Il tema Un salmo composto da una persona perseguitata che affida la sua causa a Dio e immagina di poter entrare nel santuario del Signore a rendergli lode per la sua gloria, la sua potenza, la grazia che gli dona di vivere bene anche questa situazione.
1Salmo.
Di Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda.
2O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne,
come terra deserta, arida, senz'acqua.
3Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
4Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
5Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
6Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
7Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
8a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
9A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
10Ma quelli che attentano alla mia vita
scenderanno nel profondo della terra,
11saranno dati in potere alla spada,
diverranno preda di sciacalli.
12Il re gioirà in Dio,
si glorierà chi giura per lui,
perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.
Questo Salmo, nella Liturgia delle Ore, è inserito all'inizio delle lodi mattutine della Domenica della prima settimana. Dunque viene recitato il mattino di tutte le feste e solennità e, soprattutto, il mattino di Pasqua. Il quadro che ci presenta è un notturno vissuto da un pellegrino o da un sacerdote che non dorme. Diversamente da altre situazioni angosciate e di prova della fede (ed es. Salmo 77(76)) il salmista qui resta sveglio perché pensa a Dio come a qualcosa di molto desiderato e desiderabile: paragona se stesso alla terra arida che attende l'acqua. In effetti sappiamo, dalla nostra esperienza, che non si riesce a dormire sia quando si vivono drammi e preoccupazioni sia quando si è felici e ci sembra che il sonno sia quasi una perdita di tempo: lo stesso fenomeno (l'insonnia) è dunque prodotto da due vissuti completamente diversi, due vissuti ugualmente raccontati nello stesso libro, il Salterio, che non tralascia alcun aspetto dell'animo umano. Questo salmo è attribuito a Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda. Anche se Davide era sempre stato leale con il re Saul questi temeva volesse spodestarlo. Per questo Saul voleva uccidere il giovane Davide che dunque si nascondeva nel deserto. Si tratta di una attribuzione fittizia: Gerusalemme sarà conquistata da Davide solo dopo la morte di Saul e la sua ascesa al trono (circa 1000 a.C.), non c'era ancora alcun santuario a Gerusalemme e la capitale era ancora Samaria. E` uso comune attribuire un componimento a un personaggio del passato quando si vuole esprimere con lui comunanza di sentimenti e di situazioni, come capiremo alla fine di questo componimento(1). Il bisogno di Dio è così forte che questo salmista si alza all'aurora ed entra nel Santuario. Potrebbe essere un sacerdote che pernottava entro il recinto del Tempio nella sua settimana di turno oppure un pellegrino che, dopo un viaggio di vari giorni, era impaziente di arrivare. Inoltre l'antica reggia di Gerusalemme era collegata al Tempio in modo che il re potesse accedervi agevolmente. Il salmista si muove e Dio è il motivo del suo muoversi (la parola "motivo" significa appunto "ciò che fa muovere").
Questo salmo dovrebbe farci ripensare a quale sia il motivo che ci fa alzare la mattina e ci spinge ad agire durante la giornata. Se per caso smarriamo il "motivo" ecco che allora smettiamo di "muoverci". Perché questo non accada dobbiamo considerare tre cose. Innanzitutto non dobbiamo legarci troppo, quasi fosse un valore assoluto, a qualsiasi cosa che non sia Dio stesso. Infatti qualsiasi affetto terreno non può non deludere, perché è limitato e noi siamo figli di Dio: siamo alla ricerca dell'infinito. D'altra parte non dobbiamo usare il nostro "motivo", cioè il nostro ideale, a mo' di pretesto per non muoverci affatto, cioè per non agire: qualsiasi parrocchia, qualsiasi associazione, qualsiasi compagno di vita sono imperfetti e potremmo essere tentati di "lasciar perdere" e disimpegnarci. Infine il motivo del nostro impegno non va soffocato con tanti altri motivi concorrenti: non possiamo fare e fare bene tutto.
Il salmista ha una certezza che lo fa muovere: il suo Signore è potente e pieno di gloria; è onnipotente cioè è decisivo per la salvezza della sua vita personale e anche per tutto il creato. Tutta la Bibbia è una progressiva rivelazione della gloria di Dio e di come stiano assieme la sua potenza e la sua misericordia. Possiamo così osservare che nel vangelo il Natale è preparato annunciando "la potenza dell'Altissimo" (Luca 1,32) e cantando la "gloria di Dio" (Luca 2,14); nel Getsemani Gesù si abbandona al Padre per il quale "tutto è possibile" (Marco 14,36(2)). Questa è la fede nel Dio che salva. L'ateismo infatti si manifesta dicendo che Dio "o non esiste o è cattivo" espressione che è l'esatto opposto di "è potente ed è misericordioso". Questa definizione di Dio può essere vista come il punto di contatto fra le tre religioni monoteiste.
La grazia che vale più della vita è il dono di Dio. Grazia non significa solo salvezza nel senso di essere "graziati" o di essere "nelle grazie" di Dio. Questa parola ha in origine anche un connotato estetico: esprime la capacità di agire bene in tutte le situazioni. Ad esempio di Gesù viene detto che "cresceva in grazia" (Luca 2,52) e infatti si seppe muovere bene sia nel momento del successo (ad es. dopo la moltiplicazione dei pani, quando tutti lo volevano re) sia nell'abbandono da parte di tutti durante la Passione. Il salmista dunque ringrazia Dio che gli dona la grazia di saper vivere bene in ogni occasione, piacevole o sgradevole, della sua vita.
Il salmo prosegue poi con alcune immagini molto poetiche sulla certezza dell'aiuto di Dio e ritorna il tema della veglia notturna.
Con il versetto 9 termina la parte del salmo che compare nella nuova Liturgia delle Ore redatta dopo il Concilio Vaticano II. Sulla Bibbia invece il salmo prosegue con tre versetti imprecatori. La nuova Liturgia delle Ore, diversamente dal passato, è diretta a tutti i battezzati e dunque evita di includere parti che il fedele non preparato potrebbe fraintendere. Ma è sperabile che, migliorando il livello di conoscenza dei laici, si possa tornare a recitare il salmo per intero.
Questi versetti finali rivelano infatti la situazione reale in cui si trova a pregare il salmista: è perseguitato dai suoi nemici. Dunque dopo aver chiesto a Dio la grazia, ossia la capacità di vivere bene questa situazione, in questi versetti esprime il proprio desiderio umano e cioè che chi attenta alla sua vita sprofondi sotto terra. Ancora una volta ci viene mostrato che la Bibbia non è una raccolta di buoni sentimenti ma la manifestazione della realtà così come essa è. Dio ci autorizza a manifestare tutto quel che proviamo, senza alcun velo, e di metterlo per iscritto nella Parola di Dio.
Sappiamo dalla stessa Bibbia che Davide, che nella finzione è l'autore del salmo, non tirò fuori la spada, non tappò la bocca a Saul e non lo uccise: lasciò che gli eventi si svolgessero secondo la volontà di Dio e non usò la sua elezione divina per distruggere l'avversario.
Davide manifesta con sincerità il suo desiderio ma la sua stessa fede nella potenza di Dio fa sì che non decida di "arrangiarsi da solo", quasi che Dio non lo possa salvare.
(1) Questo metodo non è esclusivo della Bibbia: ad esempio la famosa "Preghiera di S.Francesco "Signore fa di me uno strumento..." è una preghiera del XIX secolo scritta da un credente che intendeva riprodurre lo spirito di Francesco.
(2) Marco 14,36: E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu».