37Il giorno seguente, quando furono discesi dal monte, una grande folla gli venne incontro. 38A un tratto, dalla folla un uomo si mise a gridare: «Maestro, ti prego, volgi lo sguardo a mio figlio, perché è l'unico che ho! 39Ecco, uno spirito lo afferra e improvvisamente si mette a gridare, lo scuote, provocandogli bava alla bocca, se ne allontana a stento e lo lascia sfinito. 40Ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». 41Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». 42Mentre questi si avvicinava, il demonio lo gettò a terra scuotendolo con convulsioni. Gesù minacciò lo spirito impuro, guarì il fanciullo e lo consegnò a suo padre. 43E tutti restavano stupiti di fronte alla grandezza di Dio. Mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli:44«Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». 45Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento.
Il tema «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini», quello stesso Gesù di cui «tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva». Solo credendo in questo Gesù la missione della Chiesa progredisce.
Dopo l'esperienza folgorante della trasfigurazione comincia qui il cammino verso Gerusalemme. Siamo al giorno seguente ossia siamo con i nostri problemi del lunedì. Troviamo qui, discesi dal monte, un padre che dice, anzi grida volgi lo sguardo a mio figlio, un ragazzo che è contemporaneamente la trasfigurazione negativa di Gesù e anche la rappresentazione concentrata e intensa della nostra condizione. Gesù seguirà per primo il percorso di questo ragazzo, afferrato, scosso e alla fine morto e risorto (come vediamo nella redazione di Marco 9,26-27 [1]). D'altra parte noi abbiamo tutti uno spirito cattivo che ci afferra, ci fa gridare, schiumare, ci scuote, ci fa contorcere: è un quadro della condizione umana quando non c'è speranza, quando siamo soli, divisi gli uni dagli altri. Il resto del vangelo sarà un esorcismo per il discepolo/lettore perché viva dell'amore di Dio e non delle proprie paure.
Il grido del padre «Volgi lo sguardo» (o, più esattamente, «guarda giù») riprende la lode del Magnificat (Luca 1,48): "guardar giù" è l'attività propria di Dio, non c'è alcuno al di sopra di lui. Questo figlio è l'unico, è l'unigenito come Gesù, e come noi che siamo tutti "figli unici" che Dio ama uno per uno e non genericamente come "l'insieme dei figli". Nemmeno uno deve essere perduto.
I discepoli hanno tentato di operare, secondo il mandato ricevuto in 9,1 (e che sarà ripetuto in 10,3-17), ma non ci sono riusciti. E` un po' il nostro problema e il problema della Chiesa in ogni tempo: come mai la missione sembra sempre fallire? Gesù, con delicatezza, non se la prende direttamente con i discepoli ma si rivolge in modo generale alla generazione incredula e pervertita. Significa anche che queste considerazioni valgono per ogni generazione, che si è generati così ossia che questa è la situazione in cui nasciamo tutti, nota comunemente come peccato originale.
I discepoli non ci sono riusciti per mancanza di fede in Dio (generazione incredula), per mancanza di conversione al Dio-amore che non è la soluzione magica ai nostri desideri egoistici (generazione perversa). La "cattiva notizia" è che noi non vinciamo il male perché non abbiamo fede e non siamo convertiti alla parola che Gesù ci dice e cioè: «il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato...». Noi non vinciamo il male perché non comprendiamo e non accettiamo il mistero della croce, dove il Signore si è caricato delle nostre sofferenze (Isaia 53). Ma la "buona notizia" è che il Signore va in croce proprio per questo. Il nostro male fa paradossalmente avanzare il Regno di Dio restituendoci al Padre (cfr. v.42). Con la guarigione il figlio viene restituito al Padre, come Gesù sulla croce si consegnerà al Padre portando con sé i fratelli (cioè noi, rappresentati dal "buon ladrone").
Gesù con la sua domanda (v. 41: «fino a quando sarò con voi e vi sopporterò?») fa intuire ai discepoli che non manca molto alla fine della sua esistenza terrena e fa capire a noi che la realizzazione del Regno di Dio sarà lunga e gli chiederà molta pazienza: anche nel tempo presente la "buona notizia" progredisce lentamente e a fatica: Dio deve continuare a sopportare l'incredulità, soprattutto nella Chiesa.
Mentre tutti sono stupiti di fronte alla grandezza di Dio (cfr il Magnificat Luca 1,49) Gesù ricorda per la seconda volta la strada attraverso la quale si ottiene questo risultato. E` un comando imperativo molto forte: «Mettetevi bene in mente» perché siamo molto impermeabili a questo seme, a questa parola. Ma se insistiamo prima o poi germinerà.
Qui troviamo una bella definizione catechistica di Dio, che capovolge molte formulazioni di uso comune:
Chi è Dio? è colui che si consegna nelle mani degli uomini. Perché Dio ha una grande fede nell'uomo e lo ama infinitamente.
Il passivo greco può essere tradotto indistintamente con «sarà consegnato» o «si consegnerà». In ogni caso è Dio che accetta il nostro tradimento.
Da questo momento Gesù inizia a occuparsi più intensamente della formazione dei dodici. E lo farà per nove capitoli. Al primo annuncio della Passione (Luca 9,22), come testimonia Marco, Pietro aveva sollevato obiezioni (Marco 8,31-32) e Gesù l'aveva sgridato con decisione (8,33). Da allora in poi, da buoni discepoli (!), avevano timore di interrogarlo su questo argomento anche se queste parole restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso.
Dopo nove capitoli di catechesi, alla vigilia della Passione, in Luca 18,31-33, Gesù tornerà a spiegare per la terza volta, più dettagliatamente, cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Ma «quelli non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto». E` questa una grande consolazione, anche se amara, per tutti i catechisti.
Il primo risultato della predicazione di Gesù è che ci si scopre incapaci di vedere, ciechi come il cieco di Gerico di cui si parlerà subito dopo (Luca 18,35-43). Questa cecità sarà la causa della croce e la croce diventerà la causa della nostra guarigione da questa cecità: questo è il modo in cui Dio ha trasformato il massimo male nella nostra salvezza.
Fino a che non si arriva a questo noi restiamo fuori dal cristianesimo: possiamo anche essere persone brave e religiose che però solo per caso sono chiamate "cristiani". Potremmo ugualmente essere ebrei, mussulmani, indù, shintoisti o altro.
Il punto di partenza per arrivare alla fede è l'esame lucido della nostra situazione: siamo finiti e limitati ma con un desiderio insopprimibile di vita e di infinito. La fede è un dono. Ma un vero dono si riceve solo se si è coscienti di averne bisogno, se lo si vuole, lo si chiede e lo si accetta. Dunque, alla fin fine, la fede è un prodotto della preghiera.
[1] Marco 9,26-27: Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi.
[2] Luca 18,31-33: Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo: verrà infatti consegnato ai pagani, verrà deriso e insultato, lo copriranno di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà.