«34State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».
37Durante il giorno insegnava nel tempio, la notte usciva e pernottava all'aperto sul monte detto degli Ulivi. 38E tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo.
E` impressionante la quantità di energie che spendiamo per ignorare, occultare, eludere l'evidentissima realtà che ci accomuna: siamo mortali e ogni età andrebbe accolta come occasione di condivisione e fraternità.
Il tema Gesù non ha aspettato un mondo diverso, con discepoli migliori per realizzare il regno: l'ha realizzato su di sé vegliando e pregando e rimanendo saldo di fronte alle difficoltà e all'ostilità.
Siamo alle battute finali del discorso escatologico. Dovrebbe essere chiara ora la domanda che lo percorre: se Cristo è già venuto, è già morto e già risorto quand'è che finisce questo mondo pieno di male? E` la domanda della generazione di cristiani cui appartiene e cui si rivolge Luca ed è la domanda che ci poniamo noi, specie nei momenti di scoraggiamento. La risposta viene dall'albero di fico e da tutti gli altri alberi: proprio questa storia è il tempo in cui fruttificare e realizzare il Regno di Dio. Gesù, infatti, non ha aspettato un mondo diverso, con discepoli migliori per realizzare il regno: l'ha realizzato su di sé passando per la croce e basta. E` durante le persecuzioni che viene il Figlio dell'uomo: ce lo ricorda il primo martire, Stefano, quando contempla il Figlio dell'Uomo che sta alla destra di Dio (Atti 7,56 [1]) proprio mentre subisce il martirio. Il Regno non viene in modo da attirare l'attenzione (Luca 17,20). Oggi il Regno viene attraverso i poveri cristi che portano il male del mondo. Oggi, per ciascuno di noi, il Regno viene quando riusciamo a considerare ogni povero cristo come il Cristo, il Signore. Il Regno di Dio, in definitiva, è affidato alla nostra responsabilità.
Gesù sottolinea innanzitutto quel che non si deve fare: stordirsi e nascondere la testa sotto la sabbia, come lo struzzo, negando il male. Altrimenti quel giorno, il giorno che viene per tutti, sarà un laccio, una trappola, un rendersi conto troppo tardi del dirupo, che la vita è finita e non si ha futuro. Per chi vive da figlio di Dio quel giorno sarà invece l'avvento dello Sposo. Il vero "oppio dei popoli" non è la fede nel Cristo ma sono le dissipazioni, le ubriachezze e l'ansia di non farsi mancare niente, di vivere al massimo: gli affanni della vita. Quest'ansia di vita altro non è che paura della morte. Quest'ansia appesantisce il cuore. Questo verbo compare anche nella trasfigurazione (Luca 9,32) e nel Getsemani (Matteo 26,43 [2]). Gli affanni della vita compaiono anche nella parabola del seminatore: (Luca 8,14) dove i semi caduti tra i rovi rappresentano coloro in cui le preoccupazioni mondane appaiono più reali e soffocano la visione della realtà secondo Cristo. Gesù non richiede una vita ascetica, fondata sulle privazioni. Non richiede che ci si astenga dal mangiare, dal bere e dal godere. Quello che propone - e che ha anche testimoniato con l'esempio - è che i beni e le gioie siano via di relazione e comunione con i fratelli. Il peccato e la rovina del ricco stolto (12,13-21) e del ricco epulone (16,19-31) non sono causati dall'avere molti beni ma dal trattenerli tutti per sé fondando in essi la propria salvezza.
Cosa si deve invece fare? tenere gli occhi bene aperti - vegliare - come una civetta che vede nel buio - rendersi conto della realtà. Nella trasfigurazione Pietro e i suoi compagni, pur oppressi dal sonno, si sforzarono di restare svegli e videro così la gloria di Gesù. Nel Getsemani non andò così bene: si addormentarono e non videro la battaglia di Gesù per l'uomo. Faticarono non poco a capirla dopo la Resurrezione e prima della Pentecoste.
Si vigila in ogni momento perché in ogni momento e in questo mondo, così come è, viene il Regno di Dio ed è presente il Figlio dell'Uomo. Si vigila in ogni momento perché il luogo e il momento di agire è qui e ora e non in un altro luogo e in un altro tempo considerati migliori o più propizi.
Oltre che essere vigili occorre anche pregare, mantenere la comunione con il Padre, in modo da sfuggire al male del mondo ossia restare fermi davanti a quanto di male accade, esattamente come il Figlio dell'Uomo è stato dritto senza piegarsi davanti a coloro che lo condannavano. La preghiera discende dall'aver riconosciuto che si è nel bisogno (ossia si è precari...), che si ha bisogno d'essere amati come figli e di imparare ad amare come fratelli. La preghiera permette di introdurre uno stacco dalle faccende operative in modo da vederle con più prospettiva e più nel loro insieme senza farsi travolgere dall'ansia e dalla frustrazione per tutto quel che non funziona.
Luca poi ci fornisce un breve flash sulla vita quotidiana di Gesù negli ultimi giorni: insegnava di giorno e pregava di notte, attingendo così la forza per affrontare il giorno successivo. Il popolo andava al mattino ad ascoltarlo: questa è infatti l'essenza del popolo di Dio: il popolo di Dio è l'insieme di coloro che lo ascoltano. Dagli altri evangelisti ricaviamo che a volte, in questi ultimi giorni, era ospite di sera a Betania (appena fuori Gerusalemme) a casa di Lazzaro, Marta e Maria (Giovanni 12,1ss) oppure a casa di Simone il lebbroso (Matteo 26,6ss e Marco 14,1ss).
[1] Atti 7,56: ... e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio».
[2] Matteo 26,43: Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti.