Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane». 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo».
5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». 8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto».
9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; 10sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo
affinché essi ti custodiscano;
11e anche:
Essi ti porteranno sulle loro mani
perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
Il tema Gesù, prima di iniziare la sua missione deve decidere quali opzioni non seguire.
Lo spirito di figlio che Gesù ha appena ricevuto nel battesimo lo conduce nel deserto, il luogo della condizione umana: il primo insegnamento per noi, in questo episodio, è dunque che lo Spirito non ci toglie le difficoltà. La permanenza di 40 giorni richiama gli anni di Israele nel deserto: 40 ossia una intera generazione a significare che tutta la vita è prova.
In greco la parola tentazione (πειρασμός, peirasmòs) ha un significato positivo ed esprime il passare oltre, trovare il guado, superare la difficoltà. Ha la stessa radice dei termini esperienza, pericolo, perire, perito (nel senso anche di esperto).
Gesù è tentato dal diavolo, non da Dio ma dal divisore, da colui che vuol dividerci dalla verità, dalla parola. E mentre Adamo dal giardino finì nel deserto ascoltando il divisore, Gesù, nel deserto, ascolta la parola di Dio ponendo le premesse per trasformare il deserto in un Eden (cfr. Matteo 4,11 [1]).
Come regola generale è proprio quando si fa la scelta giusta che si manifestano le tentazioni:
Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione (Siracide 2.1)
Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla (Giacomo 1,2-4).
Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell'oro - destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco - torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà (1Pietro 1,6-7).
Se facciamo la scelta è sbagliata di solito va tutto liscio e le conseguenze le pagano gli altri: tutti sperimentiamo che il male ci riesce bene e con facilità, mentre il bene ci riesce male e con difficoltà.
La tentazione non si può eludere, è il luogo del cammino. Quindi dobbiamo preoccuparci molto se non proviamo tentazioni e difficoltà: è un segno di possibile scelta sbagliata. Nella nostra cultura si tende a usare il principio opposto: se una cosa è difficile vuol dire che è sbagliata. Magari vale nella tecnica ma non nella vita:
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia... Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi (Matteo 5,11).
Qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Se invece non subite correzione, mentre tutti ne hanno avuto la loro parte, siete illegittimi, non figli! (Ebrei 12,7b-8).
Le tentazioni in questo episodio sono raffigurate come esperienza interiore, come un sogno o una meditazione, quasi a mettere in guardia dai "mostri" generati dalla ragione umana quando dimentica la propria figliolanza divina. Seguono lo schema di una disputa teologica in cui il diavolo usa con inganno la Parola di Dio. Come il resto del vangelo sono state scritte per noi che leggiamo in quanto soggetti alle stesse tentazioni.
Il testo riprende le tentazioni di Israele nel deserto (la manna, il vitello d'oro, l'acqua) che sono anche le tentazioni della Chiesa e di ogni uomo.
L'evangelista poi alla fine commenta che qui è descritta ogni possibile specie di tentazione: ogni tentazione della nostra vita riguarda questi tre ambiti: le cose, le persone, Dio. Queste tre tentazioni corrispondono alle tre concupiscenze citate da 1Giov 2,16 che a loro volta rappresentano le qualità del frutto proibito dell'Eden (buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza).
Le tentazioni qui presentate torneranno con la Passione, al momento fissato, come a dire che tutta la vita e la missione di Gesù sono attraversate dalla tentazione.
Come premessa alle tentazioni Luca annota che Gesù ebbe fame: l'uomo infatti è bisogno. Noi abbiamo la vita ma non siamo la vita: per mantenere la vita (biologica innanzitutto) dobbiamo alimentarla. Qui ovviamente il pane simboleggia tutti i beni materiali e immateriali della terra: il cibo, il vestito, l'energia, la cultura...
La prima tentazione si basa sulla premessa se sei Figlio di Dio, che non è una ipotesi ma un dato di fatto: il diavolo sa che ha davanti il Figlio di Dio. La tentazione consiste nel saggiare come lui intenda la sua relazione con Dio e quale immagine di Dio abbia.
La risposta di Gesù (Deuteronomio 8,3 che rimanda all'episodio della manna in Esodo 16) significa che il pane è necessario ma non è il primo obiettivo della vita. Altrimenti l'accumulo porterà me a morire come figlio e far morire tutti gli altri. I beni non devono essere oggetto di possesso: Dio è colui che non possiede nulla per sé perché dà tutto. Il mondo con i suoi beni è un dono che Dio diede ad ogni uomo perché lo coltivasse e custodisse (Genesi 2,15) e non perché se ne consideri padrone e lo rubi al Padre e ai fratelli.
Tutte le guerre e tutte le ingiustizie derivano infatti dal volere per sé quello che è di tutti. Vari studi mostrano che la miseria nel mondo è più un effetto della cattiva distribuzione delle risorse, che della loro esiguità. Dunque ci distruggiamo per non voler condividere, rendendo avvelenato quel pane che dovrebbe essere segno di fraternità. Ci comportiamo come gli animali quando mangiano: si guardano in cagnesco e ringhiano gli uni contro gli altri.
Ogni tanto spunta qualche interpretazione di questa risposta di Gesù che pone in opposizione pane e parola, come a significare: "o Dio o uomo, o preghiera o azione". Ma non è così: Gesù chiarisce che l'unico modo di utilizzare il pane (che è necessario) è di riferirsi alla Parola ossia di condividerlo. L'unico modo buono di agire nella vita materiale è comportarsi da figli di Dio: non esiste una sfera privata e una sfera pubblica nel vivere la propria fede. Questo, infine, non è un consiglio per una ipotetica comunità di cristiani perfetti ma una necessità per tutti: il mondo sarà perduto se non impara a essere solidale.
La seconda tentazione riguarda l'altra "fame" che noi abbiamo ossia quella del potere e che viene dopo quella dell'avere (cioè il pane). Il diavolo, in questo caso, non dice "Se sei il Figlio di Dio adorami" perché sarebbe un evidente controsenso, ma capovolge: "Se mi adori allora tu sarai un dio, padrone di tutto e di tutti", di tutti i regni della terra.
L'uomo è un "animale politico" che vive in relazione con gli altri. Ma se la relazione con le persone è di potere e dominio allora diventa uccisione dell'altro: si utilizza l'altro come una cosa, comeuno schiavo. Ed è infine uccisione anche della propria umanità: non ci si riconosce né come figli né come fratelli.
E' impressionante che Satana dica che la posizione di potere "a me è stata data e io la do a chi voglio". Significa che chi ha scelto il potere, in questo mondo, lo ottiene: perché esiste chi lo favorisce su questa strada.
Mentre il pane è un bene oggettivo, e diventa "cattivo" solo quando noi non lo usiamo da figli, il potere, invece, non è mai cosa buona: è l'asservimento dell'uomo, la distruzione dell'immagine di Dio. Per quante mediazioni si ritenga necessario introdurre questo paletto è fondamentale per non tradire la nostra vocazione: i propri simili sono fratelli e figli di Dio, mai strumenti. Occorre dunque resistere alla tentazione di cercare un "potere cristiano" nell'illusione di gestirlo meglio eliminando tutti gli altri. Questo è l'anticristo, che ha il linguaggio dell'agnello ma è la bestia (Apocalisse 13,11). La tentazione di cercare una posizione di potere tocca tutti, i cristiani come gli altri.
Il potere di Gesù sarà quello di essere re dei Giudei, come è scritto sulla croce: il "potere" di servire tutti.
Ogni relazione assolutizzata diventa schiavitù: lo Stato, il lavoro, la famiglia, la nostra stessa vita fisica: solo la nostra relazione con Dio Padre ha un valore assoluto. Questo è il senso della risposta di Gesù, citazione di Deuteronomio 6,13 il quale richiama l'episodio del vitello d'oro (Esodo 32).
La terza tentazione riguarda gli usi distorti della religione. Satana ha capito che Gesù si fida della parola di Dio e solo di Dio. E dunque ora usa la Scrittura citando proprio il Salmo della fiducia in Dio (Salmo 91) dicendo, in sostanza: "Se Dio ti salva allora gèttati giù. Se non lo fai significa che non hai fiducia". Mettere alla prova Dio, tentare Dio, è comportarsi come quei bambini che fanno disperare i genitori per saggiare la loro pazienza. Ma fare così è proprio dimostrare di non avere fiducia.
Troppe volte la religione è un tentativo di ingraziarsi divinità o astri e porli al nostro servizio
Gesù ha fiducia e dunque non mette alla prova Dio. Ha fiducia qualunque cosa capiti, anche di essere ucciso. Vive il rapporto col Padre non in termini di possesso (avere Dio al proprio servizio, come in certa religione e in certe religioni) ma come Figlio che si fida: risponde citando Deuteronomio 6,16 che richiama Esodo 17,1-7, l'episodio di Massa e Meriba. Purtroppo un certo modo di intendere il cristianesimo assomiglia a quelle superstizioni che cercano di obbligare Dio mediante alcune pratiche e riti (vedi anche Marco 10, 35).
In questa tentazione rientrano sia la "presunzione di salvarsi senza merito", sia la "disperazione della salute" ossia ritenersi irrimediabilmente perduti. In entrambi i casi si rifiuta il dono di Dio.
Anche l'utilizzo arbitrario del nome di Dio per dare una base alle proprie scelte fa parte di questa tentazione. Nella storia si sono compiuti parecchi crimini in nome di Dio. Tra le (poche) conseguenze positive dell'Illuminismo sta l'aver smesso di utilizzare il nome di Dio come fondamento ideologico. Purtroppo si sono inventati nuovi "assoluti" (la Ragione, la Nazione, il Popolo, la Razza, la Scienza, la Tecnica, ...) per asservire i propri simili.
Le tre tentazioni si possono riassumere in una sola: o si vive per impadronirsi delle cose, delle persone, di Dio stesso nell'illusione di "comprare la vita" o si vive da figli cui la vita (questa e anche la prossima) è stata donata assieme alle cose, ai fratelli e alla vicinanza con Dio. Non dobbiamo mai presumere di essere immuni da queste tentazioni: tutti noi, non appena intravvediamo qualche "scorciatoia" siamo portati ad imboccarla. A fin di bene, purtroppo.
Immaginiamo...
se potessimo trasformare le pietre in pane: lo faremmo subito "per risolvere tutti i problemi";
se poi potessimo disporre di tutti i regni della terra accetteremmo subito "perché noi governeremmo bene", lasciando solo i buoni (noi) ed eliminando i cattivi (gli altri);
se infine disponessimo di un dio che ci obbedisce e fa miracoli su nostra richiesta tutti si metterebbero in ginocchio davanti a noi.
Dunque le scelte che Gesù ha scartato come tentazioni sono quelle che invece noi, a livello di individui, di comunità, di Chiesa troppo spesso cerchiamo di percorrere... a fin di bene. Perché il male è spesso fatto a fin di bene. Occorre dunque imparare ad agire bene piuttosto che a fin di bene. Il ritardo del Regno di Dio è dovuto più alla nostra mancanza di discernimento piuttosto che agli ostacoli posti dai "nemici". Gesù non ha usato alcuna scorciatoia ed è questa la lezione che da lui dobbiamo imparare (1Giov 4,2-3): ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne (cioè senza potere), è da Dio.
Nel rifiuto delle tentazioni da parte di Gesù possiamo rilevare la sua opposizione sia a un messianismo tecnico-politico (non è venuto a risolvere i problemi sociali o economici) sia a un messianismo religioso: Dio non viene a dare spettacolo di prodigi. Gesù è venuto a vivere la condizione di figlio e dunque di fratello.
Esaurita ogni specie di tentazione il diavolo attende il momento fissato ossia quello descritto al momento dell'arresto (Luca 22,53: "questa è l'ora vostra e il potere delle tenebre") e della crocifissione (Luca 23,35.37.39: "I capi lo deridevano: Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto", "Anche i soldati...: Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" e infine "Uno dei malfattori...: Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi"). Se Gesù avesse fatto quel che gli suggerivano e fosse sceso dalla croce, avesse distrutto i nemici, i sacerdoti e i Romani per instaurare il Regno allora avrebbe tradito tutta la sua missione. Sarebbe stato Satana, non Dio.
[1] Matteo 4,11: Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.