7Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10Invece quando sei invitato, và a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
12Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Il tema Lo stile di Dio è farsi ultimo e invitare gli ultimi ossia noi il giorno che capiremo di essere anche noi ultimi e cominceremo a comportarci allo stesso modo.
La vita, in un certo senso, è una questione di stile: tutti facciamo più o meno le stesse cose ma tutto dipende dallo stile con cui le facciamo. In questo brano vedremo lo stile di Dio e lo stile dei farisei ossia lo stile di chi si ritiene giusto senza bisogno di perdono.
Gli invitati a queste nozze rappresentano un po' il brutto spettacolo che dà il mondo in ogni tempo e in ogni luogo: ognuno sgomita per avere il posto migliore possibile e cerca di relazionarsi solo con chi può procurargli dei vantaggi. Questo accade perché si vive del riconoscimento altrui, ci sembra di non esistere se nessuno si accorge di noi. Oggi con la tecnologia (la televisione, i social network) questa esigenza è divenuta esasperata: consideriamo vitale che tutti sappiano che noi esistiamo, che cosa facciamo, cosa pensiamo, le nostre emozioni... è c'è chi fa i soldi (se non peggio), sfruttando questo smodato desiderio di mettersi in mostra. Essendo creati ad immagine di Dio, qualsiasi traguardo raggiungiamo, siamo convinti che Dio (o la Natura e l'Universo, se non siamo credenti) siano di più; la nostra è una sorta di invidia di Dio. Tutto il male che si compie nel mondo deriva, in fondo, da questo desiderio di avere di più: il mondo è organizzato sulla brama di avere, di apparire e di potere. Essendo limitati e mortali, anche quando riusciamo a sopraffare tutti, la nostra supremazia non dura e ogni dittatore diventa la vittima designata di colui che lo ucciderà per sostituirlo (1Giovanni 2,16 [1]).
Vogliamo avere di più perché non conosciamo la nostra vera gloria. La nostra vera gloria è che siamo figli di Dio e la gloria di Dio non è possedere tutto ma dare tutto. Siamo portati fuori strada anche da certa catechesi spicciola che ripete, senza chiarire il senso, che Dio è onnipotente, onnisciente, infinito eccetera. Dio non è di più perché *ha* tutto bensì perché dà tutto.
Gesù usa la metafora delle nozze perché richiamano la celebrazione dell'amore cioè quel tipo di relazione in cui ognuno si pone come servitore, in cui non dovrebbe esserci interesse. Purtroppo, come accade in molte cerimonie ufficiali, l'invito a nozze in realtà è l'occasione per una gara ad avere, apparire, possedere.
Gesù dà una indicazione che, ad un primo livello, è semplice buon senso: se ti metti al primo posto poi, quando arriva un invitato più ragguardevole, devi andare a occupare l'ultimo posto perché, ormai, i posti intermedi sono già tutti occupati. Il fallimento della "furbizia" porta alla vergogna che non è senso del peccato ossia la coscienza di avere sbagliato: è solo l'imbarazzo per non essere stati abbastanza furbi, un po' come avviene, sempre da parte dei farisei, in Luca 13,15-17. La vergogna comunque contraddistingue culture con un forte senso dell'onore e oggi, in occidente, questo modo di intendere la vita è sempre meno diffuso. Vivere nella vergogna significa condurre una vita infelice: Luca è piuttosto sensibile a questo tema, e la parola vergogna compare cinque volte nel suo vangelo [2].
Perché, potremmo dire, dovremmo andare a metterci all'ultimo posto, a parte questioni di convenienza? la risposta è: perché questo è quello che fa Dio con noi. Infatti nella seconda parte della parabola, il banchetto è una metafora della vita, cui tutti sono invitati da Dio, il quale cerca gli ultimi e si mette con gli ultimi. Perché tutti siamo ultimi, se ci pensiamo e dunque questo è l'unico modo per stare con l'Uomo. Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti (Matteo 20,28). San Paolo ricorda lo stesso concetto in un passo famoso:
Cristo Gesù pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo... Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché... ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. (Filippesi 2,5-11)
Chi deve cedere il posto non viene nemmeno nominato, non ha nome, mentre chi viene invitato a passare più avanti è chiamato amico: chi serve è l'amico di Dio perché fa come fa Dio. Umiltà è la verità dell'uomo perché "humus" è il nome dell'uomo: non si tratta dunque di deprezzarsi ma di comprendere dove stia la vera gloria. Dio sta tra noi come colui che serve.
L'indicazione che dà Gesù di invitare gli ultimi non intende proibire di invitare parenti e amici [3]: Gesù punta il dito sull'uso dell'invito a fini di interesse, per creare e mantenere legami di potere. Invitare qualcuno a mangiare è, presso tutti i popoli, espressione di fraternità: se lo si fa per secondi fini l'amore diventa mercimonio perché la vera amicizia non può che essere gratuita. Purtroppo molte relazioni umane, anche nelle famiglie, assumono la connotazione del ricatto affettivo. A volte, anche senza accorgercene, pratichiamo un amore così possessivo che lo distruggiamo. Il test che ci permette di misurare la nostra capacità di amare gratuitamente è la nostra capacità di rivolgerlo a coloro che non hanno da contraccambiarci o che per carattere o stato sociale non sono "amabili".
Gesù introduce qui una nuova beatitudine: è beato chi invita poveri, storpi, zoppi, ciechi perché questo è accogliere Dio: Dio infatti si è fatto ultimo di tutti. E i poveri saranno sempre con noi (Matteo 26,11) esattamente come Gesù ci ha detto che sarà sempre con noi (Matteo 28,19-20). Storpi, zoppi e ciechi erano esclusi dal culto del Tempio ossia secondo la Legge erano esclusi dal contatto con Dio: Gesù invece annuncia, come già nelle beatitudini, che essi sono invece i primi invitati al banchetto di Dio.
Il banchetto è anche figura dell'Eucarestia. San Paolo usa parole di fuoco per coloro che, lasciando intatta la forma del convito, lo distorcono facendone occasione di rifiuto degli ultimi. In 1Corinti 11,17-29 inserisce la testimonianza dell'Ultima Cena all'interno di un rimprovero per il fatto che i Corinzi ricchi arrivavano primi, banchettavano e si ubriacavano e quando arrivavano gli schiavi, a notte inoltrata dovendo prima servire i loro padroni, non c'era più niente per loro:
Non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio. Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo... Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. (1Corinti 11,17-29)
Convincersi, in linea teorica, che questo nuovo stile di Dio è quello buono non è poi tanto difficile. E invece molto difficile metterlo in pratica ogni giorno. E` comunque già un passo avanti saperlo, in modo da essere coscienti quando si cade, poter chiedere perdono e ricominciare. Il dramma è quando si passa la vita a prevaricare il prossimo credendo pure di fare bene.
[1] 1Giovanni 2,16: Tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo.
[2] Luca 1,24-25: Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini». Luca 9,26: Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. Luca 13,17: Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute. Luca 14,9 in questo brano. Luca 16,3: L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno.
[3] Isaia 58,7: [Il digiuno che io, il Signore, mi attendo] non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?