Con le crociate e la penetrazione della filosofia e delle scienze naturali greche e arabe dalla Spagna in tutto l'Occidente, l'uomo del Medioevo stringe un nuovo contatto con la scienza delle stelle. "L'uomo ha in se stesso il cielo e la terra", affermava la santa Ildegarda di Bingen (1098-1179).
Interessante è ricordare come Michele Scoto (morto nel 1235), astrologo di Federico II, scriveva: "Ogni astrologo è degno di lode e di onore perché prediletto da Dio, suo creatore; egli, infatti, mediante questa scienza e mediante l'astronomia, partecipa di molti segreti divini, e di cose che a pochi è dato conoscere". Alla corte di Federico II soggiornarono non pochi astrologi in verità non tutti molto abili. Va ricordato che, in occasione della spedizione di Federico contro Alberico, fratello di Ezzelino da Romano, nel 1239, l'imperatore mosse da Padova al segnale dell'astrologo Teodoro che, salito su un campanile con l'astrolabio, aveva atteso l'entrata di Giove in Leone. La battaglia andò male, ma secondo il cronista Rolandino da Padova, l'astrologo fu ingannato dalla presenza di fitte nubi e dette il segno dell'avanzata, quando nel cielo dominava il funesto Scorpione. Il medesimo cronista riporta un altro errore astrologico. Nei piani di Federico, una nuova città, Vittoria, avrebbe dovuto prendere il posto di Parma assediata, per la quale era stata prevista la completa distruzione. Per la fondazione della nuova città, l'imperatore aveva seguito le indicazioni dei propri astrologi, che stabilirono il momento più favorevole per un prospero avvenire.
Ma a quanto pare, essi compirono qualche passo falso, dato che una sortita dei parmensi assediati, mentre l'imperatore era a caccia, distrusse tutto quello che di Vittoria era stato fino ad allora edificato. Interessante la spiegazione di Rolandino: non era stata tenuta nel dovuto conto la presenza del Cancro, che era in posizione tale da determinare una breve durata di tutto quello che, nel momento della fondazione, aveva avuto inizio.
Nel Medioevo, comunque, l'astrologia tende a "frenare la sua ascesa. Così, se per Giovanni di Salisbury (1115-1189) essa, con le sue esigenze profetiche e l'apparente negazione del libero arbitrio, deve essere considerata illecita arte divinatoria che usurpa le prerogative dello stesso Creatore delle stelle, [Nella figura Alberto Magno](1193-1280), ricollegandosi alla filosofia aristotelica, riconosce il governo delle sfere celesti sugli avvenimenti terrestri, chiarendo, tuttavia, che le stelle non possono plasmare l'anima umana. Allievo di Alberto è Tommaso d'Aquino (1225-1274), per il quale gli astri esercitano un'influenza sul mondo sublunare (il nostro), ma riguardano solamente il complesso psicofisico dell'uomo e non la sua libera volontà. Per cui, l'individuo ha la possibilità di correggere e superare le proprie inclinazioni, anche astrali. Sia Tommaso d'Aquino che Alberto Magno, esercitarono una notevole influenzando il pensiero di Dante Alighieri, le cui opere costituiscono, anche per ciò che riguarda la scienza delle stelle, la più affascinante e perfetta espressione di tutto il sapere del XIII secolo. Infatti fu durante il periodo medioevale che i sostenitori dell'astrologia si discostarono troppo dall'ortodossia cattolica cadendo alle condanne di Madre Chiesa. Così accadde a Pietro d'Abano (1257-1315), condannato al rogo e morto prima della pena,del quale fu bruciato il cadavere.
Subì il patibolo anche Cecco d'Ascoli,astrologo alla corte di Carlo d'Angiò che, tra l'altro, aveva anche cercato di calcolare la data di nascita di Cristo e individuare i motivi astrologici della crocifissione. Va anche ricordato che, inquadrata in una cosmologia di tipo aristotelico, l'astrologia assumeva dignità scientifica e rispettabilità accademica: all'Università di Bologna, una cattedra di astrologia esisteva fin dal 1125 e, nell'ambiente universitario, circolava questa battuta: "Una laurea senza astrologia è come un occhio che non può vedere". In Spagna, Alfonso X il Saggio (1252-1284) fa compilare le Tabule Alphonsinae, Effemeridi che, fino a quelle copernicane, restarono, per tre secoli, le migliori esistenti. Contrari a questa scienza, nel '300, si mostrano il poeta Francesco Petrarca e il filosofo e letterato fiorentino Coluccio Salutati. Una delle posizioni più spregiudicate fu, tra la fine del XIV secolo e l'inizio del XV, quella di Biagio Pelacani da Parma, che giunse a sostenere su basi astrologiche la mortalità dell'anima e ribadì la teoria delle influenze astrali sulla parte fisica e su quella intellettuale dell'uomo.
Ricerca di Alessandro D'Angelo