29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: 30«Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui. 31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno». 32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto. 33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché sciogliete il puledro?». 34Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». 35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. 37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
38«Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!».
39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». 40Ma egli rispose: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».
Il tema Un Messia "asinello" non ci va per niente bene, per questo il Regno di Dio tarda a venire. Noi, come i discepoli (che qui non comprendono quel che stanno facendo), come i farisei, come gran parte della Chiesa, pensiamo sempre a un Messia a cavallo e con il potere... a fin di bene. Quest'ingresso in Gerusalemme è presentato come il punto di arrivo della notte di Natale: la pace in terra augurata in quella notte si realizza con Gesù re giusto e umile e diventa pace in cielo, gioia di Dio.
Dintorni di Gerusalemme al tempo di Gesù. Bétfage sembra fosse appena fuori Gerusalemme "di fronte" rispetto alla strada principale che da Gerico (250 m sotto il livello del mare) saliva a Betania e, dopo pochi Km, a Gerusalemme (750 m di altitudine).
Dopo l'immagine del re secondo questo mondo, il re che uccide i nemici e prende quel che non ha messo in deposito, il re mostrato in filigrana dalla parabola delle mine, vediamo ora cosa fa il "re Gesù". Questo brano risponde alla domanda "Quand'è che viene il Regno di Dio?" (Atti 1,6) e "Quali i segni?" (Luca 21,7). Solo che, invece di definire un tempo, Gesù mostra il "come". Ogni volta che noi accogliamo questo "come" ecco che... il Regno è già venuto! Il Regno viene quando noi comprendiamo come viene. Questo brano si presenta come il punto d'arrivo di tutto il vangelo letto fin qui. Le grida della folla dei discepoli: "Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli" riecheggiano la lode degli angeli nella notte di Natale: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama" di Luca 2,14.
Gerusalemme è la meta del viaggio iniziato in Luca 9,51 dove Gesù "prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme". Gerusalemme è anche il luogo in cui si realizza la profezia di Gesù che abbiamo trovato al cap 13 vv. 34-35:
«Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!»
Bètfage significa "casa del fico sterile" e ci rimanda al fico che non fa frutti del cap. 13. Betania invece significa "casa del povero". Queste due località erano i luoghi dove si svolgevano le purificazioni prima di entrare in Gerusalemme. Gesù dunque entra nella nostra sterilità, nella nostra povertà e ci mostra il modo che ha scelto per salvarci, un ingresso in Gerusalemme che è una vera e propria "asinata", un ingresso da anti-Messia come già gli aveva rimproverato Pietro (in Marco 8,32s). Luca non narra l'unzione di Betania perché già racconta un fatto simile al cap. 7 e non ritiene di ripetere. Invece racconta che Gesù invia due discepoli per la loro penultima missione, condurgli l'asinello per l'ingresso in Gerusalemme. L'ultima missione sarà la preparazione dell'Ultima Cena. Il testo greco, la vulgata latina e i passi paralleli chiariscono che si tratta proprio di un puledro d'asina anche se nel testo CEI di Luca - purtroppo - non appare.
Gesù entra a Gerusalemme il 10 Nisan dell'anno 3793 ebraico, XIX di impero di Tiberio, ossia tra domenica sera (29 marzo) e lunedì mattina del 30 marzo 33 d.C. secondo il calendario giuliano e il computo che qui seguiamo (proposto tra gli altri da Ruggero Sangalli). In questo stesso giorno (10 Nisan, per noi lunedì) gli ebrei si procuravano l'agnello da uccidere poi il 14 mattina (venerdì) e consumarlo nella notte successiva (15 Nisan, sabato).
Il protagonista di questo brano è l'asino, citato quattro volte, prima come profezia (v. 30: Andate... troverete) e poi come realizzazione (v. 32: Andarono e trovarono). Ritroveremo lo stesso schema per la preparazione dell'Ultima cena (Luca 22,7-13) a significare che quel che è capitato allora capita ancora oggi: quel che Gesù annuncia si realizza ogni giorno, il modo in cui Gesù è venuto allora è lo stesso in cui viene oggi. Il problema è nella nostra capacità di vedere. Questo brano infine è stato vividamente preannunciato dal profeta Zaccaria (9,9-10):
Esulta grandemente figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d'asina.
Farà sparire i carri da Efraim
e i cavalli da Gerusalemme,
l'arco di guerra sarà spezzato,
annunzierà la pace alle genti,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal fiume ai confini della terra.
Se invece pensiamo che Gesù debba arrivare a cavallo e coi carri armati siamo in errore: non viene così il Regno di Dio.
I due discepoli devono cercare, trovare e slegare l'asinello citato da Zaccaria 9,9. Non si dice il loro nome quindi potremmo essere noi. Sono in due, come in Luca 10,1, perché gli apostoli devono prima di tutto dare testimonianza di saper vivere insieme. Non si dice quale sia il "villaggio di fronte" quindi può essere qualsiasi villaggio di fronte a noi. L'asino è un animale da servizio e servire è la qualifica di Gesù, che è tra noi come colui che serve (Luca 22,26-27). Dunque l'asino - e non siamo irriverenti - è la più bella immagine di Dio e di Gesù, assieme a quella della chioccia (13,34) che abbiamo visto sopra e accanto alle immagini - più note - dell'agnello e del buon pastore (sviluppate nel vangelo di Giovanni). L'asino porta i pesi (la soma, da cui il termine somaro) come suggerisce S.Paolo (Galati 6,2 [1]): così farà Gesù sulla croce, portando il peso della nostra disumanità.
Quest'asinello sembra sia lì legato da sempre: nessuno è mai salito. Rappresenta un po' tutti noi che, legati dalle nostre paure, non siamo capaci di convertirci a servire, ad essere figli e fratelli. La paura ci fa mettere sulla difensiva, ci fa diventare egoisti e così finisce l'amore. Gesù è venuto infatti a slegare, a liberare, quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita (Ebrei 2,15). Qui Gesù chiama se stesso, per la prima volta, il Signore, dicendo che, di questo asinello, ha bisogno. La parola bisogno, necessità, nel Vangelo è una parola chiave, rivelatrice: per Dio è necessario servire, è necessario salire sulla croce.
Nelle catacombe del Palatino è stato rinvenuto un graffito che raffigura una persona che adora un crocifisso con la testa d'asino con l'iscrizione "Alessameno adora Dio". Datazione incerta, tra l'85 d.C. e il III secolo. Comunemente si ritiene che il graffito sia stato eseguito con intento irridente e blasfemo da parte di pagani per i quali era assolutamente incomprensibile la teologia cristiana. Di fatto, però, questo graffito testimonia che questa interpretazione del modo in cui Gesù realizza il Regno è presente fin dagli inizi. Purtroppo noi cristiani non comprendiamo questa logica: cediamo continuamente alla tentazione di dominare anziché servire, di realizzare un nostro Regno di Dio (!) utilizzando la strada del potere anziché quella del servizio. Questo è il metodo che Gesù ha sempre rifiutato come tentazione. E` questo nostro comportamento la maggiore causa del ritardo del Regno di Dio, non la cattiveria del mondo. Quest'asino legato è dentro di noi, in ciascuno di noi. Se lo sleghiamo viene il Regno di Dio, viene il nostro re, come profetizza Zaccaria (9,9: riportato sopra). Quest'asino legato ha molti proprietari, come la legione dell'indemoniato (Luca 8,30).
Il mantello è l'indumento indispensabile e nella Torah è scritto che va lasciato al debitore almeno per la notte. Il mantello rappresenta la vita e la sopravvivenza biologica. Il cieco di Gerico, in Marco, getta via il mantello perché non è più così importante. I discepoli compiono un gesto che essi stessi non comprendono: mettono la loro vita al servizio, sull'asinello. Infatti rinnegheranno questa scelta dopo pochi giorni, un po' come era avvenuto per la professione di Pietro, immediatamente seguita dal diverbio tra lui e Gesù (Marco 8,27-33).
A differenza del Natale ora si canta "Pace in cielo", come se la "Pace in terra" portata dall'"asinello slegato" producesse la pace per Dio Padre, il compimento della creazione, la "gloria nel più alto dei cieli". Per questo Gesù approva pienamente questo canto di giubilo mentre i farisei, attaccati al denaro (Luca 16,14) speravano in un diverso tipo di messia che confermasse il loro potere e dunque protestano. Allo stesso modo dei farisei pensava Pietro, pensavano tutti i discepoli e, ammettiamolo!, pensiamo anche noi con gran parte della Chiesa. Un Messia "asinello" non ci va per niente bene. Gesù risponde loro con una frase che, oltre al suo significato letterale, è anche una citazione di Abacuc 2,11-12:
La pietra infatti griderà dalla parete e dal tavolato risponderà la trave. Guai a chi costruisce una città sul sangue e fonda un castello sull'iniquità.
Citazione che è un chiaro riferimento alla loro ingiustizia.
[1] Galati 6,1-3: Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso.