46Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
50di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
51Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
54Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
55come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Il tema Noi ci immaginiamo Dio "piccolo", cattivo e invidioso... a nostra immagine. Maria canta Dio grande e misericordioso e dichiara la sua felicità di creatura che Dio esista e sia così.
Siamo davanti a un canto: e nella Bibbia, oltre che nella convinzione popolare, canta chi ama ed è amato.
In risposta alla lode di Elisabetta Maria canta lode a Dio. In un commento al Magnificat Lutero dice che se avesse lodato se stessa per i propri meriti sarebbe stata come Lucifero.
La lode è la caratteristica fondamentale dell'amore, significa essere contenti che l'altro esista così come è, significa gioire della sua gioia. Questo è il significato della frase che "Dio ci ha creati ... per goderlo" che troviamo nel catechismo di S. Pio X. Non è che Dio sia così vanitoso da aver bisogno della nostra lode: lodarlo è vivere della sua vita.
La lode è il contrario dell'invidia, che è il fastidio della gioia altrui e la lagnanza per ciò che non possediamo noi.
Per paradosso, se anche fossi in Paradiso e, vedendo Dio, mi lagnassi per come è grande e buono Dio rispetto a me piccolo, meschino e cattivo, allora sarei all'Inferno. Se fossi all'inferno e, guardando in alto, lodassi Dio per la sua bellezza, bontà e ne fossi contento, allora sarei in Paradiso.
Questo canto abbraccia il senso di tutta la storia: è il canto di Maria, è il canto di Israele salvato, il canto di tutta l'umanità, il canto di chi è beato perché vede la storia con occhi diversi: con gli occhi di Dio.
La lode a Dio è la forza del creato, come abbiamo già visto (Giosuè 10, 12). Noi siamo abituati a fare Dio piccolo, meschino, invidioso, giudice, geloso, tremendo, ... insomma a nostra immagine e somiglianza. Ma rimpicciolire Dio significa rimpicciolire l'uomo (ne vediamo gli effetti nelle legislazioni) perché siamo a sua immagine e somiglianza.
Noi proiettiamo su Dio tutto il peggio che c'è in noi, i sensi di colpa, i desideri di punizione, i deliri di onnipotenza. E` il peccato originale (Genesi 3,4.10). Maria invece magnifica, cioè "fa grande" Dio. Fare grande Dio significa dare valore a noi stessi che siamo a sua immagine e somiglianza e dilatare le nostre possibilità, diventando "magnanimi". Fare grande Dio ci permette di esultare in lui.
Il nostro Dio sono o i nostri limiti o i nostri deliri che fanno il nostro cuore piccolo e chiuso.
La mia salvezza è la percezione di questa grandezza di Dio che esiste per me, perché guarda giù (nulla sta al di sopra di Dio) all'uomo così come è, nella sua "uomità" (da humus, terra).
L'uomo è polvere, cioè il punto più lontano da Dio, e tuttavia è l'obiettivo del cuore di Dio, partecipa della totale attenzione di Dio. E più si è nulla più c'è spazio per Dio: se Maria fosse stata "piena di sé" non avrebbe potuto accogliere questa grandezza. L'umiltà è la caratteristica dell'amore: non c'è un amore che si vanta (1Corinzi 13,4). L'amore è servo dell'altro, si considera appartenente a Dio. Dunque, parafrasando, il motivo della danza di Maria è che lei si sente il punto d'arrivo dell'occhio di Dio.
L'umiltà della serva è la consapevolezza della infinita distanza tra noi, creature finite e Dio grande e infinito; questo crea a ciascuno di noi un fastidio istintivo. Noi siamo una sorta di "contraddizione": siamo polvere ma vivificata dal soffio di Dio. Siamo tutt'e due le cose contemporaneamente. Ma, badiamo, è questa polvere che è vivificata dal soffio di Dio, non quello che noi pensiamo di noi stessi che è "vivificato" dalle nostre cattive fantasie e deliri d'onnipotenza. Perché io sono nulla: non c'ero, sono stato tratto dalla terra e fatto oggetto dell'amore infinito di Dio: questa è tutta la dignità infinita, inalienabile di qualunque persona e corrisponde al desiderio di grandezza vera che tutti abbiamo nel nostro intimo. Tutte le altre grandezze di cui ci riempiamo ci tolgono da questa verità che solo l'umile conosce. Egli sa che questa polvere, questa carne, questo limite è oggetto di amore infinito. Allora si ama totalmente e raggiunge la sua grandezza. Dice infatti il Magnificat che Dio innalza l'umile. Questa è la condizione della creatura, l'unico modo per noi di esistere.
E tutti la chiameranno beata, saranno contenti che lei esista, come lei è contenta di Dio che compie le sue promesse. La preghiera di Maria, che ricorda quella di Anna in 1Sam 2,1-10 per la grazia del figlio Samuele, è la preghiera liturgica ufficiale della Chiesa per lodare Dio che realizza le sue promesse.
