26Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». 29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». 34Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.
Il tema Presentazione della figura di Maria, Immacolata Concezione e Vergine. Dio ha deciso di mettersi nelle mani di una ragazza di 14 anni che gli dice di sì e permette la nascita del vero Messia, grazie a Dio assolutamente diverso dai messia che ci aspetteremmo.
Questo è il brano più citato di tutto il Nuovo Testamento: lo citiamo infatti 50 volte dicendo una corona di rosario. E tre volte al giorno rintoccano le campane dell'Angelus, come desiderato da S. Francesco d'Assisi al ritorno dalla Terra Santa, in ricordo dell'Annunciazione, del sì di Maria. Un testo quindi molto noto e che corre il rischio d'essere logorato dall'uso.
L'Annunciazione a Zaccaria forma una specie di dittico con quella a Maria. Da un lato la promessa annunciata nelle profezie dell'AT che arriva al suo culmine e dall'altro il compimento delle profezie che è all'inizio del NT. Da un lato l'ultimo dei profeti (e dei sacerdoti del Tempio) col quale terminano sia la profezia sia il sacerdozio ebraico. Dall'altro il discendente di Davide che compirà la sua regalità sulla croce.
Osserviamo anche un certo gioco di contrasti: il culmine dell'Antico Testamento si realizza in Giudea, a Gerusalemme, nel Santo dei Santi del Tempio e riguarda una anziana coppia sterile. L'inizio del compimento avviene invece in Galilea, nel paesino di Nazaret, in una comune casa, in una ragazza promessa sposa.
La figura di Maria è stata interpretata in molti modi: il punto d'arrivo della storia della salvezza, la nuova Arca dell'Alleanza, il principio della Chiesa, il prototipo del credente, la nuova Eva ("madre dei viventi", Genesi 3,20).
Dante la definisce "termine fisso d'eterno consiglio" (Paradiso 33, 3): dall'eternità Dio attendeva questa donna che dice "eccomi". Proviamo a immaginare, anche se in termini umani, la gioia di Dio per questo punto di svolta atteso da sempre: Dio cerca l'amore dell'uomo e questa donna per prima, liberamente, gli dice sì. Nessuno di noi ha chiesto il permesso di nascere. L'unico uomo che prima di nascere ha chiesto il permesso e ha atteso che una donna dicesse sì è Dio, Gesù Cristo.
Questo brano ci mostra anche come va letto il vangelo: Maria è presentata come il prototipo di chi ascolta, cioè del discepolo ("beata colei che ha creduto": Luca 1,45; "custodiva tutte queste cose nel suo cuore": Luca 2,19 ; "mia madre è chi ascolta la parola": Luca 8,21). Ogni volta che leggiamo un brano della Scrittura dovremmo poter dire avvenga per me secondo la tua parola. La maternità di Maria è prima di tutto nell'orecchio: lei ascolta la parola e accoglie il figlio come opera di Dio e non come sua proprietà.
La chiamata di Dio si manifesta al sesto mese, quando l'uomo è ancora incompleto, come avvenne il sesto giorno della creazione quando Dio creò Adamo ma questi si nascose. E anche noi dobbiamo attenderci la parola di Dio in questo tempo presente, che è sempre incompleto: non dobbiamo pensare di aspettare tempi migliori per dire sì. L'unico tempo utile è il presente, l'"oggi" (come dirà Gesù a Nazaret, Luca 4,21).
Secondo la datazione più probabile di cui disponiamo siamo nel marzo del 2 a.C. dopo che Maria, come d'uso a 14 anni, è stata promessa a Giuseppe nell'estate del 3 a.C.
La chiamata di Dio si manifesta a Nazaret, cioè nella vita quotidiana. E anche noi dobbiamo attenderci la parola di Dio non in momenti ed esperienze particolari, avulse dalla comune realtà di vita.
Ancora una volta Dio interviene con la parola, la potenza di Dio ("Gabriele"), quel tipo di potenza che lascia libero l'ascoltatore e invece mette in gioco chi si propone, cioè Dio stesso. Ha molta fede nell'uomo, Dio, per mettersi nelle sue mani! Dio si comunica all'uomo tramite la parola. E, nel bene e nel male, noi diventiamo la parola che ascoltiamo. Non siamo come gli animali che seguono "la loro specie" (Genesi 1,21).
Maria è vergine. Oltre al significato biologico (che non dovrebbe sorprenderci: stiamo parlando di una fidanzata di 14 anni, nata il 5/08 del 17 a.C. secondo Anna Katharina Emmerick) questo termine sottolinea la caratteristica di Maria di essere pura accoglienza.
L'angelo, la potenza di Dio, si manifesta entrando da lei. Dio non possiamo dedurlo dai nostri ragionamenti. Non ci possiamo né dobbiamo inventare o reinventare la sua proposta. Lui entra se tu glielo permetti e lo ascolti.
Rallegrati (o: gioisci) è il comando fondamentale di Dio, il senso della nostra esistenza, il segno della presenza di Dio. Anche osservando la Legge, se non c'è gioia, non c'è Dio: la gioia è il segno dell'amore corrisposto. Se l'amore non è corrisposto c'è la dannazione. Alla luce di questa parola va compresa tutta la Bibbia.
La parola "gioia" in greco ha la stessa radice di "grazia" (la parola usata subito dopo) che significa bellezza, bontà, gratuità, amore, dono, ... ossia le parole che definiscono Dio nella relazione con l'uomo.
E' caratteristico di Dio comunicare una gioia che perdura in quanto carica di una promessa vera. Una gioia che resiste al male, alla malattia, alla croce: una gioia di Dio.
E' caratteristico del Nemico invece cercare di farci perdere la gioia. Chi è triste fa del male a se stesso e agli altri.
Gioisci è anche una allusione a Sofonia 3,14: durante la tragedia dell'invasione dei Siriani il profeta, oltre a rimproverare il popolo e i capi per i loro peccati annuncia: "Gioisci figlia di Sion... non temere... il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente" e farà restare "un popolo umile e povero".
Con "piena di grazia" e "il Signore è con te" vengono ricordati il vero nome di Maria ("amata da Dio") e il nome di Dio ("con te", l'Emmanuele ossia "Dio con noi", Isaia 7,14).
Dio viene definito come relazione con l'umanità. Il nome di Dio è un complemento di compagnia. Possiamo anche vedere un riferimento a Giudici 6,12.16.23 dove Israele è oppresso dai Madianiti e Dio suscita Gedeone dicendogli ripetutamente che sarà con lui per vincere, nonostante l'esiguità del suo esercito. La gioia ricevuta dalla presenza di Dio tornerà nell'annuncio di una grande gioia ai pastori (2,10) e dopo la resurrezione (24,41.52).
Nel testo greco è più evidente che in italiano il gioco di ripetizioni tra "gioisci", "graziata" e il nome "Maria". Questa "gioia cristiana" dovrà assistere Maria nella sua non facile vita.
E' naturale e legittimo essere turbati di fronte all'opera di Dio, che non è opera nostra e dunque arriva comunque inattesa. Ed è doveroso anche chiedersi da dove viene la parola che si ascolta per non cadere nella creduloneria.
Il destino dell'uomo è concepire Dio sulla terra attraverso un libero "sì" in modo che il mondo diventi "divino" e Dio sia tutto in tutti ossia l'uomo sia innalzato al livello di Dio.
Dio ha deciso di mettersi nelle mani di una ragazza di 14 anni. Si realizza così la promessa fatta a Davide in 2Samuele 7 quando questi desiderava fare una "casa" per Dio e riceve invece da Dio la promessa che sarà lui a prendere casa presso l'uomo, attraverso un suo discendente.
Da sempre l'umanità cerca di individuare dei "messia" che risolvano i problemi. Ne abbiamo avuto vari esempi nel XX secolo. Anche Israele sperimenta che ogni suo governante è "peggio di tutti i suoi padri" (Geroboamo in 1Re 14,9; Omri in 1Re 16,25; Acab in 1Re 16,30). Dio viene dunque a liberare da tutti questi falsi messia che vogliono dominare sugli altri. Il Messia, quello vero, è l'opposto dell'idolo, d'oro e splendido che crollerà sui suoi piedi d'argilla (Daniele 3). Egli avanza per la verità, la mitezza e la giustizia (Salmo 45,5).
Sognare la pace e la giustizia (Salmo 85,11) non è sbagliato. L'ideale va però realizzato in modo coerente: la verità si realizza con la verità e non con la menzogna e la frode, il servizio col servizio e non col dominio, la mitezza con la mitezza e non con l'arroganza, la giustizia con la giustizia e non con l'oppressione.
Il Messia sarà colui che riporta il mondo in questa situazione, attesa da sempre, e lo farà in modo coerente con il fine.
Sono sempre esistiti tanti falsi messia che, giocando sul legittimo desiderio del bene, hanno imbrogliato le persone del loro tempo usando il potere, il dominio e l'arroganza. E oggi, purtroppo, questi messia, per la prima volta nella storia, sono in grado di far finire il mondo. Questo è ciò da cui Dio ci vuol liberare e che Luca ci mostrerà nel seguito.
Mentre Zaccaria ritiene impossibile quanto gli viene annunciato ("Come potrò mai conoscere questo?"), pur avendo atteso per tutta la vita un figlio, Maria, davanti a un annuncio del tutto inatteso (e pericoloso per lei), chiede: "Come avverrà questo?" ossia: "Cosa debbo fare?... devo sposare Giuseppe e generare con lui il messia?".
La risposta dell'angelo riecheggia la creazione - lo spirito di Dio aleggiava sulle acque (Genesi 1,2) - e spiega che non siamo noi a dover costruire la promessa di Dio: c'è già. Anche il prossimo, la comunità, non è da costruire: c'è già. Se pretendi di costruire da te il regno di Dio in realtà lo distruggi. Quindi il nostro problema non è tanto quello di "realizzare la Parola" ma "lasciare che la Parola realizzi noi". E` fondamentale che le nostre azioni discendano dalla buona parola ascoltata e non la precedano.
Le parole dell'angelo utilizzano solo terminologia del Vecchio Testamento eppure la superano facendo trasparire il mistero della Trinità. E anche il nome Gesù ("Dio salva") diventa il completamento di quel "Dio è" espresso dal tetragramma di Esodo 3,14, YHWH, "Io sono colui che sono". Dio, nonostante i tradimenti di Israele, non annulla il suo amore e alla sua fedeltà non viene meno (cfr Salmo 89,34) e sebbene Israele abbia per re un Idumeo feroce (Erode) ecco che Dio fa una cosa nuova, stabilisce un nuovo discendente di Davide e il suo regno non avrà fine, come ripetiamo anche nel Credo. Un regno che non è di quaggiù (Giovanni 18,36) e che deve dunque resistere sia alle lusinghe "mondane" che alle persecuzioni [1].
Sul fatto che Gesù sia il Figlio di Dio, di Maria e di nessun altro i vangeli sono tutti assolutamente concordi e non ci sono dubbi, a una lettura non ideologica, del testo, che Giuseppe non è padre biologico di Gesù e che Maria non ha avuto altri figli. Maria è vergine ossia è colei che riceve Gesù interamente da Dio e non come risultato della propria iniziativa. Luca ha certamente conosciuto Maria personalmente. Dopo la sua Assunzione (domenica 17 luglio 47 in base alla Emmerick), la discrezione verso la Madonna non gli impediva più di pubblicare quanto aveva saputo. Questi eventi - che Maria custodiva e meditava nel suo cuore (Luca 2,19.51) - hanno evidentemente lei come principale fonte e, nel caso dell'annunciazione, hanno in lei la fonte esclusiva [2].
L'"accoglienza della Parola" può sembrare una attività passiva - cioè una non-attività - ma è in realtà il comportamento della terra che accoglie il seme. Il futuro non è un prodotto nostro ma un dono di Dio, che ci apre all'impossibile. Elisabetta è la dimostrazione della possibilità di futuro oltre l'impossibilità umana. Tutta la storia sacra (pensiamo all'Esodo) racconta fatti che sono diventati realtà per la parola di Dio anche se sembrava impossibile.
Nel nostro tempo sappiamo che il consenso attorno a una parola falsa si può purtroppo creare e organizzare. Badiamo dunque a creare silenzio e distacco da ogni consenso costruito e verifichiamo nella nostra coscienza se quanto ci è detto è vero e buono. Il buon seme produce buon frutto. Il seme della menzogna produce il male. Questo è il chiaro messaggio di Genesi 3: l'ascolto della parola menzognera è l'origine di tutto il male, anche oggi: il vero peccato originale.
Schiava è una parola che a noi non piace e che indica l'appartenenza a qualcun altro. S. Paolo in Galati 5,13 dichiara che il massimo di libertà è l'essere schiavi gli uni degli altri nell'amore. L'amore consiste infatti nell'essere di un altro, non nell'essere proprietari dell'altro. E' come se Maria dicesse, riecheggiando il Cantico: "Ho capito che tu sei mio e dunque io sono tua".
Noi siamo abituati a una dialettica padrone-schiavo e riteniamo non possa esserci uno schiavo senza un padrone. Per questa ragione hanno successo - purtroppo - le dottrine che ci propongono di diventare tutti padroni e che di fatto si risolvono in un predominio di alcuni su altri. In realtà la proposta evangelica è di diventare tutti schiavi gli uni degli altri: la libertà non è la realizzazione di una indipendenza ma la realizzazione dell'amore ossia del servizio. Il titolo nobiliare di Dio è l'essere servo come mostra Gesù nell'ultima cena lavando i piedi ai discepoli.
(1) cfr. Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, L'infanzia di Gesù, Rizzoli 2012, pagg 40-42.
(2) Tra le tante storie irrispettose fiorite intorno alla nascita di Gesù c'è quella che afferma che sarebbe figlio di Maria e di un legionario romano di nome Pantheras o Pandera. Ovviamente non c'è alcun fondamento storico in questo. Ma questo nome è la storpiatura della parola greca "parthenos" ossia vergine. Dunque Gesù, figlio della Vergine, diveniva il figlio di Pantheras. Questa storiella è per noi interessante perché mostra come la convinzione della nascita verginale di Gesù fosse diffusa tra i primi cristiani (e non sia un'invenzione dei secoli successivi) al punto da essere sfruttata per dileggio da parte di giudei e pagani. Tale storia sarà poi rivisitata in chiave antisemita durante il periodo nazista da chi riteneva inaccettabile l'idea che Dio fosse figlio di un ebreo, cioè Giuseppe.