17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».
21In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 22Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
23E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. 24Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Il tema Uno squarcio entusiastico sulla gioia di Dio che abbraccia in un colpo solo tutta la storia della salvezza. Sapere di essere figli è la più bella scoperta per noi e lo è anche per Dio Padre che realizza quell'incontro con l'uomo che è mancato nel Paradiso Terrestre. Questa gioia si propaga alle genti future che credendo vedranno ciò che i settantadue discepoli vedono.
Questo passo di Luca è molto più adatto alla semplice contemplazione che alla parafrasi e spiegazione. Rappresenta uno squarcio entusiastico sulla gioia di Dio e abbraccia in un colpo solo tutta la storia della salvezza. E` bello avere vinto il male, dice Gesù, è bello essere tornati allo stato dell'Eden (vincendo il Serpente) ma la cosa più bella è che tutti gli uomini - i settantadue simboleggiano l'umanità intera - sono ora figli di Dio, e i loro nomi sono scritti nei cieli.
Gesù vede in anticipo, in questi settantadue, il culmine della creazione, vede il pieno successo della sua missione - la quale, non dimentichiamolo, gli costerà la croce - e dunque danza di gioia spiegando loro il motivo maggiore per cui essere felici. Sapere di essere figli è la più bella scoperta per noi e lo è anche per Dio Padre che realizza quell'incontro con l'uomo che è mancato nel Paradiso Terrestre. Questa gioia si propaga alle genti future che credendo vedranno ciò che i settantadue discepoli vedono.
Quanti siano "i settantadue" nel mondo e nella storia è difficile da immaginare. Questo manifesto rappresenta i 103 martiri coreani, uomini e donne di tutte le età, canonizzati da S.Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984. A lato il numero dei soli operatori pastorali uccisi nel mondo. Ogni anno nel mondo vengono uccise per odio della fede circa 100.000 persone.
Innanzitutto il ritorno dei settantadue simboleggia e prefigura il ritorno a Dio di noi tutti: da Dio veniamo e a Dio ritorniamo. E sarà un ritorno di gioia. La prima ragione di gioia, dicono i discepoli, è che i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome. Se, fino a quel momento, tutta l'umanità era stata sottomessa al male e aveva come dio Satana, ora il male, il falso dio, è detronizzato e viene finalmente riconosciuto come Dio il vero Dio. L'umanità, prigioniera dell'inganno che dio sia cattivo e punitore, viene liberata dalla missione che manifesta il contrario: Dio ci ama di un amore eterno, dà la vita per noi peccatori, il suo potere è il perdono, la sua essenza è la misericordia.
Il nucleo della evangelizzazione è manifestare la Luce che vince le tenebre (Giovanni 1,1-9), la luce che svela la menzogna di Satana. L'aver smascherato Satana segna la fine della finta pace e l'inizio della nostra lotta quotidiana. Finché Satana domina e noi lo veneriamo come dio non c'è lotta, noi ce ne stiamo sottomessi. E` un po' quello che accadeva all'uomo nel primo esorcismo (Luca 4,31-37) che, fino a quel giorno, mentre era posseduto, aveva abitato, inconsapevole e tranquillo, la sinagoga di Cafarnao. L'evangelizzazione dunque libera la mia vita ossia mi restituisce quelli che, in teologia, sono chiamati i doni preternaturali: la condizione di Adamo ed Eva prima del peccato. "Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno" (Romani 8,28).
Questa vittoria iniziale è un primo motivo di gioia, dice Gesù: Satana cade come una folgore, come un fulmine che nuoce solo se ne siamo investiti e non nuoce se siamo a debita distanza. Stare attenti dunque che il pericolo non è finito.
Il serpente, che uccide con la bocca, rimanda al Serpente dell'Eden, la cui parola di menzogna traviò l'umanità all'inizio facendoci credere che Dio, in sostanza, non ci ama (cfr Genesi 3,1.5). Il vangelo è invece la prova che Dio ci ama: ci ha dato suo Figlio, ossia ci ha dato se stesso. Credendo al serpente il passaggio della morte è diventato motivo di angoscia: se non c'è un Dio che mi ami allora con la morte finisce tutto, finisco io. Simbolo di questo stato è lo scorpione, l'animale che uccide con la coda, che può ora essere calpestato camminandoci sopra: ora so che la mia fine terrena non è la fine di tutto ma l'inizio della comunione col Padre.
Ma il vero motivo di gioia, oltre il fatto che Satana sia sottomesso, oltre il fatto che si torni uomini liberi, è che siamo divinizzati noi, diventiamo figli di Dio: i nostri nomi sono scritti nei cieli. Quanto grande sia questo bene è oltre la nostra capacità di comprensione. Abbiamo la misura di quanto siamo liberi osservando quanto andiamo verso i fratelli. L'effetto esterno della nostra realizzazione come figli è evidenziato dal nostro rivolgerci verso i fratelli. Per questo la missione è affare che riguarda tutti.
Questo è il risultato della redenzione operata da Gesù. In queste frasi è come se venisse riassunta l'intera storia della salvezza, come viene rappresentata in alcuni passi dell'Apocalisse di S.Giovanni. Questo quadro unisce insieme la gioia per la creazione ("e vide che era molto bello", Genesi 1,31) e per il ritorno a casa dell'intera umanità, che Dio ama immensamente dall'inizio.
Delle otto volte in cui Gesù invoca il "Padre", in tutto il vangelo di Luca, cinque compaiono qui. Le altre tre volte si trovano nel Getsemani (22, 42) e sulla croce (23,34.46). Qui Gesù proclama, esultante, che il Signore del cielo e della terra è il suo papà, il quale è anche papà di tutti i piccoli (letteralmente: gli infanti) che non sanno ancora parlare e balbettano "Abbà". La conoscenza tra Padre e Figlio è il loro amore e dono reciproco. Tale amore viene rivelato a noi, ai piccoli, a tutti: Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (1Timoteo 2,4). E la verità non è qualche segreta informazione ma proprio il mistero d'amore della Trinità divina.
Gesù in disparte rivela ai discepoli, in modo che se ne ricordino nello smarrimento che avverrà dopo qualche mese, che la contemplazione di questa gioia fu desiderata dai profeti e dai re d'Israele del passato. Si ha come la percezione di una certa invidia di Luca stesso, in questi versetti: lui, non ha potuto vedere e udire di persona ciò che i discepoli hanno visto e udito. Lui ha potuto e dovuto vedere, come noi oggi, con gli occhi del cuore.