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Le riflessioni di Neechin: L'evoluzione grafica dei personaggi
La recente discussione riguardante l’animazione dello speciale OAV celebrativo del 2008 “Un Incubo! Shunminko”, con la sua evidente diversità di resa dei personaggi, mi ha ispirata a tal punto che ho deciso di realizzare uno schemino per voi. Perché alla fine, come ci aspettavamo o forse no, se da un lato qualcuno ha apprezzato la “modernità” proposta da Atsuko Nakajima, storica character designer di Ranma, definendo i personaggi (oltre che belli) somiglianti, d’altro canto c’è invece chi (diciamo pure la stragrande maggioranza) ha espresso il suo disappunto circa questo cambiamento, difendendo a spada tratta il “vecchio stile” definito “disegno classico” che, ci tengo a ricordare, è per lo più farina del sacco della stessa Nakajima.
Si è detto per esempio che Ranma nell’OAV incriminato perde tutto il suo fascino e che, ancora, i personaggi in generale sono così longilinei da farli sembrare più maturi, che eravate abituati a vederli più in carne. A tal proposito ricordo una puntata Discord dove si parlava appunto della perdita di muscolatura di Ranma, fondamentale per un artista marziale! Su quest’ultimo punto mi trovo parzialmente d’accordo, così come sulla faccenda “colori” o “illuminazione” eccessiva, avanzata da altri.
È stato anche detto che sì, non sono poi male ma o per una questione affettiva o per abitudine nel vederli sempre in un certo modo, no, sono meglio i disegni vecchio stile.
E allora, dopo la domanda che abbiamo posto qualche giorno fa attraverso la condivisione della fanart della bravissima KOPAKO, che appunto rimanda a quello stile “inusuale”, io rilancio con un’altra domanda… la mia provocazione personale: siamo sicuri che sia corretto generalizzare i 161 episodi definendoli come “disegno classico” quando nello stesso anime gli animatori sono stati tra i più disparati, ognuno con un proprio tratto caratteristico? Non sarebbe quindi più giusto parlare di varie fasi e/o evoluzione di stile?!
Certamente il gusto personale gioca un ruolo fondamentale, direi decisivo se ci si limita semplicemente a preferire un tipo di disegno ad un altro; ma se lo stesso artista propone nel corso del tempo diversi stili di disegno, come nel caso sopra citato, allora forse a mio avviso vale la pena rifletterci un po' di più. Per esempio prendere in esame la longevità della serie e la lunghezza della storia, così come probabilmente la maturità raggiunta dall’esperienza di chi ci lavora e soprattutto le influenze e contaminazioni con altre opere. Diventa tutto molto più semplice se consideriamo, e qui arrivo al punto, un dato sottovalutato ma a mio parere molto importante: e cioè che la stessa Takahashi ha più volte cambiato stile in corso d’opera. (E se lo fa lei, perché sorprenderci se lo fanno gli animatori che lavorano alle sue opere?!). Questo punto si amplia addirittura, se mettiamo in modo generico a confronto i disegni da Maison Ikkoku fino al recentissimo Mao.
Ecco quindi perché ho realizzato questo collage d’immagini prese dal manga. Lo si può guardare come se fosse un semplice riassunto stilistico dove propongo tre personaggi principali in differenti momenti della storia: inizio, prima metà, fine. E (sorpresa delle sorprese) troviamo uno stile molto curato nella prima colonna, personaggi più in carne dal tratto morbido quasi puccioso nella seconda e infine uno stile più evoluto dove i personaggi più longilinei sembrano diventare più adulti, conservando in parte quel tratto morbido che diminuisce a scapito di uno leggermente più spigoloso. Mi ricorda qualcosa… ah sì! Ad eccezione di qualche episodio meno curato (diciamolo), troviamo uno stile ben definito nei primissimi episodi, uno stile più eclettico rispetto al primo ma comunque più evoluto con personaggi più bellocci (passatemi il termine) verso la metà, per arrivare all’apoteosi verso la fine e soprattutto con gli OAV, dove lo stile si fa più adulto e meno fanciullesco.
Tutto ciò per dire che anche (anzi: soprattutto) il manga ci offre una vasta gamma di stili (ho in effetti omesso volontariamente le varie sfumature tra una fase e l’altra per non annoiarvi ulteriormente) e forse, proprio di conseguenza, ritroviamo una simile evoluzione dei disegni anche nella trasposizione animata. Come nel caso dell’OAV del 2008, che in quanto a stile non è poi così tanto diverso da quello di fine manga.
Se è vero infatti che questo prodotto celebrativo mostra diverse pecche di natura tecnica, ignorandole per un attimo e soffermandoci invece unicamente sul chara della Nakajima, possiamo ad esempio osservare la resa più matura dei personaggi, che a mio avviso è corretta considerando che assistiamo ad un analogo sviluppo anche nei disegni della sensei. Infatti la nostra cara Rumiko, benché apparentemente non abbia mai badato allo scorrere del tempo (si pensi a Akane e Ranma stabilmente in prima superiore), tuttavia un po’ per volta (e, mi piace anche pensare, inconsciamente) li ha resi più adulti e meno adolescenti a fine storia, com’è giusto che sia.
Per quanto concerne l’illuminazione troppo forte, beh forse è vero ma… li avete visti gli anime usciti di recente?! In questo caso il problema non è tanto l’illuminazione molto accentuata quanto i contorni fin troppo sfumati. Un abisso colossale rispetto ai primi episodi, certo, ma anche rispetto alla maggior parte delle animazioni in circolazione. E ancora, anche se io per prima sbavo sui muscoli di Ranma esposti per lo più negli altri OAV, ammetto che in gran parte del manga tutta questa prestanza non c’è, o almeno non è così accentuata. In effetti tutto ciò si riduce per ovvie ragioni a quelle poche scene di cui la Taka è stata fin troppo avara (per i miei gusti ahahahah).
Sì, direi che la discussione mi ha proprio ispirata… avrei ancora molto altro da aggiungere; ma per non annoiarvi (e soprattutto per non ricevere pomodori virtuali in faccia) terminerò dicendo che mi sono convinta ancor più che si dovrebbe prendere maggiormente in considerazione la visione generale, senza tralasciare quella parte fondamentale che in questo caso è rappresentata dal contributo del manga. Alla fine è quella la base da cui partire, o no?!
Perciò tenendo presente questo e tutti gli altri elementi e non basando tutto solo sulla visione affettiva o abitudinaria dell’anime, che mi rendo conto essere più diffusa rispetto alla lettura, vi sentite comunque di dare la stessa risposta alla nostra domanda di qualche giorno fa (“cosa ne pensate dello stile moderno del 2008”)? O anche la stessa risposta, ma con argomentazioni diverse?
Per quanto mi riguarda, dopo tutta questa riflessione mi sento quasi in difficoltà a dare una risposta ben precisa. Ciò perché, nonostante nutra un amore viscerale verso Ranma 1/2 in generale, in qualsiasi forma e variante (e come è stato scritto, il legame coi primissimi episodi è forte e quasi naturale), ho tuttavia pian piano preso consapevolezza del fatto che non esiste uno “stile Ranma” vero e proprio. Ce ne sono almeno tre o quattro nel manga e sono ancora più numerosi nell’anime storico, che si dipana nel corso di quasi otto anni. Da parte mia posso semplicemente dire che in ognuno di questi stili trovo elementi di gradimento più o meno incisivi rispetto agli altri. Per questo trovo apprezzabile lo stile più “moderno”. Preferisco ad ogni modo i personaggi adulti della Taka ai ragazzini delle prime pagine e quelli dei primi 11 OAV a quelli della prima metà degli episodi.
...Bisognerebbe però fare la stessa domanda alla Neechin adolescente di oltre 20 anni fa!! (faccina con gocciolina)
Autrice: Neechin
Prima pubblicazione: 3 settembre 2020
Vietata la riproduzione, anche parziale, del testo