23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. 25Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso? 26Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi. 27In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto il regno di Dio».
Il tema «Non temere se un uomo arricchisce, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore, infatti, con sé non porta nulla né scende con lui la sua gloria. Certo, l'uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo. Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente per vivere senza fine e non vedere la fossa. Nella prosperità l'uomo non comprende, è simile alle bestie che muoiono. Questa è la via di chi confida in se stesso, la fine di chi si compiace dei propri discorsi. Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore la morte; scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà di loro ogni traccia, gli inferi saranno la loro dimora. Certo, Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi». «Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra». Il vertice della fede nell'Antico Testamento è riassunto da questi due salmi (49 e 23).
Il Salmo 49, che può essere considerato una introduzione al tema trattato qui, affronta l'enigma della vita: l'uomo, proprio credendo di salvarsi, fa il male, si chiude alla vita e si comporta come gli animali che periscono. Il suo pastore è la paura della morte invece che la fiducia nel Signore della vita. E` l'antico inganno di Genesi 3 dove Satana ha convinto l'uomo di essere alla mercé di un dio cattivo e invidioso che gli nega la felicità.
Il discorso di Gesù è duro solo in apparenza e mostra invece il percorso per realizzare la cosa più bella che ci sia: diventare come Dio. Infatti Gesù, Figlio di Dio, ha vissuto tutto quello che sta spiegando. E il brano successivo mostrerà in anticipo il "Cristo risorto", la nostra umanità redenta.
Dopo aver rivelato la propria identità ("Il Figlio dell'uomo deve soffrire ..., venire ucciso e risorgere il terzo giorno") qui ora Gesù spiega l'identità del cristiano. E` un discorso rivolto a tutti: Gesù non intende rivolgersi ad alcuni discepoli incamminati in un percorso di perfezione e di ascesi. Questa proposta è per la salvezza di ciascuno. Il discorso è inoltre libero, è una proposta se qualcuno vuole. Dio tutela la nostra libertà, da sempre. Quando facciamo il male ci recupera col perdono e ne soffre le conseguenze nei fratelli. La frase tipica della pietà popolare "ogni peccato mette in croce Gesù" esprime la realtà: infatti ogni volta che commettiamo peccato contro qualcuno l'abbiamo fatto a lui (Matteo 25,39.45).
La fede che Gesù propone è una fede "in me", come è ripetuto almeno cinque volte in questi pochi versetti. La fede è dunque una relazione personale con lui, non il raggiungimento di alcune convinzioni.
La domanda cui Gesù dà risposta è: ci interessa la vita? perché l'unica alternativa realistica è avere come pastore la morte (Salmo 49,15) ossia vivere in una perenne illusione che fa il male e ci fa del male fino alla disperazione finale. Tanto varrebbe spararsi subito... ma l'uomo di solito non è così razionale nei suoi comportamenti.
Tutti hanno nel profondo del loro cuore il desiderio di vivere sempre. Ma l'incubo di non poter realizzare questa aspirazione fa fare scelte contrarie: la paura fa realizzare le proprie paure. Noi pensiamo che la morte regni sovrana sul mondo e invece sono l'Amore e la Vita che regnano... altrimenti il mondo sarebbe finito da tempo. Gesù viene a vincere le nostre paure sulla morte, è "Dio in terra" perché ci mostra che la morte non regna sovrana sul mondo: lui ama, sa dare la vita, vince l'egoismo, entra anche nella morte e dunque risorge. Seguire Gesù significa seguire l'uomo libero e vivo e dunque diventare come lui. Seguire Gesù significa dunque salvare la propria vita. Il vero male non è essere affamati, morire o essere uccisi ma affamare, far morire, uccidere. Così S.Paolo potrà dire: "non vivo più io, ma Cristo vive in me, ... che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Galati 2,20). A chi sorride sulla resurrezione di Cristo è possibile far notare: per caso la tua alternativa ha un esito migliore?
La frase che Christopher McCandless scrive nell'ultima scena del film Into the wild che racconta la sua vita. Dopo aver cercato la felicità nell'isolamento scopre nelle tragiche ultime ore della sua vita che la felicità è vera solo se la si condivide con i fratelli. Una vicenda drammatica e sconvolgente che lo conduce, guarda caso, alla stessa conclusione che propone il vangelo.
Ci sono tre condizioni perché un uomo possa ottenere la vita. La prima è che rinneghi se stesso ossia che si impegni a vincere il male che ha dentro di lui. Il nostro unico obiettivo non è dunque la conversione degli altri ma la conversione nostra. Il nostro unico nemico è quel nostro "falso io", indotto dal Demonio, che ci fa essere duri con gli altri, in difesa di noi stessi. Questa lotta, che dura tutta la vita, non è contro gli altri e non è nemmeno contro noi stessi (come propongono le ascesi orientali) ma contro il male che è in noi, per essere liberi. La nostra massima preoccupazione è di vincere il male negli altri, perché, siamo sinceri, il male degli altri dà fastidio a noi, ci fa concorrenza. Il fastidio che proviamo per il male altrui è dovuto al fatto che l'abbiamo dentro di noi. Altrimenti proveremmo compassione del male. Una traduzione alternativa di questo versetto potrebbe essere "Se qualcuno vuole venire dietro a me, smetta di pensare a se stesso": perché, nella buona e nella cattiva sorte, il centro delle nostre attenzioni siamo noi stessi, nel primo caso per orgoglio e nell'altro per depressione. A noi ci pensa il Signore e questo basta (come ci ricorda S.Teresa d'Avila).
Il supplizio della croce era costituito dal "patibulum" (latino) ossia la trave orizzontale che il condannato doveva caricarsi, cioè prendere su di sé, e trasportare, da solo, fino al luogo dell'esecuzione dove questa trave veniva issata sul palo verticale (in greco stauròs) con lui appeso. Ma la croce di cui si parla qui non è né quella di Gesù né quella dei martiri o degli oppressi: è quella del nostro peccato. Il cristianesimo è la religione della croce nel senso che Gesù è stato appeso nella croce. Noi nella nostra vita abbiamo le stesse "croci" di chi non crede e non sono queste quelle cui allude Gesù. La croce di cui parla è la fatica della nostra conversione che è più lieve se guardiamo al suo esempio. In questa lotta non siamo soli: prenda su di sé... e mi segua.
Ognuno di noi ha la sua croce da prendere su di sé ogni giorno: ogni giorno in noi deve morire l'uomo vecchio, egoista, ingannato dal Demonio, e rinascere il figlio di Dio che segue Gesù. E` una lotta quotidiana che dura tutta la vita. L'alternativa è che sia la croce a portare me, ad abbattermi. Seguendo Gesù in croce e portando la mia sono come il "buon ladrone" che si salva perché sta vicino a Gesù. Seguire Gesù significa conoscerlo, amarlo, fare come ha fatto lui. In questo modo non si è mai soli (si è almeno in due) e ci si fida di chi conosce la strada. Si sbaglierà più volte ma si potrà sempre correggere la rotta.
La negazione del male - cioè la pretesa di creare la civiltà perfetta - è stata causa di stermini in tutta la storia, alcuni purtroppo anche per mano cristiana. Il male esiste ed è in ciascuno di noi: l'unica strada è sollevare ogni giorno questo male in noi e seguire Gesù.
Salvare la propria vita è lo scopo d'ogni nostra azione. Ma la vita non può essere trattenuta come non possiamo vivere trattenendo l'aria o riempiendoci di cibo. La vita è amore e l'amore è relazione. Tentare di salvare la propria vita significa diventare egoisti e così si finisce per uccidere la propria vita (oltre che quella altrui). Invece la vita data per amore è pienamente realizzata come quella di Gesù che, proprio perché data è stata ripresa nella risurrezione. Questo suggerimento ha già valore sul piano semplicemente umano: la vita si realizza donandola.
Anche arrivando a possedere il mondo intero significa che si è sacrificata l'intera vita al possedere cose e persone infilando però la testa nella sabbia sulla questione importante e ineludibile: tutto finirà. Questo è l'enigma che il salmo 49 vuol spiegare, l'inganno dal quale scuotersi. Non ci viene consigliato di limitare le nostre aspirazioni, non ci viene richiesto di "puntare basso" ma di puntare giusto.
Il giudizio su di noi arriverà come conseguenza del nostro giudizio su Gesù: se desideriamo un Cristo potente allora, come Pietro si è vergognato del Gesù condannato, noi ci vergogneremo del Cristo crocifisso e lo disconosceremo.
Chi non si vergogna di Gesù entra nel Regno di Dio e non gusta la morte ossia, già in questa vita, sperimenta la vittoria sul male e sulla morte realizzando la propria vita. Questa frase di Gesù, ricordata anche da Marco (9,1), sembra preparare l'episodio successivo: alcuni dei presenti (cioè Pietro, Giacomo e Giovanni) vedranno la trasfigurazione.