20Interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», rispose: 21«Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». 22Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete. 23Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli. 24Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno. 25Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione. 26Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo: 27mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. 28Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; 29ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti. 30Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà. 31In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro. 32Ricordatevi della moglie di Lot. 33Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà. 34Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato; 35due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata». [36Due saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato.]37Allora i discepoli gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi».
Il tema I discorsi escatologici e apocalittici sono di grande speranza: ci ricordano che l'ultima parola ce l'ha Colui che ha detto la prima e che l'ultima parola è sempre «vita». Oggi alcuni arrivano a proporre di non sperare più in nulla ma non si rendono conto che così l'uomo viene disumanizzato e ridotto al livello degli animali: gli animali non sperano. Se vogliamo essere uomini, da qualche parte dobbiamo decidere di dirigerci e in questo caso dobbiamo anche sapere verso dove andare.
Con l'inizio della terza parte del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, Luca (a partire da 17,11) ci mostra che il cammino che Gesù propone è diretto a coloro che hanno capito di essere lebbrosi, e non a quelle persone che, pur in tutta onestà, si considerano giuste, pie e devote. Questo brano, che inizia con la parola "quando" e termina con la parola "dove", è un testo apocalittico (ossia di rivelazione): ci mostra, per immagini, quando e dove si arriva, intraprendendo tale cammino.
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Apocalisse 21,5). Questa è l'unica frase dell'Apocalisse che Gesù dice, e la dice a sua Madre, nel film "The Passion" di Mel Gibson.
Tutte le religioni parlano della fine del mondo e, comunque, tutti sappiamo benissimo che, in questo mondo, tutto ciò che inizia ha anche una fine. Luca dà all'espressione "fine del mondo" tre livelli di significato:
Innanzitutto il mondo vecchio è già finito perché la rivelazione dell'amore di Dio, che passa attraverso la morte di Gesù, è già la nascita del mondo nuovo.
La storia di Gesù è anche la storia di tutto l'universo, inteso nel suo insieme: tutto il creato è chiamato a finire e rinascere: nuovi cieli e terra nuova (cfr. 2Pietro 3,13 [1] e anche Apocalisse 21,1 [2]). La storia di Gesù è anche la storia di ciascuno di noi perché questa nostra vita biologica ha un termine e deve lasciare il posto a quella eterna.
Infine la storia di Gesù si ripete in ogni giorno: come ogni giorno il sole sorge e tramonta, così, in ogni momento della vita quotidiana, l'uomo vecchio muore per lasciare il posto all'uomo nuovo. Questo ci porta a vivere in modo eucaristico, ossia ringraziando per il dono ricevuto e guardando avanti.
Mantenere viva questa visione della storia, del mondo, di se stessi, è fondamentale perché, se non si vuol vivere una vita esclusivamente animale, da qualche parte dobbiamo decidere di dirigerci e quindi dobbiamo anche sapere verso dove andare. Spesso si vive in modo incosciente ma è ben diverso il camminare sapendo che si va verso la vita piuttosto che si va verso il vuoto.
I discorsi escatologici e apocalittici, che solitamente vengono intesi come parole terrorizzanti, sono invece discorsi di grande speranza. Ci ricordano che l'ultima parola ce l'ha Colui che ha detto la prima e che sia la prima che l'ultima parola sono "vita". Questo brano, diversamente da quello del cap. 21 (col quale ha qualche analogia), è diretto a istruire sulla vita di tutti i giorni, e non si riferisce obbligatoriamente alla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C.
Il regno di Dio è il più grande desiderio dell'uomo: chi non si è mai chiesto, almeno una volta, quando potrà esserci un mondo bello, giusto, senza cattiveria, senza sofferenza, ...? Tutte le tradizioni lo immaginano o come realtà perduta per sempre (l'età dell'oro) o come sogno da raggiungere. Il regno di Dio è chiamato il giorno perché il mondo attuale, col suo carico di male, è visto come la notte.
Gesù sembra prendere un po' in giro i suoi interlocutori perché alla domanda iniziale "quando?" risponde dicendo "dove è" ("è in mezzo a voi") e alla domanda finale "dove?" risponde dicendo "quando vedrete gli avvoltoi". Il brano rivelerà che il quando è "ogni giorno" e il dove è dentro noi stessi. Rivelerà anche che il momento apparentemente peggiore, la notte, figura della morte, sarà il momento della rivelazione definitiva del regno. Il "dove" è l'aspetto che possiamo in qualche modo controllare: ognuno di noi occupa uno spazio e lo cambia per quanto la libertà gli consente. Il tempo invece ci sfugge continuamente: basta un istante ed è già passato: il tempo è sempre "già passato" ed è così per tutti, indistintamente.
I farisei pensavano, giustamente dopo tutto, e anche noi lo pensiamo e lo speriamo, che Dio debba ben rivelarsi prima o poi. Purtroppo pensavano anche, e anche noi lo pensiamo purtroppo, che Dio venisse per ammazzare i cattivi e far trionfare i buoni (cioè loro, cioè noi) e che il mondo sarebbe stato redento proprio perché i cattivi erano stati eliminati. Questo, ammettiamolo, è il nostro desiderio più o meno inconscio. I farisei erano anche preoccupati del "quando" perché, sapendo che la vita biologica ha un termine, era importante poter sperare di esserci, quando il regno fosse arrivato [3].
Gesù smonta questo modo di pensare affermando che il regno non viene in modo prevedibile: il "quando" non può essere oggetto di alcuna scienza. Nessuno può dire eccolo là e chi lo fa è solo un imbroglione. Purtroppo siamo tutti portati a credere troppo a queste rivelazioni perché la nostra ansia di salvezza ci fa perdere in lucidità. Esiste tutto un mondo di rivelazioni, profezie, apparizioni, che a volte sconfina con la magia e la superstizione, che ci fa perdere di vista la parola di Gesù. Il regno - dice Gesù - è "in voi". Nel testo greco la preposizione "in" può significare sia "in mezzo a" che "dentro di". E` detto che il regno è in mezzo a noi nel senso che in mezzo ai discepoli c'è Gesù presente che vive il tempo del regno testimoniando l'amore del Padre. Il regno è anche dentro di noi quando, seguendo Gesù, viviamo l'amore e la pace. Il regno di Dio è dentro ogni cuore umano quando esso conosce l'amore del Padre e ama i fratelli.
Quindi la risposta al quando è oggi ossia in ogni giorno in cui si vive la parola di Dio. Luca in più punti del vangelo insiste su questo futuro che è oggi: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore (2,11); oggi si è adempiuta questa Scrittura (4,21); Zaccheo, ... oggi devo fermarmi a casa tua (19,5); oggi sarai con me nel paradiso (23,43).
Capiteranno giorni in cui le cose andranno così male - dice Gesù ai discepoli, cioè a noi - da desiderare di vedere Dio. Se ci facciamo caso in queste situazioni sono più numerose le notizie di profezie, di visioni e apparizioni. Gesù raccomanda di non andare e non seguire queste indicazioni perché non è fuori di noi, di qua o di là, che sta il regno ma dentro di noi quando seguiamo la sua parola. Occorre stare in guardia ed essere cauti su questa tentazione alienante. Come ricorda l'autore de L'Imitazione di Cristo «Sic et qui multum peregrinantur, raro sanctificantur» (Di rado si santificano quelli che vanno sempre in giro a far pellegrinaggi - I,XXIII,2). Matteo 24, 24 e Marco 13,22 puntualizzano che sorgeranno anche falsi cristi e falsi profeti.
A questo punto Gesù introduce un annuncio della sua passione preceduto da quello della sua risurrezione. Il lampo qui ha sia il significato di evento inaspettato e imprevedibile dall'uomo sia il senso di evento chiaro, lampante appunto, di significato inequivocabile. Il male c'è, inutile ignorarlo, e va accettato come le doglie del parto. Gesù sottolinea che è necessario testimoniare il bene patendo il male. Per lui s'è trattato di passare attraverso la croce. Per noi si tratta di vincere il male che è dentro di noi - questa è la nostra croce (cfr. 9,23) - la nostra cupidigia di possedere cose, persone e Dio stesso. Finché pensiamo che il male da combattere sia fuori di noi stiamo percorrendo una strada sbagliata.
La salvezza arriva nella vita quotidiana. Sia Noè che Lot hanno condotto la vita come tutti: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano. Ma a differenza degli altri Noè ha costruito l'arca ossia ha ascoltato quanto Dio gli diceva, come anche Lot. In altre parole non ci è richiesto, normalmente, di fare cose granché diverse da chiunque altro. La differenza sta principalmente nel come farle, nel comportarci modo che le nostre azioni siano espressione di figliolanza e fratellanza. Per questa strada si ha la salvezza. Diversamente la vita viene spesa per combatterci gli uni gli altri e provocare diluvio e pioggia di fuoco. Il degrado ecologico, l'escalation delle armi, la povertà indotta artificialmente in larghi settori della popolazione terrestre e tante altre manifestazioni di superomismo sono la versione moderna di quanto troviamo nei racconti del diluvio (Genesi 6-9) e della fine di Sodoma e Gomorra (Genesi 19). Gesù mette dunque in guardia sia dal perenne agitarsi per cercare di vedere Dio sia dal condurre una vita completamente ignorante della realtà.
Gesù raccomanda anche di non aggrapparsi alle proprie cose che sono in casa (cioè la vita terrena), di non tornare indietro (cfr. 9,62): è illogico tentare di conservare questa vita: la si perderà comunque. Infatti, a questo punto, nel testo, quel giorno (v. 31) diventa quella notte (v. 34), perché, in qualunque modo si viva, il nostro giorno terreno finisce sempre con una notte: la vita terrena finisce e ciascuno di noi verrà separato dagli altri, dalla persona che amava (due in un letto), da coloro con cui lavorava (a macinare, nel campo). Di chi muore viene detto che viene preso, ossia portato altrove (cfr. 1Tessalonicesi 4,17), a differenza di chi viene per ora lasciato.
La morte non è dunque necessariamente una disgrazia: dipende da noi se la morte è un ladro (cfr. 12,39) che ci porta via tutto oppure è l'incontro con lo Sposo. La morte di chi ha cercato di vivere nell'amore sarà la realizzazione piena del modo in cui è vissuto. La morte non è la livella, come dice la poesia di Totò: è invece il momento in cui si valorizzerà la differenza fra chi è vissuto bene e chi è vissuto male. La vita è sì precaria (cioè non è in nostro potere) ma il modo di condurla non è precario e dipende dalla nostra decisione. Il momento della morte è visibilissimo come avviene nella savana: dove si radunano gli avvoltoi significa che il leone ha cacciato e ucciso una preda. Questo versetto, in passato, è stato variamente interpretato, anche come allusione alla distruzione di Gerusalemme da parte dei Romani (essendo l'aquila il loro simbolo). L'intero contesto porta a concludere che il primo significato sia comunque che il destino di ciascuno di noi è chiaro: è il prodotto di come ciascuno di noi vive durante tutta la sua esistenza e che questo si rivela anche nel momento del trapasso.
In quest'epoca presente si è affievolita la speranza e questo è un male. Un tempo la speranza era riposta nell'aldilà. Poi le ideologie hanno spostato la speranza in realizzazioni terrene ma queste sono tutte tramontate... e pure malamente. Oggi alcuni arrivano a proporre, come rimedio, il non sperare più in nulla ma non si rendono conto che così l'uomo viene disumanizzato e ridotto al livello di un animale: gli animali non sperano.
[1] 2Pietro 3,13: E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia.
[2] Apocalisse 21,1-5: Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo... E Colui che sedeva sul trono disse: Ecco, io faccio nuove tutte le cose...
[3] Giuseppe d'Arimatea, che era ricco, s'era fatto scavare un sepolcro proprio fuori Gerusalemme, rivolto a est, verso la valle del Cedron, dove si pensava si sarebbe manifestato il Messia. La sua ingenua speranza di poter essere in prima fila alla resurrezione dei morti si tradurrà nella possibilità di utilizzare, senza bene saperlo, il proprio sepolcro per il vero Messia, Gesù (cfr. Luca 23,49-56).