20Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore. 21Costoro lo interrogarono: «Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. 22E' lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?». 23Conoscendo la loro malizia, disse: 24«Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?». Risposero: «Di Cesare». 25Ed egli disse: «Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». 26Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero.
Il tema Dare a Dio quel che è di Dio significa essere coscienti che Dio è Padre e noi siamo tutti fratelli. La posizione di Gesù, coerente con tutto l'antico testamento non è né di alleanza né di opposizione, né di separazione né di concordato: è quella di cercare la verità, di rendere cosciente la gente, di ricercare la solidarietà e la giustizia. E` un fare politica senza essere partito e, soprattutto, senza diventare centro di potere.
In questo brano si affronta un argomento perennemente dibattuto: cosa si debba dare a Dio e cosa al Cesare di turno ossia quale debba essere il rapporto del cristiano con lo stato. Israele, per parecchio tempo, non ebbe un re: c'erano i giudici, che gestivano le emergenze per poi tornare alla vita di prima. I popoli vicini ad Israele invece avevano tutti un re e gli Israeliti cominciarono a sentirsi inferiori a non essere come gli altri. Nel libro dei Giudici (cap. 9) si racconta dei 72 figli di Gedeone, uno dei giudici. Il più forte di essi, Abimèlech, ammazzò tutti i fratelli, tranne il più piccolo, Iotam, che si era nascosto scampando così al massacro. Abimèlech si proclamò re e allora Iotam andò sulla cima del monte Garizim e raccontò l'apologo che troviamo in Giudici 9,8-15:
Si misero in cammino gli alberi per ungere un re su di essi.
Dissero all'ulivo: Regna su di noi.
Rispose loro l'ulivo: Rinuncerò al mio olio, grazie al quale si onorano dei e uomini, e andrò ad agitarmi sugli alberi?
Dissero gli alberi al fico: Vieni tu, regna su di noi.
Rispose loro il fico: Rinuncerò alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, e andrò ad agitarmi sugli alberi?
Dissero gli alberi alla vite: Vieni tu, regna su di noi.
Rispose loro la vite: Rinuncerò al mio mosto che allieta dei e uomini, e andrò ad agitarmi sugli alberi?
Dissero tutti gli alberi al rovo: Vieni tu, regna su di noi.
Rispose il rovo agli alberi: Se in verità ungete me re su di voi, venite, rifugiatevi alla mia ombra; se no, esca un fuoco dal rovo e divori i cedri del Libano.
La vicenda di Abimèlech - siamo attorno al 1150 a.C. - continua poi con la guerra civile in cui alla fine lui finirà ucciso. Ma Israele non capisce la lezione e il problema si ripresenta in 1Samuele 8 dove a Samuele, ultimo giudice d'Israele e ormai vecchio, viene richiesto di ungere un re. Dio spiega a Samuele di non amareggiarsi perché essi "non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi (1Samuele 8,7): un popolo che vuole un re significa che ha rinunciato a Dio e va a mettersi in mano ad uno che lo opprimerà. Alla fine verrà unto re Saul (circa 1030 a.C.). Più avanti Davide cercherà di legittimare la monarchia (in 2Samuele 7,1-16) decidendo di erigere un tempio a Dio ma Dio replicherà che non desidera questo e che sarà invece lui a dare una discendenza a Davide: da lui uscirà il Messia. Di gran parte dei re d'Israele la Bibbia dice che fece peggio di tutti gli altri (si veda la nota di 13,18-21). Fa eccezione Giosia che si prodigherà per restaurare il culto a Dio e poi sarà l'unico trafitto da una freccia mentre difende il regno dagli Egiziani (2Cronache 35,20-25). Questo fatto sarà citato da Giovanni (19,37) come figura di Cristo: guarderanno a colui che hanno trafitto (cfr. Zaccaria 12,10).
Più o meno in tutte le culture la monarchia, la città-stato, inizia con un fratricidio come nel caso di Romolo e Remo: il primo traccia un confine ossia stabilisce una legge, l'altro tenta di infrangerla e viene ucciso. Anche la Bibbia racconta che le città furono fondate da Caino e dai suoi discendenti, con la fondamentale differenza che mentre la storiografia romana celebra Romolo la Bibbia dà invece ragione ad Abele, come molto più tardi darà ragione a Cristo e non a Ponzio Pilato. La Bibbia dà ragione al povero e giusto che non commette violenza. Una qualche funzione positiva comunque il re, anticamente, ce l'aveva: essendo il più potente amministrava la giustizia ed evitava la violenza diffusa che avrebbe portato al caos. Faceva insomma da limitatore di violenza, riservandosi di esercitarla solo lui. Non faceva molto altro, a parte accrescere il proprio potere personale: lo stato inteso come servizio (scuole, sanità, ...) è una conquista molto recente.
In generale, quando le forze fra potere religioso e politico sono circa pari, si stabilisce una sorta di alleanza trono-altare (come avveniva con gli Erodiani). E` il caso anche del regime concordatario che conosciamo ad esempio in Italia. Quando l'equilibrio si sbilancia si va incontro a crisi come la lotta per le investiture. Quando la bilancia del potere pende a favore dello stato si creano forme di cesaropapismo (come nel motto "libera Chiesa in libero stato" che stabilisce di rendere di fatto la fede un fatto privato); al tempo di Gesù questa era in sostanza la posizione dei farisei: a loro interessava l'osservanza della legge. Quando la bilancia pende a favore del potere religioso si ha la teocrazia (che era la posizione per cui lottavano gli Zeloti) come avviene oggi in buona parte del mondo musulmano.
Gli informatori hanno il compito di rendere manifesta una eventuale connivenza di Gesù col partito degli Zeloti, il partito fuorilegge che si opponeva alla dominazione romana. Per l'Ebraismo ortodosso l'unico re è Dio e dunque, l'arrivo del Messia deve comportare la sconfitta di Cesare e di ogni oppressore. L'ostilità verso l'invasore romano era molto viva in Israele e se Gesù avesse risposto che è giusto pagare avrebbe riconosciuto Cesare come imperatore: di fatto avrebbe negato d'essere il messia e il popolo l'avrebbe rifiutato. Se avesse invece risposto di non pagare diventava facile denunciarlo al governatore come sovversivo (come di fatto poi faranno: Luca 23,2) e farlo uccidere.
La posizione di Gesù, coerente con tutto l'antico testamento, non è né di alleanza né di opposizione né di separazione né di concordato: è quella di cercare la verità, di rendere cosciente la gente, di ricercare la solidarietà e la giustizia. E` un fare politica senza essere partito e, soprattutto, senza diventare centro di potere. E` rovesciare i potenti dai troni (Luca 1,52), cominciando da se stessi, dalle proprie posizioni di potere, piccole o grandi.
Il termine malizia è qui usato per tradurre una parola greca che significa "capaci di tutto" ossia che non vogliono distinguere quello che può essere detto e fatto da quello che non va detto e non va fatto, degli a-morali insomma. Gesù si fa mostrare una moneta, evidenziando così che loro maneggiavano il denaro con l'effige del nemico. La moneta da un denaro dell'epoca di Gesù aveva sul diritto l'effige dell'imperatore Tiberio con incisi i titoli e l'anno. L'imperatore era coronato d'alloro come un dio. Sul verso c'era l'effige della madre di Tiberio, Livia Drusilla, che tiene in una mano lo scettro di Giove (segno della forza militare) e nell'altra un ulivo (segno di pace): era la pax romana che Roma imponeva nel mondo di allora. Per gli Ebrei era proibito farsi immagini di Dio e anche dell'uomo, vera immagine di Dio. La moneta invece riportava l'immagine del divino imperatore, il dio che deteneva il potere assoluto su ogni uomo, una bestemmia per l'ebraismo che venerava il Dio inaccessibile e dal nome impronunciabile. La domanda di Gesù - di chi è l'immagine - è fortemente evocativa per i suoi interlocutori. Essa ricorda il decalogo (Esodo 20,4-5a [1]).
Moneta da un denaro con l'effigie di Tiberio (TI CAESAR DIVI AVG F AVGVSTVS) e di Livia Drusilla (PONTIF MAXIM).
Questo dio-imperatore che domina tutti è anche l'antitesi del Dio cristiano, che è pura misericordia e perdono, un Dio il cui giudizio consiste nell'essere giudicato e messo in croce. Esiste una distanza infinita tra le descrizioni di dio date da qualsiasi religione e il Dio di Gesù. Purtroppo ci lasciamo continuamente ingannare, come gli alberi che hanno scelto il rovo e come gli israeliti che hanno scelto Abimèlech. All'iscrizione sulla moneta che celebra il divino augusto fa da contrappunto l'iscrizione Re dei giudei sulla croce di Gesù.
Cosa dunque è di Cesare e cosa è di Dio? Certamente da Dio vengono la vita materiale, le capacità fisiche e spirituali, il suo amore, le relazioni. Dio, come già si evince da tutto l'Antico Testamento, è il senso di tutta la vita dell'uomo.
Di Cesare è l'immagine sul pezzo di argento della moneta. Visto che voi avete in mano la moneta di Cesare - sembra dire ironicamente Gesù - datela pure indietro a Cesare. Il problema primario non è sapere cosa dare a Cesare ma cosa dare a Dio (la giustizia, la misericordia, ...): tutto il resto verrà da sé. Si veda anche Matteo 6,33 [2].
I primi cristiani avevano il problema di non passare da sovversivi per cui - in tutti gli ambiti in cui questo era possibile - cercavano di essere sudditi onesti della propria nazione. Lo stesso S.Paolo (Romani 13,1-7) raccomanda di pagare le tasse e seguire le leggi perché l'esistenza di autorità è voluta da Dio dato che serve per il bene pubblico e fa da deterrente per il male. Quella di S.Paolo è una affermazione astuta: lui dà la definizione positiva di come debba essere lo stato ma capovolgendo il suo discorso si ricava che, nel caso in cui lo Stato non serva il bene comune, allora diventa illegittimo: non è più voluto da Dio e diventa la bestia di Apocalisse 13 che non va più servita anche a costo della vita. Da servitori dello Stato si diventa così martiri dello Stato diventato Satana. Nell'ultimo secolo ci sono stati coloro (pochi) che non si sono piegati alle dittature, alle mafie, ... Occorre molta acutezza per capire dove non bisogna piegare il ginocchio. Purtroppo si fanno invece troppe alleanze e concordati...
Dare a Dio quel che è di Dio significa essere coscienti che Dio è Padre e noi siamo tutti fratelli. Se non si tiene fermo questo punto si tradisce la propria vocazione e si crocifigge nuovamente Gesù. Occorre stare in guardia a che la nostra "religione" non diventi uno strumento di potere che conferma gli altri poteri. I maggiori nemici del cristianesimo non sono infatti quelli che noi solitamente consideriamo "i nemici" ossia quelli che ci si oppongono e - potendo - ci opprimono. Essi, al massimo, hanno il potere di farci diventare martiri, cioè testimoni e, quindi, - come è avvenuto con la croce di Gesù - essi paradossalmente accelerano il regno di Dio. I maggiori nemici del cristianesimo sono quelli che ci adescano con alleanze e prospettive di prestigio, di potere o di tranquillità e privilegi in modo da trasformarci - come minimo - in conniventi e complici.
La risposta di Gesù non è una ricetta pre-cotta. E` un criterio per orientare la ricerca del comportamento di volta in volta più consono al tipo di organizzazione sociale in cui ci troviamo a vivere. La funzione dei cristiani nella politica non è quella di organizzare un centro di potere buono (almeno nelle intenzioni) ma di fare da coscienza critica a chi, in ogni fase storica, esercita il potere. E` la posizione scomoda del profeta ma è l'unica percorribile per non svilire e magari tradire il messaggio cristiano.
Alla risposta di Gesù gli interlocutori tacquero. Il loro silenzio mostra che realmente non erano interessati alla risposta, altrimenti avrebbero chiesto spiegazioni. Erano solo interessati ad incastrarlo.
[1] Esodo 20,4-5a: Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.
[2] Matteo 6,33: Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.