63Frattanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, 64lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?». 65E molti altri insulti dicevano contro di lui.
66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: 67«Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; 68se vi interrogo, non mi risponderete. 69Ma da questo momento starà il Figlio dell'uomo seduto alla destra della potenza di Dio».
70Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono». 71Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
Il tema E` la prima e unica volta in cui Gesù dichiara apertamente chi è: ora può farlo senza rischio di ingenerare equivoci: non esiste altra testimonianza, non esiste altra immagine di Dio che non sia quella mostrata da Gesù che sacrifica la sua vita per chi lo uccide.
Fino a questo momento solo i demòni avevano chiamato Gesù "Figlio di Dio" (Luca 4,3.9 - 4,33-34 - 8,28) con l'intento subdolo che lui si lasciasse tentare a realizzare un Regno di Dio fatto di potere e sottomissione dell'uomo. Ma ai demòni Gesù comandava di tacere. E anche quando Pietro fece la sua professione di fede (Luca 9,18-22) Gesù, per lo stesso motivo, ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. Pietro infatti, e con lui tutti i discepoli, aveva la stessa idea distorta su Gesù, su Dio e su come si realizzasse il Regno di Dio. E` molto umano ragionare in modo... diabolico.
Adesso Gesù, per la prima e unica volta, dice da sé chi è lui. Ora può farlo perché è incatenato e sta andando in croce: Dio è Dio proprio perché va in croce al posto nostro.
Alcuni teologi ed esegeti si affannano a fare tante ipotesi su quanto fosse cosciente Gesù - nel corso della sua vita - del fatto che sarebbe finito in croce ma il vangelo smonta questo ragionare poco aderente ai fatti: il fatto stesso che Gesù ordinasse ai demòni di tacere e invece adesso dica apertamente chi è mostra che fin dall'inizio della sua predicazione aveva ben chiaro il problema di evitare qualunque equivoco. Dubitare poi del fatto che ora Gesù sia cosciente di cosa sta per accadere significa far torto anche all'intelligenza umana di Gesù: non occorre essere Dio per capire che se si dicono certe cose e si sconfessano i potenti di questo mondo alla fine la si paga cara.
Gesù, davanti al consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi, conferma che lui è il Messia ossia "il Cristo", "il Figlio dell'Uomo", il giudice della storia, "il Figlio di Dio", Dio stesso ("io sono"). Questo brano riassume dunque l'intera rivelazione: Dio è Gesù [1].
Pietro aveva appena detto a chi lo interrogava: "io non sono [dei loro]". E` in questa situazione, in cui noi rinneghiamo Gesù, che lui ci rassicura dicendo: "Io sono [il Signore]". Come a dire che Dio si rivela quando noi falliamo: Dio è del tutto diverso da quel che pensiamo noi.
Gesù, (che significa "Dio salva"), è nelle mani di uomini che lo tengono in custodia, la sapienza di Dio viene schernita dalle guardie del tempio, l'amore di Dio viene percosso. Il volto di Dio velato (bendato) è la ri-velazione di Dio: il volto velato di Dio è il volto di tutti i senza-volto, gli oppressi da parte di chi in questo mondo non riconosce il vero Dio. Vediamo qui la libertà di Dio che si consegna a chi lo uccide, la sapienza del Dio-amore opposta alla sapienza dell'uomo che opprime, la forza di Dio che sopporta ogni male.
Ci sono tre forme di presenza del Signore Gesù nella storia. E` innanzitutto presente nel vangelo, dove si racconta la sua vicenda storica: ogni volta che lo leggiamo Gesù è presente a mostrarci quel che ha detto e fatto: la sua predicazione, la sua morte e la sua resurrezione. Dio è presente anche nella liturgia, dove celebriamo la speranza di raggiungerlo. Dio è infine presente in tutti i "poveri cristi" del mondo in cui siamo chiamati a riconoscere il Signore (cfr. Matteo 25,40 [2]) e a esercitare la stessa carità, lo stesso amore che lui ha con noi. La Parola ci serve per capire questa forma di presenza. La Speranza che riceviamo nella liturgia ci serve invece per avere la forza di viverla. Passato, futuro e presente: troviamo Dio nella memoria di quel che ha fatto, nella speranza di raggiungerlo un giorno, nella carità giorno per giorno. Ognuna di queste forme di presenza non può stare da sola. Se pretendiamo di viverne una sola in realtà bestemmiamo il nome di Gesù: lo riduciamo a un reperto di curiosità archeologica o un rito vuoto o una ideologia senza fondamento [3]. Sulla nostra capacità di comprendere questo Cristo prigioniero, schernito e percosso si misura la verità del nostro cristianesimo. Vien fatto di domandarsi quanto di questo Cristo sia presente nei documenti, nelle scelte e nelle attività dei cristiani... comunque ognuno pensi alla sua propria responsabilità più che a quella di altri.
Il gioco della mano calda, della pittrice Hortense Haudebourt-Lescot (1784-1845).
Con Gesù i soldati fanno il gioco dello "schiaffo del soldato" o della "mano calda", noto gioco di società, viziato di nonnismo, tipico delle caserme ma anche dei salotti di un tempo. Chi sta sotto, a turno, viene picchiato da tutti e anche qui, non c'è un singolo che colpisce Gesù: tutti (Pietro compreso!) in un modo o nell'altro partecipano a questa vessazione. Quindi la risposta a «Indovina: chi ti ha colpito?» (o, meglio tradotto: «Profetizza! chi ti ha colpito?») è «Tutti!». La profezia è la parola di Dio che salva il mondo, è la scelta di Dio di dare la vita per questo mondo.
Il sinedrio era il massimo potere giudiziario degli Ebrei. Era formato dai notabili, dunque dalle persone più ricche e potenti, e dai capi dei sacerdoti, una settantina di persone in tutto. In quel momento era sommo sacerdote Caifa, la cui famiglia fu a capo del sinedrio per circa 30 anni a partire da poco dopo la nascita di Gesù.
Il sinedrio chiede formalmente a Gesù se lui sia il Messia, l'atteso discendente di Davide, l'unto del Signore che avrebbe riformato, riorganizzato e liberato il popolo ebreo da ogni schiavitù. Luca registra la risposta di Gesù in una forma che sembra diretta, idealmente, ai "credenti" di ogni tempo: se anche ve lo dico apertamente, che io sono colui che attendete da sempre, la manifestazione di Dio... voi mi credete?
Gesù si dichiara come Dio: da questo momento in poi comincia il mondo nuovo con Gesù Cristo, il messia, quello schernito e percosso, seduto alla destra della potenza di Dio (citazione di Daniele 7, dove si presenta il giudice del mondo, e del Salmo 110-109, dove si presenta il Re Messia discendente di Davide). D'ora in poi si manifesterà il giudizio di Dio sul mondo: e il giudizio è che Dio porta su di sé il male del mondo. Secondo Giovanni Gesù aveva già profetizzato questo momento, dopo aver salvato l'adultera, dicendo ai notabili del Tempio:
Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite». (Giovanni 8,28-29)
La reazione di tutti i presenti è ironica: Tu dunque, in catene e percosso, sei il Figlio di Dio? Paradossalmente hanno capito bene e Gesù conferma ulteriormente con la formula "Io sono", che per tutti gli Ebrei è il modo in cui Dio si manifesta. A questo punto gli altri sinottici raccontano che il sommo sacerdote si stracciò le vesti e che tutti sentenziarono «È reo di morte!» (cfr. Matteo 26,65-66) [4]. Luca invece, anche in questo caso, intende l'espressione come rivolta a noi cristiani: Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? Ossia: non esiste altra testimonianza, non esiste altra immagine di Dio che non sia quella mostrata da Gesù che sacrifica la sua vita per chi lo uccide.
[1] L'affermazione capovolta, "Gesù è Dio", che troviamo nei catechismi, può essere fuorviante. Secondo le regole della sintassi il soggetto è l'incognita e il predicato deve fornire la spiegazione. Affermare che Gesù è Dio significa spiegare chi è Gesù (quello storico) attribuendogli le caratteristiche dedotte da quel che sappiamo di Dio (che però nessuno ha mai visto) e dunque attribuendogli le caratteristiche che sono nella mente umana. Affermare invece che Dio è Gesù significa spiegare chi è Dio attribuendogli le caratteristiche rivelate dal Gesù storico, l'unico che è stato conosciuto, quel Gesù che è vissuto e morto in un certo modo e che poi è risorto.
[2] Matteo 25,40: Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
[3] L'eresia chiamata "Docetismo" riduceva la vicenda di Gesù a puro atto simbolico, un fatto teatrale: Gesù era Dio e dunque non ha sofferto.
[4] In Giovanni, il cui vangelo è una sorta di processo a chi fa il processo a Gesù, Gesù dice semplicemente "Tu lo dici!".