Apparato stroboscopico
apparato per l'osservazione di moti periodici
Numero di inventario:
Costruttore: Marelli (?), Milano
Data di costruzione: inizio XX sec.
Materiali e componenti: ghisa, ottone, rame
Dimensioni: (motore) 16 x 20 x 30 cm, (disco di diametro 35 cm)
Prezzo:
Descrizione e caratteristiche fisiche
L'apparato è costituito da un motore elettrico a spazzole e un disco di ottone con fenditure laterali. Il disco ha un diametro di 35 cm e spessore 1.2 mm. Su di esso sono praticate 4 fessure equispaziate poste a 90° l’una dall’altra. Le fessure sono larghe 15 mm e profonde 50 mm. Su uno dei lati del disco sono ancora presenti frammenti dell'antica etichetta della “Regia Università degli studi di Palermo”.
Il motore in ghisa è costituito da una base circolare organizzata su tre distinti ordini. Quello inferiore è munito di tre piedini cilindrici forati al centro e una linguetta che aziona un interruttore a leva a quattro posizioni. Due fili elettrici telati di alimentazione fuoriescono lateralmente. Una fascia dorata di forma circolare, di spessore sottile, decora la superficie della base ed introduce al secondo ordine, che dal punto di visto decorativo è il più significativo. Qui, una fascia di elementi fitomorfi, che ricordano principalmente la sagoma di una foglia con altre due di dimensione minore poste nella parte inferiore, percorre l'intero perimetro secondo nove moduli ripetitivi. Il contorno di ciascun elemento, inciso rispetto al resto della superficie, è definito dall'applicazione di una sottile fascia dorata (probabilmente realizzata in argento meccato). Il terzo ordine infine è costituito da una superficie circolare di diametro minore, anche essa decorata con una striscia dorata, da cui si innesta il supporto verticale che collega la base con il corpo centrale del motore. Questo ultimo, di forma ovale, è realizzato dall'assemblaggio di due parti contenenti le bobine del motore. Le due superfici sono rispettivamente decorate da otto fori con bordo dorato, la cui forma richiama quella di otto petali che si articolano secondo una disposizione circolare, attorno a due sporgenze di forma quadrata sulle cui rispettive superfici, sono state applicate, con quattro viti posizionate agli angoli, due targhette in acciaio cromato, riportante l'una il valore della tensione di alimentazione del motore (150 V) e l'altra il numero di serie (N° 1055). Al centro di questa ultima si trova l'asse del motore, che nella parte terminale presenta un foro probabilmente necessario per innestare la puleggia. Due serrafili sono posti rispettivamente nella parte superiore ed inferiore della faccia opposta. Dal primo fuoriesce un filo elettrico telato per l’alimentazione che, rientrando nella parte interna del motore attraverso uno dei fori, si ricollega probabilmente alle spazzole delle bobine interne. Le due facce sono assemblate tra loro tramite un sistema di viti: cinque viti sono posizionate su una e altre due sulla restante. Inoltre l'intera zona di contatto è delineata da una fascia sopraelevata decorata anche essa con una sottile striscia dorata. Considerate la caratteristiche stilistiche, il ventilatore potrebbe essere attribuito alla casa produttrice Marelli. Ma viste le peculiarità dell'apparato decorativo si fa riferimento ad una probabile produzione locale. (Interessante sarebbe approfondirne le tecniche di realizzazione.)
Notizie storiche e uso dello strumento
L’apparato stroboscopico è stato ideato per osservare agevolmente moti periodici. Consideriamo un moto periodico lungo l’asse x. Sia T il periodo del moto periodico di un oggetto; se illuminiamo l'oggetto a a intervalli di tempo regolari, separati da un tempo T, allora la posizione apparente della particella non subirebbe alcuna variazione ed essa apparirebbe come se fosse ferma. Sincronizzando la frequenza di illuminazione con quella dell'oggetto, in modo che l'oggetto appaia fermo, è possibile misurare la frequenza di oscillazione.
Storicamente, una prima descrizione dell’effetto stroboscopico venne data nel 1829 dal fisico belga Joseph Antoine Ferdinand Plateau (1801 - 1883). Lo stroboscopio meccanico venne in seguito usato in vari campi della scienza, tra questi la medicina per studiare le vibrazioni della laringe, e in particolare nello studio dei fenomeni ondulatori (vibrazioni di corde, oscillazioni sonore). Ad esempio, Blaserna ne “La teoria del suono nei suoi rapporti colla musica” descrive l’utilizzo di un apparato analogo a questo per studiare le vibrazioni di una corda tesa.
Un disco stroboscopico è collegato tramite un sistema di leve e pulegge ad un peso P, che cadendo fornisce l’energia cinetica al disco. La rotazione del disco permette il passaggio della luce attraverso le fessure, cosicché l’effetto risultante è la presenza di una sorgente luminosa con un caratteristico profilo quadro di intensità, di frequenza proporzionale a quella di rotazione del disco dove il coefficiente di proporzionalità è il numero di fenditure. La luce illumina una corda vibrante in A, posta nel fuoco della lente L che ne proietta l’immagine a grande distanza, su uno schermo. Questo sistema permette lo studio dei modi normali di vibrazione di una corda in maniera semplice e immediata.
L’evoluzione naturale dello strumento ha portato, nel corso del tempo, a un diverso mezzo motrice: da manovelle manuali a sistemi di leve e pesi, fino al motore elettrico di cui è composto tale apparato. Oggi gli stroboscopi utilizzano circuiti elettrici con cui è la sorgente luminosa che, a priori, si accende e spegne con una frequenza caratteristica.
Molto probabilmente, il disco è stato realizzato n una fase precedente e riadattato successivamente per effettuare nuovi esperimenti. Infatti, motori di questo tipo venivano utilizzati spesso per eseguire esperimenti didattici.
Interventi
Rimozione del deposito superficiale tramite uso di pennellesse a setola morbida.
Rimozione meccanica di incrostazioni e strati di ossidazioni tramite uso di bisturi.
Trattamento delle parti ossidate con soluzione di acido tannico in alcool applicato localmente a pennello.
Pulitura delle decorazioni, che inizialmente mostravano solo tracce di doratura, con apposita “emulsione grassa” (realizzata con acqua deionizzata, ligroina e tensioattivo in opportune percentuali) applicata a tampone e rimozione dei residui con apposito solvente.
Pulitura superficiale localizzata a impacco; in alcune parti della superficie è stata riscontrata la presenza di uno strato abbastanza consistente di grasso, probabilmente applicato ripetutamente per lubrificare le parti interne del motore. In questo caso l’uso dell’apposito solvente o emulsione tramite impacco di polpa di carta, supportato da un foglio di carta giapponese per agevolare la successiva rimozione, ha facilitato la solubilizzazione di tale sostanza, potendo garantire un tempo di contatto e di azione maggiore.
A pulitura ultimata, è stato effettuato un intervento pittorico tramite velature sottotono con acquarello nelle zone lacunose per restituire unità di lettura alla superficie.
Stesura finale di cera microcristallina protettiva (Reswax), sciolta a caldo in White Spirit al 3% e applicata a pennello.
Bibliografia & sitografia
Blaserna P. (1875). La teoria del suono nei suoi rapporti colla musica, Fratelli Dumolard, Milano
Perucca E. (1932). Fisica Generale e Sperimentale. Meccanica e calore, Vol. I, UTET Torino, pp. 91-92
Fondazione ISEC, Marelli-Mostra-Archivio: www.fondazioneisec.it/marelli/marelli.htm
WikipediA: Joseph Plateau, it.wikipedia.org/wiki/Joseph_Plateau