Le grandi cose che Dio ha fatto in Maria sono Dio stesso che lei porta in grembo. Così, anche nei nostri riguardi, le grandi cose che Dio ci dona non sono i doni materiali (il sole, la terra, la vita, le relazioni) ma se stesso. Dio entra in noi, piccolissimo, se lo permettiamo, e cresce per trasformarci in Lui ("quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!", Luca 11,13).
Dopo Signore, Salvatore, Onnipotente, Santo viene introdotta la caratteristica più profonda di Dio: la misericordia con chi ne tiene conto (che è il significato del termine "temono"). Il soccorso di Dio agli umili viene descritto in termini che ritroveremo più in dettaglio nelle Beatitudini (Luca 6,20). Maria è infatti la prima beata.
I superbi siamo noi quando poniamo noi stessi al centro e il nostro io diventa il nostro dio; in questo caso Dio ci fa un'opera di misericordia disperdendoci come avvenne con la Torre di Babele (Genesi 11). Anche oggi, nei vari campi dell'agire, quando vogliamo sostituirci a Dio, quando poniamo come base l'invidia e l'egoismo otteniamo l'effetto contrario: la comunità perfetta, la difesa assoluta, la rivoluzione politica, diventano il luogo della desolazione e della distruzione. Questo "disperdere" è l'unica strada che salvaguardi la nostra libertà ma che ci porta a renderci conto di essere caduti in un nostro delirio di onnipotenza e tornare così ad essere umani. E anche i re vengono atterrati alla loro misura di uomini (succede continuamente, con i vari tiranni: basta aspettare). Alla fame di giustizia e verità (oltre che quella materiale) Dio dà risposta incarnandosi.
Questo canto è fatto da colei che è beata perché ha creduto alla parola e dunque vede il mondo dal punto di vista di Dio, opposto ai superbi, i potenti, i ricchi che vengono ridimensionati per potersi scoprire vuoti ed essere salvati.
E` in questo modo che Dio soccorre Israele, ricordandosi più che una madre del suo figlio. E` la promessa fatta ad Abramo per la sua discendenza - ossia per tutte le genti - e per sempre.
Maria canta la salvezza come già compiuta: è compiuta in se stessa, innanzitutto, perché ha creduto e concepito. Questo canto riassume tutta la Bibbia.
Infine Luca annota che Maria rimane a servire la cugina partecipando nel quotidiano all'opera di Dio. La mistica più alta è contemporaneamente servizio nella vita d'ogni giorno (un esempio dei nostri tempi è Santa Teresa di Calcutta). Dopo tre mesi Maria assisterà alla nascita di Giovanni, segno del dono fatto a lei. Arriviamo così all'estate del 2 a.C., sei mesi prima del Natale.
Se osserviamo la struttura del canto nei vv 46-50 troviamo sette verbi con soggetto Maria, Dio e le generazioni. Si nota anche una "santa confusione" di soggetto tra Maria che fa grande Dio e Dio che fa grande Maria.
Nei vv 51-55 troviamo sette verbi sull'azione di Dio, tutti al passato e con la conclusione "per sempre" ad indicare che l'azione di Dio continuerà per tutta la storia.
Molti testi di Luca fanno parte della liturgia: Angelus (1,28.42), Magnificat (1,46), Benedictus (1,67), Gloria (2,14 e 19,38), Nunc dimittis (2,29), Pater noster (11,2), Compieta (23,46). Il Magnificat è cantato al vespro, alla sera, simbolo del punto di arrivo della storia umana e anche della nostra storia personale. Non è spontaneo cantare alla sera, quando la fine della giornata (o della vita) potrebbe piuttosto farci imprecare che lodare.
Questo canto è rivoluzionario: raddrizza i nostri criteri e trasforma la nostra "storia di morte" in una "storia di vita". E` il canto della giustizia che, diversamente da come immaginiamo, consiste nel credere alla parola di Dio che è Padre, come fece Abramo (Genesi 15,6). In tal modo, riconosciamo noi stessi come figli e gli altri come fratelli. Senza di questo c'è l'ideologia di giustizia, che taglia la testa ai nemici ossia ai fratelli.
All'opposto l'ingiustizia radicale è credere al Serpente, non accettando il Padre e dunque nemmeno sé come figlio e gli altri come fratelli. A questo punto la giustizia diventa l'interesse della classe egemone in quel momento. La Lettera al compagno Pipetta di don Lorenzo Milani è illuminante su questo punto: "Tu dici che ci siamo intesi perché t'ho dato ragione mille volte in mille tue ragioni. Ma dimmi Pipetta, m'hai inteso davvero? È un caso, sai, che tu mi trovi a lottare con te contro i signori. San Paolo non faceva così (...) Se vincevi te [alle elezioni del 18 aprile 1948], credimi Pipetta, io non sarei più stato dalla tua. (...) Per chi muore piagato sull'uscio dei ricchi, di là c'è il Pane di Dio. È solo questo che il mio Signore m'aveva detto di dirti (...) Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocifisso.".