L'AMORE NELL’ANTICO TESTAMENTO
(di Alessandro D'Angelo)
Quando frequentai il corso triennale di teologia dal 1983 al 1987 presso l’Istituto Religioso Ebraico-cristiano in Roma, ebbi modo di approfondire varie tematiche e notizie religiose che non mi erano molto chiare. Fu in quel periodo che ebbi modo di scrivere “L’Amore nell’Antico Testamento”, “Il vangelo e gli ebrei” e “Caino e l’umanità benedetta” .Mi addentrai nello studio dei vangeli alla luce degli studi biblici più originali e pubblicai i miei scritti più tardi con la casa editrice “I Templari” nel 1988. Dopo 25 anni circa, ho pensato di divulgarli e far conoscere dove sono approdato attraverso i miei studi .
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Enoc cap 42, 1: <<La saggezza non trovò posto, dove stare e la sua sede era nei cieli. Essa venne a stare fra i figli degli uomini e non trovò posto. Ritornò alla propria sede e si mise tra gli angeli>>
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Quanto sto per esprimere è utile poiché è utile per sfatare l’idea del Dio cattivo e vendicativo presente nell’antico testamento: idea incallita fra i cristiani che, per ovvie ragioni, soprattutto di pigrizia mentale e quindi culturale, non si sono potuti addentrare nello studio della Torah, della Legge o del Pentateuco in maniera seria o veramente distaccata.
Appare strano come la visione di un Dio collerico, terribile e sempre vendicativo, privo di misericordia è presente nella concezione del Pentateuco anche presso le persone così dette colte.
[Nella foto a sinistra un Rotolo della Torah]
Se si analizza a fondo il significato di quanto riporta la Torah, o Pentateuco, ci si accorge di quanto amore e misericordia essa ne sia più che pregna. L’esaltazione di questi attributi conferisce al libro della Legge una delicatezza di sentimenti assai difficile da raggiungere da parte della maggior parte di uomini di oggi spesso arroccati a moduli di pensiero ancorati a bassa aggressività alimentata spesso da film che rivelano l’elemento bestia, sempre insito nell’uomo, o, per gli studiosi abbia mano a versi come quelli del Deuteronomio cap. 27, v. 14 -26.
[VEDERE la NOTA 2 IN BASSO presso "Commenti"]
Appare strano come la visione di un Dio collerico, terribile e sempre vendicativo, privo di misericordia è presente nella concezione Pentateuco anche presso le persone così dette colte.
Se si analizza a fondo il significato di quanto riporta la Torah, o Pentateuco, ci si accorge di quanto amore e misericordia essa ne sia più che pregna. L’esaltazione di questi attributi conferisce al libro della Legge una delicatezza di sentimenti assai difficile da raggiungere da parte della maggior parte di uomini di oggi spesso arroccati a moduli di pensiero ancorati a bassa aggressività alimentata spesso da film che rivelano l’elemento bestia, sempre insito nell’uomo, o, per gli studiosi abbia mano a versi come quelli del Deuteronomio cap. 27, v. 14 -26. Versi talmente foti che ho omesso di trascriverli.
Dopo aver letto tante "Maledizioni", andrebbe ricordato anche Matteo cap. 11, v. 20-24 a
Inoltre Rabbi Akibà comprese sino a fondo come con questo apparentemente semplice insegnamento, è facile giungere all’apice della Legge, elevato comportamento etico dell’uomo, oltre il quale l’uomo, quale essere terreno ed immanente non può vivere completamente il trascendente. In altre parole, l’uomo non può vivere il <<Comandamento del Levitico>> il tutta la sua completezza.
E’ interessante riportare anche quanto dichiara il Maestro Ben’Azai il quale si trovò spesso in polemica con il noto Rabbi Akibà poiché considerava assai importante per la risoluzione del verso del Levitico 19,18, il capitolo 5,1 della Genesi dove dalla Torah così è riportato: <<Questa è enumerazione della posterità di Adamo. Quando Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio>>.
E’ chiaro che qui il Maestro intende dire che secondo Rabbi ‘Akibà e Hillel il Vecchio si sarebbe trattato di non fare agli altri ciò che non si voleva venisse fatto a noi; in altre parole se uno non tenesse in considerazione sé stesso, non avrebbe potuto comportarsi nel medesimo modo nei confronti del prossimo, cioè onorarlo, come del resto non onorava la sua personalità. E, ‘Azai, detto anche Shimon B. ‘Azai, dava estremo risalto alla Genesi cap.1,26 e cap.5,1 poiché se l’uomo è stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza, allora si sarebbe dovuto rispettare e onorare l’uomo nello stesso modo come si sarebbe dovuto onorare il Signore, quindi anche se stesso. Ma fra la discussione tra i saggi prevalse l’insegnamento del Maestro Rabbi ‘Akibà poiché ciò che diceva sembrava più realistico e ciò che asseriva il suo giovane collega Shimon ‘Azai ed è da aggiungere che mentre il giovane Shimon ‘Azai proseguendo con le sue doti speculative si sarebbe avventurato nei misteriosi meandri della mistica nei quali si corre il rischio di perdere la ragione (fu questo il destino di Rabbi ‘Azai che morì demente), Rabbi ‘Akibà ponendo l’individuo come paradigma di valori e sentimenti, come pietra di paragone per il suo comportamento nei confronti degli altri, si allineava al generale insegnamento della Legge per dettare norme di comportamento d' alto valore etico, atte a raggiungere quella società giusta a cui tutta la Bibbia tende e che si compendia o meglio si manifesta in modo completo nella visione messianica di Isaia.
Possiamo essere certi che sia lo sforzo introspettivo elaborato da Rabbi Hillel il Vecchio sia quello messo in pratica da Rabbi ‘Akibà, costituiscono una formulazione pratica nell’esortazione metafisica di sant’Agostino e ciò quando s’esprime con la famosa frase: <<La Verità abita in noi stessi>>. Giunti che siamo all’apice del comportamento etico per mezzo dell’insegnamento dell’amore del prossimo, possiamo e qui dobbiamo scorgerne l’altro lato, e ciò che riuscì ad intravedere Rabbi ‘Akibà quando delimitò la portata del precetto del Levitico cap. 19,18 con il principio che l’uomo non deve recare danno a se stesso. Egli, come punto di partenza si servì del versetto del Levitico cap. 25,35 (dalla Torah) :
proposito della sventura alla città delle sponde di Cafarnao:“ [ Nella foto la Sinagoga di Cafarnao]
[20] Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: [21]«Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. [22]Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra. [23]E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai! Perché, se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! [24]Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!».
Nella Torah l’amore è un fenomeno di carattere universale: esso nasce dalla creazione del mondo, anzi prima del mondo e rappresenta perciò senza dubbio l’amore che il Creatore riversa o emana verso le sue creature le quali a loro volta amano il loro creatore e ne rendono lodi con preghiere e buone azioni per quanto riguarda l’essere umano. Ricordare il Deuteronomio cap. 6, v,. 4 -7: [4]Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. [5]Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. [6]Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore”. Da quest’affermazione appare chiaro come l’amore per l’Altissimo e l’amore per il prossimo non sono che un analogo fenomeno il quale dà luogo e forma un’unica meraviglia come riporta anche il Deuteronomio 11,1 che così recita: “Amerai il Signore tuo Dio e osserverai per sempre ciò che ti prescrive di osservare, i Suoi precetti, le Sue leggi e i Suoi statuti”
Il testo del Levitico, amplia, espande, allarga, estende sublima e rende chiaro il concetto di Amore-Dio-Uomo-Amore-Dio…. Presente nell’antico testamento dove l’amato e Chi ama divengono una cosa sola; è riportato infatti: (dalla Torah): “Non vendicarti e non conservar rancore verso i figli del tuo popolo e desidera per il tuo prossimo quello che desideri per te; Io sono il Signore” (frase ripresa dal vangelo di Matteo cap. 7, 12: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.”
Questo scritto è l’espressione di un imperativo divino che diviene pratico , reale lontano da fuorvianti amori mistici presenti in religioni non consone alla nostra cultura; in altre parole è un amore attivo che tende a realizzare nell’uomo quell’unità che in esso è potenzialmente presente come riflesso della sempre attuale unità con Dio. Questo concetto assume la sua verità se si legge il libro del Deuteronomio cap. 13,15: (dalla traduzione della Torah) Seguite il Signore vostro Dio, tenetelo, osservate i suoi precetti, ascoltate la Sua voce, servitelo e attaccatevi a Lui”.
<<E se un tuo fratello impoverirà e le sue forze vacilleranno presso di te, tu dovrai sostenerlo, sia esso anche un forestiero o un avventizio, sicché possa vivere presso di te; 36) non prendere da lui usura o interesse, ed abbi timore del tuo Dio, sicché il tuo fratello possa vivere presso di te>>. Basandosi su questi versetti, in particolare sulle ultime parole del v. 36,<<sicché tuo fratello possa vivere presso di te>> , nel Talmud babilonese Babà Mezi’a, 62 (a) riporta<<La tua vita viene prima di quella di tuo fratello>>. Quanto espresso intende significare che in alcune circostanze la propria vita deve avere la precedenza su quella degli altri nel senso che ognuno deve salvare la propria vita prima di quella del suo compagno. Questo fatto diviene logico se si comprende che la vita è un dono di Dio al quale non si è assolutamente liberi di rinunciare. Nel Talmud Babilonese sopracitato si svolge una discussione fra Rabbi ‘Akibà ed un altro Maestro Ben Petorà su due uomini che si trovavano nel deserto ed uno solo è in possesso di una borraccia d’acqua per sussistere; il problema sta nel fatto che se bevono entrambi, muoiono tutti e due perché la quantità di acqua non basta e nessuno dei due può raggiungere il centro abitato più vicino, mentre se beve uno solo, questi riuscirebbe ad arrivare all’abitato ed a salvarsi. Il Maestro Ben Petorà asserisce che entrambi devono bere e quindi entrambi morire affinché uno non veda la morte dell’altro, mentre Rabbi ‘Akibà sostiene che uno dei due debba sopravvivere e cioè chi detiene la borraccia. In questo caso l’amore del prossimo va inteso come proibizione di fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, ma non come obbligo di sacrificare la propria vita per la vita di un altro, cosa che secondo la Torah non è logica, né positiva, né applicabile come norma di comportamento. Da queste brevi considerazioni sgorga un'altra regola dettata dai Maestri d’Israele e cioè: << Si lasci uccidere, ma non si trasgredisca>>. Questo caso è assai diverso da quello riportato poc’anzi: infatti la regola <<E viva tuo fratello insieme a te>> e la conseguente <<La tua vita viene prima di quella del tuo compagno>> non sono più applicabili.
Importante è rilevare come nel Pentateuco o Torah, il castigo è considerato come un aspetto necessario ed è ovvio che esso esista anche se a volte è doloroso o perfino crudele, affinché si possa evidenziare l’amore del prossimo e l’amore di Dio. Questo profondo concetto è espresso con chiarezza nel libro del Deuteronomio al cap.8,5 (dalla Torah): <<tu devi essere intimamente persuaso che, come un uomo riprende suo figlio, il Signore tuo Dio riprende te>> prosegue la Torah nel versetto 11: <<Guardati bene però dal dimenticare il Signore tuo Dio omettendo di osservare i suoi precetti, le sue leggi e i Suoi statuti che Io ti comando oggi>>. Il perché è seguito sempre dal v. 19 sempre dallo stesso capitolo del Deuteronomio: <<Ma se tu dimentichi il Signore tuo Dio e seguirai altri dei servendoli e prostrandoti loro, Io ti garantisco oggi che perirete; 20) come le nazioni che il Signore fa perire davanti a te, così perirete anche voi, perché non avete ascoltato la voce del Signore vostro Dio>>. Il concetto del sacro libro del Duteronomio è che l’Altissimo ricorre a castighi per correggere il comportamento umano affinché la salute spirituale non crolli servendo altri dei. Il castigo non deve considerarsi un atto di vendetta o di crudeltà, bensì un atto d’amore del Signore nei confronti dell’uomo il quale deve vivere sempre in armonia col suo Creatore. Da questo fatto assume importanza il Levitico cap. 19,17 (dalla Torah): <<Non odiare tuo fratello in cuor tuo, ammonisci il tuo prossimo, e non essere causa che egli debba portare le conseguenze del peccato>>.
Una notevole discrepanza d’idee fra il popolo ebraico e il popolo cristiano consiste che il primo riporta , per mezzo del Talmud Babilonese che: <<La tua vita viene prima di quella di tuo fratello>>, mentre nel pensiero cristiano, veramente cristiano, si deduce facilmente che per prima cosa bisogna soccorrere il fratello in pericolo.
A tale proposito ricordare la parabola del ricco che seguiva tutti i comandamenti e domanda al figlio di Maria cosa deve ancora fare. Al che il profeta risponde che deve lasciare ogni cosa e seguire lui. I teologi tendono a rilevare che non doveva necessariamente lasciare le cose materiali; essi asseriscono che lasciare tutto significa avvicinarsi in modo assoluto al misticismo e alla spiritualità, in altre parole a vivere completamente la forza cristica.
Dal Talmud Babilonese, Sotah,14 (a), Rabbi .Hamma Dar Hannima (Maestro vissuto intorno al III secolo d.e.v.), commentando questo versetto si domandava: “Come può l’uomo seguire l’Eterno?”. La sua risposta fu: “Seguendo gli attributi del Santo che Benedetto Egli Sempre Sia: come Egli veste gli ignudi, anche tu vesti gli ignudi; anche tu visita i malati; come E gli consola chi è a letto e come Egli prende cura della sepoltura dei morti, anche tu seppellisci i morti”.
Un'altra affermazione che rende sostenibile e in modo assai evidente come la bontà dell’Altissimo permea anche l’antico testamento, la si può trovare leggendo il Salmo 145(144) – [v.8-18] (dalla Bibbia di Gerusalemme): “
8Het. Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all'ira e ricco di grazia.
9Tet. Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.” Segue il verso 14:
<<14Samech. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. 15Ain. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.16Pe. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente.17Sade. Giusto è il Signore in tutte le Sue vie, Santo in tutte le sue opere>>.
E’ interessante e confortevole come sia possibile verificare che ciò che è riportato nel salmo 145 (144), non sono affermazioni occasionali. Infatti a proposito del v. 8, già nel salmo 103 è così riportato:
“ [8] Buono e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
[9] Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
[10] Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.
[11] Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;”
Proseguendo l’analisi del salmo 103 , è interessante ricordare i versi 3 -5:
“[3] Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
[4] salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
[5] egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.”
Il concetto espresso nel verso 9 del salmo 145(144) è ripreso dai versi 13-14 del salmo 103 dove è riportato: [13] Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Mentre il concetto del verso 14 del salmo 145 recita:
“ [14] Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.”
Risponde come fosse uno specchio col verso 18 del salmo 94 dove recita: “Il mio piede vacilla” La Tua grazia Signore, mi ha sostenuto quando ero oppresso dall’angoscia, il tuo conforto mi ha consolato”. Importante è anche riportare quanto recita il Deuteronomio al cap. 32, 4: “Egli è la Roccia; perfetta è l'opera sua; tutte le sue vie sono giustizia; è un Dio verace e senza malizia; Egli è giusto e retto”.
Infine nel libro deuterocanonico della Sapienza al cap. 1 v. 13 è scritto: “[13]perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi!”, A questo punto divengono oggetto di scandalo alcuni passi delle lettere di Paolo come ad esempio la lettera a Tito 1,10 o lettera ai Galati cap. 215-20 e 3,13 per non parlare di quanto riportato dagli Atti degli Apostoli (cap.18,6 e cap. 5,1-20): passi talmente crudeli che anche il ricercatore meno sensibile non si sente di scrivere o riportare a causa della loro gravità poiché è evidente che questi passi sono palesemente contro la legge (sia intesa come Torah che come Grande Legge Universale).. Comunque, proseguendo la disamina sull’amore nella Torah, è doveroso riportare l’Esodo al cap. 34,5-7:
<<[5]Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. [6]Il Signore passò davanti a lui proclamando: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, [7]che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione>>.
E’ evidente come da questa concezione della creazione del mondo il diritto e la misericordia sono due fattori che si fondono l’uno nell’altro sino a giungere a costruire un’unica armonia nel sociale di 2000 anni fa . Questo fatto è convalidato e sottolineato da quanto riportato anche nell’Esodo cap. 22, v.25-26: <<Se tu presti del denaro ad alcuno del mio popolo, al povero che è con te, non lo tratterai da usuraio; non gli imporrai nessun interesse. 26:
<<26
Se prendi in pegno il vestito del tuo vicino, glielo renderai prima che tramonti il sole,” Questo versetto dell’Esodo ci ricorda un altro passo a lui simile presente nel deuteronomio 24,10-13: “Se farai al prossimo un qualunque prestito, non andrai dentro casa sua a prendergli il pegno, ma dovrai rimanere fuori e, l’uomo del quale sei creditore, ti porterà fuori il pegno 12) Ma se egli è un povero, tu non dovrai andare a coricarti tenendogli il suo pegno. 13)Glielo dovrai restituire al tramonto del sole ed egli potrà coricarsi nella coperta che ti aveva dato in pegno, e ti benedirà, e questo gesto ti sarà considerato meritorio dal Signore tuo Dio>>. Che l’uomo possa riuscire ad arrivare ad essere misericordioso come l’Altissimo, è una cosa verso la quale egli potrebbe protendere, ma solo con l’ausilio di buone azioni e di preghiere può avvicinarsi a somigliare, senza ovviamente essere simile al suo Creatore. A tale proposito ricordare la Genesi cap. 1,26: e 5,1 e l’istinto dell’essere umano che lo trascina verso azioni anche crudeli e assai malvage.
Prima di ricordare che l’amore e la misericordia sono presenti nella Torah, anche fra uomo ed animale, è doveroso riportare quanto asserì l’Altissimo che Benedetto Egli sempre Sia nel cap. 8, v. 21 della Genesi a proposito della condotta umana (dalla Torah) “Non maledirò più la terra a causa dell’uomo poiché il pensiero dell’animo umano tende al male sin dalla fanciullezza, né più colpirò tutti i viventi come ho fatto”. Ritornando all’amore per gli animali, riporto qui di seguito quanto asserisce l’Esodo al cap. 23,19:” … Non cuocere il capretto nel latte di sua madre”; oppure nel Levitico22,27;”Qual’ora nasca un animale bovino, ovino o caprino, lui e suo figlio non li scannerete nello stesso giorno”(Secondo alcuni è proibito scannare nello stesso giorno anche il padre del nativo se è noto).
Prosegue la Torah nel Deuteronomio alt cap.22,6-7: “6]Quando, per caso , troverai sopra un albero o per terra un nido d'uccelli con uccellini o uova e la madre che sta per covare gli uccellini o le uova, non prenderai la madre sui figli; [7]ma scacciandola, lascia andar la madre e prendi per te i figli, perché tu sia felice e goda lunga vita”.. E, proseguendo il Deuteronomio al cap.22, 10 recita: “Non arerai con un toro e un asino insieme aggiogati…” I maestri del Talmud fanno presente che la causa che ha generato queste norme non sono che un’infinita misericordia verso gli animali poiché essi sono stati messi dal Creatore al servizio dell’uomo che deve avere su di loro il “Dominio”. Quanto asserito si comprende da due importanti scritti come Genesi. 1,26 e Gn 5,1; il primo riporta dalla Torah “Dio disse poi: ”Facciamo un uomo a immagine nostra a nostra somiglianza; domini sui pesci del mare , sui volatili del cielo, sugli animali domestici, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Mentre il secondo scritto, pur essendo molto esplicito, lascia comprendere come Dio fece l’uomo a somiglianza di Dio”.
La misericordia analizzata fin qui appare essere uno dei fondamenti della creazione del mondo, questo fatto si traduce praticamente in comportamento giuridico-sociale ben definito, ma non da solo riesce a raggiungere quella elevatezza, o meglio quella armonia in cui s’ispirò e sempre s’ispirerà la Legge Mosaica (vedere Salmo 12,v.7).
Esistono, infatti, altre norme che servono ad assicurare il rispetto della persona umana fin dai suoi più delicati aspetti: ricordare come non bisogna approfittare dei menomati (lv 19,14): “Non dir male del sordo e davanti al cieco non mettere inciampo, ed abbi timore del tuo Dio; io sono il Signore”. Questo comandamento è stato interpretato dai Maestri anche in senso traslato, specialmente per la parte che riguarda il cieco. Infatti, secondo loro il verso rappresenta anche la proibizione di ingannare gli altri, dando loro cattivi consigli. Inoltre devono essere rispettati anche chi avendo trasgredito, sono costretti, secondo la Grande Legge Universale, a subire una condanna (ricordare quanto riportato nel Libro del Deuterocanonico cap. 25,2).
L’insegnamento dell’amore presente nel libro della Legge (Torah) è più appariscente o meglio evidente dove si nota un comportamento che obbliga a forzare la natura dell’essere umano combattendo gli istinti contrari all’insegnamento della Legge stessa. Sussistono, infatti, particolari precetti da applicare nei confronti di chi non desidera il bene sulla terra; a tale proposito ricordiamo l’Esodo cap. 23,4 (dalla Torah): “Se tu trovi il toro del tuo nemico o il suo asino smarrito, abbi cura di ricondurglielo . 5) Se tu scorgi l’asino del tuo nemico soccombente sotto il proprio peso, guardati bene dall’abbandonarlo, al contrario lo aiuterai a scaricarlo”. A tale riguardo i maestri talmudici tengono a sottolineare che il precetto che il precetto non è dovuto a riguardi verso gli animali, ma soprattutto per insegnare al Figlio dell’Altissimo (nel vangelo detto ‘Figlio dell’uomo’) a superare e vincere l’istinto dell’odio e della vendetta.
L’attenzione che il Pentateuco dedica allo straniero, è una cosa assai interessante. E’ noto come al tempo in cui fu scritta la Torah, secondo la tradizione ebraica, circa 3500 anni fa, lo straniero era considerato come un naturale nemico. La paura dell’ignoto, del diverso, del mistero insito nell’altro uomo, creava atteggiamenti assai complicati verso chi non parlava la stessa lingua o avessero costumanze diverse non conoscendo La ‘Legge’ del posto. E’ interessante ricordare come anche presso i latini non fosse diverso questo modo di pensare, tanto è vero che in latino hostis serviva anche per chiamare lo straniero. Solamente nel IV secolo dopo la fondazione della capitale dell’impero romano, lo straniero venne denominato ‘Peregrinus’, mentre col vocabolo Hostis si proseguì a considerare il ‘nemico’. La Legge mosaica insiste con assiduità sulla necessità di amare lo straniero e di rispettarlo, con numerosi passi biblici che riporto qui di seguito (dalla Torah):
N
LA MISERICORDIA NEI LIBRI SAPIENZALI
L’essenza della storia sacra è riassunta nel significato divino di Misericordia. Al popolo eletto i Profeti hanno rilevato un Dio misericordioso, pronto a salvare sempre i suoi elementi.
La principale parola che in ebraico si traduce con Misericordia, cioè Hèsed, esprime soprattutto un atteggiamento di benevolenza verso il prossimo, di Dio, verso l’uomo e dell’uomo verso Dio o verso i suoi fratelli.
Per illustrare un vocabolo che esprime un valore centrale della rivelazione biblica, è giusta cosa ricorrere invece che all’etimologia, ai paralleli filologici o letterari semitici, all’esperienza religiosa del popolo eletto.
In una storia in cui l’infedeltà suole essere la risposta abituale del popolo al suo Dio e dove nonostante il peccato, la Misericordia salva sempre il suo popolo il quale vive sotto una costante benevolenza,
Nella bibbia si trova l’attributo divino e misericordia-compassione e inquadrato da altri valori. La scoperta della Misericordia divina da parte dei profeti è insita o meglio scaturisce dalla salvezza che l’Altissimo offre ad Israele. E’ questa una grande verità che la riflessione sapienziale ha ricavato dalla storia religiosa dei primi uomini: il Dio onnipotente, giusto e saggio è costretto a castigare i peccatori; ma infondo la Sua misericordia Gli permette , dopo ogni trasgressione, che prosegua la storia della Salvezza. Infinita è la misericordia del Signore che Benedetto Egli sempre Sia e un esempio ce lo dà Davide in 2 Sam.24,14: <<Davide rispose a Gad: “Sono in grande angoscia. Ebbene cadiamo nelle mani del Signore, perché la Sua misericordia è grande. Ma che io non cada nelle mani degli uomini!>>
Anche in 2 Cronache nel capitolo 1,8 esprimono l’amore presente fra i profeti dell’antico testamento (dalla Bibbia di Gerusalemme): <<Tu ha trattato mio padre Davide con grande benevolenza e mi hai fatto regnare al suo posto>>. Un altro verso che illumina e conferisce forza e stabilità all’ignoranza biblica dei cristiani ci viene da quanto riporta Geremia nel capitolo 31,1-4:
<<1 In quel tempo - oracolo del Signore -
io sarò Dio per tutte le tribù di Israele
ed esse saranno il mio popolo.
2 Così dice il Signore:
Ha trovato grazia nel deserto
un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora.
3 Da lontano gli è apparso il Signore:
Ti ho amato di amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
4 Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,
vergine di Israele.
Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi
e uscirai fra la danza dei festanti>>.
Il Profeta Geremia prosegue al verso
<<34) Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato.>>
Mentre il Profeta Osea nel cap.11,9 cosi scrive:
<<Non darò sfogo all'ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Efraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te
e non verrò nella mia ira>>
Dopo la descrizione di un’enorme abbondanza di ogni cosa al popolo d’Israele, il profeta Gioele riporta queste frasi al cap.3,1 e 5:
<<. 1 Dopo questo,
io effonderò il mio spirito
sopra ogni uomo
e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie;
i vostri anziani faranno sogni,
i vostri giovani avranno visioni.
5 Chiunque invocherà il nome del Signore
sarà salvato,
poiché sul monte Sion e in Gerusalemme
vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore,
anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati>>.
E’ anche molto interessante e significativo quanto riporta Isaia nel capitolo 30,18:
<<Eppure il Signore aspetta per farvi grazia,
per questo sorge per aver pietà di voi,
perché un Dio giusto è il Signore;
Beati coloro che sperano in lui!>>
Sempre Isaia nel capitolo49, al verso 8 riporta un verso assai significativo 8) – Dice il Signore:
al tempo della misericordia ti ho ascoltato,
nel giorno della salvezza ti ho aiutato>>.
Si sente spesso dire o leggere che il Figlio di Maria è venuto a togliere la schiavitù sulla terra, ma leggendo il capitolo 40 del profeta Isaia, questa asserzione sembra fuori dubbio o almeno superficiale; infatti così è scritto: (v. 1 e 2)
<<1 Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio.
2 Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati>>. Interessante e significativo è anche il v.:
v. 11) ]accorreranno come uccelli dall'Egitto,
come colombe dall'Assiria
e li farò abitare nelle loro case.
Oracolo del Signore...>>
Il profeta Osea nel cap. 6 al v. 6 scrive a proposito della voce dell’Altissimo:
<<poiché voglio l’amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocausti>>.
Un'altra parte dell’antico Testamento da ricordare per la delicatezza di sentimenti riportati è il libro dell’Esodo. Infatti, dopo la creazione del vitello d’oro da parte di Aronne, nel Libro dell’Esodo dal v. 30 al v.35 nel capitolo 32 è riportato quanto segue: <<30 Il giorno dopo Mosè disse al popolo: «Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa». 31 Mosè ritornò dal Signore e disse: «Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. 32 Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». 33 Il Signore disse a Mosè: «Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. 34 Ora va', conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato». 35 Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne.>>
Questo racconto sta a significare che anche Mosé come Cristo per far Perdonare dal Signore il suo popolo, gli chiese di farlo morire, (Cancellami dal Libro che Tu hai scritto), dimostrando una grande abnegazione personale e un amore per i suoi fratelli. A quanto pare, il Signore non lo ascoltò ritenendo la sua morte inutile per il suo popolo, ma gli rispose di condurre la comunità dove Egli gli aveva detto in precedenza.
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Lo storico incontro fra Papa Paolo II e il Rabbino Capo Elio Toaf
Es. 22,21:
“Non maltratterai lo straniero e non l'opprimerai perché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto”.
Es 23,9: “9 «Non opprimere lo straniero: anche voi sapete cosa prova un forestiero, perché siete stati stranieri in Egitto”.
Lv. 19,33: “Quando qualche forestiero soggiornerà con voi nel vostro paese, non gli farete torto”.
Lv. 24,22: “Avrete una stessa legge tanto per il forestiero quanto per il nativo del paese; poiché io sono l’Eterno, l’Iddio vostro".
Nu 15,
16
“Vi sarà un solo statuto per tutta l'assemblea, per voi e per lo straniero che risiede con voi; sarà uno statuto perpetuo, per tutte le vostre generazioni; come siete voi, così sarà lo straniero davanti all'Eterno.
Ci sarà una stessa legge e uno stesso decreto per voi e per lo straniero che risiede con voi.”
Alla luce dei fatti accaduti durante il 13 aprile 1986 alle ore 17, cioè lo storico incontro fra il papa e il Rabbino Capo e il 27 ottobre, la riunione ecumenica fra tutte le grandi religioni occidentali ed orientali, è coerente chiudere questa disamina con quanto scrisse il profeta Zaccaria nel cap.8, v.20-23 (dalla B. di Gerusalemme):
<< 20Così dice il Signore degli eserciti: Anche popoli e abitanti di numerose città si raduneranno 21e si diranno l’un l’altro: “Su, andiamo a supplicare il Signore, a trovare il Signore degli eserciti. Anch’io voglio venire”. 22Così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a cercare il Signore degli eserciti e a supplicare il Signore.
23Così dice il Signore degli eserciti: In quei giorni, dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo del mantello e gli diranno: “Vogliamo venire con voi, perché abbiamo udito/compreso che Dio è con voi”>>.
Dt 10,18-19: ” che fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito. 19) Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto.
Dai versetti sopraelencati si nota con certezza come il ricorrente richiamo alla dolorosa esperienza dei figli d’Israele è chiara. Comunque appare quasi innaturale o illogico come questo popolo che ha sofferto in seguito a persecuzioni di vario genere di più popoli e in tempi diversi, riesca ancor oggi e con coraggio ad affermare codici, leggi, decreti e norme intrise di spirito cristiano. Infatti, nella bibbia cristiana è presente l’antico come il nuovo testamento, mentre la stessa cosa non è valida per la bibbia ebraica. A questo popolo è stato comandato dall’Altissimo di non assumere lo stesso atteggiamento che verso di lui e in modo bellicoso hanno adottato i suoi nemici, ma esattamente l’opposto. Da questo concetto storico è stato più semplice in seguito ricostruire l’importanza e quindi il valore al “sacrificio dell’Agnello”. Concezione ripresa più tardi dal cristianesimo il quale considera il figlio di Maria come l’immacolato.
L’aspetto dell’amore è un principio che ritorna spesso nel sacro testo della Torah o Pentateuco, anzi esso è la base della Legge Mosaica; quest’attributo, come lo definisce Dante Alighieri nel XXXIII Canto del Paradiso: “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, lo si ritrova anche nei testi profetici sia maggiori che minori. Dall’analisi dell’affermazione divina: “Io sono l’Eterno”, esso simboleggia la divina misericordia, espressione benevola dell’Altissimo soprattutto nei confronti dei deboli, dei poveri e dei perseguitati che vivono nell’umana società ai quali Egli provvede sempre. Alla luce di queste considerazioni è doveroso proseguire nelle citazioni di altri versetti del Pentateuco o Torah dove lo straniero è equiparato ad altri elementi fragili della società umana come la vedova, gli orfani, gli schiavi e il mercenario:
Lv 19,10: “e nella tua vigna non coglierai i raspoli, né raccoglierai i granelli caduti; li lascerai per il povero e per il forestiere. Io sono l’Eterno, l’Iddio
Lv 23,22:”Quando mieterete la raccolta della vostra terra, non mieterai fino all’ultimo canto il tuo campo, e non raccoglierai ciò che resta da spigolare della tua raccolta; lo lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono l’Eterno, l’Iddio vostro"
Dt 24,17-19:” 7 Non lederai il diritto dello straniero e dell'orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova, 18 ma ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore tuo Dio; perciò ti comando di fare questa cosa. 19) Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro delle tue mani.
Dt 24,14-15:” Non defrauderai il mercenario povero e bisognoso, sia egli uno de’ tuoi fratelli o uno degli stranieri che stanno nel tuo paese, entro le tue porte; 15) gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole; poiché egli è povero, e l’aspetta con impazienza; così egli non griderà contro di te all’Eterno, e tu non commetterai un peccato.
Dt 24,20-21:”Quando scoterai i tuoi ulivi, non starai a cercar le ulive rimaste sui rami; saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. 21) Quando vendemmierai la tua vigna, non starai a cogliere i raspoli ; saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova.
Dt 14,29:” e il Levita, che non ha parte né eredità con te, e lo straniero e l’orfano e la vedova che saranno entro le tue porte verranno, mangeranno e si sazieranno, affinché l’Eterno, il tuo Dio, ti benedica in ogni opera a cui porrai mano.
Nu 15,26:” Sarà PERDONATO a tutta la comunità degli Israeliti e allo straniero che soggiorna in mezzo a loro, perché tutto il popolo ha peccato per inavvertenza.
Anche l’atteggiamento verso gli schiavi si manifestava in modo atipico; infatti lo schiavo ebreo dopo il VI anno di schiavitù doveva essere rimesso in libertà dal suo padrone, senza bisogno di pagare alcun riscatto. E ciò poiché quello era un regime tutto particolare che si applicava solo nei confronti dello schiavo ebreo e quindi non costituiva una norma generale nei confronti di tutti gli altri schiavi.
E’ invece interessante evidenziare l’atteggiamento verso gli schiavi in generale come è chiaro nel seguente versetto del Dt 23,15:” (dalla Torah) Poiché il Signore Tuo Dio cammina in mezzo al tuo accampamento per salvarti, e per consegnarti i tuoi nemici, il suo campo dovrà essere come cosa sacra… v. 16) non consegnare al padrone uno schiavo che si è salvato presso di te fuggendo il proprio padrone. 17) Egli potrà risiedere in mezzo a te nel luogo che avrà scelto in una delle città che più gli piacerà; non dovrai perseguitarlo”.
I Maestri rilevarono l’esplicita volontà di conferire un piacevole soggiorno allo schiavo fuggiasco rendendogli un ambiente sereno allo scopo di fargli apprezzare la grandiosità del Dio Uno; questo atteggiamento del popolo ebraico era generato dal fatto che lo schiavo era in genere psicologicamente più debole del popolo straniero e quindi sarebbe andato incontro al panteismo con maggior facilità. Il Midrash Sifrì riporta: “
(lo schiavo) che rimarrà da te, abiterà con te nella stessa tua città – che non vada esule di città in città; che gli parrà meglio, che si accorga di passare da un posto malvagio ad un’oasi di bene; non lo molesterai perfino a parole”.
Sono queste le prescrizioni comportamentali da eseguire verso i deboli e gli indifesi, che, per essere tali si trovano in uno stato di notevole inferiorità rispetto ad altri esseri umani. Comunque, per avere un’idea ancor più vasta è bene leggere il contenuto del capitolo 19del Levitico dal v 13 al v.18: “[13]Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; il salario del bracciante al tuo servizio non resti la notte presso di te fino al mattino dopo. [14]Non disprezzerai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore. [15]Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero, né userai preferenze verso il potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia. [16]Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore. [17]Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui. [18]Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.”
Il comandamento dell’amore per il prossimo può lasciare perplessi o far riflettere poiché non è facile comprendere come si possa imporre un sentimento così delicato e personale come l’amore. Infatti l’origine profonda di questo sentimento ha le sue radici che nascono dalla parte più irrazionale dell’io, dove istinti, simpatie e antipatie giacciono nella parte inconscia più profonda. L’emozione non è soggetta a freni inibitori, quindi l’amara perché Dio vuole è qualche cosa che si allontana dalla manifestazione totale e completa dell’essere divino. E, se così fosse il significato del precetto di amare gli altri come te stesso, va considerato come un’esortazione affinché sia abolito l’odio dai rapporti interpersonali umani.
Il contenuto presente in Levitico 19,18 trascina verso a commozione il fedele nei suoi stati d’animo più profondi. Ma in realtà l’amore di cui si tratta è qualche cosa di utopistico. Infatti nessun essere umano, proprio perché essere umano, è ripieno solo di bene, di serenità e di giustizia; in poche parole, l’uomo non è solo e soltanto negativo, come neanche solamente positivo; (ricordare la Gn. 8,21 quando l’Altissimo dichiara che non maledirà più la terra a causa dell’uomo poiché il pensiero dell’uomo tende al male fin dalla fanciullezza).
L’Amore di cui parla la Torah è qualche cosa di estremamente pratico e si deve tradurre in azione, quindi norma di comportamento ed è in questo senso che assume valore reale il biblico concetto così commentato dai Maestri.
Ai tempi di Erode il Grande, verso la fine del 100 d.C. una prima interpretazione che riguarda questa norma ci è stata tramandata dal Rabbi detto Hillel il Vecchio. Il Maestro a una proselita che gli domandò come avrebbe potuto apprendere tutta la Legge stando su un piede solo, rispose: <<Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te>>. Questa è tutta la Legge. Tutto il resto è commento.. Va e studia” (Talmud Bab.,31,a)
Il precetto dell’amare il prossimo quanto se stessi, si avvicina alla norma usata dal diritto umano, e ciò poiché esso determina il confine affinché l’uomo non conferisca danni di alcun genere al suo prossimo.
Il motivo della differenziazione fra i due diritti: quello teologico-biblico e quello adoperato nei tribunali consiste che, mentre nel primo si tende a raggiungere l’Etica Massima, nel secondo tipo di diritto “Umano” si avvicina e si realizza o meglio si dovrebbe realizzare le Minimo dell’Etica”. Un altro grande Maestro: Rabbi Akibà, a proposito di quanto espresso circa l’amore per il prossimo, pur ribattendo quanto asserì Hillel il Vecchio, specifica e chiama “Grande Regola della Legge” (Talmud Ger. Nedarim, 89,4) il riuscire ad amare gli altri come te stesso.
Salmo 113 'A' cantato in ebraico: http://www.aecroma.it/salmo114.html
1 Quando Israele uscì dall’Egitto,
la casa di Giacobbe da un popolo barbaro,
2 Giuda divenne il suo santuario,
Israele il suo dominio.
3 Il mare vide e si ritrasse,
il Giordano si volse indietro,
4 le montagne saltellarono come arieti,
le colline come agnelli di un gregge.
5 Che hai tu, mare, per fuggire,
e tu, Giordano, per volgerti indietro?
6 Perché voi, montagne, saltellate come arieti
e voi, colline, come agnelli di un gregge?
7 Trema, o terra, davanti al Signore,
davanti al Dio di Giacobbe,
8 che muta la rupe in un lago,
la roccia in sorgenti d’acqua.
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Alessandro D’Angelo (Roma)
Vi invito ad aprire il link
https://sites.google.com/site/alioscias/teologie/vendetta-e-perdono-e-legge-universale che tratta della vendetta e del Perdono alla Luce della Legge Universale