Il tema Notte insonne di qualcuno che, probabilmente da parecchio tempo, ha un problema grave che non lo fa dormire. Il nodo dell'angoscia del salmista è la memoria, focalizzata sul felice passato e sul doloroso presente. Lui ritiene che Dio debba continuare a consolarlo come negli anni passati: potremmo dire che è un figlio di Dio un po' mammone. Ma la stessa memoria, guidata da un cuore onesto, diventa lo strumento per superare lo stallo, smettere di pensare solo a sé e capire che la vita di Israele è sempre stata travagliata, anche nei momenti che si immaginano di sola felicità.
1Al maestro del coro. Su «Iedutùn».
Di Asaf. Salmo.
2La mia voce verso Dio: io grido aiuto!
La mia voce verso Dio, perché mi ascolti.
3Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore,
nella notte le mie mani sono tese e non si stancano;
l'anima mia rifiuta di calmarsi.
4Mi ricordo di Dio e gemo,
medito e viene meno il mio spirito.
5Tu trattieni dal sonno i miei occhi,
sono turbato e incapace di parlare.
6Ripenso ai giorni passati,
ricordo gli anni lontani.
7Un canto nella notte mi ritorna nel cuore:
medito e il mio spirito si va interrogando.
8Forse il Signore ci respingerà per sempre,
non sarà mai più benevolo con noi?
9È forse cessato per sempre il suo amore,
è finita la sua promessa per sempre?
10Può Dio aver dimenticato la pietà,
aver chiuso nell'ira la sua misericordia?
11E ho detto: «Questo è il mio tormento:
è mutata la destra dell'Altissimo».
12Ricordo i prodigi del Signore,
sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo.
13Vado considerando le tue opere,
medito tutte le tue prodezze.
14O Dio, santa è la tua via;
quale dio è grande come il nostro Dio?
15Tu sei il Dio che opera meraviglie,
manifesti la tua forza fra i popoli.
16Hai riscattato il tuo popolo con il tuo braccio,
i figli di Giacobbe e di Giuseppe.
17Ti videro le acque, o Dio,
ti videro le acque e ne furono sconvolte;
sussultarono anche gli abissi.
18Le nubi rovesciavano acqua,
scoppiava il tuono nel cielo;
le tue saette guizzavano.
19Il boato dei tuoi tuoni nel turbine,
le tue folgori rischiaravano il mondo;
tremava e si scuoteva la terra.
20Sul mare la tua via,
i tuoi sentieri sulle grandi acque,
ma le tue orme non furono riconosciute.
21Guidasti come un gregge il tuo popolo
per mano di Mosè e di Aronne.
Questo salmo nella prima parte ci presenta, come troviamo spesso nel Salterio, un uomo che medita quel che gli sta capitando. Il Libro dei Salmi è un invito a prendere in considerazione la propria vita reale, sia gli aspetti gradevoli e belli, che quelli dolorosi e angoscianti. Nella seconda parte invece il salmista si rivolgerà direttamente a Dio.
Siamo davanti al resoconto della notte insonne di qualcuno che, probabilmente da parecchio tempo, ha un problema grave che non lo fa dormire.
All'inizio questa persona ci viene presentata visivamente con le mani tese e mentre geme: la voce è un tratto distintivo della persona. Dalla voce si capiscono l'età, il sesso e lo stato d'animo e fisico di chi sta parlando. Dalla voce si intuiscono particolari del carattere (timidezza, arroganza) in modo più diretto che dalle parole o dai gesti, i quali sono maggiormente dipendenti dalla cultura e dall'educazione. La voce di un bambino si alza o si abbassa di tonalità secondo che si rivolga alla mamma o al papà. La nostra voce, anche da adulti, mantiene delle caratteristiche acquisite nell'infanzia parlando ai genitori. Il Cantico dei Cantici gioca continuamente sul sentire la voce (2,14: «O mia colomba... fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave», 5,2: «Un rumore! La voce del mio amato che bussa...»).
L'angoscia è il sentimento più antico della nostra vita. La parola deriva da angusto, stretto e fa riferimento al passaggio nel canale del corpo della madre quando si è stretti, e non si può ancora respirare con i propri polmoni. L'angoscia, anche da adulti, fa mancare il respiro: «viene meno il mio spirito». L'angoscia, se pure è un sentimento molto doloroso, indica però che qualcosa di grande e di decisivo sta accadendo e ci fa intuire che o è la fine o tra poco si è fuori in una nuova vita più realizzata.
Nella vita d'ogni giorno l'angoscia di morire viene zittita occupando la mente con distrazioni. Questo è male perché prima o poi arriva il giorno in cui ci troviamo impreparati e non abbiamo più trucchi per silenziare l'angoscia.
Il protagonista del salmo è nell'angoscia tutto il giorno perché cerca Dio senza trovarlo e di notte le sue mani sono tese. Ma vuole vivere fino in fondo la sua umanità e rifiuta ogni facile anestetico, come Gesù rifiutò il vino mirrato sulla croce (Marco 15,23(1)). Nella notte si ricorda di Dio ma ciò non gli dà conforto: geme. Questo salmo mostra con realismo che rivolgersi a Dio non provoca automaticamente l'immediata consolazione (ricordiamo il buio di cui parla Madre Teresa).
Il salmista è molto franco e diretto con Dio: «Tu trattieni dal sonno i miei occhi», non usa mezzi termini, non è frenato, come noi, dall'idea che esista un galateo di buone maniere per rivolgersi a Dio (si veda la ben nota preghiera di Abramo: Genesi 18,23-32). Se questo tipo di preghiera è "Parola di Dio" e compare più volte nella Bibbia allora, evidentemente, Dio preferisce la franchezza ad inutili preamboli.
Come spesso accade nella notte insonne il protagonista del salmo incomincia a fare il confronto con anni felici passati, quando componeva salmi che erano un canto di gioia. E sorge la terribile domanda: «Forse il Signore... non sarà mai più benevolo con noi?» Dio forse non ha più quella venerazione speciale, quella pietà, per l'uomo creato a sua immagine?
E conclude con l'unica esplicita bestemmia che troviamo nella Bibbia: dichiara che Dio non è Dio. Se Dio, come l'uomo, muta, cioè viene meno all'alleanza, allora non è Dio.
Quest'uomo ricorda, del passato, solo gli aspetti piacevoli. E ritiene che Dio debba continuare a consolarlo come negli anni passati: potremmo dire che è un figlio di Dio un po' mammone. Dio però non ci promette la salvezza in questa vita ma nell'altra (come ha detto la Vergine a bambini di Fatima).
Come in altri salmi lo sguardo si allarga a tutto Israele raccontando i prodigi tramandati dal passato. Questo è già un principio di guarigione: il pensiero sta provando a considerare anche fatti che non riguardano il salmista direttamente. Il ragionamento poi continua: il popolo di Dio è stato prigioniero ed è stato poi riscattato, dunque anche per Israele le cose non vanno sempre bene e non vanno sempre male. Inoltre la liberazione non è avvenuta in modo tranquillo ma attraverso tuoni e saette. Anche gli eventi di Israele che consideriamo felici (il passaggio del Mar Rosso) sono avvenuti in mezzo al tremore e alla paura.
Di più: Dio stesso passò nel Mar Rosso ma le sue orme non furono riconosciute cioè la sua presenza non era immediatamente visibile. Non possiamo essere sicuri di sapere in che modo Dio opera e quale via prende: agisce sia quando le cose ci vanno bene sia quando ci vanno male e le sue tracce per noi sono invisibili. Le sue vie non sono le nostre vie, dunque non dobbiamo cadere nella illusione che Dio si manifesti solo nel successo dei nostri desideri, per quanto buoni e santi essi siano.
Esiste nella nostra vita anche il rischio di fissarci nell'errore opposto rispetto a quello di questo salmista, di credere cioè che Dio sia presente solo quando le cose vanno male: espressioni come "giudizi di Dio" sono spesso fuorvianti.
Il passato non va idealizzato come se fosse stato o tutto felice o tutto triste e analogamente il presente non va idealizzato (a rovescio): o tutto triste o tutto felice.
Il nodo dell'angoscia del salmista era la memoria, focalizzata sul felice passato e sul doloroso presente. Ma la stessa memoria, guidata da un cuore onesto, diventa lo strumento per superare lo stallo e smettere di pensare solo a sé.
Il salmo appare come troncato, come se lasciasse a noi di applicare la conclusione alle nostre vicende particolari come a dire: chi vuol capire capisca.
La fine del ghetto di Varsavia. L'Olocausto ha rappresentato una prova tremenda per tutto il popolo ebreo. «È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre?»
(1) Marco 15,23: