13Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, 14disse: «Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; 15e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». [17Ora egli aveva l'obbligo di liberare loro un carcerato in occasione della festa.]18Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!». 19Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
20Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. 21Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». 22Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò». 23Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. 24Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. 25Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
Il tema «... non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate... Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». In quel "perciò" è riassunta tutta l'incapacità, per chi ha potere, di perseguire il bene e mostra che l'unico potere buono è il potere di Dio che è il potere di dare la propria vita.
In Israele la festa che precede la Pasqua è quella dei Purim, che corrisponde un po' al nostro carnevale. In quella festa si legge il libro di Ester dove le sorti dei protagonisti si scambiano [1]. E` quel che accade nella Pasqua cristiana dove tutto sembra girare all'incontrario. Abbiamo visto il processo a Pietro, che come discepolo dovrebbe sapere cosa rispondere ma non è così. Abbiamo visto il processo religioso a Gesù in cui la sapienza di Dio viene schernita. Abbiamo visto infine il processo politico in cui Gesù è considerato un "re da burla". In questo brano vedremo il condannato che dà la vita e salva: l'unico giusto che giustifica i peccatori. Il potere di Dio è il potere di dare la propria vita.
Il testo parla cinque volte di liberare e rilasciare. E` il tema fondamentale della Pasqua che consiste nella liberazione dalla morte, dalla schiavitù, dagli idoli e che, per gli ebrei, si manifesta nel passaggio del mar Rosso. La liberazione si svolge proprio quando la libertà non c'è. Purtroppo la parola libertà, anche oggi, è molto abusata, spesso adoperata per illudere o mistificare. Spesso si promette la libertà per far cadere in una nuova schiavitù.
Il testo inoltre sottolinea tre volte che Gesù non ha nessuna colpa, e ad affermarlo è proprio Pilato (vv. 4, 14 e 22) il quale propone per ben due volte di rilasciare Gesù (vv. 16 e 22), smentendo le tre accuse portate dal Sinedrio: secondo Pilato Gesù non sobillava il popolo, non impediva di dare tributi a Cesare e non affermava di essere il Cristo re nel senso che i personaggi come Pilato o Erode davano a questa affermazione.
In quel "perciò lo castigherò severamente" - ripetuto due volte - è riassunta tutta la tragedia del potere umano. La punizione consisteva infatti in 39 colpi di flagello uncinato, trattamento che, nella maggior parte dei casi, provocava la morte, immediata o di poco differita. Quel "perciò", così scandaloso, evidenzia come, nella storia umana, il male venga sempre pagato dagli innocenti. Sempre. E quando a pagare è un malfattore significa, semplicemente, che è diventato abbastanza debole da essere diventato innocente, impossibilitato a nuocere. Anche in Isaia 53 viene detto che il servo patisce sofferenze e morte "sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca". La vicenda di Gesù è lì profetizzata con molti dettagli, fin nel sepolcro, che sarà quello di un ricco notabile (Giuseppe d'Arimatea): con il ricco fu il suo tumulo (Isaia 53, 9).
Pilato vorrebbe liberare Gesù e non Barabba perché, da uomo di potere, sa che il pericolo è rappresentato dalle persone che si oppongono al potere col potere. Possiamo anche dire che, proponendo Barabba, Pilato è stato un po' ingenuo perché sperava in una folla che prendesse le distanze da un assassino. Probabilmente Pilato aveva sentito parlare dei successi di Gesù e pensava che la folla si sarebbe ricordata di averlo acclamato, solo cinque giorni prima, come il benedetto che viene nel nome del Signore.
Esiste una sorta di destino di male in chi esercita il potere. Pilato, il più potente tra i protagonisti di questa scena, il rappresentante del divino Cesare salvatore dell'umanità (vedi l'introduzione al natale), non riesce a fare il bene che vorrebbe e fa il male che non vorrebbe. Il potere di Pilato, come si vede, dipende dalla folla che ha la sua stessa mentalità riguardo al potere. Pilato è schiavo del suo stesso potere e il potere non può che alimentarsi del desiderio di potere di molti altri.
La morte di Gesù è voluta da chi non può decidere (il Sinedrio) ed è decisa da chi non la vuole (Pilato) perché il suo potere vive del potere diffuso di tutto il popolo: in definitiva Gesù è ucciso da tutti noi. E Gesù, figlio di Dio, si lascia uccidere per salvaguardare la nostra libertà. Se Dio non rispettasse la nostra libertà non sarebbe Dio. In questo modo Gesù ottiene la liberazione di Barabba e in Barabba libera tutti noi che da figli di nessuno diventiamo, quando finalmente capiamo, figli del Padre.
L'urlo della folla viene richiamato tre volte e ad ogni volta l'urlo cresce con la parola che viene scandita, come ancora oggi sentiamo in tante piazze: cro-ci-fig-gi-lo. La folla preferisce uccidere il giusto e liberare il malfattore perché si identifica con Barabba, quello che avrebbe voluto prendere il potere e non c'è riuscito. Questa scena mostra il meccanismo tipico con cui avviene il male, meccanismo in cui tutti siamo coinvolti. Nei momenti di crisi, invece che cercare una soluzione, si cerca sempre un colpevole, un capro espiatorio, su cui scaricare con violenza e rabbia tutto il male che si sta sopportando. Lo vediamo nella storia di ogni giorno (la politica, l'amministrazione della giustizia, ...). Manzoni rappresenta bene questo fenomeno quando descrive la caccia agli untori. Uccidendo il presunto colpevole di tutto, ci sentiamo ripuliti dal male e si ristabilisce, nell'odio e per breve tempo, una specie di tregua sociale.
Mel Gibson nel suo The Passion inserì inizialmente la frase sottotitolata «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli» riportata da Matteo 27,25 suscitando le rimostranze del mondo ebraico in quanto, storicamente, la frase è stata sfruttata per giustificare persecuzioni di ebrei. In realtà la Passione di Gesù ne capovolge il significato: il sangue di Gesù ha salvato tutti. Comunque, alla fine, Gibson accettò di togliere il sottotitolo lasciando però il testo parlato, anzi urlato, in aramaico.
Gesù è accusato di essere colui che sovverte l'ordine costituito. E infatti Gesù capovolge la nostra immagine di Dio, la nostra nozione di potere, il nostro criterio di relazione degli uni con gli altri. Per Pilato Gesù è innocente, non nuoce, non ha potere, in termini umani. E anche Erode la pensa così. Non è così Barabba, che ha usato gli stessi criteri del potere romano ma non è stato, appunto, abbastanza potente. Nel messaggio di Gesù questo criterio e metodo vengono capovolti: la politica, nell'ideale cristiano, dovrebbe essere servizio e amore per la gente e non espressione di violenza del più forte.
L'umanità, da sempre, è invece governata con il criterio del più forte che, con la propria violenza, contiene la violenza diffusa di tutti gli altri, meno potenti di lui. Quando il potente di turno diventa più debole viene sconfitto e ucciso dal prossimo "bandito" della lista che diventa a sua volta il più potente.
Già molti secoli fa personaggi come Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam, Pico della Mirandola, Nicolò Cusano avevano approfondito queste idee. Questo schema si è perpetuato nei secoli anche perché nessun potente (uomo o nazione) è stato mai abbastanza forte da rischiare di distruggere l'umanità. Ma da qualche tempo non è più così.
Per questo è bene che i cristiani facciano politica, guardandosi però molto bene dalla tentazione del potere. I cristiani devono mantenere viva nella loro coscienza la convinzione che il sistema di potere è una brutta burla di cui tutti paghiamo le conseguenze. Il XX secolo ha visto innumerevoli esempi terribili di questa modalità di relazione fra gli uomini. Essa continua nel presente: basti osservare come, nonostante gli enormi progressi tecnici, vi siano oggi aree di miseria peggiori di quando il mondo non disponeva dei mezzi scientifici e tecnologici odierni.
Barabba è il nome che si dava ai bambini abbandonati, ai figli di nessuno e significa "figlio del padre", ossia, diremmo noi, "figlio di n.n.". Barabba è figura di Adamo e di Caino che non riconoscono Dio Padre e si sentono figli di nessuno. Barabba è anche in attesa di essere giustiziato e rappresenta la condizione umana di chi non ha Dio per padre: la morte arriva e si porta via tutto, anche ogni potere, ottenuto con la violenza. Barabba ha esattamente lo stesso modello ideale di Pilato: diventare un capo. Spesso siamo tentati di rivestire di nobili ideali il nostro desiderio di potere. Vi è chi pensa di poter prendere il posto dei padroni nell'illusione di liberare così il popolo schiavo. Ma la storia stessa insegna (Stalin, Mao, Mussolini, Pol Pot, ...) che così si diventa solo padroni peggiori. L'illusione che molti coltivano, quella di prendere il potere per poi "gestirlo bene" è la tentazione cui Gesù si è opposto fin dal principio della sua missione. Non si può vincere il male col male.
Gesù è stato ucciso perché era il Giusto, il figlio di Dio... il figlio del Dio che ama, serve e dona la vita, il Dio che non vogliamo. Il male finisce solo quando lo si subisce senza farlo. Noi, come la folla, vogliamo invece adorare un Dio che è potente e tiene tutti in pugno... ma quel dio si chiama Satana.
[1] Il libro di Ester racconta una storia che si svolge in Mesopotamia dove il saggio Mardocheo e in generale i giudei sono perseguitati e condannati a morte dal ministro Aman del re persiano Assuero. Con l'aiuto di Ester, di cui è tutore e che è divenuta la prediletta del re, riesce a smascherare la congiura di Aman e a farlo giustiziare assieme agli altri congiurati.