15Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». 16Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: "Venite, è pronto". 18Ma tutti, uno dopo l'altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi". 19Un altro disse: "Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". 20Un altro disse: "Mi sono appena sposato e perciò non posso venire". 21Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: "Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi". 22Il servo disse: "Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto". 23Il padrone allora disse al servo: "Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. 24Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena"»
Il tema Quanto siamo davvero convinti che l'aldilà è un banchetto cui sono invitati tutti e per grazia di Dio? Siamo di quelli che pensano d'essere tra i pochi eletti? Oppure di quelli che in fondo non ci credono e si concentrano o in una vita dispersa o in una vita irreprensibile ma comunque senza speranza?
Gesù, dall'inizio del capitolo 14, è invitato a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei dove ha cominciato a spiegare lo stile che ha Dio nel relazionarsi con l'uomo: Gesù ha guarito un idropico e raccontato le due parabole sulla scelta di posti e invitati. Questo pranzo cui Gesù partecipa si è già rivelato come la negazione di quel che dovrebbe essere il mangiare insieme: i farisei sono lì per osservare i suoi eventuali punti deboli e non per condividere un pasto in amicizia.
Il brano precedente termina con Gesù che proclama beati coloro che invitano gli ultimi, quelli che non hanno da ricambiare. Uno dei commensali, con cortesia formale, gli risponde cercando di riprendere la frase di Gesù sulla base di quanto ha capito: "Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio", espressione che ricorda un po' la frase dell'attonito Pietro nella trasfigurazione: "Maestro, è bello per noi essere qui...". Allora Gesù, per chiarire ulteriormente chi è colui che invita e chi sono gli invitati, racconta un'altra parabola che terminerà con una affermazione sconfortante: "Nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena". E certamente i farisei, i migliori rappresentanti del popolo eletto, si consideravano i primi invitati al banchetto del regno di Dio.
Come avviene anche oggi quando si organizza un ricevimento (ad es. un pranzo di matrimonio) prima si sceglie chi invitare - esistono vincoli di spesa e di incompatibilità fra persone - poi si spediscono gli inviti e infine, nell'imminenza della data, si chiede conferma per sapere più esattamente chi sarà presente. In questa parabola si tratta di una grande cena e vengono fatti molti inviti. Dunque, fuori di metafora, Dio invita tutti e si pone in relazione con tutti gli uomini. Anche nella vita quotidiana declinare un invito all'ultimo momento è - in generale - un atto di scortesia. A questo incontro con Dio, nel momento in cui il banchetto è pronto, queste persone non vogliono più andare: è quel che accade comunemente a noi quando rimuoviamo completamente il pensiero che esista un aldilà stupendo che ci attende [1].
I motivi che gli invitati adducono per scusarsi riprendono le regole di chiamata alle armi della legge d'Israele che sicuramente questi farisei conoscevano bene:
[In caso di guerra] 5I capi diranno al popolo: C'è qualcuno che abbia costruito una casa nuova e non l'abbia ancora inaugurata? Vada, torni a casa, perché non muoia in battaglia e altri inauguri la casa. 6C'è qualcuno che abbia piantato una vigna e non ne abbia ancora goduto il frutto? Vada, torni a casa, perché non muoia in battaglia e altri ne goda il frutto. 7C'è qualcuno che si sia fidanzato con una donna e non l'abbia ancora sposata? Vada, torni a casa, perché non muoia in battaglia e altri la sposi. (Deuteronomio 20,5-7)
Questo garbato riferimento alla Torah serve a Gesù per far capire ai suoi commensali che il discorso è rivolto innanzi tutto a loro: sono loro i primi invitati che, facendosi scudo della Legge, non vogliono accettare l'invito.
In Deuteronomio 8 si narra di Israele che entra nella Terra Promessa dove potrà finalmente vivere del suo lavoro. Ma il Signore mette in guardia il suo popolo dal dimenticare che tutto, nella vita, è dono di Dio: «Guardati dal pensare: La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze. Ricordati invece del Signore tuo Dio perché Egli ti dà la forza per acquistare ricchezze» (Deuteronomio 8,17-18).
Le persone che cominciano a scusarsi sono quelle che non ricordano che quello stesso Signore, che dona loro la vita terrena, dona anche la vita eterna. E` come se dicessero: ci basta l'aldiquà, il banchetto non ci interessa e nemmeno ci crediamo. Questo punto dovrebbe farci riflettere su certa religione orientata solo all'attivismo in questo mondo, dove la Chiesa sembra diventare una ong che estrapola il messaggio morale del vangelo e butta via il messaggero. Le persone che rifiutano sono anche quelle - citate in 14,12 - che possono dare il contraccambio ossia quelle che hanno un concetto commerciale delle relazioni. Non considerano come un dono gratuito l'aver ricevuto l'invito; è per loro una sorta di diritto naturale cui possono rinunciare liberamente.
Per le strade vi sono quelli senza campo, senza buoi, senza famiglia e sono quelli che il Signore del banchetto fa cercare. Sono gli impuri ossia, per i farisei, coloro che non avevano diritto ad accedere al Tempio: quelli troppo poveri per versare l'offerta, gli storpi, i ciechi e gli zoppi. Nel mondo d'oggi potrebbero essere i non praticanti, quelli ai margini di quella che chiamiamo la "civiltà cristiana". Nessuno di questi ha diritto. E' gente che ha bisogno, bisogno di un pasto gratis, in questo caso. Ma il bisogno di queste persone non è minore del bisogno di Dio di raggiungerle. Questa scelta del Signore dovrebbe far confondere i primi che hanno rifiutato l'invito, come ci dice San Paolo:
Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio (1Corinzi 1,27-29).
Anche Israele fu scelto perché il più piccolo dei popoli (Deuteronomio 7,7-8 [2]) e con lo stesso criterio fu scelto Davide (1Samuele 16,4-13), ultimogenito della famiglia. A quanto pare questi farisei l'hanno dimenticato. Anche noi dovremmo ricordare che Dio ci sceglie solo perché siamo figli suoi e non per una qualche qualità. Con lo stesso criterio Gesù ha scelto i Dodici.
C'è ancora posto, come spiegherà Gesù nell'ultima cena (Giovanni 14,1-2 [3]). Già ad Abramo Dio aveva promesso una discendenza più numerosa delle stelle (Genesi 15,5 [4], Apocalisse 7,9 [5]). Il servo ora esce addirittura dalla città e cerca gli estranei, quelli di fuori, i nemici. Fino a che manca anche uno solo al banchetto c'è ancora posto, come vedremo nella parabola della pecora smarrita.
Nessuno gusterà la mia cena ci ricorda il padrone che chiude la porta stretta in 13,25. Alla fine gli unici esclusi sono proprio quelli che erano stati invitati perché si sono creduti autosufficienti, non più dunque figli di Dio. Ecco perché nella Messa, prima della Comunione, diciamo tutti insieme "Signore io non sono degno di partecipare alla tua mensa ma di' soltanto una parola e io sarò salvato". Se siamo salvi è solo perché Dio insiste: ci costringe ad entrare. Infatti neppure gli ultimi rispondono facilmente: anche per loro occorre insistere. Perché per tutti la difficoltà maggiore è credere che l'incontro con il Signore avviene in una festa. Per tutti chiamare Dio col nome di "Padre" è faticoso e anche nella messa noi "osiamo dire: Padre nostro", osiamo cioè qualcosa che ci sembra impossibile a credere.
Al tempo di Luca esistevano ancora grossi problemi fra i cristiani venuti dall'ebraismo e quelli venuti dal paganesimo. I primi erano perseguitati dagli ebrei "puri" e a loro volta facevano fatica ad accettare gli impuri pagani battezzati. Questa parabola vuol anche ricordare che non esistono puri ed impuri per nascita fra i figli di Dio.
[1] C'è una frase di un politico famoso che esprime bene questo modo di pensare, comune e assurdo nello stesso tempo: «Io ho... una sola aspirazione: quella di morire in grazia di Dio, il più tardi possibile» (Giulio Andreotti, 1980).
[2] Deuteronomio 7,7-8: Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi ama...
[3] Giovanni 14,1-2: Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto.
[4] Genesi 15,5: Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza».
[5] Apocalisse 7,9: Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani.