1Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 2Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». 3Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». 5E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato».
Il tema Il sabato è necessario all'uomo perché smettendo per un giorno di affannarsi impari a essere figlio di Dio altrimenti la vita è una sorta di condanna ai lavori forzati e la terra non è il luogo da abitare ma il luogo invaso dal nostro desiderio di dominio.
Questo è il terzo sabato citato da Luca, dopo l'annuncio a Nazareth (4,16) e la guarigione dell'ossesso a Cafarnao (4,31). Luca mette in relazione il campo di grano, figura del pane, e Gesù, nostro cibo, che vi cammina sopra. Le parole e i verbi utilizzati (prendere... mangiare... dare...) richiamano l'eucarestia, il cibo del nuovo sabato, Gesù che si dona come cibo all'uomo, al peccatore, al paralitico i quali cominciano a vivere di Lui. E come il Figlio dell'Uomo è signore del sabato ogni altro figlio d'uomo può cominciare a vivere come signore del sabato.
Nel testo greco l'espressione qui tradotta con "sabato" è un termine che significa letteralmente "sabato secondoprimo" o "sabato deuteroproto" (deutero = secondo, proto = primo o nuovo). Secondo Levitico 25,1-7 per gli ebrei, ogni sette anni era stabilito un anno sabbatico di riposo della terra (non si seminava e non si mieteva). Passati sette anni sabbatici (49 anni, sette settimane d'anni) c'era l'anno giubilare (il cinquantesimo, vedi Levitico 25,8ss) che era di nuovo sabbatico e in più prevedeva il riscatto degli schiavi, la remissione dei debiti, la re-ripartizione della terra secondo la divisione originale di Giosuè. Stando a 1Mac 6,49-53 in cui è citato espressamente l'anno sabbatico del 161-160 a.C. (da settembre a settembre) e a questa strana espressione di Luca possiamo dedurre che questo episodio delle spighe avvenga in un "sabato di secondo anno sabbatico" ossia in un sabato dell'estate-autunno dell'anno giubilare 30-31 d.C., dopo l'anno sabbatico 29-30. Non è dunque un normale sabato quello in cui i discepoli di Gesù infrangono il precetto, ma un sabato di anno giubilare. Il che spiega la puntigliosità di Scribi e Farisei anche se, a quanto pare, per ovvi motivi di interesse, l'istituto dell'anno sabbatico e, a maggior ragione, dell'anno giubilare non ebbero mai grande successo in Israele.
Il sabato è il giorno in cui "Dio cessò da ogni lavoro" (Genesi 2,1-3) e volle che anche l'uomo facesse altrettanto. L'uomo, creato il sesto giorno, è fatto per il settimo giorno, per la gioia di Dio, la festa di Dio, la comunione con Dio. E tutta la creazione attende la sua conclusione in questo settimo giorno (cfr Romani 8, 19-22).
Il significato del sabato si estende con l'istituzione della legge scritta (il Decalogo, Esodo 20,8-11) in cui l'osservanza del sabato è legata alla liberazione dalla schiavitù d'Egitto. Questo comandamento, assieme ad onorare il padre e la madre è l'unico comandamento "positivo": gli altri sono negazioni: non uccidere, non rubare ecc. La condizione per abitare la Terra Promessa (ossia restare uomini liberi) è "trattenere il piede dal violare il sabato" (Isaia 58,13).
L'osservanza del sabato consiste nel "non fare alcun lavoro" (Deuteronomio 5,14) perché è il tempo di godere. Il sabato serve a ricordare che non vivo di ciò che faccio ma del dono di Dio: il cielo, la terra, i fratelli, me stesso, tutto ci è dato. Dio stesso mi si è dato. Il sabato è necessario all'uomo perché smettendo per un giorno il fare impari a essere figlio altrimenti la vita è una sorta di condanna ai lavori forzati e la terra non è il luogo da abitare ma il luogo invaso dal nostro desiderio di dominio.
Deuteronomio 5,12-15 spiega che il sabato è il momento in cui la tua libertà è anche la libertà di tutti gli altri, in cui tutti sentono che sono figli di Dio, del Dio a servizio dell'uomo. E` il giorno dedicato a capire perché si è al mondo e a capirlo tutti insieme. Il vero culto a Dio non consiste nel far qualcosa per lui ma vivere liberi della creazione che ci è donata.
Il sabato non è dunque un "riprender fiato" per ricominciare il giorno dopo ma il senso e lo scopo dei sei giorni precedenti. E l'obiettivo di tutta la vita è il sabato eterno. Marco 2,23-27 nel passo parallelo specifica: "il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato". E` Dio che dà la vita per l'uomo, non l'uomo che sacrifica la sua vita per Dio.
Sono occorsi secoli, in occidente, per arrivare a questo giorno di riposo uguale per tutti, vittoria "sindacale" cristiana misconosciuta e tradita da tanti che si dicono difensori del popolo. Ad esempio con la rivoluzione francese si tentò di introdurre la "decumana". In questi decenni quasi tutti i movimenti politici hanno accettato il principio consumistico di far lavorare le persone anche la domenica.
Mentre i discepoli strappano degli steli di grano e ne aprono le spighe per mangiarne i chicchi, gli Scribi e i Farisei (figura di ciascuno di noi quando passiamo il tempo a criticare gli altri) interpretano in modo puntiglioso la legge e ricordano che tra le azioni vietate il sabato c'è il mietere e il macinare il grano. Trasformano così un giorno di festa per l'uomo in una proibizione irrazionale. Il famoso fisico Richard Feynman (1918-1988), nobel nel 1965, raccontava che alcuni studenti rabbini gli chiesero una volta se l'elettricità poteva essere assimilata a un fuoco perché, si giustificarono, se era così era per loro vietato accendere il fuoco di sabato ossia schiacciare il tasto dell'ascensore. Questa regola (non usare elettrodomestici di sabato) è ancora oggi seguita da alcuni gruppi di ebrei ortodossi. Dato che la vita in giorno di sabato diverrebbe impossibile questi lavori vengono assegnati a non-ebrei...
Per rispondere alla provocazione Gesù cita un episodio della vita di Davide (1Sam 21), immagine del Messia, quando stava fuggendo da Saul che intendeva ucciderlo. Gesù applica a se stesso la figura di Davide e allude alla propria Ultima Cena che mangerà con i discepoli: come Davide prese i pani dell'offerta e ne portò ai suoi compagni così Gesù darà il suo pane a quelli con lui quando cercheranno di ucciderlo.
I pani mangiati da Davide e dai suoi amici sono quelli descritti in Levitico 24,5-9. Sono i dodici pani che si mettevano nel Santo dei Santi e si sostituivano freschi ad ogni sabato. Le tribù sono rappresentate dal pane che è simbolo della vita e la vita delle tribù è stare alla presenza di Dio. Questi pani venivano mangiati dai sacerdoti ed è detto che ciò era "per loro cosa santissima," una anticipazione di quello che sarà l'eucarestia. Con la sua risposta Gesù afferma infatti che ora tutti sono chiamati a mangiare questo pane: siamo tutti sacerdoti che possono mangiare di Dio, di tutto quanto ci è donato. E` il sabato perenne. Come si vede Gesù va ben oltre lo smontare una prescrizione puntigliosa.
Il nostro giorno festivo è la domenica, "il primo giorno della settimana" (Luca 24,1) a indicare che tutto il tempo (tutta la settimana) ora può essere una festa: siamo in comunione col signore del sabato, purché restiamo in comunione coi fratelli. Altrimenti si mangia e si beve la propria condanna (1Corinti 11,17-34).
E` utile infine spendere qualche parola su come intendere la legge e in particolare le proibizioni. La prima immagine di Dio che viene consegnata all'uomo è quella d'un Dio che proibisce ("È vero che Dio ha detto: «Non dovete mangiare di alcun albero del giardino»?" Genesi 3,1). Questa è la domanda insidiosa del Serpente. In realtà, spiega la Genesi, Dio ci vieta solo quel che ci dà la morte, il che è molto ragionevole: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire" (Genesi 2,16-17). E` vietato non essere figli, non essere fratelli, non condividere, in definitiva non essere uomini. Dio si dona tutto all'uomo, non è il suo antagonista, come dice il Serpente. Dio non ci vieta di vivere ma ci ordina di vivere: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra" (Genesi 1,28).
Il principio del lecito e illecito è dunque la vita dell'uomo: ciò che favorisce la vita è lecito e ciò che è contro la vita dell'uomo è illecito. Il dovere non sta "sopra" alla vita e all'amore con Dio che fa da occhiuto sorvegliante. Una vita impostata sui divieti e controllata da un Dio giustiziere è veramente impostata male e hanno piena ragione gli atei a ribellarsi. L'episodio di Davide ci insegna anche che principio del lecito e illecito è anche il bisogno dell'uomo, quel che gli serve per vivere. E l'uomo ha fame di tante cose: di senso, di amore, di felicità. Come recita un detto popolare: "La fame non conosce legge" e la fame di Davide ha più valore della prescrizione.
La fame di Dio dovrebbe essere dunque il principio d'ogni legge altrimenti la legge è brutale e disumana. Anche Dio ha fame d'essere amato dall'uomo, come vedremo nell'episodio del fico sterile.
L'uomo non ha, nel profondo, fame di cose da tenere in mano o di persone da tenere in pugno: l'uomo ha fame di amore, di perdono, di relazione. Siamo però spesso ingannati su quale tipo di fame abbiamo.