ROMA – Cellule staminali e “metodo Stamina”: sono una cura miracolosa, il futuro della medicina, sono un rischio, una truffa non sperimentata? Molto se ne parla in questi giorni in cui il ministro della Sanità Renato Balduzzi ha firmato un decreto legge in cui si autorizza “in via eccezionale” la prosecuzione delle cure già avviate, anche se “non conformi alla normativa vigente”. Prima erano arrivate le sentenze dei giudici, che avevano detto sì ai casi dei piccoli Federico, Sofia, Smeralda e Celeste. Poi è arrivato il ministro del governo Monti, che si è appellato al principio etico “per cui un trattamento sanitario già avviato che non abbia dato gravi effetti collaterali non deve essere interrotto”.
L’altro concetto è quello delle “cure compassionevoli“, fatte su pazienti che non avrebbero altra speranza. Introdotto dal decreto Turco del 2006 e reiterato da Fazio nel 2008, non riguarda solo il “metodo Stamina” ma tutto un settore di terapie di efficacia non provata secondo le autorità scientifiche nazionali, somministrate ad alcuni bambini con malattie rare solo in base a ordinanze e sentenze di tribunali italiani.
Poi è intervenuto il Senato, che ha stralciato la norma sulle staminali dal decreto Balduzzi, non ravvisandone i requisiti di necessità e di urgenza. Ci vorrà una legge ad hoc. Ma intanto nessuno sospenderà le cure per Sofia e gli altri bimbi.
Il Corriere della Sera ha dedicato un intero dossier sulle cellule staminali e il “metodo Stamina”, intervistando anche in un forum il fondatore di Stamina Foundation Davide Vannoni. Incrociando il lavoro del Corriere con la vasta documentazione presente sull’argomento, abbiamo sintetizzato la questione staminali in domande, risposte e parole chiave.
Cosa sono le cellule staminali –
Sono chiamate staminali tipi di cellule molto diverse fra loro. Il loro minimo comun denominatore sono due caratteristiche. La prima: sono in grado di moltiplicarsi quasi all’infinito. Le altre cellule dell’organismo, dopo che si sono divise un certo numero di volte, non sono più capaci di riprodursi. La seconda caratteristica comune a tutte le staminali: sono in grado di evolversi in tipi cellulari molto diversi fra loro, a differenza delle cellule mature come i neuroni o i globuli rossi, che hanno un aspetto definito e delle funzioni circoscritte in un ambito preciso. Le staminali si dividono in:
Staminali totipotenti. Sono capaci di “creare” un organismo intero, generando cellule nervose, dei muscoli, delle ossa, del sangue e anche tessuti extraembrionali come la placenta. Le totipotenti si ottengono dalle primissime divisioni della cellula nata dall’unione di spermatozoo e cellula uovo. Infatti, se questo primo ammasso di cellule – l’origine dell’origine della vita - si divide in due parti, possono nascere due gemelli identici, detti in genetica “omozigoti”. Dopo pochi giorni di sviluppo, alla terza-quarta divisione quel grumo di cellule forma una morula, detta così perché sembra una piccola mora, costituita da circa sedici cellule. Nel passaggio alla fase-morula la “totipotenza” della cellula si perde: quello che si può ottenere sono solo cellule staminali embrionali, dette pluripotenti.
Staminali pluripotenti. A differenza delle totipotenti, possono evolversi in qualsiasi tipo di cellula tranne che quelle che formano i tessuti extraembrionali come la placenta. Dalle pluripotenti si possono generare cellule della pelle (tissutali), del sangue (ematopoietiche), dei muscoli e delle ossa. Una volta impiantate nell’utero, le pluripotenti si “specializzano” e diventano multipotenti.
Staminali multipotenti. Possono generare più tipi di cellule, ma all’interno di un range più ristretto. Le multipotenti si trovano fra le cellule più interne della morula, che formano l’embrioblasto (germe dell’embrione): questo darà vita all’embrione vero e proprio e poi al feto. A partire dall’ottavo giorno dal concepimento, l’embrioblasto assume l’aspetto di un disco nel quale si possono distinguere tre strati diversi di cellule, i cosiddetti “foglietti germinativi”. Si dividono in tre tipi:
L’endoderma che genera: intestino, sistema respiratorio, fegato e altri tessuti.
Il mesoderma che genera: cellule del sangue, vasi sanguigni, cuore e altri tessuti.
L’ectoderma che genera: sistema nervoso centrale, pelle.
Le cellule dei foglietti germinativi quindi non possono dar vita a tutti i tessuti di un organismo, ma possono differenziarsi solo all’interno di uno dei tre strati germinali che costituiscono la matrice embrionale di tutte le cellule del corpo.
Staminali unipotenti. Una volta che l’organismo ha completato la sua fase di sviluppo, rimangono solo cellule staminali unipotenti (o staminali adulte o staminali tessuto specifiche), dette così perché servono a rigenerare un singolo specifico componente dell’organismo. Gli epatociti, ad esempio, sono cellule unipotenti che contribuiscono a “rinnovare” il fegato, organo che finché è sano si rigenera. Così come la pelle, le unghie, i bulbi piliferi, il sangue. E in misura minore il cuore e il cervello.
Staminali mesenchimali. Le cellule staminali mesenchimali (contenute nello stroma del midollo) sono disposte in schiere attorno al seno centrale del midollo osseo. Sono cellule multipotenti che hanno la capacità di differenziarsi sia in vivo che in vitro in osteoblasti, condrociti, miociti, e molti altri tipi di cellule. Esse fungono anche da cellule “portinaie” del midollo osseo. Nel “metodo Stamina”, però, le cellule mesenchimali, che potrebbero rigenerare solo ossa o cartilagini, sono usate per curare le malattie neurodegenerative.
Staminali pluripotenti indotte (Ips). Sono cellule adulte, “mature”, quindi multipotenti o più spesso unipotenti, indotte in laboratorio a ritornare allo stadio di pluripotenti. Le Ips sono state scoperte dal britannico John Gurdon e dal giapponese Shinya Yamanaka, che per questo hanno vinto il Premio Nobel nel 2012. Con le pluripotenti indotte si potrebbero eludere i problemi etici ottenendo cellule con le stesse potenzialità di quelle embrionali. Inoltre con le Ips, prelevate dallo stesso paziente che dovrà essere curato, non si corre il rischio di rigetto.
Chi c’è dietro il “metodo Stamina”? Quando parliamo di “metodo Stamina” intendiamo quello portato avanti dalla Stamina Foundation – quartier generale a Torino – di Davide Vannoni e Marino Andolina. Vannoni è torinese e ha 46 anni. Professore di Psicologia ad Udine, è un cognitivista appassionato di neuroscienze. Andolina ha 67 anni. Immunologo-pediatra, dirige il reparto trapianti dell’ospedale Burlo-Garofolo di Trieste. È stato il primo italiano, nel 1984, a eseguire trapianti di midollo. È stato medico volontario in zone di guerra.
Quanti sono i malati curati col “metodo Stamina”? La Stamina Foundation è attiva dal 2009 e ha curato 65 pazienti. Ma Vannoni e Andolina sostengono di aver ricevuto più di 10 mila richieste. Alcuni depliant, ora acquisiti dalla Procura di Torino, che indaga sul “metodo Stamina”, parlavano di oltre mille casi trattati, con percentuali di recupero dal 70 al 100%. All’ospedale di Trieste “Burlo Garofolo”, dove fino al 2011 ha lavorato Andolina, è stata condotta una ricerca su cinque bambini curati con le staminali mesenchimali, pubblicata poi nel dicembre 2012 sulla rivista scientifica Neuromuscolar Disorders: i bimbi, dai 3 ai 20 mesi, non hanno avuto effetti positivi dalla cura. Due su cinque sono morti.
In cosa consiste e quanto costa una cura col “metodo Stamina”? Un trattamento, che consiste in un prelievo di cellule staminali dal midollo del paziente, la moltiplicazione delle stesse in laboratorio e la somministrazione, 15-20 giorni dopo il prelievo, delle staminali moltiplicate in tre sedute, con altrettante punture lombari. Calcolando che un trattamento costa dai 20 ai 30 mila euro e una singola puntura 7 mila, si spendono dai 41 ai 51 mila euro. Queste sono le informazioni raccolte da Adriana Bazzi del Corriere della Sera.
Marino Andolina racconta come funziona il “metodo Stamina”. Intervistato da Ruggiero Corcella del Corriere della Sera, Andolina ha spiegato:
“Ci sono una serie di punti. Il prelievo non è di midollo liquido, molto più ricco di cellule emopoietiche, ma una “carota” ossea, cioè una biopsia: quindi è stroma. I tempi di coltura: più brevi, 15-20 giorni, per evitare anche il teorico, modestissimo, rischio che le cellule si avvicinino alla maturazione in cartilagine-osso, che è la cosa che sanno fare meglio. La composizione del terreno di coltura viene adeguata in funzione di come si formano le colonie di cellule. Le cellule vengono “staccate” e congelate in vapori di azoto liquido. Altro punto importante è la differenziazione verso la linea neurale, dopo lo scongelamento delle cellule: una differenziazione brevissima, grazie alla quale iniettiamo cellule che hanno caratteristiche sia neurologiche che ancora staminali. Noi manteniamo la “staminalità” in cellule che sono indirizzate verso linee neurali, perché così passano la barriera ematoencefalica, mentre le cellule mature non passano. Vengono effettuate due infusioni a ciclo, una per via endovenosa di cellule staminali mesenchimali e la seconda per via intrarachide con cellule staminali differenziate in senso neuronale. Il trattamento prevede 5 cicli, a distanza di almeno 30 giorni uno dall’altro a seconda dello stato immunologico del paziente. E, infine, il know-how importante non è quello scritto, ma l’esperienza della persona che prepara le cellule”.
Quali malattie sono state curate (o meglio tentate di curare) col “metodo Stamina”? Atrofia muscolare spinale o Sma, Sindrome di Niemann-Pick, Leucodistrofia metacromatica, Morbo di Krabbe, Paralisi cerebrale da asfissia al momento della nascita. Sono tutte malattie dei bambini e neurodegenerative. Ma negli atti dell’inchiesta della procura di Torino (vedi paragrafo sotto), si afferma che la cura è stata proposta anche a malati di Parkinson, Sla, sclerosi multipla, pazienti con lesioni spinali, ictus, tumori. [Nella figura a sinistra: cellule staminali]>>>Come è nato il “metodo Stamina“? Tutto ebbe inizio con due russi, che Vannoni conobbe nel 2005 (o nel 2004, ci sono versioni discordanti) in Ucraina: Vyacheslav Klymenko, 71 anni, ed Elena Shchegelskaya lavoravano all’Università Karazin di Kharkov. Lui insegnava biologia, lei era direttrice di un laboratorio di biotecnologia. La coppia avrebbe guarito Vannoni da una paresi facciale con un trapianto di staminali. Sono loro, infatti, i “creatori” del metodo di trattamento delle cellule staminali mesenchimali che è stato poi sviluppato in Italia. Vannoni porta i due russi in Italia per fondare insieme a loro la Re-Gene srl, società di ricerca e sviluppo di biotecnologie. Klymenko e Shchegelskaya iniziano a lavorare al progetto solo nel 2007. Che però stenta a decollare. I due russi tornano in Ucraina nel 2009. Da allora si sono perse le loro tracce.
Come è nata la Stamina Foundation?
Nel frattempo Vannoni aveva fondato la Cognition, la Re-Wind Biotech e la Stem Cell Foundation: tutte e tre hanno sede in via Giolitti 41 a Torino. Ma la Stem Cell è stata costituita a San Marino. Tutte le società risultano ancora attive, però la più “famosa” è la Stamina Foundation Onlus, “senza fini di lucro”, nata nel 2009, “per sostenere la ricerca sul trapianto di cellule staminali mesenchimali e diffondere in Italia la cultura della medicina rigenerativa”, si legge sul sito www.staminafoundation.org.
L’inchiesta della Procura di Torino. Perché e per cosa sono indagati Vannoni e la Stamina Foundation. A Davide Vannoni e altri 11 indagati sono contestati dalla Procura di Torino guidata da Raffaele Guariniello reati come associazione a delinquere, truffa, somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute pubblica. Le indagini, iniziate nel giugno 2009, si sono concluse nell’agosto 2012. Sono stati sequestrati depliant in cui si prometteva un alta percentuale di successo e filmati divulgativi – un ballerino russo, immobilizzato da una malattia neurologica, tornato a danzare dopo la cura. Sono stati sentiti testimoni, tra ex dipendenti delle società di Vannoni e pazienti, e acquisiti i bonifici pagati come “donazioni” alla Stamina Foundation. Che proponeva la cura con le staminali mesenchimali a malati di Parkinson, Sla, sclerosi multipla, pazienti con lesioni spinali, ictus, tumori. A bambini con patologie rare.
I rischi e i pericoli del “metodo Stamina”. Scrive Roberta Villa sul Corriere: “C’è [...] il timore che l’alta capacità proliferativa di queste cellule sfugga al controllo e possa produrre tumori, tanto che molti ricercatori si sono convinti che siano proprio cellule staminali ad alimentare il cancro. Ma questa è tutta un’altra storia, in cui queste cellule della speranza, da possibili strumenti di cura, diventano potenziali bersagli delle terapie”. Sempre il Corriere ha intervistato Massimo Dominici, uno dei più autorevoli esperti di biologia delle cellule staminali in Italia. È stato lui a scrivere la relazione ministeriale sul metodo Stamina, così sintetizzata:
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STAMINALI - 4 Dicembre 2013: ROMA - E’ una prima VITTORIA.
Non basta a risolvere i mille problemi dei malati di Sla e altre sindromi invalidanti, ma è sufficiente a ridare loro speranza: il Tar del Lazio ha sospeso il decreto di nomina della Commissione del ministero della Salute che ha bocciato il «metodo Stamina». Salta così anche il parere contrario espresso dal ministero nei confronti della sperimentazione. Un parere che nelle ultime settimane aveva portato in piazza centinaia di malati e migliaia di loro amici e familiari: tutti insieme per chiedere che non venissero tagliati i fondi alla ricerca sulle staminali.
Una delle proteste contro i tagli alla ricerca sulle staminali (Jpeg) - Il tribunale amministrativo del Lazio ha dunque accolto il ricorso del presidente di Stamina, Davide Vannoni. Quanto ai malati e ai loro familiari, anche nei giorni scorsi avevano inscenato due proteste a Roma, la prima delle quali - lunedì 25 novembre - aveva di fatto paralizzato il traffico nella Capitale per oltre 4 ore: con carrozzine e lunghi cortei in diverse zone del centro. Poi martedì 3 dicembre, i manifestanti pro staminali si erano di nuovo radunati nei pressi dei palazzi del potere, in piazza Montecitorio, dove avevano minacciato un nuovo blocco del traffico se la presidente della Camera Laura Boldrini non li avesse ricevuti.
04 dicembre 2013
(2)
Tuttavia non erano note le potenzialità terapeutiche di queste cellule in caso di trapianto in un ambiente in cui sono in atto processi infiammatori a danno della mielina, come avviene nella sclerosi multipla, processi che avrebbero potuto danneggiare anche le nuove cellule. Inoltre, i precursori dei neuroni da trapiantare venivano ottenuti da staminali fetali, e quindi immunologicamente diversi dalle cellule del paziente, una circostanza che impone il ricorso a terapie immunosopressive per evitare gravi reazioni di rigetto.
Neuroni ottenuti in laboratorio partendo da cellule pluripotenti indotte. (Cortesia Cecilia Laterza)Nella nuova ricerca, condotta su topi affetti dall'equivalente murino della sclerosi multipla, l'encefalite sperimentale autoimmune, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che le cellule progenitrici dei neuroni ottenute con la tecnica descritta nell'articolo sono attratte verso i siti cerebrali in cui è attiva l'infiammazione e che, qui giunti, iniziano a produrre una particolare sostanza, il fattore inibente la leucemia (LIF). Quest'ultima non solo ha un effetto direttamente neuroprotettivo nei confronti dei neuroni mielinici, ma ha anche mostrato un interessante effetto secondario di inibizione dei processi infiammatori.
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Roma, 18 ottobre 2013 - Modifica il comportamento delle cellule staminali pluripotenti, dando loro la capacità di muoversi e di invadere i tessuti generando metastasi. A innescare tutto questo, un semplice aminoacido, chiamato L-Prolina, uno dei tanti ‘mattoni’ che compongono le proteine cellulari. È quanto emerge da uno studio sulla regolazione di motilità, invasività e capacità metastatica delle staminali che ha coinvolto i ricercatori degli Istituti di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” (Igb-Cnr) di Napoli e per le applicazioni del calcolo “Mauro Picone” (Iac-Cnr) di Roma del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con l'Institute of Molecular Oncology Foundation (Ifom) di Milano. La ricerca è stata pubblicata su Stem Cell Reports (open access journal of Cell Press) e ha ricevuto la copertina del numero di Ottobre.
“Grazie a questo lavoro, è stato possibile identificare un meccanismo che permette a una cellula staminale pluripotente di acquisire la capacità di muoversi e di invadere i tessuti, un fenomeno cruciale per la formazione delle metastasi tumorali”, affermano Gabriella Minchiotti e Maria Rosaria Matarazzo, ricercatrici dell’Igb-Cnr. La rilevanza di questa scoperta “risiede nel fatto che questo fenomeno non è innescato da alterazioni genetiche o da un fattore di crescita, bensì dalla proprietà dell’aminoacido L-Prolina di modificare l’espressione dei geni, senza alterare, mutare né modificare la sequenza del DNA delle cellule”.
Lo studio ha dimostrato che il ruolo chiave nella regolazione della motilità/invasività cellulare di L-Prolina è legato alla sua capacità di indurre particolari cambiamenti epigenetici che modificano l’espressione genica, “innescando nelle staminali un processo di EMT (Epithelial to Mesenchymal Transition), un fenomeno simile a quello che induce la formazione delle metastasi e quindi determina la disseminazione tumorale”, aggiungono le ricercatrici. “La transizione EMT è regolata dal microambiente cellulare, in particolare dalla matrice extracellulare (ECM), molto ricca in collagene, una proteina composta principalmente da prolina, che si rende disponibile in seguito alla degradazione della ECM durante la crescita e l’invasione tumorale”. Da qui l’idea che la L-Prolina sia un segnale chiave nel regolare la motilità/invasività cellulare.
“Il fatto che un aminoacido sia in grado di modificare il profilo epigenetico di una cellula staminale e trasformare profondamente il suo comportamento è una scoperta entusiasmante”, concludono Minchiotti e Matarazzo, “e, anche se non ha ricadute terapeutiche immediate, apre nuove prospettive per la comprensione dei meccanismi che sono alla base della progressione tumorale”.
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All'origine di molti casi di questa malattia c'è il cattivo funzionamento di una particolare classe di cellule nervose dell'ippocampo(1), i cosiddetti interneuroni gabaergici. Il trapianto di precursori dei neuroni in quell'area ha mostrato, nel modello animale, di essere in grado di eliminare o ridurre il numero di crisi convulsive e le anomalie di comportamento che caratterizzano la patologia epilettica.
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Cellule della pelle trasformate prima in staminali pluripotenti e poi in precursori dei neuroni hanno dimostrato, nel modello animale, di ridurre i danni alla mielina provocati da processi infiammatori come quelli che si verificano nella sclerosi multipla. La scoperta è di un gruppo di ricercatori milanesi coordinati da Gianvito Martino ed Elena Cattaneo di Gianbruno Guerrerio
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L'iniezione di cellule progenitrici dei neuroni nella regione cerebrale dell'ippocampo ha permesso di ridurre, nel modello animale, la frequenza delle crisi convulsive e delle alterazioni comportamentali caratteristiche dell'epilessia. A riferirlo è un articolo pubblicato su “Nature Neuroscience” che illustra una ricerca condotta presso l'Università della California a San Francisco sotto la direzione di Scott C. Baraban.
All'origine di un significativo numero di casi di epilessia vi è una disfunzione in una particolare popolazione di cellule nervose dell'ippocampo, i cosiddetti interneuroni inibitori gabaergici, che hanno un ruolo essenziale nella regolazione dell'eccitabilità dei neuroni corticali e nella coordinazione di movimenti e comportamenti.
Per trattare queste forme di epilessia si ricorre a farmaci sistemici che potenziano i meccanismi inibitori mediati dal neurotrasmettitore GABA, il cui uso a lungo termine può però portare a effetti secondari indesiderati a livello comportamentale o cognitivo. Senza contare che circa un terzo dei pazienti risulta comunque refrattario alla terapia.
Una delle alternative più promettenti al trattamento farmacologico è quello del trapianto di cellule staminali che, differenziandosi nella sede di inoculazione, potrebbero ricostituire una nuova rete funzionante di interneuroni in grado di sopperire ai deficit di quella esistente.
Finora, lavorando con ceppi di topi predisposti a sviluppare l'epilessia, Baraban e colleghi erano riusciti a dimostrare che il trapianto di cellule progenitrici dei neuroni gabaergiche in epoca immediatamente post-natale, e prima del primo esordio epilettico, era in grado di ridurre significativamente l'insorgenza e la gravità della malattia.
In quest'ultimo studio, i ricercatori sono riusciti a dimostrare che anche il sistema nervoso adulto può sostenere la migrazione delle cellule progenitrici dei neuroni gabaergici, la loro differenziazione, e l'integrazione nelle strutture cerebrali esistenti, con un effettivo recupero funzionale dei deficit preesistenti.
“Anche se è necessario ancora molto lavoro prima di poter introdurre un trattamento di questo tipo nella pratica clinica – scrivono gli autori - questo è un primo importante passo per dimostrare le potenzialità di questo approccio” che potrebbe essere importante anche per altri disturbi cerebrali in cui è presente una disfunzione dei circuiti inibitori dell'ippocampo, come la malattia di Alzheimer o l'autismo.
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Scritto da Redazione di Gaianews.it il 25.07.2013
Grazie ad una ricerca basata sull’uso di cellule staminali i ricercatori hanno scoperto un processo alla base di un particolare tipo di epilessia. La scoperta potrebbe aiutare nella ricerca di farmaci migliori per trattare tutti i tipi di disturbi convulsivi.
La tecnica, è stata messa a punto dagli scienziati dell’Università del Michigan. Trasformando le cellule della pelle di pazienti con epilessia in cellule staminali, e poi trasformando quelle cellule staminali in cellule nervose del cervello, il team ha creato un terreno di prova in miniatura per l’epilessia. In questo modo ha potuto misurare i segnali che le cellule si inviano l’un l’altra, attraverso piccoli canali chiamati “del sodio”.
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Cellule della pelle trasformate prima in cellule staminali pluripotenti e quindi portate allo stadio di precursori dei neuroni possono ridurre i danni alla mielina che li protegge, come quelli che si hanno nella sclerosi multipla, favorendone la ricostituzione e l'alleviamento dei sintomi della malattia. La scoperta – fatta sul modello animale da un gruppo di ricercatori dell'Istituto scientifico San Raffaele di Milano in collaborazione con colleghi dell'Università Statale di Milano e pubblicata su rivista “Nature Communications” - fornisce “un tassello in più verso una terapia sempre più mirata sul paziente e che preveda l'uso di cellule staminali”, dice Gianvito Martino, che ha coordinato lo studio insieme a Elena Cattaneo.
Nei neuroni derivati dalle cellule di bambini che hanno una grave e rara forma genetica di epilessia chiamata sindrome di Dravet, i ricercatori hanno rilevato alti livelli di attività in questi canali. Questa sorta di “ipereccitabilità” potrebbe scatenare le crisi epilettiche. I neuroni ottenuti dalle cellule della pelle di persone senza epilessia non hanno invece mostrato questa attività anomala.
La ricerca è stata pubblicata su Annals of Neurology, e ora gli scienziati stanno lavorando alla creazione di linee di cellule staminali pluripotenti indotte dalle cellule di pazienti con altre forme genetiche di epilessia.
Le nuove scoperte si differenzia da quella di altri scienziati che hanno lavorato con i topi, il che dimostra l’importanza di studiare le cellule ottenute da pazienti con epilessia umani. Le cellule provenienti dai pazienti, contenevano il segno distintivo della maggior parte dei pazienti con sindrome di Dravet: una mutazione nel gene SCN1A, che codifica la proteina fondamentale per i canali del sodio, la Nav1.1. La mutazione riduce il numero di canali alla metà del numero normale.
“Con questa tecnica, siamo in grado di studiare le cellule che ricordano da vicino le cellule cerebrali del paziente, senza fare una biopsia del cervello,” dice l’autore e leader del team Jack M. Parent.
I ricercatori però non sanno ancora come o perché le cellule nervose attuino una compensazione eccessiva per la perdita parziale dei canali del sodio. Inoltre i ricercatori hanno scoperto che i neuroni non mostrano i segni della ipereccitabilità se non dopo delle settimane coerentemente con il fatto che i bambini con la sindrome di Dravet spesso non hanno attacchi fino a diversi mesi d’età.
“Inoltre, la riproduzione della iperattività dei neuroni in queste colture cellulari dimostra che vi è un cambiamento intrinseco nei neuroni che non dipende da un input dei circuiti nel cervello,” dice il co-autore Meisler.
Molti pazienti che soffrono della sindrome di Dravet non rispondono ai farmaci, rendendo urgente la ricerca di nuove soluzioni. Le loro vite sono costantemente minacciate dal rischio di morte improvvisa causata dall’epilessia.
Ora gli scienziati stanno lavorando per sperimentare dei farmaci che possano influire su questa ipereccitabilità.
La ricerca è stata possibile grazie alla collaborazione di più di 100 pazienti con sindrome di Dravet.
Ricerca di Alessandro D'Angelo
Dr Giulio Alessandri ha indetto il congresso: "Incontro con le associazioni dei pazienti - Le cellule staminali in neurologia -
Cellule Staminali: Il futuro della Mdicina Rigeneativa o una promessa terapeutica utopistica?
Le cellule staminali sono cellule non specializzate presenti in tutti gli organismi viventi. Diversamente da quelle specializzate mature come la cellula cardiaca e nervosa, o comunque dalla grande maggioranza di tutte le altre cellule di un organismo, la cellula staminale riesce a rimanere sempre giovane. E’ fondamentalmente una cellula neonata a vita. La definizione di cellula staminale si basa essenzialmente su due sue caratteristiche funzionali che sono: 1) autorigenerazione, ossia la capacità di rigenerare se stessa all’infinito; b) capacità (potenza) differenziativa, vale a dire la capacità di differenziarsi in uno o più tipi cellulari specializzati. In un organismo esistono vari tipi di cellule staminali, alcune delle quali prendono il nome dal tessuto in cui risiedono.
Generalmente si dividono in tre tipi principali: embrionali, fetali e adulte dette anche somatiche. Oltre alla differenza di derivazione tessutale le cellule staminali si distinguono per le capacità che hanno di generare popolazioni cellulari specializzate diverse: Le cellule staminali che derivano dall’embrione chiamate con la sigla ESC ( dall’Inglese Embryonic Stem Cells) sono “totipotenti” cioè in grado di generare un individuo completo se isolate dopo pochissimo tempo (48-72h) dalla fecondazione della cellula uovo (zigote) o multipotenti se isolatedopo una settimana o più (blastocisti) dalla fecondazione. In questo ultimo caso sono in grado di fare tanti tipi di cellule ma non tutte. Infine esistono cellule staminali monopotenti/unipotenti perché in grado di generare solo un tipo di cellula specializzata. Le cellule staminali fetali e adulte, cioè derivate rispettivamente da un feto (dopo12 settimane dalla fecondazione) o da individuo maturo adulto, possono essere solo o multipotenti o monopotenti.
E’ possibile, attraverso tecniche di estrazione, isolare dai tessuti sia adulti che fetali/ embrionali, le cellule staminali. Mediante sistemi di coltivazione con terreni di cultura appropriati è possibile coltivarle in vitro così da amplificare il loro numero in maniera considerevole. Queste tecniche, che si sono sviluppate soprattutto in questi ultimi 10 anni, hanno permesso di studiare meglio le loro caratteristiche; si è potuto capire meglio come possono essere identificate, come fanno a differenziarsi, oppure, quali molecole attive sono capaci di produrre. Le culture in vitro di cellule staminali inoltre hanno permesso di amplificare enormemente le nostre conoscenze per un loro uso terapeutico corretto all’uomo. Un uso terapeutico, che già da molti anni era ampiamente conosciuto nella sua efficacia: per esempio con cellule staminali prelevate da midollo osseo adulto è stato, ed è, possibile curare patologie gravi come per esempio alcuni tumori del sangue (Leucemia, Linfomi).
Tuttavia solo grazie alle nuove conoscenze ottenute dalla ricerca in questi ultimi anni, la cellula staminale è diventata un elemento fondamentale per lo sviluppo di terapie che un domani potrebbero aiutare molte malattie umane attualmente incurabili, o poco curabili. Malattie che possono includere patologie neurodegenerative ( Parkinson, Alzheimer, lesioni del midollo spinale), vascolari(infarto miocardio, cerebrale), neuromuscolari (distrofie, sclerosi multipla), genetiche
(SLA, SMA) e molto più probabilmente patologie oncologiche (vari tipi di tumori attualmente incurabili). Lo sviluppo della ricerca sulle cellule staminali ha dato persino origine ad una nuova branca della medicina denominata: “Medicina Rigenerativa” . Di fronte agli incredibili vantaggi terapeutici che potrebbero derivare dalle cellule staminali, ci sono però anche molti problemi che queste cellule portano con se, o potrebbero generare, se utilizzate in modo improprio in particolare se applicate su patologie su cui non è stata dimostrata sperimentalmente una eventuale efficacia. Ci sono delle pericolosità intrinseche all’uso delle cellule staminali che derivano dal fatto che possono generare tumori (tutte le cellule staminali sono potenzialmente tumorogeniche). Inoltre alcuni tumori umani, per esempio, nascono da delle alterazioni genetiche che avvengono proprio nelle cellule staminali stesse. Ci sono poi problemi legati alla loro produzione in vitro per scopi terapeutici nell’uomo. Infatti, le cellule staminali hanno bisogno di essere coltivate in strutture adeguate chiamate “GMP” (dal termine inglese Good Laboratory Practice). Queste strutture sono necessarie per far si che durante la produzione le cellule non vengano contaminate con virus o batteri, contaminazioni che potrebbero renderle molto pericolose per la salute del paziente una volta trapiantate. Attualmente queste strutture sono poche e hanno dei costi economici di costruzione e manutenzione molto alti. Questo problema ovviamente limita molto l’uso delle staminali nella terapia che, conseguentemente, non può essere applicata su tanti pazienti perché altrimenti si rischierebbe un default economico della sanità. Infine, problema non meno importante, è quello legato alla informazione (più spesso disinformazione) sulle cellule staminali. Ci sono state in questi ultimi anni delle false informazioni che sono girate attraverso i giornali e le televisioni riguardanti le attuali proprietà terapeutiche delle cellule staminali. Come anche recentemente . Come anche recentemente lo dimostra il caso Stamina, gestito da trasmissioni televisive incuranti del bene dei pazienti ammalati, ma per motivi di ascolto ( se non scandalistici), hanno promosso una sperimentazione molto rischiosa perché non comprovata da nessuna preliminare e minima documentazione scientifica. In molte malattie genetiche (per es: SMA atrofia muscolare spinale, Leucodistrofia, etc..) così come per altre malattie incurabili (lesioni gravi del midollo spinale, Alzheimer, Coma Autismo,etc..) l’efficacia curativa o migliorativa delle cellule staminali non è ancora stata dimostrata scientificamente. L’uso di cellule staminali pertanto non può essere proposto se non mettendo sotto grave rischi pazienti che non hanno speranza e che per tale motivo non possono essere usati come cavie!!!
In conclusione la cellula staminale è indubbiamente una risorsa incredibile per la terapia futura di tante malattie umane attualmente incurabili ma è anche dal punto di vista filosofico l’archetipo dell’immortalità biologica. Quindi…..domanda: “Se tutti noi grazie alle cellule staminali divenissimo immortali cosa succederebbe alla nostra specie?”
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Ricerca di Alessandro D'Angelo
Colonie di cellule pluripotenti indotte. (Cortesia Cecilia Laterza)Il trasferimento di questa metodica nell'uomo impone tutte le cautele del caso, sottolinea Martino, ma “è importante comprendere che è con i piccoli passi si arriva poi a sviluppare terapie efficaci, e non attraverso le scorciatoie di cui sentiamo parlare”. Ma il passo appena compiuto non è poi così piccolo, dato che “apre la strada alla possibilità di ottenere dal paziente stesso le cellule staminali del cervello utili per il trapianto. Finora queste cellule erano soprattutto di origine fetale e, se trapiantate, richiedono una immunosoppressione. Un problema tutt'altro che banale, che a questo punto sarebbe bypassato.”
Nello specifico, la ricerca ha dimostrato che una molecola secreta da cellule progenitrici dei neuroni trapiantate è in grado di promuovere la ricostituzione della guaina mielinica nei neuroni in cui è stata danneggiata in seguito a malattie infiammatorie demielinizzanti. In queste patologie si osserva infatti un processo infiammatorio diretto contro la guaina mielinica che avvolge i neuroni, ossia la sostanza isolante che permette la trasmissione degli impulsi nervosi senza che si disperdano.
Recenti ricerche nel modello animale avevano mostrato che le cellule mieliniche (quelle che producono la guaina mielinica) possono essere generate a partire da staminali pluripotenti e che il loro trapianto in topi geneticamente predisposti per avere neuroni mielinici deficitari poteva porre rimedio al difetto non solo sostituendo le cellule, ma anche producendo fattori neuroprotettivi in grado di arginare la degradazione della mielina.
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