«(...) 31Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; 32ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». 33E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte». 34Gli rispose: «Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi».
35Poi disse: «Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». 36Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine». 38Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli rispose «Basta!».
Il tema La fede in Gesù consiste nello sperimentare che noi lo rinneghiamo ma lui non rinnega noi.
L'ultima cena ci sta mostrando che Gesù dona se stesso a chi lo tradisce e a chi litiga per prevalere e succedergli, casomai venisse ucciso... Siamo tutti un po' infastiditi da questo cattivo comportamento del primo "collegio cardinalizio". Noi, istintivamente, non ci sentiamo così materiali e irriguardosi. E come noi si distingue Pietro cui viene infatti dedicato, nel racconto, un paragrafo a parte in cui Gesù cerca di condurlo dalla religione alla fede.
Il passaggio dalla religione alla fede, dalla legge al vangelo, è una conversione che non è mai finita. Anche Pietro deve smontare la sua presunzione religiosa che gli fa dire che, a differenza degli altri, lui sarebbe pronto ad andare in prigione e alla morte per Gesù. Pietro, il cui nome significa roccia, come sappiamo rinnegherà tra qualche ora il suo Signore e si rivelerà una frana, una frana che permette a noi e a lui di vedere la vera roccia, che è Dio. Gesù chiama Pietro col nuovo nome proprio mentre gli predice il rinnegamento.
Quando Paolo in Romani 1,16-17 (che cita Abacuc 2,4) [1] dice che il giusto vivrà di fede non intende dire che il giusto vive perché lui ha una grande ed eroica fede ma che il giusto vive perché Dio gli è fedele anche quando lui sbaglia e cade. La nostra fede consiste nel riconoscere che Dio è fedele nel nostro tradimento. La nostra salvezza non consiste nel donare la nostra vita a Dio ma nel ricevere vita da Dio che dà se stesso per noi nel momento in cui lo rinneghiamo.
Pietro non si salva sacrificandosi per Dio: non onorano Dio quelle religioni che prevedono i kamikaze, cioè coloro che si sacrificano per far prevalere Dio. Il vero cristiano non ha alcun desiderio di immolazione: semplicemente, sapendo di essere amato e già salvato dalla croce di Gesù, vive con più serenità le vicende e i limiti dell'esistenza terrestre, compreso l'eventuale martirio, sapendo che tutto quanto è solo un passaggio verso la vita vera. Il cristiano non deve dunque cercare il sacrificio: può capitare che venga ucciso ma sono altri ad ucciderlo e il suo martirio è solo uno dei modi di passare da questa vita alla vita eterna. Per questo il martire si caratterizza per il perdono ai nemici. Su questo tema molto bella è la lettera-testamento di Padre Christian De Chergé, priore del monastero di Tibihrine, ucciso con altri sei monaci in Algeria nel 1996, lettera scritta in prossimità del Natale 1993.
Gesù predice a Pietro il suo rinnegamento perché possa poi ricordarsene e capire che è stato scelto proprio mentre stava per rinnegarlo: una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli. Nel vangelo questo è l'unico caso in cui Gesù predice il peccato al peccatore. Se Gesù non avesse agito così, Pietro, al massimo, poteva sentirsi perdonato nonostante il suo peccato, quasi che, in fondo, fosse stato Gesù a sopravvalutarlo nel sceglierlo come discepolo.
Pietro invece potrà capire che Gesù lo ama non nonostante la sua limitatezza (atteggiamento paternalistico) ma proprio sapendo già che è limitato e peccatore. In questo modo nasce la libertà del vangelo: sentirsi amati in modo da non essere più sotto la legge, non avere più obblighi religiosi. Nel vangelo di Giovanni al cap. 21 Gesù riprenderà il discorso con Pietro chiedendogli, dopo la risurrezione, "mi ami più di costoro?" dato che nell'ultima cena aveva dichiarato di essere pronto ad andare in prigione e alla morte. Pietro deve imparare a ricordare il suo rinnegamento non più con tristezza per il proprio fallimento ma con il sollievo di essere voluto bene: sulla base di questo potrà pascere gli agnelli ossia annunciare il Cristo che vuol bene a tutti. Per poter essere misericordiosi e aiutare gli altri è importante ricordare i propri errori come luogo di grazia e non come fallimento.
Gesù lo chiama due volte, Simone Simone, come tante volte troviamo nella Bibbia (Abramo, Abramo; Mosè, Mosè; Samuele, Samuele; Marta, Marta; Saulo, Saulo). Il nome ripetuto due volte mostra una attenzione particolare per la nostra conversione. Simone, come tutti noi, è sotto il vaglio di Satana che per mestiere porta via la Parola di Dio e insegna all'uomo a non fidarsi di Dio, come già nel Paradiso Terrestre. La menzogna di Satana è quella di farci dubitare dell'amore che Dio ha per noi, di convincerci che Dio sia invidioso dell'uomo, della sua felicità e dei suoi successi. Invece noi possiamo capire che Dio ci ama per davvero quando siamo caduti e ci accorgiamo che ci ama ugualmente. Chi dice di amarci ponendo delle condizioni vuol dire che non ci ama.
Pietro deve dunque fare quell'esperienza, che dobbiamo fare tutti, di battere il naso sul proprio male, quel male che anche noi cerchiamo di nascondere con tanta buona religiosità che viene da Satana che ci vuol vagliare. Gesù (Marco 8,33) aveva chiamato Satana proprio Pietro, quando non accettava la via di Dio e voleva un Cristo secondo le proprie idee: un Cristo potente che dominasse il mondo.
Vagliare il grano è una azione positiva, serve a purificarlo dalle scorie. Dunque tutto il male che Satana fa in noi e che noi facciamo sotto la sua suggestione alla fine non distrugge il bene ma si rivela come il luogo più profondo della rivelazione del bene. La benevolenza di Dio viene rivelata proprio dal male compiuto con l'inganno di Satana: dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazia (Romani 5,20).
Qualcuno potrebbe temere che questo pensiero porti a relativizzare il male che viene compiuto ma non è così: il male resta male e sarebbe meglio smettere di farlo. Ma questo stesso male, può rivelarci la fedeltà di Dio.
Il rinnegamento non porta Pietro a perdere la fede. Piuttosto gli rivela che non aveva fede prima o, meglio, che aveva fede nel dio sbagliato. La fede in Gesù consiste nello sperimentare che noi lo rinneghiamo ma lui non rinnega noi. Pietro è convinto di dover dimostrare a Gesù che lui lo ama veramente. Solo quando Pietro conoscerà il suo errore si potrà ricordare che Gesù gli aveva garantito il suo amore già in anticipo. Capirà così cos'è la fede: è la fede in Gesù che ti ama così come sei, incondizionatamente, di un amore che non è da conquistare ed è donato a lui, a Giuda, ai discepoli, a tutti.
Questa è la fondamentale differenza fra il cristianesimo e tutte le altre religioni, che pretendono di spiegarci cosa dobbiamo fare noi per Dio. Il Vangelo racconta quel che fa Dio per me, è la rivelazione che ci rende liberi e figli, l'annuncio che ci libera dalla religione e dalla legge e ci rende fratelli di tutti. E` un vero scandalo che il cristianesimo venga continuamente rovinato da regole e norme che ne oscurano la caratteristica fondamentale annunciata dal Vangelo. E` una tentazione costante quella di trasformare il Vangelo in religione. Ritroviamo questo tema nell'inno alla carità (1Corinti 13) dove S.Paolo spiega che qualsiasi sforzo noi facessimo non avrebbe effetto né valore se Dio non ci amasse per primo ossia non disponessimo della sua carità magnanima, benevola e che tutto scusa. Imparare a vivere di grazia è l'impegno di tutta la nostra vita.
Gesù poi richiama l'invio dei dodici al cap. 9 in cui, come dicono i discepoli, non è mancato loro nulla. In quella occasione hanno dunque sperimentato che avendo Dio che li ama, avevano tutto (come insegna Santa Teresa di Gesù con la celebre frase: "Nada te turbe nada te espante… sólo Dios basta"). Avevano la vera borsa, la vera bisaccia, il vero mantello.
Questo è il momento per i discepoli di servirsi del bagaglio e degli insegnamenti (la borsa, la bisaccia) che Gesù ha fornito loro fino a questo momento. E` il momento di lasciare le proprie sicurezze terrene (il mantello) per affrontare la prova maggiore: lo scandalo del loro maestro che sta per essere annoverato tra i malfattori (Gesù cita Isaia 53,12 [2]). Questa espressione è la sintesi di tutta la vita di Gesù, diventato peccato e maledetto per noi, solidale con tutti i senza legge. Si realizza la scena del battesimo di Gesù quando si mette in fila con i peccatori (3,21). Dio è colui che va in croce con chi è in croce, nel sepolcro con chi è morto, negli inferi con chi è negli inferi. Tutta la sua vita è così: misericordia e solidarietà assolute. Questa parola di Dio è una spada a due tagli: distrugge definitivamente l'inganno del Nemico.
I discepoli invece, come noi del resto, ancorati a una diabolica idea di Dio e di regno, esibiscono le due spade che si erano procurati, visto che da qualche tempo non tirava più aria buona. Una delle due spade è quella che userà Pietro per ferire Malco, il servo del Sommo Sacerdote fra qualche ora (Luca 22,50 e Giovanni 18,10). L'altra, per fortuna, non sarà usata.
Questa vicenda di Pietro trova un'applicazione anche per noi, quando pecchiamo: spesso ci pentiamo nel modo sbagliato. Il nostro pentimento è più che altro la rabbia verso noi stessi per non essere stati all'altezza della situazione: è il nostro orgoglio ferito a guidarci, orgoglio che discende dal non accettarci così come siamo mentre Dio, invece, ci accetta e vuol bene così come siamo. Gesù con la sua predizione prepara Pietro a superare questo ostacolo.
Anche la nostra interpretazione del sacramento della riconciliazione è spesso difettosa: ci sentiamo "a posto" per aver scaricato i nostri peccati e fatto la "penitenza". In realtà si va a ricevere il perdono gratuito di Dio in quanto sappiamo di essere (e restare) peccatori. Questo perdono gratuito è la grazia, un concetto che era forse più compreso un tempo quando i sovrani concedevano la grazia ai condannati non sulla base dei loro meriti (altrimenti non è più una grazia!) ma per motivi personali, anche se non sempre nobili, ovviamente.
[1] Romani 1,16-17: Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà. Abacuc 2,4: Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione... Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».
[2] Isaia 53,11b-12: il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli.