46Nacque poi una discussione tra loro, chi di loro fosse più grande. 47Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino 48e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». 49Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». 50Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».
Il tema Dio è il più grande perché si fa il più piccolo. Così noi, se vogliamo essere suoi discepoli. E occorre smetterla di combattersi gli uni gli altri nel Suo Nome perché è una contro testimonianza grave: la Chiesa è Una per la capacità di includere e accogliere tutti non perché li schiaccia.
Con questo testo si chiude la seconda parte del vangelo di Luca in cui si è sviluppato il tema "Chi è Gesù". Qui vediamo ancora una volta come i discepoli non abbiano lo "Spirito di Gesù", come vi sia contrasto fra la "grandezza secondo Dio" e la "grandezza secondo l'uomo", come siano diversi i concetti di comunità (la Chiesa dunque) secondo noi rispetto al pensiero secondo Dio.
I primi tre versetti affrontano il problema dei rapporti all'interno della comunità e valgono per ogni tipo di comunità, a partire da quella famigliare. Ciascuno vuole essere più grande degli altri e pone il proprio io, la propria soddisfazione, le proprie idee, al centro di tutto. Di conseguenza si litiga. Qoèlet 4,4 osserva: ogni fatica e ogni successo ottenuto non sono che invidia dell'uno verso l'altro.
Però se nella comunità escludiamo il più piccolo allora escludiamo Gesù, escludiamo Dio perché lui si è fatto il più piccolo di tutti.
Nel brano parallelo di Marco 9,33-40 questa scena avviene a Cafarnao nella casa di Pietro, casa che è simbolo della Chiesa. Ma questa discussione si può applicare ad ogni tempo e luogo, è una questione mai definitivamente risolta.
L'uomo vuole essere grande. Ma dovrebbe sapere che è già grande: è figlio di Dio. Però vuole essere "più grande" e in sé questa è una scintilla divina, è la tensione verso una maggiore perfezione. Questa scena si ripete in Luca 18,15-17, alla fine della catechesi particolare che Gesù fa ai discepoli, dove ripeterà loro la stessa motivazione: a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. Infine la discussione ritornerà nell'ultima cena (Luca 22,24-27) quando i discepoli litigano su chi avrà il ruolo più importante proprio mentre Gesù si avvia alla passione. Gesù spiegherà nuovamente, con le parole e subito dopo con i fatti, come si fa a essere "il più grande": facendosi colui che serve, il più piccolo di tutti agli occhi del mondo.
Dio è "il più grande" non perché tiene in suo potere tutto l'universo ma perché si è fatto servo di tutti. Dio è amore e l'amore non vuole prevalere sull'altro (cfr. Inno alla Carità in 1Corinzi 13), è umile, è servitore (Marco 10,45: il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti).
Non sono le nostre buone qualità a renderci simili a Dio. Sono invece i nostri limiti, se accolti e compresi, che ci rendono simili a Dio. La coscienza del proprio limite ci fa infatti accoglienti verso gli altri e permette la vita comune in cui ci si perdona a vicenda. La coscienza delle differenze ci fa accoglienti verso gli altri. Nella cultura del tempo il bambino è l'essere senza diritti e doveri per eccellenza. Il bambino è nulla: è una appendice della madre che a sua volta è una appendice del marito. Nella nostra cultura occidentale oggi stiamo regredendo: i bambini sono considerati proprietà degli adulti o dello stato.
La qualità principale del bambino è "essere di qualcuno", dipendere totalmente da altri. Gesù fa convergere sul bambino l'attenzione e poi si identifica con lui: Gesù infatti si è rimesso totalmente alla nostra volontà. Gesù capovolge completamente la nostra scala di valori, sia tra le persone, sia nella relazione con Dio: Dio è il più piccolo. Dio, che è il sommo amore, si fa nulla e lascia tutto lo spazio a noi.
Se ci pensiamo bene la nostra essenza più profonda è essere bambini cioè creature che tutto hanno ricevuto. Esistiamo solo in quanto siamo amati e siamo figli. Essere limitati non è la nostra negazione ma la nostra realizzazione, il luogo in cui riceviamo tutto. Chi accoglie gli altri si fa piccolo e dà loro spazio. Accogliendo il bambino accogliamo Gesù (fratello) e Dio (padre) e dunque ci realizziamo come figli. S. Francesco d'Assisi aveva ben colto questo aspetto quando diede il nome di "minori" al suo gruppo di confratelli.
Feto di otto settimane: Nella nostra cultura occidentale i bambini sono oggi considerati proprietà degli adulti o dello stato.
Gli altri due versetti riguardano i nostri rapporti con quelli che non sono insieme con noi. Se ci riteniamo investiti di maggior diritto e poniamo il nostro noi al centro di tutto allora litighiamo con tutti gli altri. Giovanni, nel gruppo dei discepoli, era il più giovane e rappresentava l'aspetto meno istituzionale. Era dunque lui per primo a essere vissuto come elemento di disturbo nel gruppo dei discepoli. Forse la discussione sul "più grande" ha anche in Giovanni una possibile origine. Ed è proprio Giovanni a inserirsi nella discussione per evidenziare il problema del rapporto fra la comunità e "il resto del mondo".
Vedere il centro in "noi" anziché in "Lui" è l'origine di tutte le divisioni passate e presenti nel cristianesimo, divisioni che hanno effetti a dir poco disastrosi per il Regno di Dio. Dio ha fatto gli uomini tutti diversi gli uni dagli altri perché la coscienza delle differenze fosse fonte di solidarietà e di figliolanza. Se invece pretendiamo che persone diverse da noi usino la nostra lingua, i nostri costumi, i nostri canti, i nostri cibi, le nostre categorie culturali, in una parola la nostra versione del cristianesimo, allora siamo idolatri: non adoriamo Dio ma noi stessi e pretendiamo che gli altri facciano altrettanto.
Nella Chiesa, anzi: nelle chiese, vi sono tante, troppe, tendenze settarie. Ed è un pessimo esempio che si dà quando i singoli si alleano in gruppi per combattere degli altri. Invece di Cristo, al centro si mette il "noi", il gruppo, la possibilità di prevalere sugli altri. Nessuno e nessun gruppo può considerarsi esente da questo peccato. La Chiesa è una non perché tenta di soppiantare ogni altra entità ma perché contiene e accoglie ogni diversità e non pretende di omologare tutti in un solo modello. La forza del cristianesimo è la sua capacità di adattarsi a modelli culturali estranei al bacino mediterraneo in cui si è espanso inizialmente. L'unica tradizione che noi dobbiamo assolutamente difendere è che Gesù si è consegnato (è stato "tradito") nelle mani di noi uomini. Il resto ha importanza relativa e occorre controllare che non diventi di ostacolo. Questo episodio evangelico ci mette in guardia dal chiuderci in ghetti e sta alla base di tutte le iniziative di dialogo della Chiesa nei riguardi degli altri cristiani, degli altri credenti, di tutti.
Basilica della Natività, Betlemme, Natale 2011: rissa per invasione di campo fra armeni e greco-ortodossi. Il video di questo "spettacolo" vergognoso fu diffuso dai servizi giornalistici in tutto il mondo.
Più avanti nel vangelo Gesù dirà "Chi non è con me è contro di me" (Luca 11,23). Certamente chi non è con Gesù è contro Gesù, è contro il figlio dell'Uomo che si è fatto ultimo di tutti. E dobbiamo applicare questo esame prima di tutto a noi stessi: siamo con Gesù, cioè con i piccoli e gli esclusi, o siamo per noi stessi? Consideriamo allora che chi non è contro di noi allora è per noi (Luca 9,50). Gesù pregherà nell'ultima cena espressamente perché non vi siano opposizioni e divisioni: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me (Giovanni 17,21-23).