36Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. 38Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». 40Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Il tema Gesù ricorda nuovamente ai discepoli quel che aveva detto negli annunci della passione. Gesù non si concentra tanto sulla resurrezione perché questa è una sorta di conseguenza della passione e morte. Gesù non è risorto nonostante fosse stato crocifisso ma proprio perché è stato crocifisso, ucciso, innocente coperto d'infamia: per questo è Dio. Anche gli apostoli lo capiranno poco a poco.
In Matteo e Giovanni gli apostoli, che avevano già conosciuto Gesù nella vita terrena, primariamente raccontano la propria esperienza di incontro col Risorto e ce la tramandano perché anche noi possiamo viverla. Luca si mette più dal nostro punto di vista e descrive il modo in cui noi, ricevendo l'annuncio, possiamo confermarci nella fede che Dio è quel Gesù che è stato ucciso ed è risorto.
Nell'Antica Pasqua Dio guidava il suo popolo camminando davanti. Anche Mosè poté vedere Dio solo di spalle, sul Sinai. Con l'incarnazione Dio è venuto in mezzo a noi e abbiamo potuto vederlo faccia a faccia ma per una trentina d'anni soltanto, fino alla crocifissione. Nel corso dei 40 giorni successivi alla resurrezione Gesù ha operato il passaggio dall'essere "con noi" all'essere "in noi" attraverso la Parola e il Pane. Da allora, e fino alla fine dei tempi, Gesù è il vivente, colui che ci dona lo Spirito e ci fa vivere. Per arrivare ad essere "in noi" occorre tempo, il tempo che noi impieghiamo per assimilare la sua Parola. Quando il suo spirito diventa il nostro spirito allora possiamo essere suoi testimoni. Questo processo, di ricevere lo spirito, è avvenuto a Pentecoste (narrata in Atti 2,1-4) e avviene continuamente, per tutta la storia e per tutta la vita di ciascuno.
Luca sottolinea che la resurrezione è corporea (in persona) mostrando che Gesù è visibile, parla, mangia e le sue piaghe possono essere toccate, come sperimenterà Tommaso in Giovanni 20,26-29 [1]. Con questo Luca intende marcare la distanza dalla cultura greca che disprezzava il corpo: a tal proposito basti ricordare la disavventura di S.Paolo ad Atene (Atti 17, 16-32 [2]). Per il cristianesimo il ruolo del corpo e della materia sono fondamentali. Il proprio corpo può essere vissuto con lo spirito di Dio o con lo spirito contrario. Nel primo caso il corpo diventa manifestazione di Dio e l'uomo è Dio per l'altro uomo. Se invece il corpo è vissuto con lo spirito contrario, lo spirito diabolico, lo spirito del Divisore, allora il corpo diventa manifestazione di morte e l'uomo porta la morte agli altri uomini. E` dunque nel corpo, nella vita materiale, che noi realizziamo la nostra vita spirituale, sulla base della parola cui diamo ascolto: quella di Gesù o quella del Serpente. Come creature corporee noi viviamo molto secondo ciò che sentiamo coi sensi, rispetto a quel che comprendiamo con la ragione.
I discepoli di Emmaus si sono riuniti agli altri discepoli e hanno ricevuto da essi l'annuncio che il Signore è apparso a Simone (erano partiti sapendo solo delle apparizioni alle donne). A loro volta narrano del loro incontro e di come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. E mentre parlano, come Gesù aveva detto tempo addietro (Matteo 18,20: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»), Gesù si fa presente, corporalmente in questo caso, in mezzo a loro. La presenza in noi di Gesù è quel che altrove è chiamato "il Regno di Dio". Tale presenza in noi ha l'effetto di portare la pace, la realizzazione del supremo desiderio di ciascuno: ci hai fatti per te [Signore], e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te (S.Agostino, Confessioni 1,1.5). Gesù augura la pace e questo ci ricorda il Natale con il canto degli angeli.
I discepoli sono però ancora pieni delle paure, sconvolti e traumatizzati da quanto è successo il venerdì precedente con il crollo completo di qualsiasi loro speranza e aspettativa. E Satana opera sempre facilmente sfruttando le paure. Fino a che non si riesce a intendere la croce come il segno massimo dell'amore di Dio che vince così il nostro male, tali fatti restano un trauma infinito, un vicolo cieco, un non-senso totale. Anche in questo caso, come in tutte le apparizioni alle donne e ai discepoli di Emmaus, la catechesi di Gesù è concentrata sul far ricordare le parole che lui aveva detto prima che tali fatti accadessero. Di nuovo: se non si capisce la croce non ha senso neppure la resurrezione. Capire il perché della croce è un passaggio fondamentale e ineludibile. Anche nel nostro vivere quotidiano noi consideriamo la pace e la vita felice come illusioni, utopie, pii desideri mentre tutte le nostre paure sono percepite come molto reali e fisiche. Su queste basi prendiamo le nostre decisioni e per questo il mondo va male: la paura realizza il male, solo la pace realizza il bene.
Il senso della vista non ha molto aiutato gli apostoli: vedere Gesù non è stato sufficiente, come non lo era stato per i discepoli di Emmaus. Allora Gesù comincia a parlare loro in modo che anche l'udito possa contribuire a sciogliere le paure. Ma non basta ancora. Quindi Gesù li invita a usare il senso del tatto: toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho. Il tatto è un senso reciproco: chi tocca è toccato. Gesù invita a toccare i segni della passione per confermare che lui, il risorto, è proprio il crocifisso.
Si noti come in tutte le apparizioni non si parli mai del volto di Gesù ma delle mani, dei piedi, delle parole, dei gesti. Stupisce anche che perfino i due di Emmaus non lo riconoscano, pur avendolo visto poche ore prima. Il tipo di vita ultraterreno di Gesù, oltre il tempo e oltre lo spazio, è al di là della nostra portata ed è oltre le capacità dei nostri sensi: Gesù-Dio va sempre nuovamente riconosciuto e accolto perché ogni conoscenza passata non può mai essere considerata definitiva. Questo ci deve mettere in guardia dal considerare risolutiva ogni nostra esperienza di vicinanza con Dio, anche la più intensa. Se pensiamo che la nostra fede e confidenza con Dio siano giunte a completamento significa che per noi Dio non è più tale ma un nostro idolo: Dio non va confuso con la nostra percezione di lui. Su questa terra tutto è in divenire e ogni giorno è una nuova scoperta. Ma non solo in questo mondo. Dovrà essere così anche in Paradiso altrimenti, dopo un po', diventerebbe noioso...
Credere è proprio la strada più difficile da imboccare: prima i discepoli non credevano per lo spavento, ora non credono per la grande gioia. In tutti e due i casi ritengono impossibile che quel che vedono sia reale: troppo bello per essere vero. Mangiare insieme ricorda l'ultima cena ed è un ulteriore invito a capire. Questo tema viene sviluppato anche da altri evangelisti [2] e negli Atti degli apostoli (1,4). Gesù richiama quel che aveva detto negli annunci della passione. Non si concentra tanto sulla resurrezione perché questa è una sorta di conseguenza della passione e morte. Gesù non è risorto nonostante fosse stato crocifisso ma proprio perché è stato crocifisso, ucciso, innocente coperto d'infamia: per questo è Dio. Anche gli apostoli lo capiranno ma poco a poco. Ad esempio Pietro, la mattina di Pentecoste, agli abitanti di Gerusalemme, dichiarerà: «voi l'avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato...». Occorrerà che la loro fede maturi ancora un po' per superare quel "ma". Gesù rivela il suo essere Dio proprio donando la vita quindi è chiaro che risorge: egli è la Vita stessa.
Nei testi di Mosè, nei Profeti e nei Salmi scopriamo che il male esiste e che l'unico modo di reagire è mettere in campo una forza che è più forte di ogni male. Tale forza è il dono della vita che Gesù testimonia nella Passione. La predicazione di questo dono della vita da parte di Dio porterà alla conversione (cioè alla liberazione dal male) e al perdono dei peccati (cioè la vita libera dai sensi di colpa per i propri fallimenti). Questa liberazione deve arrivare innanzitutto agli Ebrei (Gerusalemme) cioè ai credenti, quelli più difficili da convertire. Poi a tutti i popoli, cioè i non credenti ossia i pagani, noi.
Il versetto 48 è forse il più breve di Luca e costituisce l'essenza del mandato che i discepoli ricevono: di questo voi siete testimoni. Per testimone non si intende chi fa propaganda a un prodotto o a un'idea: il testimone è essenzialmente una persona che si ricorda. Gli apostoli sono chiamati a essere il ricordo vivo di Gesù e di quel che ha fatto. Nel cuore dei discepoli-testimoni si ripete la passione di Gesù: muore l'uomo vecchio, rinasce l'uomo nuovo e ci tramandano questa loro esperienza. Già i profeti avevano portato questa promessa di Dio: risorgere con un cuore nuovo e uno spirito nuovo, con un cuore di carne al posto di quello di pietra [3].
Gesù raccomanda poi di stare tranquilli e di aspettare, dopo tanto camminare e correre nei capitoli passati fino al Getsemani. Annunciando che saranno rivestiti di potenza dall’alto Gesù in qualche modo richiama l'annunciazione dove l'angelo spiega a Maria che su di lei stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo (Luca 1,26-38). In un certo senso Gesù si incarna nei suoi discepoli, come già detto: passa dall'essere "con noi" all'essere "in noi".
[1] Giovanni 20,26-29: Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
[2] Atti 17,16-32: Paolo... fremeva dentro di sé al vedere la città piena di idoli... Alcuni dicevano: «Che cosa mai vorrà dire questo ciarlatano?». E altri: «Sembra essere uno che annuncia divinità straniere», poiché annunciava Gesù e la risurrezione. Lo presero allora con sé, lo condussero all’Areòpago e dissero: «Possiamo sapere qual è questa nuova dottrina che tu annunci? Cose strane, infatti, tu ci metti negli orecchi; desideriamo perciò sapere di che cosa si tratta». Tutti gli Ateniesi, infatti, e gli stranieri là residenti non avevano passatempo più gradito che parlare o ascoltare le ultime novità. Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi... Ora Dio... ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti». Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: «Su questo ti sentiremo un’altra volta».
[3] Anche in Giovanni 21,22 Gesù chiede qualche cosa da mangiare a Pietro che torna sconfitto da una battuta di pesca fallimentare.
[4] Ezechiele 11,19-20: Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Promessa che viene ripetuta in Ezechiele 36,26-27.