27Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». 28Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
29Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. 30Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. 31Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. 32Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona...»
Il tema Per comprendere bisogna essere disposti a mettersi in discussione ossia convertirsi. Dio opera segni ma non c'è alcun automatismo fra questi e la nostra salvezza: Dio non vuole e non può violare la nostra libertà di scelta altrimenti contraddirebbe se stesso. Invece di ritenerci salvi solo perché battezzati (come un figlio che si crede tale solo perché lo è anagraficamente), invece di chiedere altre "prove" a Dio (svelando così la nostra incredulità) dovremmo imparare a comprendere i segni che già ci sono: un bambino avvolto in fasce e un Dio che muore ucciso in croce.
Elisabetta ci ha mostrato all'inizio del vangelo che Maria è madre del Signore perché è colei che crede alla parola di Dio: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo... E beata colei che ha creduto...» (Luca 1,42-45). Dal primo capitolo Luca ci mostra Maria come modello del credente. Così nei capitoli successivi Maria è colei che custodisce la parola (2,19.51). Maria dunque è madre perché ha accolto, custodito, ascoltato Gesù esattamente come una donna si può chiamare madre di suo figlio solo se lo accoglie e non perché lo genera biologicamente. La donna che dalla folla alza la voce è una sorta di Elisabetta che non ha capito e si ferma al dato per così dire anagrafico: Maria, secondo questa donna, sarebbe beata solo perché ha un figlio eccezionale e non perché essa s'è dedicata a capire il dono che ha ricevuto. Anche in Luca 8,21, quando gli era stato riferito che c'erano i familiari che lo cercavano, Gesù aveva precisato: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Qui ripete lo stesso concetto: sono beati coloro che ascoltano la parola. Questo detto di Gesù è stato riportato da Luca perché vale anche per noi oggi: se ascoltiamo e mettiamo in pratica la Parola siamo sua madre e siamo suoi fratelli. Dio offre a tutti la possibilità d'essere madre e fratello di Gesù ma non può esserci alcun automatismo: se concepiamo cioè accettiamo di far nascere dentro di noi Gesù allora diventiamo anche noi sua madre e suo fratello: Dio, come si è messo nelle mani di Maria è anche in mano nostra. La donna che alza la voce parla al passato proclamando beata Maria che, ormai trent'anni prima, lo portò in grembo. Gesù riporta l'attenzione sul presente e ricorda a noi che il Vangelo non va letto come cronaca di fatti passati, avvenuti «in quel tempo» (come si usa introdurre il brano nella liturgia). In ogni tempo è beato chi fa come ha fatto Maria e custodisce la parola. A questo solo scopo è stato scritto il Vangelo.
Normalmente noi non ascoltiamo le altre persone e nemmeno il Signore. Seguiamo invece la tentazione fortissima di pensare a quale obiezione potremo contrapporre appena arriverà il nostro turno di parlare. In questo modo l'altro non può entrare in noi, in questo modo Dio non può entrare perché non viene accolto. Poiché si diventa ciò che si ascolta noi diventeremmo figli di Dio se ascoltassimo Dio, diventeremmo fratelli di Gesù se ascoltassimo Gesù.
Questo brano è l'occasione per spiegare cosa significhi la parola "segno" nella Bibbia. I segni sono il mezzo per rappresentare e comprendere la realtà e scoprire la traccia di Dio. Perfino un cane capisce che se prendiamo un guinzaglio significa che stiamo per portarlo a passeggio. Tutto il Cantico delle Creature di S. Francesco dipinge il creato come segno della presenza e dell'amore di Dio.
Ma il segno indica soltanto la realtà e non va confuso con la realtà stessa. La scritta "ristorante" non significa mangiare e un mazzo di rose non è l'amore per la fidanzata.
Tipico talk-show ossia, appunto, uno spettacolo che consiste nel parlarsi addosso per prevalere gli uni sugli altri senza alcun desiderio di ascoltarsi.
Dio è molto prodigo nel darci segni di sé: il mondo, le persone (anche quelle antipatiche) sono segno della sua inesauribile fantasia nel manifestarsi. Leggere i segni significa essere capaci di ricondurre tutta la creazione a Dio. Chiedere segni invece significa non essere capaci di leggere i segni che già ci sono, significa dubitare dell'amore di Dio come facevano gli Ebrei nel deserto (Esodo 17,7 [1]) quando Mosè stesso dubitò. Dio ha dato e dà tutto continuamente: non occorrono altri segni. Per questo occorre diffidare di buona parte del miracolismo presente nel cristianesimo. Per fortuna la Chiesa è molto cauta nel confermare rivelazioni private e nel valutare eventi miracolosi. I segni di questo tipo sconfinano troppo spesso in "segni di potere" sul modello delle tentazioni di Gesù e quindi bisogna escludere che essi vengano da Dio. Il segno per eccellenza di Dio è «il bambino avvolto in fasce» che i pastori hanno visto come era stato annunciato dagli angeli in Luca 2,12, segno della croce che «il popolo stava a vedere» in Luca 23,35.
La malvagità della generazione presente (ogni generazione, dunque anche quella di noi che leggiamo oggi il Vangelo) consiste nel non credere al Dio misericordioso e nel pretendere quindi altri segni da parte di Dio invece di dedicarsi a capire quelli che già ci sono. Nessun nuovo segno verrà dato a questa generazione, ossia anche alla generazione presente, se non il segno di Giona. Vi sono varie interpretazioni di questa espressione ma tutte convergono in modo coerente tra loro. Giona fu innanzitutto segno della compassione di Dio per gli abitanti di Ninive. Giona fu anche segno di Gesù che muore e risorge (come Giona fu inghiottito dal pesce e di nuovo vivo dopo tre giorni).
In 1Re 10, 1-13 si racconta della regina di Saba, una pagana, che si mette in viaggio per conoscere Salomone. La frase di Gesù è un avvertimento: la regina di Saba era una pagana eppure comprese la sapienza di Salomone, infatti dice: «Sia benedetto il Signore, tuo Dio, che si è compiaciuto di te così da collocarti sul trono d'Israele, perché il Signore ama Israele in eterno e ti ha stabilito re per esercitare il diritto e la giustizia» (v. 9). Invece le persone religiose fanno obiezioni su Gesù perché è immagine d'un Dio diverso da come lo immaginano. Gesù Cristo è la sapienza stessa di Dio sia per chi ascoltava in Palestina attorno al 32 d.C. sia per noi che leggiamo oggi E` una sapienza che chiede d'essere ascoltata e custodita come ha fatto Maria.
I Niniviti, pagani e nemici di Israele, si convertirono, con grande dispetto di Giona. Giona infatti non comprendeva egli stesso la parola di Dio che doveva trasmettere. Il messaggio del Libro di Giona, anche per noi oggi, è che, anche se noi abbiamo trasgredito la legge naturale e pure la legge rivelata (decalogo), Dio non è un Dio che condanna ma colui che perdona. Da questo perdono nasce per noi la possibilità di conversione.
Citare i Niniviti significa portare come esempio coloro che si convertono pur essendo fuori dalla Rivelazione, come nel versetto di Matteo 21,31 dove Gesù dice: «i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio».
In questa polemica Gesù torna a sottolineare che lui è la realizzazione della sapienza e delle profezie: qui vi è uno più grande di Salomone... qui vi è uno più grande di Giona.
Chi lo ascolta "è sua madre" ossia è il perfetto discepolo.
[1] Esodo 17,7: E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?»