14Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17E preso un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e distribuitelo tra voi, 18poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio».
19Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi».
Il tema Andare a Messa significa fare memoria di quanto Gesù ha fatto per noi e condividere il suo spirito e il suo stile ossia condividere la vita e relazionarci con i fratelli come figli dello stesso Padre. In altre parole andare a Messa significa ricordare che dobbiamo amarci come lui ci ha amato (cfr Giovanni 13,34-35 [1]).
Questo brano rappresenta un punto d'arrivo del vangelo, rispetto al quale quel che viene prima può essere visto come una sorta di introduzione. Prima di donarsi sulla croce Gesù raduna i suoi amici e mostra come lui dona se stesso a loro e a noi. Tutto il Nuovo Testamento nasce attorno all'Eucarestia per capire questo grande dono. E` il dono di vivere di Dio e come Dio.
Con questa cena serale (dopo il tramonto) comincia, secondo il calendario ebraico, venerdì 14 Nisan che è l'ultimo giorno della vita terrena di Gesù, il giorno in cui sarà crocifisso. Di questo giorno il vangelo sottolinea ogni ora.
Come già detto questa non è la cena di Pasqua del rito ebraico: gli ebrei infatti la celebreranno a partire dalla sera successiva, dopo il tramonto, per noi ancora venerdì 3 Aprile 33 d.C. e per loro inizio di sabato 15 Nisan [2]. Gesù, sapendo che non avrebbe potuto celebrare la Pasqua, riunisce i suoi discepoli per questa "cena conclusiva" fornendo al tempo stesso la chiave di lettura: il mio corpo dato per voi è la nuova Pasqua di Gesù. Il racconto di Luca fonde insieme i significati della Pasqua ebraica con il nuovo significato di dono di sé che Gesù introduce: con questa cena Gesù intende mostrare che in lui sono realizzate tutte le promesse contenute nella Pasqua ebraica. Le parole che Gesù dice, e che noi ascoltiamo durante la S.Messa al momento della consacrazione, costituiscono la sintesi della sua vita, esprimono il senso di tutto quel che in precedenza Gesù ha detto e fatto: in tutta la sua vita Gesù si è donato a noi e qui dice: questo è il mio corpo che è dato per voi.
Queste parole, inoltre, forniscono la spiegazione, il senso di ciò che capiterà tra poco: la condanna e la morte in croce. La morte in croce è la nuova Pasqua e Gesù è il nuovo agnello. Questa è la novità cristiana, l'elemento assolutamente unico che non si ritrova in alcuna altra religione: mentre in tutte le altre religioni l'uomo fa sacrifici al suo dio per onorarlo, solo nel cristianesimo Dio si sacrifica all'uomo e per l'uomo. Non esistono sacrifici a Dio nel Nuovo Testamento: l'unico sacrificio è quello di Dio che dà se stesso per l'uomo.
Gesù inaugura il nuovo tempo mettendosi a tavola con gli apostoli, con quegli apostoli che sa benissimo lo tradiranno (Giuda l'ha già fatto), lo rinnegheranno e comunque tutti fuggiranno. Come ripetuto altre volte Dio ama l'uomo perché è suo figlio e non perché sia bravo. Questa compagnia dell'uomo è un ardente desiderio di Dio.
Gesù conosce la sofferenza dell'uomo, di ogni uomo. Per ognuno di noi, anche se abbiamo passato la vita a far soffrire altri, viene il momento della passione e della paura. Gesù entra in questa nostra passione, si fa vicino e sopporta il nostro male. E` come quando noi partecipiamo al male di qualcuno (un infermo o una persona che si fa del male): il suo male investe anche noi in preoccupazioni, ansie, sonni perduti e magari anche delusioni, mancanza di riconoscenza, incomprensioni. Così fa Dio con noi: sulla croce e negli inferi Dio incontra tutti, nessuno escluso.
Questa nuova Pasqua è solo iniziata e non è compiuta: Gesù non mangerà di questa Pasqua, non berrà più del frutto della vite e continuerà a morire fino all'avvento del Regno di Dio ossia fino a che tutti i fratelli siederanno alla sua mensa. Questa profezia di Gesù diventa anche la nostra missione: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (cfr. Matteo 25,31-46) e dunque quando "mettete in croce" qualcuno state mettendo in croce me. Dire che "ogni peccato mette in croce Gesù" è molto più che un pio modo di dire: è la traduzione pratica di quanto Gesù ci ha trasmesso. E Gesù desidera ardentemente che questa Pasqua iniziata si concluda. Dio non può fare festa finché anche l'ultimo uomo non è salvato.
Per noi mangiare il suo stesso pane e bere al suo calice significa condividere il suo spirito e il suo stile. Quando si celebra l'Eucarestia, quindi, occorre badare bene a che non la si riduca a una sorta di rito magico in cui Gesù si fa presente a prescindere dalla nostra risposta. Nell'Eucarestia si fa memoria dell'amore di Dio che ci ha amato e ha dato se stesso per noi, ciascuno di noi. Siccome ciascuno di noi opera in base ai ricordi che ha, questa memoria dovrebbe spingerci verso tutti gli uomini considerandoli tutti come fratelli. Tra essi, i più disgraziati sono quelli che Dio ama di più perché hanno più bisogno. Non, come si fa oggi, che si scartano e abbandonano i bambini difettosi o fuori specifiche rispetto a quanto commissionato. Non, come si fa oggi, che si scartano le categorie sociali e anagrafiche considerate inutili o costose.
Dimenticare questo legame fra Eucarestia e prassi significa, dice S.Paolo, mangiare e bere la propria condanna (1Cor 11,17-33, vedi anche Luca 14,7-14). S.Paolo rimproverava i cristiani ricchi di Corinto perché celebravano l'Eucarestia con una solenne mangiata senza attendere gli schiavi cristiani che potevano unirsi all'assemblea solo a tarda ora quando i loro padroni andavano a dormire. In questo modo a questi ultimi non restava più nulla da mangiare. Fu in seguito a deviazioni come questa (che probabilmente si sono ripetute in altri tempi e luoghi) che la celebrazione dell'Eucarestia, come la conosciamo noi, non è più stata un vero pasto comune ma solo un pasto simbolico e ben staccato temporalmente dall'orario del pasto ordinario [3]. Però anche ridurre la mensa comune a puro gesto simbolico ha i suoi lati controproducenti: si perde il senso del "mangiare assieme" ossia del condividere la vita.
Eva, nel Paradiso Terrestre "prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito" (Genesi 3,6). Esiste dunque un prendere, un mangiare e un dare che sono morte e un prendere, un mangiare e un dare che sono vita. Il prendere di Gesù è un ricevere come dono, un mettersi in relazione con il Padre che offre e quanto Gesù riceve è segno di amore. Il prendere di Eva è un rapire per possesso personale, come rubare un regalo. Adamo ed Eva hanno cercato di rubare la somiglianza con Dio che Dio aveva loro donato. Questo modo di possedere divide da Dio e dai fratelli, è segno di possesso e non di dono e il possesso è principio di morte. Il principio di tutti i mali della società è l'idolatria delle cose, vissute come espressione di sé e non come dono ricevuto.
Gesù ha utilizzato come segno il pane e il vino perché oltre a essere un dono della terra (il grano, l'uva) portano anche il contributo dell'uomo col suo lavoro, la cultura, l'economia, la relazione dell'uomo con le cose e con gli altri. Il mangiare senza percepire il valore del dono e della relazione con altri è una degenerazione tipica del mondo attuale. Nel nostro tempo si diffondono i fast-food, i tv-dinner, lo street-food. La perdita di significato del mangiare insieme produce nella nostra società varie nuove patologie tra cui l'anoressia e la bulimia.
Nel film The Passion di Mel Gibson vengono mostrati in successione Gesù che porge la coppa di vino a Giovanni e subito dopo Giovanni che vede il sangue colare dalla croce e si ricorda che poche ore prima Gesù aveva detto: Questo è il mio sangue dato per voi.
Gesù rende grazie cioè ringrazia il Padre di tutto quel che ha ricevuto. Se tutti vivessimo grati per quanto abbiamo ricevuto invece di rammaricarci di quando non abbiamo (come dapprincipio Eva) il mondo sarebbe un posto felice. Gesù offre poi una nuova definizione di se stesso: Gesù è il corpo dato per noi. Il nostro corpo è dono di Dio e il corpo di Gesù è da lui donato a noi. Infine ci coinvolge a fare come lui ha fatto, questo è il significato di fate questo in memoria di me. Come lui tutto ha ricevuto dal Padre e tutto ha dato così anche noi siamo invitati a vivere come dono la vita ricevuta e a spenderla per i fratelli.
Nell'ebraismo (e poi nell'islamismo) non si può bere il sangue perché esso rappresenta la vita e la vita appartiene solo a Dio. Ma ora Gesù ci dice che se noi mangiamo quel corpo (ossia se noi viviamo da figli) allora beviamo anche il sangue ossia beviamo, viviamo, la stessa vita di Dio. E Dio è essenzialmente amore.
Il sangue viene nominato separatamente dal corpo a indicare che c'è di mezzo la morte violenta causata dal potere religioso-politico e anche dai propri apostoli, che poi rappresentano noi. Ma Dio ha trasformato questo massimo male, in cui siamo tutti coinvolti, nel massimo bene, il dono di sé.
Le alleanze nel mondo antico orientale si stipulavano uccidendo degli animali, dividendoli a metà e passando in mezzo ai corpi squartati a significare "accada questo a chi di noi viene meno al patto". Dio aveva fatto questa alleanza già con Abramo (cfr. Genesi 15) e il Signore era passato, lui solo, in mezzo agli animali squartati. Ma a questa alleanza Israele era più volte venuto meno (come ad es. nell'episodio del vitello d'oro). Così i profeti (cfr. Geremia 31 o Ezechiele 36,22-30) cominciarono a parlare di una nuova alleanza. Gesù è il portatore di una nuova eterna alleanza che non potrà più essere infranta in quanto Dio perdonerà ogni peccato, anche l'uccisione di Dio.
Non andiamo dunque a Messa per godere di una bella e colorata funzione o per sentire un predicatore che parla bene: andiamo a Messa per fare memoria di cosa ha fatto e cosa fa Dio per noi.
[1] Giovanni 13,34-35: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».
[2] La Passione ha la stessa scansione cronologica in tutti e quattro i vangeli: ultima cena giovedì sera, crocifissione venerdì, resurrezione domenica mattina. L'unica differenza è costituita dal fatto che i sinottici chiamano l'ultima cena "Pasqua" mentre S.Giovanni no. Papa Benedetto XVI nel terzo volume del suo "Gesù di Nazaret" approfondisce la questione e ritiene estremamente probabile che Gesù sia morto di venerdì 14 Nisan e dunque che l'ultima cena non fosse la cena pasquale degli ebrei. D'altra parte ipotizzare che Gesù sia stato crocifisso proprio il giorno della Pasqua ebraica o dopo di essa porta a ulteriori difficoltà tra cui le seguenti: Barabba risulterebbe rilasciato dopo Pasqua, il sinedrio condannerebbe Gesù il giorno della massima festa, Giuseppe d'Arimatea acquisterebbe la sindone proprio il giorno di Pasqua. L'unico venerdì 14 Nisan durante questi anni è costituito da venerdì 3 Aprile 33 d.C. (calendario Giuliano). E` l'unico anno che si accorda con altri eventi (predicazione del Battista, incarico di Ponzio Pilato, morte di Seiano, date dei regni di Erode il Grande, di Ottaviano e di Tiberio). La data che si ritrova in tante pubblicazioni - ossia 7 aprile 30 d.C. - è errata in quanto quel giorno era 16 nisan e non 14: basta consultare le fasi lunari.
[3] Si tratta della regola "digiuno dalla mezzanotte" per poter fare la comunione, in vigore prima del Concilio Vaticano II. Successivamente è stata ridotta a un'ora di astensione, con l'eccezione dell'acqua, dei medicinali e, ovviamente, con la dispensa dei malati.