine al dolore dell’ansia, ma ne costruiscono altri - egli deduce che - La vita oscilla fra la noia e il dolore”. “Maria, sempre a proposito del filosofo Schopenhauer, ricordi quando scrive: ‘Guardate una delle più potenti passioni, l’amore. Nell’amore noi ci illudiamo di trovare la felicità nostra, è in verità la forza della specie che si afferma per mezzo delle lusinghe e fascino presenti nell’amore’, e pensa che il filosofo giunge sino al punto di dire che l’essere nato è un delitto e il mondo è qualche cosa che non deve essere. Ti sembra esatto? Cosa ne pensi?”. Maria rifletté qualche momento poi replicò: “Hai ragione, o meglio, scrive il vero solo quando tratta dell’amore, cosa che noi avevamo già espresso. In altre parole, quindi, ne deduco che la coscienza del libero arbitrio è illusoria; dicendo ciò affermo, anzi riconfermo quello che tu dicesti qualche giorno fa”. Daniele, visto come andavano le cose, disse: “Lasciamo stare i filosofi, oggi dobbiamo trattare il problema del benessere spirituale”.
Il mare era chiaro, le onde fluttuavano lentamente, la spiaggia era quasi deserta, il sole era cocente, i colori delle case avevano assunto un aspetto di magno chiarore. L’aria era ferma, una leggera umidità si sprigionava dalla sabbia bagnata. Quel luogo sembrava paradisiaco per Daniele. Sotto una pesante calura, i due ripresero il cammino verso casa. Ad un tratto a Maria venne un’idea: “Senti Dani, perché non andiamo a riposare tra quei boschetti al di là della strada? Vedi, là, andiamo!”. Prese Daniele per una mano e allontanandolo dall’acqua lo trascinò con sé in quella verde oasi.
“Dunque…” disse Maria. Di rimando: “Lascia stare che sono molto stanco” rispose Daniele col fiato grosso. Intanto i due s’incamminarono verso il verde bosco ristoratore. Grandi ombrelle di pini proiettavano fresca ombra, un continuo frinir di cicale e un soffice pavimento di aghi di pino rendevano quel luogo gradevole a chiunque. Un saturo forte odore di resina trasudava dalla natura tutta. Maria, arrivata su zona piana, si fermò e disse: “Come è bella la natura, come è bello amare. Tu ami la natura?”. Poi, per la stanchezza, si sedette sui soffici aghi grigi e domandò: “Ami anche me?”. “Forse, ma più di te amo...”. Maria si sdraiò per terra e rispose: “Devi amare me, solo me, altrimenti...”. “Altrimenti cosa?” domandò Daniele un pò turbato. Maria: “Se non mi ami, mi amerai”.
Fu allora che le cicale ammutolirono e una fresca brezza ventilando i capelli, refrigerava le loro teste. “Spero che le mie parole non volino al vento, mi senti? - disse impallidendo Maria - Io ti voglio per la mia vita”.
“Che cosa dici Maria? Ci sono troppe cose che impediscono ciò e i perché li conosci bene”. “Ma non c’è niente” - rispose Maria piangendo e continuò - Se non mi…. domani vedrai…”. “Spiegati meglio” disse Daniele quasi preoccupato. “Mi sono spiegata abbastanza” rispose Maria con la voce mozza dal pianto. Poi continuò: “Basta con tutto, ti voglio, voglio solo te. Non ci sono scuse”.
Le cicale ricominciarono il loro monotono rumore, l’aria si fermò all’improvviso e una grande afa piombò su tutto. I due avevano perso la cognizione del tempo; non avevano né fame né sete. L’aria li opprimeva e perciò si sdraiarono sul soffice pavimento di aghi di pini. Ogni tanto si sentiva un melodioso canto di uccelli. “Sono sola e non mi ama nessuno, ho bisogno di comprensione, mi sento disperatamente perduta, come faccio? Tu, Daniele puoi fare molte cose, moltissime, pensa che un giorno potremmo arrivare a sposarci” disse fremendo tutta. Daniele di rimando: “Che cosa dici? Stai sognando, hai dimenticato il monito di S. Agostino?”. Piangendo disperata, disse: “Sono schiava, schiava dell’amore. L’amore mi ha tradito, non ne posso più”. Dopo una lunga pausa continuò: “L’odio per il mondo è il mio motto… odio tutti…. anche, anche…” e con un profondo sospiro la donna terminò il discorso.
Daniele non sapeva cosa fare, se rimanere o andarsene; se restare finché la sua amica non si fosse calmata. Era molto pensieroso e titubante e quei comportamenti gli davano veramente fastidio. Si sentivano da lontano le campane a festa. A Daniele anelò un’idea: se me ne vado, mi corre dietro, ne sono certo, però corse come un cane da caccia verso casa. Maria era rimasta seduta sugli aghi di pino da dove continuava ad implorare. Si alzò, fece due passi, si sdraiò, alzò gli occhi tra le verdi fronde degli alberi e disse: “Oh natura, oh natura…” e continuò credendo che Daniele scherzasse: “Dani, vieni qui, non ti nascondere; vieni qui non ti nascondere, vieni qui con me, stiamo insieme, un altro po’, poi… poi…”.
Alla sua sorda voce non rispose neanche un cinguettio d’uccello. Maria si alzò pensando: ormai si sta facendo tardi, quasi notte, bisogna che io torni a casa. Passerò fra questi boschi. E’ così bella la natura, ma quanto sarebbe più bella con Daniele. Dani, Dani, dove sei?
La notte calava a picco su ogni cosa mentre Daniele s’intratteneva a cordiale colloquio con un prete della zona, famoso per la comprensione circa i problemi giovanili. “Padre, le devo dire una cosa un po’ fuori del comune”. Il sacerdote di rimando: “Di pure…” vedendo il giovane molto agitato. ”Una donna mi vorrebbe sposare, ma io capisce...” e fece un gesto naturale. “Capisco figliolo che la tua situazione è drammatica, ma dà retta a me, le donne sono tutte ‘Eva’, hanno il maligno, non ti far prendere dall’esca”. Daniele: “Ma io...”. Prete: “Non ci sono ma, lasciala stare e vedrai che domani tutto sarà meglio di prima”. Rispose Daniele: “Ho paura!”. “Non aver paura che domani tutto andrà per il meglio”. Quindi Daniele corse veloce verso casa, quasi più leggero.
Passò una notte agitatissima: “Sei nel bosco, sei nel bosco, povera me”, si sentiva parlottare nel sogno smanioso. Non riusciva a trovare la posizione giusta, si alzava, andava alla finestra e si ‘ricaricava’. Spesso gli veniva spontaneo stringere le labbra tra i denti e nello stesso tempo alzare gli occhi alle stelle. Aveva un pensiero fisso: Maria nel bosco. Solo questo pensiero lo faceva rabbrividire tutto e lo faceva agitare tra le lenzuola bagnate di sudore freddo. “Potevo calmarla in qualche modo” pensava, ma più pensava a lei, più la soluzione gli si presentava impossibile e smaniava disperatamente senza tregua. Si sentì male, andò a bagnarsi, tutto, prese un po’ d’aria nel balcone, attese che quella leggera brezza asciugasse il suo corpo, tornò a letto peggio di prima. Ad un tratto si addormentò e sognò di odiare Maria come fosse il più acerrimo nemico. Il giorno seguente fu di cattivo umore e così rimase per due giorni.
Passarono due giorni senza che i due si parlassero. Quando si vedevano in lontananza l’uno fuggiva l’altro come si fa con i brutti ricordi. Durante quel periodo tutti e due si consigliarono con i reciproci amici che avevano più esperienza.
In una fresca e rosea mattina, Daniele prese l’iniziativa per sapere che cosa fosse successo. Eccolo correre dietro ad una Maria impaurita e leggermente cambiata. Daniele disse: “Ma questa volta hai paura davvero, io non sono il terrore come credi, vieni qui, fermati, ti devo parlare”. Maria tacque e Daniele, visto che le cose si mettevano male, finse di inciampare e, cadendo sulla sabbia, disse: “Maria ti voglio bene”. A Maria non sembravano vere quelle parole, alzò la testa al cielo, fece un gran sospiro, barcollò e dopo qualche minuto cadde a terra sotto gli occhi attoniti di Daniele, anche lui bocconi sulla sabbia. Passò qualche minuto e tutti e due tacquero. Maria si sedette con gli occhi stralunati come se tornasse da un altro mondo e disse: “Ma che cosa hai detto? Forse mi sbaglio, sogno”. “Ti ho detto che ti voglio bene, non c’è niente di strano”. Maria si rialzò a forza con la testa che le girava e fece qualche passo che la portò accanto all’amico, ma subito si rimise a sedere per terra; gli facevano male gli occhi, le pareva che la testa le pesasse più del solito e sentiva le orecchie fischiare. Era molto debole. Si sdraiò vicino a Daniele e gli disse rotolando sulla sabbia: “Ma , dimmi la verità…”. Daniele, trattenendo uno sbadiglio rispose:” Stai calma, è verità ciò che ti dico”. “E’ impossibile, tu sei cattivo, mi hai lasciata sola nel bosco, non mi comprendi. Ma se non mi comprendi, non prendermi in giro”.
E, intanto le lacrime cadendo formavano piccole firmette sulla sabbia. Passò qualche minuto ed ella continuò:”Comprerei il tuo amore a qualunque prezzo. Come sono infelice”. Daniele rispose: “Se continuerai le discussioni interrotte, non solo sarai più felice, ma poiché tutto ciò che hai ascoltato si è ben maturato, non sentirai nessun disturbo spirituale”. Maria rispose: “Se è così, tentar non nuoce, dice un vecchio proverbio, tanto…”. Daniele molto allegramente disse: “Vedi come stai bene adesso? Sei più calma, non hai ansie, fai stare bene anche me - poi proseguì - Tu hai avuto delle esperienze che certo ricorderai, ma lasciando da parte me, che cosa pensi in genere dell'umanità?”. Maria rispose: ”E’ composta di persone tutte peggiori di te; già te l’ho detto una volta cosa penso: odio il mondo. Di tanti organismi viventi, l’uomo è il peggiore, il più ripugnante in tutti i sensi”. “Non dire ciò in quel modo, non c’è niente di strano, anzi, c’è di strano che una volta tanto la pensiamo alla stessa maniera”. Daniele proseguì: “Andiamo a sederci sulla nostra panchina di marmo, qui sulla spiaggia è umido, caso mai ci possiamo tornare dopo”. I due si avvicinarono verso la panchina.
“Allora questo benessere spirituale come si acquista?” - disse Maria e Daniele, quasi indispettito, l’invitò alla calma: “Il benessere spirituale - disse - si acquista con la rinuncia dei bisogni, il che è molto difficile. Ti devi convincere che se sei una povera donna o una dama di non so quale castello, sei sempre tu, quindi devi cercare di contentarti di quello che hai. Se ti accontenti, c’è il famoso detto, chi si accontenta gode, quindi capisci… Se non sei mai sazia e non ti accontenti mai, sarai un’infelice perché qualunque lavoro tu faccia, qualunque quantità di soldi tu abbia, ne vorrai sempre di più e questo ti addolora. Beati i poveri di spirito, diceva Cristo ed aveva ragione, perché chi non desidera, è vero che è un gran conservatore, ma è anche vero che questi sono coloro che hanno il massimo bene spirituale; hanno il massimo interesse per le cose terrene”.
Maria, un po’ lenta nel seguire a causa di una notevole stanchezza , rispose: “Dunque, su questa terra sarebbe bene non desiderare nulla. Quando un uomo ha la casa, il vitto e l’alloggio, ma non desidera altro che vive a fare?”. Prontamente rispose Daniele: “L’uomo vive per alleviare il dolore e la noia, che purtroppo sono di questa vita terrena, per mezzo dell’arte”. Maria non soddisfatta replicò: “Allora tutti dovrebbero essere degli artisti; se tutti fossero degli artisti, non saremmo arrivati col progresso al punto di oggi. Il progresso è generato da quel numero infinito di bisogni terreni a cui l’uomo ha sempre aspirato ed aspirerà”. Riprese Daniele: “Ma l’interesse terreno è quello che ti dà più guai, non guardare troppo all’oro o ai soldi. Gli avari, i tirchi sono le persone più infelici perché pur godendo di questi beni, ad essi rimangono attaccati fino alla morte. E’ bene che uno spenda subito e ponderatamente il proprio denaro nelle cose più utili, ma solo i saggi sanno fare questo”. “Se io un giorno dovrò mettere su famiglia, mi consigli di essere ponderata e di non avere troppo attaccamento per quel che è terreno, non è così?”. “Devi essere ponderata, ma è chiaro che interverrà il tuo spirito di madre che non potrà estraniarsi dalle cose terrene. Infatti, come tu sai, la mamma cerca sempre, e questo in tutti gli animali, il massimo benessere generale per la propria prole". Maria confusa rispose: “Allora quando avrò dei figli, come conseguenza logica, sarò attaccata più di prima ai beni della terra”. “Esatto… perciò ti dicevo che è un calvario mettere su famiglia. Quindi quando sarai madre, ti sarai dimenticata per sempre la pace dello spirito, sarai sempre in ansia per questo o quel figlio, per questa o quella cosa”. “Poi che cosa?" disse Daniele. “Volevo dire che se nessuno desiderasse nulla, e tutti si dessero alle arti per evitare il dolore o la noia, per estraniarsi dal mondo, dicevo, che non ci sarebbero né colori, o pennello per dipingere, né penne per scrivere musica o poesia. Staremo ancora come vivevano gli uomini nelle caverne”. Daniele: “Stai calma, tu devi sapere che solo le persone molto sagge riescono a levare i piedi da terra. Non è un ordine quello di stare in pace ed avere il benessere spirituale. C'è gente che crede di trovare la felicità diventando miliardario; c'è chi a questo non crede, perché non crede che lo spirito si manifesta in noi e ci rende felici nel momento della sua rivelazione artistica". Maria rispose con tono prudente: "Questa volta senti che ti dico: a me sembra che la gaiezza, la pace, il benessere dell'anima, sono cose condizionate dalla materia. Anche la felicità è legata alla materia. Secondo me la pace dello spirito varia secondo il carattere e poiché il carattere varia secondo la materia, ricordi... dunque la felicità è una piccola cosa, dice Trilussa, ma è una piccola cosa che in genere si eredita geneticamente. Senti Daniele, adesso a prescindere da ciò che abbiamo detto, le nostre discussioni avevano qualche scopo per la nostra gaiezza e il nostro bene spirituale? Su, rispondi” - chiese Maria con tono imperativo. Rispose subito Daniele: “Le nostre discussioni, se sono state, sono state un bisogno del nostro spirito di evadere la brutta realtà odierna. Ogni pensiero mio e tuo, una volta espresso ci sembrava oro colato. Dico ci sembrava e questo sembrare ha fatto il mio animo gaio. Per ogni risposta che ti dovevo dare ero tutto elettrizzato, contento lì nel momento. Poi vedi, questo è un modo di passare il tempo, di riempire la vita e di dare un certo scopo alla nostra esistenza”. Maria lo interruppe: “Per me non è questo lo scopo della nostra vita, altrimenti saremo tutti morti di fame. Tu volevi dire che noi siamo dei missionari che si divertono, anzi, vuoi affermare che ci sentiamo tali. Io non mi ci sento proprio”. Daniele le rispose: “Dimmi allora perché tu hai tanto discusso con me. Forse per orgoglio, non credo; forse per riempire il tuo tempo libero, non credo. Dì! Perché hai fatto quello che hai fatto?”. Ci fu una pausa, poi Maria si decise a parlare: “Sto discutendo con te probabilmente per amore, vedi, non so, ma… Qual è lo scopo della mia vita? Ho già tenuto a sottolineare che è proliferare, allora…”.
Daniele si scosse . Era imbarazzato, ma non del tutto sorpreso: “Allora tu vuoi bene ad ogni tipo strano che non è come gli altri, al quale fai pena. Non è così?”. Maria tacque, fece più di un sospiro, poi: “Sì… sì… sì… sì… non hai sbagliato”. Poi chiuse gli occhi come avesse vergogna. e corse verso casa. Dopo un quarto d’ora si fece rivedere da Daniele: “Sono contenta, mi sono elettrizzata e mi sembra che il cuore bolla”. A questo Daniele rispose con tono cinico e prontamente: “Stai diventando una locomotiva” . Maria riuscì a trattenere il pianto e con un nodo in gola rispose: “Sei un insensibile, non mi capisci, sono sola”. Dopo una lunga pausa continuò: “La mia esistenza… il mio fine… lotto ed ho lottato giorno e notte per questo perché…”.
“Vieni a fare una passeggiata lungo il mare, vieni” disse Daniele impietosito, sentendosi colpevole della situazione. I due corsero verso l’acqua come per scatenare il loro nervosismo. Giunsero sulla riva delle placide acque e lì rimasero senza esitare con i loro piedi immersi. Fecero qualche considerazione sul colore dell’acqua, poi cominciarono a camminare e a parlare. Era il tramonto, il tranquillo mare era colorito di un limpido colore violaceo, le cose sembravano grigie, il cielo mostrava Venere con insolita vivacità, la sabbia bagnata era molto nera. Con i gialli zoccoli in mano, i due amici si avviarono lungo il mare. Ad un tratto Daniele, prendendo a parlare disse: “Se fossi un vaccaio, uno spazzino, un tecnico, un dottore, un professore, uno scienziato o addirittura un profeta, la mia serenità e gioia rimarrebbe sempre la stessa; se è chiaro, alimentata da soddisfazioni. E’ meglio essere un vaccaio con molte soddisfazioni che uno scienziato senza soddisfazioni. Ogni uomo vive la sua vita ed in questa egli sempre aspira ad avere soddisfazioni. Lo scienziato non sempre riesce a fare quello che desidera, la sua vita è una continua ricerca con perdita di sonno, di salute e di comprensione. La persona umile che lavora dalla mattina alla sera per la sopravvivenza, questa sì che ha un fine ben preciso e per lui si può ripetere ciò che succede per lo scienziato. Ma io ti volevo dire che la serenità o la gaiezza può essere presente in ognuno di questi uomini, qualunque mestiere faccia. Il disagio non porta necessariamente la tristezza o la disperazione, ma solo la fame e il freddo, cose che se riesci a combattere, diventi un pascià, insomma stai meglio di un miliardario. Devo però aggiungere che se non hai uno che ti comprende o che ti vuole bene, sei finito”.
“Hai ragione, se su questa terra non ci fosse l’amore, non ci sarebbe gaiezza… E’ l’orgoglio che rovina l’uomo e lo intrappola sempre in nuovi problemi”. Daniele: “Sta zitta, la cosa più bella su questa terra è illudersi, ma rimanere fino alla morte in tale stato. La vita è un sembrare”. Tra un flusso e riflusso di onde, Daniele proseguì: “Volevo conoscere il tuo parere circa la divina provvidenza. Secondo te c’è questa divina provvidenza?”. Di rimando Maria: “Non ci credo, altrimenti avrebbe pensato anche a me”. Daniele: “Perché, cosa aspetti da questa Provvidenza?”. “Vedi, la divina provvidenza dovrebbe pensare a tutti, ma io in questo pensare non lo…”. Daniele: “Sei sicura di quanto dici?”. Maria: “No, dubito un po’, anzi, quasi per nulla”. Daniele: “Sei sicura che non esiste una giustizia che trascende ogni legge e ogni diritto umano?”. Maria: “Non so proprio. Se esiste questa giustizia, perché… perché non si attua dove è più giusto? Vedi, io dubito anche di un’altra cosa: il tutto è un caos, o è molto ordinato. Se è ordinato, perché la giustizia non si manifesta così come dovrebbe? Se ci fosse la vera giustizia divina, a quest’ora….”. Daniele: “Come sei enigmatica”. Maria: “Tu mi capisci, fai finta di non capirmi. Dio… Dio…”. Daniele: “Stai tranquilla che è solo questione di tempo, prima o poi… Lo capisci questo? Mi pare che hai anche avuto delle esperienze personali, perciò…”. Maria: “Sì, è vero, ma mi pare che siano state cose occasionali”. Daniele: “Non vale la pena farsi vedere così depressa e per piccole cose. Ascolta questa frase che mi è venuta in mente proprio ora: noi siamo stati gettati nel mondo per lavorare, per fare sacrifici, credendo che facendo ciò ci giovi ad una vita migliore, ma è tutto un’illusione. Sei d’accordo su quanto scriveva Giacomo Leopardi, e cioè che la vita è un sembrare?”.
Maria rimase immobile e pallidissima, poi si decise a parlare: “Il vero è cosa più brutta che ci sia. Ho paura della verità. Se davvero come dici tu, noi siamo degli infelici nati, brrr, che terrore della vita, della realtà. Dov’è il Dio tanto buono?”. Daniele: “Stai tranquilla, Egli si fa vivo quando uno meno se lo aspetta. Nei brutti momenti della vita lo si chiama, ma non si sente mai subito la risposta”. “La Bibbia dice: ’Beati gli assetati di giustizia perché sarà loro fatta giustizia’ – ma quando? Dove?”. Daniele: “Ricordati che Dio non paga mai il sabato, ma la domenica sempre tutti e ognuno come merita. Abbi fiducia, se non avrai fiducia, sarai veramente perduta e il tuo avvilimento aumenterà ancora”. Maria: “Come posso aver fiducia? E in chi, in che cosa?”. Daniele: “Abbi fiducia almeno in te stessa!”. Maria rispose sconvolta: “Ma tu hai turbato tutto il mio spirito, sei riuscita a sconvolgerlo. Povera me, come faccio adesso? La fede dov'è? Penso che essa sia il frutto della grazia di Dio, ma solo quando chi la riceve si trova in un certo stato d’animo. Io dopo lo scombussolamento interiore e il continuo pensare a certe cose, non sono più degna di questo grande dono divino. Le nostre discussioni mi hanno rovinata; lasciamole stare per sempre, anzi, su, continuiamo, ormai non c’è nessuna speranza in un definitivo assetto spirituale. Come ti ho detto giorni fa, mi sento perduta, non so se mi capisci bene”. Daniele: “Credo di capirti, forse ti capisco davvero, non so, non ti so dare risposta”.
Si faceva sempre più umido, ma i due continuarono a camminare lungo la spiaggia schiacciando violentemente l’acqua con i piedi. Sembrava che avessero dimenticato il presente. Le loro gambe si muovevano automaticamente. Andavano, andavano, parlavano, parlavano…All’improvviso Maria ritornò in se stessa e disse: “Con tutte le belle cose, umane cose, tu rimani per me sempre un enigma, sei strano, non so, non vorrei dire cose sciocche, ma tu per me, secondo il mio sentimento, non sei un uomo come gli altri. Può essere che il sentimento sbagli, ma certo è che quando hai fatto quelle disquisizioni sull’amore umano, sui fattori che lo determinano, sulla pace e il benessere spirituale, spesso mi hai stupita, mi hai detto cose che non sapevo. Ciò ha dato un grande scossone alla mia coscienza, la quale, almeno credo, si è cambiata”. Daniele rispose incuriosito e premuroso: “In che senso, spiegati meglio”. “In peggio, si è modificata, insomma, sono diventata una incosciente, e il bello è che sono consapevole. Quello che abbiamo detto questi giorni sinteticamente è questo: ‘L’uomo è senza volontà, la sua anima non ha alcun valore, se commette dei reati è perdonabile. L’uomo è schiavo di se stesso, ma poiché lui è l’Omnia, lui è schiavo del Gran Dio che lo fa credere libero per dargli la forza di vivere, con l’istinto di conservazione’. Ho riflettuto ed ho notato che se l’uomo si sentisse schiavo in tutto e nel tutto, si ucciderebbe. Ma c’è l’istinto di conservazione che lo lascia in vita, l’istinto sessuale che lo fa proliferare e quindi la specie continua. Poi abbiamo i pensieri che scaturiscono dall’ambiente, dai pensieri precedenti e da migliaia di cause chimico-biologiche tutt’ora sconosciute. Quindi è proprio vero che siamo come un sasso che rotola a valle. Ma che cosa abbiamo detto? Siamo matti?... Due sono le cose: o sei matto tu e io che ti ho dato ragione come una stupida, o tutti, quasi tutti sono irragionevoli e privi di logica. Il tragico punto dove siamo giunti noi è inammissibile. Paragonare un sasso ad un uomo con una indifferenza tremenda e poi l’istinto religioso, che non sappiamo se come tutti gli istinti lo hanno anche gli animali, ma manifestato in altro modo. No. Tutto è impossibile, abbiamo detto tante sciocchezze tutti e due”.
Daniele era lì mesto ad ascoltare la lunga e veloce chiacchierata di Maria. Ad un certo punto così si espresse: “Io dubito su tutto quello che abbiamo detto, ne dubito molto, la logica però mi porta a pensare che ciò sia vero. Il dubbio mi assale e non è bastato quello che hai detto tu in tutti questi giorni per farlo cessare”. A ciò Maria rispose esasperatamente: “Ma il guaio è che io credo, non dubito di quello che abbiamo detto. Credo, capisci? Sento che moltissime cose sono vere…”. E continuò: “E la nostra esistenza? Il nostro scopo? Rotolare a valle come i sassi noi dobbiamo? Hai capito?, è tragico….”. E corse verso casa sua con la testa abbassata senza salutare, nè dire nulla.
Daniele rimase impensierito ed aspettò qualche tempo, poi si stancò e andò a fare un bagno al mare. Maria ancora non trovava lo scopo della sua esistenza, aveva lasciato il fidanzato qualche giorno prima e desiderava Daniele che non le dava ascolto. Così per tutto il giorno si sentì bollire in testa quelle strane conclusioni filosofiche. Si era ridotta male, era pallida e scontrosa. Le nuvole correvano su e giù per il cielo come impazzite, l’asfalto rovente fumigava, qualche macchina silenziosa passava tranquilla. Il mare come una tavola non faceva rumore; le piccole onde cercavano di far silenzio, i gabbiani come mai facevano ampi cerchi nel delimitar dell’orizzonte. L’afa era straziante, le barche a vela si erano fermate. Tutto quello che si vedeva sembrava fermo nel tempo. E tutto: dal cielo alla sabbia, dalla casa ai mille ombrelloni pareva che irraggiasse una luce strana, luce mai vista.
Daniele era lì fermo ad aspettare Maria. Dove sarà Maria? Si sarà annoiata? Lo so che le donne … pensava, mentre un corvo nero venuto dal verde e profumato bosco girava intorno alla sua testa senza pace. Un ragazzo scalzo si presentò a Daniele e disse incuriosito: “Cosa pensi? Che c’è?”. Mentre il corvo nero continuava a girare sulla sua testa egli con voce astenica ed annoiata rispose: “Non mi dar fastidio, vattene!”. Il ragazzo si mosse, andò verso il verde cancello, quando Daniele gli strillò: “Hai visto Maria?” Il fanciullo si aggrappò al cancello e stramazzando a terra urlò: “E’ morta!!!”.
Il silenzio era immenso, tutto era fermo. Mentre il corvo nero scompariva, Daniele, dopo qualche indugio, andò a soccorrere l’amico: “Cos’hai?” chiese preoccupato. Lo scalzo fanciullo rispose come se stesse per soffocare: “La mia amica è morta, è morto il mio amore”. La curiosità più che il dolore si fece preda di Daniele: come sarà morta? Di che sarà morta… Pensava. E, mentre pensava, il cielo diventava nero, sull’asfalto sembrava che ci fosse del ghiaccio, le automobili che passavano erano solo nere, il mare riprese a fluttuare fortemente, i gabbiani scomparvero, una striscia di luce gialla divideva all’orizzonte cielo e mare, le barche tutte tornarono come per un guizzo alla riva. Non tirava un alito di vento, gli ombrelloni erano diventati grigi, la folla della spiaggia sembrava fare “le belle statuine”.
Un tuono fece vibrare tutto. Daniele pieno di dubbi, si scosse, si dette qualche scappellotto per tornare in sé. Lo scalzo ragazzo era appoggiato al grigio cancello e vedendo Daniele in tale stato disse: “Che cosa hai? non era certo tua sorella…”. A Daniele ribollì qualche cosa dentro, tacque, si torse, aprì la bocca per parlare, ma una forza maggiore lo trattenne, i muscoli gli si contrassero, passò leggermente la mano sulla fronte, ebbe un brivido di freddo, si sdraiò per terra, alzò gli occhi al cielo, si girò, guardò la terra come amica e nemica di tutti e, con gli occhi sbarrati per terra, domandò ad alta voce: “Di che cosa è morta Maria, di che cosa? Dì….”. Il fanciullo scalzo era scomparso, non c’era che una tremenda solitudine che lo fece agitare ed urlare: “Maria, dove sei, lo so che non sei morta…”.
Un raggio di sole entrò negli occhi di Daniele, un raggio di speranza, un raggio di fede che lo fece ritornare in sé. “Oh Natura, oh Omnia, oh Dio, fa che Maria sia viva e che quello che ho vissuto sia stata solo un’allucinazione” disse Daniele rivolto verso la nera terra. Fece qualche passo, entrò in casa con i brividi, uscì di nuovo saltellando per vincere l’emozione. Un salto, due salti, una voce. Subito Daniele pensò che ci fossero state altre notizie. “Che saltelli, la tua amica è andata all’aldilà!”.
Daniele rimase inchiodato con un piede per terra, poi si accorse che un altro giovane biondo e scalzo era venuto a trovarlo.
Daniele: “Che cosa vuoi?” Cosa? Non datemi fastidio! Sono straziato, non ne posso più; se te ne vai… Ma chi ha ucciso Maria?”. “Non lo so, non lo sanno, non lo sa nessuno; dicono, dicono…”. Domanda Daniele curioso: “Cosa dicono…?”. “Dicono che l’hai uccisa tu”. “No! Aiuto, no, no, no, cosa hai detto, sono allucinato, aiuto. La realtà, dov’è la realtà? Realtàaa!!!” urlò fortemente Daniele.
Niente cambiò né nel suo stato d’animo né in ciò che lo circondava. Il ragazzino biondo disse con voce disperata: “Maria ha ucciso Maria”. Daniele si svegliò da quello strano sonno e disse: “Che significa? Dov’è l’altra Maria? Ci penso io a vendicarmi… vedrà quella donna, vedrà…”. Fece un salto, aprì il nero cancello e si avviò per la gelida strada.
Con un passo dietro l’altro Daniele non sapeva di preciso dove doveva arrivare. Era diventato una macchina, camminava inconsapevolmente per dar sfogo al travaglio che gli corrodeva la coscienza. Era diventato un automa, semplice automa con gli occhi di vetro. Ad un tratto, inciampò, cadde a terra ed alcuni bambini gridarono: “E’ lui l’assassino, è lui!”. Ma Daniele era assente e non sentiva nessuno, si rialzò con un po’ di graffi e continuò la sua corsa senza meta. Cammina, cammina arrivò ad una grande piazza. Uno strillone gridava: “Ultime, ultimissime…. Una ragazza suicida ha lasciato un’interessante lettera…”. Daniele era ancora assente e non sentiva. Era lì, in piazza fermo appoggiato ad una colonna, con i fissi suoi occhi allucinati verso il freddo asfalto. Poi, la voce continua e monotona di quello strillone fece sì che Daniele assorbisse lentamente il fatto: “Maria, Maria, dove sei, voglio anch’io morire con te, dove sei? Dove… vieni! Dobbiamo morire insieme”.
Si sentì la sirena della polizia, ma Daniele con passo ritmico sostenuto stava tornando a casa. Passò qualche giorno: “Vieni qua! No, aiuto, io….”. Afferrarono Daniele per un braccio e lo scaraventarono per terra. Cadendo pesantemente sulla nera terra supplicò: “Non ne posso più, aiutatemi in qualche modo”. Una voce: “Aiutare un assassino…”. “No! Cosa dite? Ma io….”.
La terra iniziò a tremare, si sentì un tuono e l’oscurità più completa avvolse tutto. Tra le tenebre, mentre i corvi continuavano a gracchiare si udì: “Domani c’è il processo”. Daniele incredulo: “Che cosa? Oh Dio, cosa?”. Una voce ancora più cupa nelle tenebre ripeté: “Domani ti processano”. “Chi? A me… perché… cosa ho fatto di male?”. Si rialzò da terra e ricadde senza respiro. Passò qualche minuto, poi urlò, urlò dissociatamene: “Perché? Processo? Cosa?”. Una voce lontana: “Su, andiamo, ormai è tardi”.
UNA COSCIENZA AGITATA da pag. 20 alla fine dal libro "Solchi di Luce": di Alessandro D'Angelo (2010)
Anno 2010: Riflessioni dell’autore:
Questo testo, fu scritto senza dargli un grande valore, ma sperando sempre di trovare il momento giusto per far rivivere quegli attimi drammatici, se possibile, anche al teatro. Chi sa se un giorno riuscirò a portarlo sulle scene, mi chiedevo.
Ero al mare a Torvaianica. Fu lì che mi innamorai per la prima volta di una donna che non ne voleva sapere di me. Potevo avere 16 o 17 anni; facevo gli ultimi anni dell'Istituto Tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi”, e non vedevo l'ora di passare una bella estate. L'estate ci fu, ma ci fu anche un misterioso incontro non compreso, un amore non capito. Di una donna che mi piaceva molto la sua anima, ma lei non comprese ciò poiché troppo presa da altre cose futili. Io, invero ero un ragazzino un po’ particolare. a 16 anni lessi la Bibbia e la Relatività di Einstein (mentre a 11 - 12 anni , nel 1954 – 1955, scrivevo di metafisica e di universo in grandezza ed in piccolezza).
Spero che queste poche notizie ti possano essere utili per comprendere la genesi del testo.
Forse a posteriori, posso affermare che il suicidio di Maria, corrisponde alla vendetta di Daniele il quale non è riuscito ad avere con lei un dialogo filosofico come desiderava, cioè veramente colto ed ad alto livello. Egli aveva bisogno di dialogare con un'interlocutrice seria e colta venendo da una famiglia dove si studiava molto.
Alessandro D’Angelo