geologia della valle del sessera

La complessa struttura geologica della Valle del Sessera merita, sicuramente, di essere quanto meno riassunta in questa illuminante descrizione di Marco R. del Gruppo Grotte Novara, rimandando alla bibliografia per chi volesse approfondire l'argomento.

La Val Sessera, la più importante tributaria di destra della Valsesia, si sviluppa tortuosa per oltre 30 km da Ovest verso Est, dalla Cima di Bo (m 2556) alla Sesia, cui conferisce le sue acque tra Serravalle e Borgosesia, poco dopo aver ricevuto, da sinistra, quelle dello Strona di Postua, il suo principale affluente e uno dei molti torrenti che in questo angolo di Piemonte portano il nome di Strona. È una valle ricca di emergenze naturalistiche (Vanzi et al., 1989) e, nella parte superiore a monte di Coggiola, è pressoché disabitata tanto che si dice che costituisca una delle aree disabitate più vaste dell’Italia settentrionale. Il restante della valle, invece, è costellato di paesi (Coggiola, Pray, Crevacuore) dove la ricchezza d’acqua ha fatto sì che si insediassero alcuni stabilimenti di quell’industria tessile biellese che ha rappresentato una delle primissime esperienze industriali italiane.

Dal punto di vista geologico la valle è divisa in due parti dalla cosiddetta Linea Insubrica, o Linea del Canavese, che la attraversa circa a metà, tra il Bocchetto Sessera e la Bocchetta della Boscarola. La Linea Insubrica costituisce il settore più occidentale della maggiore discontinuità geologica delle Alpi che si sviluppa per circa 1000 chilometri da Ovest verso Est, dal Canavese alle Alpi Carniche. Nel quadro del modello della tettonica a zolle, questa linea, nel suo insieme, marca il confine tra due delle placche in cui è suddivisa la crosta terrestre: a Nord la grande placca Euroasiatica, a Sud la piccola placca Adriatica (o Apula) che comprende il mar Ionio settentrionale, il mare Adriatico e i settori settentrionale e orientale della penisola italiana. La placca Adriatica si è separata da quella africana durante il Cretacico ed è poi entrata in collisione con la placca euroasiatica esercitandovi una compressione che ha portato alla formazione delle catene delle Alpi e degli Appennini e ha provocato i fenomeni vulcanici dell'Italia meridionale e del Tirreno.

A monte della Linea Insubrica prevalgono le rocce metamorfiche della Zona Sesia-Lanzo, in particolare gneiss e micascisti che costituiscono, ad esempio, la Cima di Bo, la Punta del Manzo, il Monte Bo di Valsesia, la Cima d’Ometto e la Cima dell’Asnas. Tuttavia, sulla Cima del Bonom e intorno ad essa, affiorano anche rocce intrusive o plutoniche che si sono formate da magmi raffreddatisi e solidificatisi in profondità, prima di raggiungere la superficie terrestre, e che sono state poi portate alla luce da eventi geologici successivi. Questo affioramento, molto studiato, è noto come Plutone della Valle del Cervo e ha una forma grossolanamente ellittica con l’asse maggiore che si estende per ca. 10 km in direzione SW-NE tra Oropa e, appunto, l’alta Val Sessera. Le rocce che lo compongono sono graniti (che ne compongono il nucleo centrale), sieniti (nella zona intermedia) e monzoniti (che ne formano la periferia). La messa in posto del plutone ha avuto luogo nell’era terziaria, 30-40 milioni di anni fa, nelle fasi tardive della formazione della catena delle Alpi.

A valle della Linea Insubrica si trovano invece le rocce della Zona Ivrea-Verbano che costituisce la più classica ed estesa sezione di crosta terrestre profonda oggi visibile nelle Alpi. In origine, infatti, le sue rocce erano situate in prossimità della transizione fra crosta e mantello (l’involucro di rocce pesanti che giace sotto la crosta terrestre) e solo successivamente sono scorse sopra terreni di più bassa densità. A sua volta, la Zona Ivrea-Verbano si compone di due sottounità: il Corpo Ultrabasico di Ivrea e la Formazione Kinzigitica. Il Corpo Ultrabasico di Ivrea occupa una fascia immediatamente a ridosso (a Sud–Est) della linea Insubrica ed è la porzione più profonda della Zona Ivrea-Verbano al punto che include (ma non in Val Sessera) anche alcuni lembi di rocce del mantello. In valle affiorano invece gabbri e dioriti che costituiscono, ad esempio, la Rocca d’Argimonia, la Cima di Foggia e il Monte Barone con tutte le cime che lo circondano (Punta delle Camosce, Punta Pissavacca, Monte Gemevola o Cornebecco, Badile, Castello di Gavala, Luvot). A Sud-Est del Corpo Ultrabasico si sviluppa la Formazione Kinzigitica costituita da un’alternanza di rocce diverse, in gran parte derivanti dal metamorfismo di sedimenti che, secondo alcuni studiosi, si sarebbero depositati tra 700 e 480 milioni di anni fa. Le principali rocce presenti sono gli gneiss biotitico-sillimanitici, o kinzigiti, che includono qualche piccolo affioramento di calcefiri. Lo strano nome di kinzigiti deriva dalla località dove queste rocce furono studiate per la prima volta: la valle del Kinzig, un modesto torrente tedesco che, dalla Foresta Nera, scende verso il Reno. In valle gli affioramenti riconducibili alla Formazione Kinzigitica sono tutto sommato poco estesi, limitati al medio corso del torrente Strona, da Roncole a Postua, e alla sovrastante sommità del Monte Tovo.

Ancora più a valle, nell’ultima parte del suo corso, subito prima di confluire nella Sesia, il torrente Sessera segna poi il limite settentrionale di alcuni affioramenti di porfidi che, per il loro colore rossastro, sono noti come Colline (o Rive) Rosse.


Bibliografia

Boscardin M., Gardinali E. e Mattioli V. (1978): Axinite dell'alta Val Sèssera (Vercelli). Rivista Mineralogica Italiana, Milano: 9(3): 58-65 (non consultato).

Cella G.D., Covelli P. e Ricci M. (2004): Inquadramento geologico. In Cella G.D. e Ricci M., Le grotte delle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola. Parte 1. Le formazioni a Sud della Linea Insubrica, Torino, pp. 12-15.

Cella G.D. e Ricci M. (2019): La Grotta di Tassere (2630 Pi/BI). Labirinti, Bollettino Gruppo Grotte CAI Novara, 38, 6-15.

Comello D. e Sella R. (1980): Grotta di Tassere. Orso Speleo Biellese. Boll. G.S. Biellese CAI, 8: 17-20.

Vanzi R., Motta R. e Pascutto T. (1989): Un parco per l’alta Val Sessera. WWF Italia, Delegazione Piemonte e Comitato Parchi Nazionali e Riserve Analoghe.