15Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. 16Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. 17In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà».
Il tema Noi siamo simili a Dio non perché siamo belli, intelligenti e bravi come Dio anzi... Siamo simili a Dio in quanto, coscienti del nostro limite, possiamo decidere di accettare gli altri come Dio accetta tutti, noi compresi. I bambini si affidano naturalmente agli adulti come noi dovremmo affidarci naturalmente a Dio Padre. E` in questo senso che essi ci sono di esempio.
In questa sezione del vangelo Gesù mostra che a partire dalla consapevolezza che abbiamo tutti bisogno di guarigione (siamo tutti lebbrosi) possiamo metterci in cammino dietro Gesù scoprendo che, mentre camminiamo, veniamo guariti, veniamo mondati. Coscienti d'avere un Padre possiamo vivere la fraternità e così il Regno di Dio è in mezzo a noi.
Questo testo è un po' un duplicato di Luca 9,46-48 dove i discepoli discutono fra loro per stabilire chi sia il più grande. La lettura del Salmo 131-130 è un valido punto di partenza per comprendere questo episodio del Vangelo:
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un bimbo svezzato è l'anima mia.
Speri Israele nel Signore,
ora e sempre.
Viene qui rappresentato un bimbo che sta in braccio alla mamma ma che non deve essere alimentato: è svezzato. Questo bambino è figura dell'uomo adulto che si affida a Dio e non ha bisogno di cercare altre sicurezze, a differenza di quei bambini che non sono stati o non si sentono accolti e che vanno sempre in cerca della conferma che qualcuno vuole loro bene. Nel testo greco, per indicare la prima volta i bambini (al v.15), viene usata la parola brefos che, propriamente, indicherebbe il feto ancora nel grembo della mamma, quasi a rappresentare una persona non ancora nata.
Nell'episodio di Nicodemo Gesù gli dice: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio» (Giovanni 3,3). Si nasce quando si scopre d'essere amati e Gesù, in quell'occasione, vuol portare Nicodemo a contemplare l'amore di Dio per lui. Noi nasciamo dalla ferita del cuore dell'altro, di chi ci ama. Nicodemo che nel cap. 3 di Giovanni è il vecchio che deve ancora nascere, quando raccoglierà il corpo di Gesù capirà da quale ferita e da quale amore lui è nato (cfr. Giovanni 19,37: guarderanno a colui che hanno trafitto). Si viene alla luce, infatti, quando si accetta di essere amati, quando si accetta di essere di qualcuno, quando si accetta di essere finiti e piccoli. In una parola: quando si accetta la propria identità. Altrimenti o si è disperati o si è nel delirio di onnipotenza, come i discepoli che sono convinti che il Regno di Dio consista nella loro presa del potere.
Nel Vangelo Gesù viene toccato soltanto da due persone, la prostituta e l'emorroissa. A sua volta Gesù tocca solo gli intoccabili e le persone poco importanti: la suocera di Pietro, i ciechi, il muto, i lebbrosi, la bara del bimbo morto, i bambini, l'orecchio di Malco. Toccare è simbolo di comunione, di identificazione, è il simbolo della fede nella sua concretezza. Come Gesù sgrida i demoni così i discepoli pretendono di rimproverare chi presenta a Gesù i propri bambini, immaginiamo si tratti delle mamme. Nella società del tempo i discepoli di un rabbi facevano effettivamente anche da guardie del corpo, da guardia d'onore. Più che per esigenze di sicurezza era un modo per sottolinearne la dignità. I discepoli rimproverano le donne innanzitutto perché esse non avevano diritto di andare dal rabbi Gesù: la legge è fatta per gli uomini. Le donne sono infatti sottomesse a molte leggi ma non alla Legge, in senso positivo, cioè non hanno prerogative di fronte alla Legge. Il bambino, che non è in grado né di intendere né di volere, è invece totalmente escluso dalla legge. Non ha diritti se non quelli conferitigli, per scelta, dal padre. Invece Gesù, rompendo questo tabù, accoglie i bambini e li fa venire avanti. Qui Luca, citando le parole di Gesù, usa proprio il termine bambini. Nel nostro occidente, demograficamente morto, i pochi bambini sono vezzeggiati e viziati. Invece nella società del tempo di Gesù i bambini erano tanti, morivano frequentemente ed erano considerati una appendice della donna che a sua volta era una appendice dell'uomo. Non contavano nulla: in greco le parole bambino e servo (pais) sono sinonime. Alla nascita, se il padre non lo riconosceva, il bambino veniva o ucciso (si pensi al monte Taigeto di Sparta) o abbandonato. Anche oggi nelle popolazioni primitive prima si nutre il marito e padre, poi, se ne avanza, la moglie e infine, se ne avanza, i bambini. Dunque nell'immaginare questa scena dobbiamo tenere conto della considerazione nulla di cui erano fatti oggetto i bambini. L'unica loro qualità, quando erano fortunati, era di essere "di qualcuno", cioè riconosciuti da un padre.
Questa doppia immagine permette di apprezzare il cambio nella popolazione italiana. Riguardo il 1950 osservare l'inizio del baby boom in cui i neonati sono il 9,4% della popolazione e la diminuzione in corrispondenza dei 30-34 e dei 5-9 anni corrispondenti alla prima e seconda guerra mondiale. Riguardo il 2017 notare che i neonati sono solo il 4,1% della popolazione la quale aumenta in età e in cui il baby boom è costituito da quelli che hanno ormai 45-54 anni [fonte].
Anche noi dovremmo considerare che se non siamo di Dio non siamo di nessuno cioè non esistiamo, veniamo dal nulla e siamo destinati al nulla. Inoltre il nostro vivere dipende da tutto un mondo di persone che intorno a noi ci permettono di essere noi stessi: il nostro benessere proviene dalla loro accoglienza e dalla relazione che hanno verso di noi. Ognuno di noi è di tutti, oltre che di Dio. Chi non si sente figlio non riuscirà ad essere padre ma solo padrone oppressore come lui è stato oppresso e non amato. La condizione per essere adulti e umanamente maturi è accettare il bambino che c'è in noi ossia il nostro bisogno di essere accolti, sapendo che questa accoglienza dipende dall'altro e non la si può né comprare (come fanno le persone religiose) né rifiutare (come fanno gli atei nel loro delirio di onnipotenza).
Gesù non sta raccomandando di tornare bambini. Lo spiega S.Paolo in 1Corinzi 14,20 [1]. E nemmeno li sta idealizzando: li indica come modello perché, a differenza degli adulti, per i bambini, i loro limiti sono motivo di affidamento, non vengono negati e sono motivo di relazione e comunione. La nostra qualità più divina è riconoscere la nostra limitatezza: innanzi tutto perché è da pazzi non capire una cosa così evidente e poi perché proprio i nostri limiti sono motivo di accoglienza e accettazione ossia quel modo di fare che è tipico di Dio. Noi siamo simili a Dio non perché siamo belli, intelligenti e bravi come Dio anzi... Siamo simili a Dio in quanto, coscienti del nostro limite, decidiamo di accettare gli altri come Dio accetta tutti, noi compresi.
Il nostro limite, se compreso, è il motore delle relazioni più autentiche. Anche l'accettazione della propria identità sessuale, che riceviamo al concepimento, permette la relazione con l'altro sesso e la generazione della vita. Accettare il bambino che è in noi significa diventare adulti ed entrare nel Regno di Dio Padre, fatto per coloro che sono figli ossia vivono da fratelli. Il Regno di Dio non è da costruire, come spesso si sente dire perfino in certe preghiere mal congegnate che sono eco di mode ideologiche ormai fallite. Il Regno di Dio è da accogliere perché c'è già, esattamente come le altre persone ci sono già e non sono da "fabbricare" a nostra immagine. Dio è accoglienza e il suo Regno vive dove Dio è accolto e non ucciso. Come il bambino vive quando è accolto. Come ciascuno di noi. Il Regno di Dio è in noi ogni volta che pratichiamo l'accoglienza. Gesù sottolinea questa sua parola con la formula "In verità vi dico" corrispondente, nell'Antico Testamento, a "Oracolo del Signore".
Proviamo ora, come utile esercizio, a rileggere il Salmo 131-130 negandolo per capire quale sia la situazione dell'uomo che nega il bambino che è in lui, l'uomo che non intende accettare il proprio limite e che non accetta Dio come Padre. Togliamo le parole "Signore" e "anima" provando dunque a essere figli del nulla. Otteniamo così che:
Si inorgoglisce il mio cuore,
si leva con superbia il mio sguardo,
vado in cerca di cose grandi,
superiori alle mie forze.
Sono inquieto e angosciato
come un vecchio pieno di voglie in braccio alla morte.
Come un vecchio pieno di voglie sono io.
Dispera ora e sempre.
Questa è la vita dell'uomo senza Dio.
[1] 1Corinzi 14,20: Non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi.